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Autore: Farawayx    06/02/2014    10 recensioni
E' come se la tua intera vita fosse stata basata su delle bugie, un giorno sei una persona normale e l'altro vieni catapultata in un susseguirsi di eventi che ti lasciano senza fiato. Di chi puoi fidarti? Chi sa la verità?
Ma la domanda che continua a porsi Samantha Reyes è solo una: chi è realmente?
Le sue risposte sembra averle tutte una persona: Jonathan Christopher Morgenstern.
« Io non sono cattivo, ho solo il lato oscuro un po' pronunciato, mi sento come l'angelo affascinato dal buio.»
Nel buio ho trovato il mio angelo.
Un angelo pieno di paura e di odio, pieno di rancore e di voglia di vivere.
Nel buio l'ho amato, l'ho cullato, abbiamo cantato e sognato.
Abbiamo riso e ci siamo amati intensamente.
Ma alla luce mi ha annientato.
E se qualcuno insegnasse ad amare ad un angelo oscuro?
Genere: Avventura, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Jonathan, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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» Capitolo 9
                                 
«Know the water’s sweet but blood is thicker.» 
(Sappi che l’acqua è dolce ma il sangue è più denso.)
-Hey Brother; Avicii







-Ma no, vi prego, non fermatevi a causa mia. - Disse Magnus facendo scorrere lo sguardo dal viso di Sam a quello di Sebastian. Il suo viso, nonostante sembrasse tenere la solita espressione, era scuro come lei non l’aveva mai visto.
Nella mente di Sam passarono parole su parole, cose che poteva dire nel tentativo di giustificare tutto quello, ma infondo non c’era una reale spiegazione a quello che era successo qualche minuto prima. Lei aveva desiderato ogni bacio che si era scambiata con Sebastian e si era sentita felice come mai prima. Si sentiva incolpa a pensarlo, ma era così, non poteva negarlo anche a se stessa oltre a tutti.
La ragazza decise di non dire una parola, chiudendo la mano a pugno, stringendo con essa le lenzuola. Teneva gli occhi bassi, quasi incapace di sollevarli e incontrare nuovamente lo sguardo furioso dello stregone.
Sentì il materasso sollevarsi e capì che Sebastian si era alzato in piedi. Dopo alcuni istanti sollevò lo sguardo, portandolo così verso il ragazzo. I capelli erano leggermente scompigliati, della camicia i primi bottoni erano sbottoni in maniera disordinata e i jeans neri attillati fasciavano perfettamente le sue gambe. Con un movimento veloce della mano tirò dietro il ciuffo dei capelli chiari, per poi stringere le braccia al petto.
 –Se prendessi l’abitudine di bussare, eviteresti questi spiacevoli inconvenienti. - Disse con tranquillità Sebastian.
-Penso che anche bussando, non mi avresti sentito. - Rispose Magnus mentre sollevava una mano osservandosi le unghie delle dita. –Eri troppo impegnato a profanare una povera bambina. -
-Magnus!- Esclamò Sam inorridita, sollevandosi sulle ginocchia e scendendo anche lei dal letto.
-Okay non proprio bambina, ma il concetto è quello. - borbottò alzando gli occhi al cielo con noncuranza girandosi verso il corridoio, esitando un secondo. –Samantha, manda a casa il tuo amichetto speciale e raggiungimi nel soggiorno, grazie.-
 
Non appena Magnus richiuse la porta Sam sentì di poter tornare a respirare, come se fino a quel momento avesse trattenuto il fiato. In parte era stato così, vedere lo sguardo di Magnus osservarla in quel modo l’aveva turbata.
Una parte di se era convinta che ora alzando lo sguardo Sebastian non sarebbe stato più lì, solitamente era per il “mordi e fuggi”, faceva la sua apparizione e poi via.
Invece no, questa volta lui era ancora lì e non appena incrociò il suo sguardo sollevò l’angolo delle labbra in un mezzo sorriso muovendo alcuni passi in avanti, verso la ragazza.
