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Autore: ShionBlueEyes    06/02/2014    3 recensioni
Giacché, d'improvviso, ho capito quanto amaro sia il fiele che ho, senza volerlo, ingerito, gettando in quella tempesta oscura tutto ciò in cui credevo.
Ormai, non c'è più salvezza. Ho perso tutto, restituendolo alla polvere.
E' stato tutto un breve sogno.
[Attenzione: Personaggi Umani.] [PoxTigre]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Po, Tigre, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini 
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi 
stormi d'uccelli neri,
com'esuli  pensieri,
nel vespero migrar.

 

 

 




Po si svegliò prima del solito, in quella mattina d'inizio autunno.
Quando capitava che il maestro Shifu lasciasse a lui e ai cinque una giornata di libertà dal serrato addestramento, il giovane Guerriero Dragone era solito alzarsi dal proprio giaciglio solamente quando il sole era già alto nel cielo, e la mattinata era già trascorsa per tutti gli altri.

Ma quel giorno era diverso. Forse perché, anche se con fatica, stava cominciando ad abituarsi ad abbandonare presto il mondo dei sogni, o, più probabilmente, perché il pensiero di dover scendere in paese, possibilmente ad un orario decente, per aiutare suo padre al negozio di spaghetti, lo aveva tenuto sveglio.

Erano passati solo tre mesi dalla conclusione dello scontro con Lord Shen e tutti gli eventi che aveva subito, lo scoprire il suo passato, il riscoprire se stesso, e il trovare la pace interiore, lo avevano fatto maturare e cambiare, in qualche modo.
Si sentiva visibilmente più legato al genitore, nonostante sapesse essere adottivo, e sentiva la necessità di stargli più vicino possibile, come per volere rinnovare e migliorare ancor di più il loro rapporto.
Per questo, appena ne aveva l'occasione, svestiva i panni di maestro di Kung Fu per ritornare ad essere il semplice figlio di un cuoco.

Il ragazzo si alzò, sbadigliando piuttosto rumorosamente, e tendendo le braccia, come per svegliarle dal torpore della notte.

Si avvicinò cautamente alla finestra della sua stanza, incuriosito dallo spettacolo che il mondo esterno gli presentava: sembrava che qualcuno avesse rubato alla Terra i colori, lasciando solamente un mesto grigiore ad avvolgerla.
Po ebbe un piccolo brivido; non gradiva affatto quel genere di giornate. Lui amava il sole, i colori vivaci degli alberi, i giochi di luce che i raggi del Sole creavano tra i rami o mentre giocavano a nascondino con le nuvole.
L'unica consolazione era che, in quel piccolo mondo che era la bottega del signor Ping, tra l'odore della zuppa e dei ravioli, tra le risate di clienti affamati e tra la passione che il proprietario metteva nel preparare i suoi piatti, facendo danzare gli ingredienti nella pentola, sicuramente avrebbe ritrovato l'allegria, dimenticando la malinconia che quella giornata insinuava nelle ossa.

Il guerriero uscì finalmente dalla sua camera, attraversando a passo lento il corridoio.
Si guardò intorno, accorgendosi che le stanze degli altri abitanti del Palazzo di Giada erano vuote
Non si stupì quindi di trovare quattro dei suoi amici seduti al tavolo della cucina, con i piatti già vuoti - probabilmente avevano già favorito del tofu avanzato o dei biscotti sempre presenti nella dispensa- e intenti a discutere amabilmente.

"Buongiorno tesoro!"
La prima ad accorgersi della nuova presenza nella stanza fu Vipera, che salutò il ragazzo con un delicato cenno della mano.
La giovane maestra di Kung Fu si scostò con un gesto elegante alcuni ciuffi ribelli di capelli corvini, che rifiutavano di rimanere perfettamente acconciati insieme agli altri nella lunga e stretta treccia.
La ragazza era sempre stata colma di grazia, come una danzatrice che incanta con volteggiare dei suoi nastri. Non c'era da stupirsi che il suo stile di combattimento rispecchiasse quell'immagine: veloce, rapido e raffinato, proprio come la sinuosa andatura di un serpente.

Alle parole della compagna, anche gli altri si girarono verso l'amico, sorridendo cordiali.
"Buongiorno Po!" Disse poi Gru, agitando una mano da sotto la lunga manica a campana, in segno di saluto. Il Guerriero Dragone si stupì ancora una volta di vederlo indossare anche al coperto quel grosso cappello che a stento rendeva visibili i tratti del viso; non aveva ancora compreso se si trattasse di una questione di abitudine o se appartenesse ad un qualche rito scaramantico: aveva infatti formulato l'ipotesi che potesse essere un portafortuna.