-Sebastian…- Sussurrò lei, non sapeva bene cosa dire, in realtà non aveva nemmeno lei idea di cosa le fosse scattato dentro ma solo di una cosa era certa: lo avrebbe rifatto mille volte, anche il quel momento se avesse potuto.
-Non ne parliamo ora. - Disse il ragazzo estraendo dalla tasca lo stilo e avvicinandosi a una delle pareti, sulla quale iniziò a tracciare una runa. –Ritornerò qui stasera, voglio farti vedere una cosa. – disse a voce bassa mentre con lo sguardo seguiva il movimento della propria mano intenta a disegnare le line che si univano in strani cerchi.
Sam osservò con attenzione il disegno che Sebastian stava tracciando, il modo in cui le linee si univano e intrecciavano tra loro l’affascinavano. Chissà quante di quelle rune esistevano e quante cose potevano fare; ma soprattutto si chiedeva se lei ne potesse fare utilizzo.
Dopo alcuni istanti di silenzio Sebastian si voltò verso di lei, cercando il suo sguardo. –Va bene?- Le chiese poi quasi a fatica, come se non fosse abituato a chiedere a qualcuno se quel qualcosa andasse bene anche per l’altra persona.
Sam annuì lentamente, stringendo e intrecciando le braccia al petto, abbracciandosi così da sola.
-Bene. - Il ragazzo la osservò un’ultima volta e Sam notò esitazione nei suoi occhi, come se volesse dire qualcosa ma non trovasse le parole. Mosse così qualche passo verso di lui ma prima che potesse essere troppo vicina, Sebastian la salutò con un cenno del capo e sparì attraverso il portale.

§

Sam osservò per alcuni istanti il punto in cui Sebastian era sparito, per poi prendere un lungo respiro e uscire fuori dalla stanza. Aveva i capelli sciolti sulle spalle e indossava ancora la vestaglia che qualcuno le aveva fatto indossare mentre dormiva. Era bianca e sottile, con dei ricami di fiori lungo i bordi delle cuciture.
Non appena varcò la soglia di quello che doveva essere il salotto, gli occhi di Magnus si sollevarono sul bicchiere di vino rosso che stava sorseggiando. La stanza era tappezzata con della carta da parati bordeaux con sopra dei decori di una tonalità più scura, lungo di essa erano appesi innumerevoli quadri, tra i quali Sam notò un autoritratto di Magnus. Una lunga libreria si estendeva dal lato opposto della camera, vicino a essa c’era un caminetto con del fuoco accesso e difronte a esso, seduto su una poltrona di velluto rosso con i bordini dorati, era seduto Magnus, con lo sguardo perso a osservare la fiamma.
-Dovresti indossare qualcosa di più caldo. - Commentò senza guardarla.
-Non ho vestiti con me.- Rispose Sam.
Lui annuì e sollevò una mano, facendo schioccare il dito medio contro il pollice. Sam si sentì stordita, prima indossava una vestaglia e ora dei jeans blu abbinati a degli stivali alti fino al ginocchio. Una maglioncino color panna, con il collo alto, le ricopriva le braccia, riscaldandola.
-Non credi che non sia un abbinamento proprio adatto? Sai qui sono tutte gonne e merletti. – Commentò lei, restando in piedi alle spalle dello stregone.
-Per ora resterai in casa, tanto vale vestirsi comodi, no?- disse lui, mentre si rigirava il bicchiere tra le dita, osservando con lo sguardo il liquido scuro che si muoveva all’interno di esso.
-Vuoi segregarmi qui? Seriamente?- Chiese Sam incredula.
-Seriamente. - annuì lui. –Prego, siediti. - le indicò con il bicchiere la poltrona vicino alla sua e Sam obbedì, lasciandosi ricadere tra i cuscini morbidi.