Scimmia e Mantide gli rivolsero la parola quasi in contemporanea, pronunciando un "Ciao amico!", uno agitando furiosamente un braccio, per dare enfasi alla propria frase, l'altro limitandosi ad un cenno della mano.
Nonostante i due fossero totalmente differenti nell'aspetto fisico, il primo più alto, più giovane e dall'aria arruffata e scapestrata, il secondo piuttosto più basso della media, sicuramente più adulto e dalle movenze più serie, in realtà avevano un carattere simile: entrambi infatti, erano in realtà chiassosi, aperti e a volte un tantino più rozzi di quanto avrebbero dovuto essere due grandi maestri di arti marziali, ma nessuno, addirittura neppure Shifu, si era mai lamentato di ciò.

Po guardò i suoi quattro amici sorridendo.
Gli apparve in mente il momento in cui arrivò per la prima volta al Palazzo di Giada; in quell'occasione gli avevano lanciato un'occhiata velenosa, piena di rancori.
E, accorgendosi che ormai quello era un tempo passato e lontano, il suo sorriso si allargò.
Era felice.

"Buongiorno anche a voi, ragazzi! Dormito bene?"
"Assolutamente sì" rispose Scimmia, portandosi le mani dietro la testa, sfoggiando un'espressione soddisfatta.
"L'idea di avere una giornata libera è sempre rilassante" completò la frase Mantide, annuendo con il capo.
Po ridacchiò, dando mentalmente ragione a tutti e due.

Poi, preso da una strana foga, cominciò a guardarsi intorno, incuriosito, elaborando finalmente ciò che il suo subconscio aveva già notato, ma che la sua razionalità aveva voluto respingere.
"... Dov'è Tigre?"
"E' uscita molto presto, probabilmente ad allenarsi da qualche parte, come al solito".
Era stato Gru a rispondere, facendo spallucce.

Il ragazzo si mordicchiò il labbro superiore a quella notizia, senza che nemmeno se ne rendesse conto. La notizia non gli aveva fatto piacere, ma non riusciva a comprendere il perché. O forse non voleva farlo.
"Po, ti vedo contrariato... non è la prima volta che lo fa, dopotutto."
Vipera non si era certo fatta sfuggire lo sguardo deluso dell'amico, e non aveva resistito a farglielo notare. Sorrise lievemente sorniona, scorgendo un lampo di agitazione negli occhi dell'altro.
"Cos...  no! No, insomma, volevo solamente salutarla prima di scendere in paese. Sì, esatto, proprio così".
La ragazza allargò il sorriso; non era né stupida né ingenua, e quella frase era così scombussolata da non essere affatto convincente.
Po deglutì. Cosa diamine gli era preso? Andare in panico per una domanda così sciocca!
Era vero dopotutto, era solo deluso dal fatto di non poterla salutare prima di uscire! Era deluso di non poterla vedere. E di non sentire la sua voce.
... Dannazione.
Fu di nuovo Gru a prendere la parola, salvando involontariamente il guerriero dalla situazione imbarazzante nella quale Vipera lo aveva invischiato.
"Scendo in paese? Vai a trovare tuo padre?"
L'altro sospirò, dimenticandosi di quel subbuglio emotivo, e annuì.
"Già, in questo periodo ho voglia di passare più tempo con lui... sapete, dopo tutta quella storia" lasciò sul vago, ma gli altri capirono al volo ciò che intendeva.
"In più" continuò "è l'inizio d'autunno, e c'è sempre un bel da fare al ristorante. Papà si inventa sempre qualcosa in questo periodo, di solito qualche festa".
"Davvero? E come mai?" Domandò mantide, alzando un sopracciglio; l'argomento aveva sicuramente catturato l'interesse generale. La bottega del Signor Ping era, dopotutto, un argomento che catturava sempre l'interesse generale: forse perché si trattava del padre di Po, per il quale avevano tutti una gran simpatia.
"Non lo so in realtà. Lui riconduce sempre il tutto ad una banale azione commerciale, ma ha sempre uno sguardo strano quando ne parla. Sembra che nasconda qualcosa..."
Il ragazzo abbassò lo sguardo, perdendosi nei suoi pensieri.
Nonostante il rapporto con il genitore si fosse intensificato negli ultimi tempi, Po era convinto che fosse sempre all'oscuro di qualcosa.
Prima, l'ingrediente segreto della zuppa. Poi, l'essere stato adottato.
E il fatto che la rivelazione di tutte queste cose era sempre stata di vitale importanza, per sconfiggere Tai Lung e per trovare la pace, lo faceva vagamente preoccupare.