-Magnus, ascolta…-
-No, ascoltami tu.- La interruppe lui, sollevando lo sguardo dal bicchiere. –Non ho passato gli ultimi diciotto anni a farmi in quattro per una mocciosa così lei una volta cresciuta mandasse tutto all’aria per un’infatuazione da bambinetti. - parlò con un tono di voce fermo che Sam non gli aveva mai sentito usare. –Ora rispetterai le mie regole e farai quello che dico io.-.
-Scusa?- Sam sollevò lo sguardo incredula. – Ti sarai anche fatto in quattro ma io in diciotto anni non ti ho mai visto!- Esclamò la ragazza. –Sei stato talmente bravo da avermi assegnato a delle persone meschine e crudeli, mi hai abbandonata da loro! Poi un giorno ti sei ricordato della mia esistenza e hai pensato che forse era ora di liberarmi. – Si sollevò in piedi, portandosi davanti allo stregone. –Sicuramente ti serve qualcosa da me, oppure sarei potuta restare a marcire lì dentro! Ho fatto una vita si clausura, non potevo uscire nemmeno per correre sotto il sole, non ho mai ricevuto un po’ di affetto da nessuno, e ora tu pretendi di dettare ordini nella mia vita? – Urlò. Urlò così tanto che si sentì la gola bruciare.
Il viso di Magnus aveva perso la sua solita espressione e lo stregone si era sollevato in piedi portandosi di fronte alla ragazza. –Io ti ho salvato la vita! Ti pare poco mocciosa?- Urlò anche lui.
-Non si salva la vita a qualcuno per poi non darle modo di viverla!- Sam strinse i pugni, sentiva la rabbia impadronirsi di lei. - A questo punto era meglio che mi lasciavi morire, perché io ho diciotto anni ma non ho vissuto affatto!-
-Vedi cosa ti fa l’influenza di quell’essere?-
-Non è colpa di Sebastian se ti dico queste cose. - Rispose lei a denti stretti. –E’ solo colpa tua che pensi di avere un qualche potere sulle mie scelte. Questa sono io e se avrò voglia di fare qualsiasi cosa, la farò! Farò tutto quello che mi passa per la mente e quando mi passa per la mente. Non me ne starò ancora chiusa in quattro mura solo perché tu lo hai deciso. -
-Non te lo posso permettere. - Disse lo stregone, gli occhi da gatto brillavano riflettendo su di essi la luce che emanava il fuoco.
- Problemi tuoi. - rispose la ragazza e girò il busto, allontanandosi da Magnus e dirigendosi verso la porta del soggiorno.
- Alec ti ha mai raccontato del suo fratellino più piccolo?- Disse a un tratto Magnus con un tono di voce estremamente calmo. Sam a quelle parole si bloccò ma senza voltarsi verso lo stregone. –Suppongo di no. Allora te lo racconto io. Alexander aveva un fratello di nove anni, si chiamava Max, e sai perché parlo al passato di lui? Perché il tuo amato Sebastian lo ha ucciso. - terminò con rabbia gettando il residuo di vino nel fuoco, creando una strana fiamma. –Che persona è una che uccide un bambino a sangue freddo? Fatti delle domande, ragazzina. –Concluse e la superò, uscendo dal salone.
Sam restò immobile, sentiva di non riuscire a muovere nemmeno un muscolo e che se lo avesse fatto si sarebbe rotta in mille pezzi. Magnus era l’ultima persona con cui avrebbe voluto litigare ma si era sentita violata, ora che finalmente poteva prendere un controllo totale sulle sue azioni, qualcuno tentava di impadronirsi nuovamente sulla sua libertà.
-Sam?- Sentì qualcuno chiamarla e sollevò così lo sguardo verso la porta incrociando gli occhi azzurri di Will. –Che è successo? Si sentiva urlare da fuori. - chiese lui, non c’era traccia della sua solita arroganza o della onnipresente espressione divertita che ne caratterizzava sempre il viso. No, sembrava preoccupato.
-Will…- Sussurrò con un filo di voce. –Will, mi dispiace così tanto.-
-Ti dispiace?- le chiese lui confuso.
-Mi dispiace.- ripeté lei e sentì se stessa cedere alle emozioni, mentre delle lacrime iniziavano a rigarle il viso. –Io volevo solo... –
-Sam, di cosa stai parlando?- Chiese lui, poggiandole una mano sulla spalla, preoccupato.
-Mi dispiace Will…- ripeté nuovamente e si gettò tra le braccia del cacciatore, piangendo contro il suo petto.
Il ragazzo la strinse a se senza troppe cerimonie e le accarezzò la schiena, mentre Sam continuava a ripetere quelle due parole.
Dopo alcuni minuti la ragazza sollevò entrambe le mani, poggiandole sul petto di Will, usando così quel punto per distanziarlo dalla propria figura.
Lui la lasciò fare, ma un’espressione interrogativa restava sul suo volto.- Sam, che è successo?-
La ragazza si passò i palmi delle mani sulle guance, sollevando poi lo sguardo verso gli occhi azzurri dell’altro. –Will, voglio dirti una cosa.- disse seria.
Il cacciatore aggrottò appena la fronte per poi annuire, incitandola a continuare. –Ti ringrazio per avermi protetta, nonostante la poca simpatia che nutrivi nei mie confronti…-
-Sam, ascolta…- Tentò di interromperla lui.
-No, fammi finire.- Riprese lei, stringendo la presa delle mani contro la pelle di lui.- Ti ringrazio per essermi stato vicino e non aver segnalato all’Enclave quello che è accaduto l’altra sera alla locanda. Sono consapevole che ci conosciamo da molto poco, ma in questo breve periodo ho imparato cose che in diciotto anni di vita non ho saputo apprendere. Mi sono affezionata a te e terrò sempre a te, perché nonostante la tua ostilità e arroganza, so che in te c’è molto di più. –Si sollevò in piedi, portando una mano sul viso del ragazzo. –Prenditi cura di Jem e non lasciare che la droga se lo porti via, ti prego. Io non potrò fare molto per lui non sapendo usare il mio potenziale, ma ti giuro che quando imparerò, tornerò qui per curarlo.-
Will la guardava estremamente confuso.- Sam, perché dici queste cose?-
-Perché…- La ragazza prese un respiro profondo, tentando di non fa uscire altre lacrime dai suoi occhi.-... è giusto che tu le sappia.-
-A me sembra un addio.- sussurrò l’altro.
-Addio è per sempre e noi ci rivedremo, William Herondale.- Lasciò scivolare la mano dalla guancia di lui e indietreggiò di un passo per poi chiudere gli occhi.
-Sam?-
La ragazza fece un leggero sorriso. –Ti voglio bene, Will.- sussurrò e serrò gli occhi creando un bagliore di luce.
-Sam, NO!- Urlò il cacciatore precipitandosi nel luogo dove alcuni istanti prima c’era la ragazza ma ora al suo posto c’era il niente. –Ma cosa…-
 
 
 §
 
 
Osservare le era servito molto nell’ultimo periodo, ogni qualvolta aveva visto Magnus o Sebastian creare un portale, c’era sempre una cosa in comune: una runa. Sam non aveva idea di come funzionava il processo, i cacciatori usavano lo stilo per disegnarla, mentre lo stregone la magia. Quindi, lei cosa aveva usato?
Quando era in soggiorno con Will, la runa le era apparsa davanti agli occhi, come un flash che non voleva andare via. Si era concentrata in un modo di cui non sapeva nemmeno di essere capace e aveva desiderato soltanto andare via da lì.
 
Quando l’aria vibrò, Sam ruzzolò sul terreno bagnato, sbattendo la testa a terra e rotolando un paio di volte su di se. Non aveva idea di dove si trovasse o se fosse ancora nel diciannovesimo secolo, ma di una cosa era sicura: era stata capace di usare quella runa, senza essere una cacciatrice e senza possedere nessuna magia.
Si sollevò in piedi strusciando con le mani contro il tessuto dei pantaloni e non appena sollevò lo sguardo, il sangue le si gelò nelle vene. Era alla tenuta dei Reyes.