"Andiamo Po, non pensare troppo, che poi ti viene mal di testa".
Se non fosse stato per la battuta di Scimmia, che fece ridacchiare tutti sotto i baffi, il Guerriero Dragone sarebbe rimasto ancora lì immobile a riflettere.
"Ah ah, spiritoso. Ora scusatemi, devo sbrigarmi, che rischio di fare tardi".
Il ragazzo si affrettò verso la porta, ma Vipera lo fermò: "Non fai nemmeno colazione?"
Il gorgoglio che emise il suo stomaco lo convinse a restare ancora per qualche minuto, il tempo di mettere qualcosa sotto i denti.

 

***

 

Po si voltò a rispondere al saluto di qualche altro abitante del villaggio, gongolando mentalmente.
Da quando aveva salvato la Valle aveva il rispetto di tutti, e tutti sembravano volerlo continuamente ringraziare.
Ma, a dirla tutta, non era per la gloria che faceva quello che faceva. Aveva capito che era giusto proteggere chi era più indifeso, e la gioia di salvare delle vite era la più grande ricompensa che avrebbe mai potuto desiderare.

Inspirò profondamente.
L'odore che respirò era completamente diverso da quello che vi era al Palazzo.
L'odore di foglie umide cominciò a farsi largo nelle narici, insieme a quello del legno bruciato, proveniente da falò scoppiettanti.
Si sentivano le risate dei bambini che correvano per strada, il chiacchiericcio delle donne e degli uomini, il profumo dei fiori profumati posti fuori dalle porte delle case.
Sì, lui avrebbe protetto tutto questo. Non avrebbe permesso che qualcuno distruggesse tutto ciò in cui era vissuto.
E, mentre questi pensieri affollavano la sua mente, arrivò alla sua meta.
Si accorse di avere avuto ragione, quando era appena sveglio, nel credere che l'atmosfera del ristorante avrebbe cancellato, almeno per un po', il malinconico grigiore di quella giornata.

L'odore del brodo e degli spaghetti era tanto forte da poterlo quasi masticare, il vociare della gente era ancora più acceso e focoso, e le insegne e i cartelloni colorati dei prezzi rendevano l'atmosfera incredibilmente viva e familiare.
Il fervore dei clienti, ovviamente, raggiunse livelli estremi alla sua entrata nel locale: tutti volevano salutare il Guerriero Dragone, tutti volevano porgergli omaggio.
Po si trovò assalito da qualche decina di gente, trovandosi, come ogni volta, in difficoltà. Non era ancora così abituato alla fama, dopotutto.
E fu, come al solito, la squillante voce del Signor Ping a far tacere e allontanare tutti.
"Figliolo! Che sorpresa, non sapevo saresti venuto oggi!"
L'uomo si fiondò incontro al figlio, abbracciandolo con affetto.
"Ciao papà! Sono venuto a darti una mano, so che sei molto indaffarato ultimamente", disse il ragazzo, ricambiando teneramente la stretta.
"Oh, mi fa sempre piacere che ti ricordi del tuo vecchio nonostante sia sempre impegnato là su! Come va, tutto bene? Shifu ti fa stancare troppo? E soprattutto, mangi abbastanza? Stai dimagrendo troppo in fretta!"

Po sorrise, nel sentirsi sommerso da quella raffica di domande. Era sempre piacevole ricevere le premure di un genitore, non importava che fosse già fin troppo grande.
"Tranquillo papà, è tutto mitico, come sempre. E ti assicuro che mangio, è l'allenamento che mi fa smaltire".
Il Signor Ping sembrò rasserenato da quella risposta.
"Bene, bene. Son contento. Ora forza, c'è un sacco di lavoro da fare!"
Si diressero entrambi verso la cucina dove, come al solito, una grossa pentola conteneva della gustosa zuppa bollente.
"Senti papà..." iniziò il giovane; voleva affrontare l'argomento prima possibile, "come mai in questo periodo organizzi sempre qualche evento particolare? Insomma, è solo l'inizio dell'autunno..."
L'uomo decisamente non si aspettava quella domanda, e il fatto che rovesciò senza volerlo un piatto di tofu ne era la conferma.
"Po, Po, te l'ho già detto, è per attirare più clienti! Bisogna inventarsi tradizioni nuove, è così che va il mercato!"
Mentre parlava, muoveva freneticamente le mani, come faceva solo quando si trovava in difficoltà.
"Sì, ma perché proprio in questo periodo! Non fai nulla per l'inizio della primavera, o per l'inizio dell'estate! Andiamo papà, non credo sia una cosa così segreta da non potermela dire!"
Il proprietario del ristorante sospirò. Cominciò a tagliare qualche verdura, mentre sembrava voler prendere tempo.
"Vedi figliolo... è una specie di anniversario. Ma è una cosa che non potresti capire, sei ancora troppo giovane".
Il figlio spalancò la bocca. Credeva che fosse finito il tempo in cui quella frase era risposta ricorrente ad ogni sua domanda.
"Papà, ho trent'anni ormai, credo di essere abbastanza grande per conoscere queste cose".
"Vedi, vedi!" L'altro si voltò verso di lui, scuotendo l'indice, come per volerlo rimproverare.
"E' proprio questo che intendo! Avrai pure trent'anni, sarai pure il Guerriero Dragone, avrai pure trovato la pace interiore ma cadi ancora su queste sciocchezze! Non parlo di età biologica, ma di esperienze. Ci sono ancora sentimenti che devi provare per poter comprendere questa storia".