La casa era così come l’aveva lasciata, questo le fece capire di essere tornata al presente, la porta d’ingresso era semiaperta e quasi tutte le finestre erano chiuse dall’interno.
Sul terriccio c’erano impronte di scarpe, unite a del sangue secco, che percorrevano il viale. Con orrore capì che erano le proprie, quel giorno che si era precipitata fuori da quella casa. Il giorno in cui i suoi tutori e il suo cane erano morti.
Seguì con lo sguardo il percorso delle impronte, vedendo che terminavano sul punto in cui una grossa sagoma lì aveva lasciato una chiazza nel terreno.  
Era la forma del corpo di Agie, pensò Sam tristemente chinandosi appena e toccando con la punta delle dita il terriccio ancora umido.
Ma un altro pensiero arrivò alla mente di Sam, paralizzandola sul posto. I corpi dei coniugi erano ancora lì dentro?
L’immagine del signor Reyes con la testa mozzata, che ruzzolava vicino alle sue gambe, era ancora vivida nella sua mente e solo il pensiero di rivedere quella scena la faceva sudare freddo.
Raccolse uno spesso ramo di un albero dal terriccio e avanzò alcuni passi verso l’ingresso del vecchio cottage. Non era di certo una casa di lusso, ma era stata costruita secondo la tradizione delle case di campagna inglese. I mattoni marroncini erano stati consumati dalle piogge e fiori, ormai secchi, erano posti sui davanzali delle finestre. Un ampio giardino circondava la casa, ma nessuno lo aveva mai curato più di tanto, quindi il terriccio si era indurito per via del continuo passaggio di auto e persone.
La veranda era ampia, e Sam la percorse velocemente, avvicinandosi così alla porta e aprendola con un colpo della gamba.
C’era un silenzio inquietante e la ragazza riusciva a udire solo il battito del suo cuore e il proprio respiro.
Quasi malediceva di essere finita la, tra i tanti posti proprio quello? Non aveva idea del perché e del come ci fosse arrivata, ma se era lì un motivo doveva esseri. Nulla accadeva per caso.
Avanzò nell’ingresso della vecchia casa, stringendo con tanta forza tra le dita il bastone di legno che alcuni pezzi di corteccia le si conficcarono nella pelle. Lo teneva alto e davanti a se come protezione, non che avesse protetto un granché ma meglio di mostrarsi totalmente disarmata.
Contò fino a dieci e con uno scattò del corpo svoltò verso il soggiorno. Prese un respiro profondo, mentre lo sguardo ritornava su quella scena macabra. Tutto era come lo aveva lasciato, i corpi dei due coniugi riversi sul pavimento e il sangue secco ricopriva gran parte del pavimento. L’odore era talmente forte che Sam dovette usare tutta la sua forza di volontà per non rimettere.
Com’era possibile che nessuno si fosse accorto di niente? La casa era isolata, sì, ma non poi così tanto e poi c’era un vecchio venditore ambulante che passava di lì una volta a settimana e da lui la signora Reyes comprava i beni di prima necessità, lui avrebbe potuto trovare i corpi. E invece no. Tutto era come il giorno in cui era andata via.
Un rumore proveniente dal piano superiore fece sobbalzare Sam che sollevò nuovamente il bastone in posizione di difesa. Tentava di non farsi sopraffare dalla paura mentre il rumore si ripeteva, somigliando sempre più a dei passi.
Respirò profondamente prendendo coraggio e avanzò un passo verso la scalinata di legno, facendo scricchiolare lo scalino. Lentamente salì anche il secondo e così il resto della scalinata, arrivando al piano superiore. I rumori provenivano dalla camera da letto dei due coniugi, era l’unica stanza che si trovava sopra al soggiorno.
Oltre al ramo pesante, afferrò nell’altra mano l’attizzatoio di ferro che la signora Reyes conservava vicino alla stufa che era posizionata nel corridoio. Ad ogni passo il battito del cuore accelerava. Mancava pochissimo per entrare in quella stanza. Un solo colpo alla porta e avrebbe visto la causa di quel rumore. Un solo istante.
Prese un ultimo respiro e con forza diede un calcio alla porta semichiusa, spalancandola.
Un urlo di terrore le invase le orecchie, ma non era stata lei a urlare. Un ragazzo se ne stava nel centro della stanza. Aveva grandi occhi verdi, con delle tonalità che riprendevano il dorato. I suoi capelli erano di un biondo scuro tendente al castano e li portava in maniera disordinata, lasciando che un ciuffo troppo lungo gli ricadesse davanti agli occhi. Le sue spalle larghe erano ricoperte da una camicia che scendeva morbida lungo i fianchi e dei jeans strappati gli fasciavano le gambe. Aveva i lineamenti delicati, con il viso ricoperto in alcune zone da un accenno di barba.
L’uomo si portò una mano al petto e respirò velocemente, come se nel vedere Sam si fosse tranquillizzato mentre la ragazza restava sull’attenti con i due oggetti puntati verso di lui.
-Chi sei? Cosa ci fai in casa mia?- Chiese lei a denti stretti.
-Ci vivo?- Rispose lui. Il suo tono era tranquillo, anzi compariva quasi allegra.
-Sei stato tu ad aver ucciso i…Reyes?- chiese Sam senza chinare l’attizzatoio di ferro. – Perché lo hai fatto? Cosa volevi da loro?- disse con ribrezzo.
-Ehi, frena, io non ho ucciso nessuno. Anzi, hanno ferito anche me.- con un movimento cauto sollevò l’angolo della camicia scoprendo una zona arrossata sulla pelle che però sembrava già in via di guarigione.
-Perché eri qui? Io non mi ricordo di te… -Disse Sam tenendo gli occhi puntati sul viso del ragazzo.
Non riusciva a capire quanti anni potesse avere.
-Io ho sempre vissuto qui, sin da bambino.- rispose lui.
-C-Cosa?- balbettò incredula la ragazza, abbassando per un istante le armi che stringeva con forza tra le mani. –Ti tenevano rinchiuso da qualche parte? –
Il ragazzo rise per poi scuotere la testa. –Sam, ti ho vista crescere.-
Sam lo guardò ancora più confusa, inclinando così la testa, e tentando di fare mente locale. Aveva già visto quel ragazzo? Lui sapeva il suo nome e diceva di averla vista crescere. Era una cosa assurda.
-Menti.-
-Non potrei mai mentirti, sei la mia unica amica.- rispose lui, questa volta seriamente.
-Ma come posso essere la tua unica amica se non ti conosco nemmeno?- ribatté lei esasperata.
-Pensaci bene, anche tu avevi solo un amico qui. –
Lei aggrottò le sopracciglia, lasciando ricadere entrambe le mani intorno ai fianchi. –Io non…- farfugliò pensierosa. –C’era solo…-
-Dì il suo nome.- la incitò lui.
-C’era solo il mio cane, Agie.- sussurrò lei.
Lui allargò le labbra in un sorriso per poi indietreggiare di un passo. Si chinò del tutto su stesso, aveva i muscoli delle spalle tesi. Il braccio del ragazzo rigirò su se stesso in maniera disumana, sollevandosi sulla sua schiena che s’inclinò mettendo in evidenza la spina dorsale. Il suo viso stava cambiando, al posto di un paio di orecchie umane ne comparirono due pelose e dalla forma triangolare. La bocca si allungava in avanti e il suo corpo iniziò a essere cosparso da una peluria sempre più fitta.
Il ragazzo non c’era più, al suo posto Sam vide un cane. Il suo cane. Agie.
Le si mozzò il fiato per la sorpresa e sentì qualcosa stimolarle la mente, come le capitava di solito quando un oggetto era coperto da un incantesimo, così chiuse e riaprì gli occhi velocemente e al posto del pastore tedesco c’era un lupo. La fisonomia era simile, ma si capiva la differenza.
-Tu…sei…- Balbettò in preda alla sorpresa senza riuscire ad articolare una parola di senso compiuto.