Po, questa volta, non ebbe la forza per replicare.
Si sentiva piuttosto avvilito dall'aver ricevuto quel tipo di ramanzina, nemmeno fosse un bambino.
Inoltre, si sentiva confuso.
Di che cosa stava parlando suo padre? Quali erano questi mistici sentimenti?
Domande, ancora tante domande. Era convinto che, una volta trovata la pace, avrebbe smesso con le domande.
... Eppure più le evitava, più esse comparivano di fronte a lui, come un grosso muro di pietra.

 

***

 

Tigre chiuse gli occhi.
Mosse con lentezza le braccia, cercando di imitare la danza del vento.
Si concentrò su i rumori della montagna: il frusciare delle foglie, la corsa di una lepre, il gracchiare dei corvi.
Doveva raggiungere la massima concentrazione. Doveva diventare un tutt'uno con l'ambiente.
Intrecciò nella terra i piedi nudi, sentendone il calore e il battito vitale.
Aprì gli occhi.
Con uno scatto degno del felino di cui portava il nome, balzò su un albero, appena per un momento, il tempo necessario per poggiare il peso su un ramo e lanciarsi nuovamente in aria, cominciando a correre tra la vegetazione, come un predatore che insegue la sua preda.
Teneva il busto basso e le braccia rigide lungo di esso, nella postura più adatta che riuscì ad assumere per seguire il corso delle correnti d'aria.

La pupilla puntava diritta davanti a sé. Nulla l'avrebbe fermata, nulla l'avrebbe ostacolata.
Con le braccia si aggrappò al volo ad un altro ramo, di un albero parecchio più alto degli altri, cominciando ad arrampicarsi su di esso, usando in sincronia mani e piedi, finché non raggiunse la cima.
Si fermò, per darsi qualche istante di tregua, inumidendosi le labbra seccate dall'aria fredda, che le corrodeva la gola.
Osservò le proprie piante dei piedi e i palmi delle mani, notandovi alcune ferite, provocate probabilmente dalla corteccia o da qualche sasso.
E Tigre non voleva scarpe o guanti che le proteggessero la pelle.
Lei era una guerriera, doveva sopportare. Si era allenata per venti anni per non sentire nulla, e avrebbe continuato.
Attraverso il dolore avrebbe continuato a migliorarsi, a dare soddisfazione a se stessa e al proprio maestro.
Strinse i pugni.
Cominciò a guardarsi intorno, osservando attentamente quella strana tinta nera e bianca che avvolgeva la valle.
Non era un'atmosfera rassicurante.
E Tigre ne ebbe la conferma quando vide uno stormo di uccelli color pece scagliarsi nel cielo, emettendo un verso acuto e stridente, tanto da farle digrignare i denti.
Per un istante, ebbe la situazione che stesse per accadere qualcosa.

 

 

 

 


 





NOTE:

Salve a tutti! Eccomi qui giunta con il primo vero capitolo della mia storia.
Ho scelto una poesia di Carducci per introdurlo, cercando di citarla durante alcune fasi di questi eventi.
E' un capitolo un po' statico, ma dove in realtà sono presenti parecchi spunti per lo svolgersi della trama.

Inoltre, una piccola annotazione: i nomi dei Cinque sono quelli degli animali, e lo so che sembra parecchio strano; in realtà ci sarà una spiegazione anche per questo, sono che non voglio spoilerarla adesso.
Che altro dire, spero vivamente che vi sia piaciuto ^^

Un enorme grazie a Tigre Rossa per aver recensito il prologo!

  
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