- Un lupo mannaro.- terminò il ragazzo per lei, riprendendo le sembianze umane.
-Tu…Argo…Oddio.-
-Tranquilla, respira. Va tutto bene, non ti farei mai del male.- Le disse lui, tentando di tranquillizzare la ragazza che era andata in iperventilazione.
-Ma eri morto! Io ti ho visto. –Esclamò lei.
-Se sono qui significa che non ero poi tanto morto. – Disse lui, annuendo con convinzione.
- Argo…- Sussurrò Sam infine. Si sentiva così stordita ma una parte di lei era stranamente felice.
Il ragazzo a sentire quel nome fece una smorfia. –Ti prego, non chiamarmi così, l’ho sempre odiato come nome. Chiamami Matt.-
-Matt.- ripeté lei, come per fissare nella memoria quel nome. –Ma per quale motivo vivevi qui con noi?-
Il ragazzo si sedette sul bordo del letto, sospirando appena. – Ero in debito con una persona, in più mi serviva un posto dove stare e ho fatto due piccioni con una fava.-
-In che senso eri in debito con una persona?- Chiese Sam, restando a distanza.
-La stessa persona che ti ha dato quel ciondolo, è la stessa che diciotto anni fa ha fatto di tutto per far sì che tu vivessi.-
-Magnus Bane?- Sam pronunciò con fatica quelle parole. Si sentiva dannatamente in colpa ad aver detto quelle cose a Magnus e ora sapere che ogni cosa era collegata a lui, la faceva stare peggio.
- No certo che no. – Disse lui alzando una mano. –Ma è la stessa persona che ha chiesto aiuto anche a Bane.- disse il ragazzo. –Devi sapere che quando io ho incontrato quest’uomo non avevo quest’aspetto, ero un lupo adulto e ben messo mentre quando sono stato portato qui ero solo un cucciolo, no? Quest’uomo ha fatto in modo che io tornassi un cucciolo, ma il mio cervello era intatto, ero come un adulto rinchiuso in corpo di un bambino. Infatti tu mi vedi come un tuo coetaneo, in pratica, mentre dovrei avere il doppio della tua età. –spiegò lui.
-Chi è costui?- chiese nuovamente Sam.
-Un cacciatore. – rispose Matt. –Ma non un cacciatore qualsiasi, era uno sei Fratelli Silenti.-
- I Fratelli Silenti?- Sam li aveva sentiti nominare sia da Magnus che da jem ma ora non ricordava di preciso chi fossero.
-Beh, da quello che so io sono dei cacciatori che non combattono ma al contrario hanno ricevuto dei Marchi grazie ai quali possono avere accesso agli angoli più nascosti del Libro Grigio. Sono i loro dottori, archivisti o accademici. I loro aspetto però non è dei più belli, infatti alcune volte sono un pochetto ripugnanti.- disse Matt facendo una smorfia.
- E perché uno di loro voleva proteggere me?- chiese Sam.
Lui fece spallucce scuotendo appena la testa. –Io ho solo rispettato un patto.-
-Chi era questo Fratello?-
-Il suo nome è Fratello Zachariah.-
Sam lo guardò confuso. –Mai sentito.-
 






NOTE D’AUTRICE 
Allooooora, come sempre vi ringrazio per le recensioni, siete carinissime! Ringrazio chi ha messo la storia nelle seguite e chi nelle ricordate! Grazie a tutti, davvero <3.
Tornando al capitolo, spero vi piaccia! La mia testa sembra un manicomio, partorisce idee assurde c.c
Non odiate Sam per la sua reazione con Magnus, ma provate a capirla, è sempre stata sotto una campana e ora vuole conoscere il mondo. Lei non capisce il reale pericolo che la circonda perché non lo vede (?).
No, basta hahaah.
Spero vi piaccia e nada, come sempre fatemi sapere cosa ne pensate oppure se è una cagata assurda e dovrei chiudere i battenti e darmi all'ippica!
Un bacione <3






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu



   
 
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