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Autore: TheHellraiser    10/02/2014    2 recensioni
Fra tutti i sicari del mondo ce n'erano sette che risiedevano a New York e avevano formato una specie di gruppo. Facevano semplicemente il loro lavoro: tu chiamavi uno di loro, e loro uccidevano la tua vittima. Un lavoro pulito, spettacolare e completamente anonimo. E' impossibile risalire al mandante o anche avere una minima prova. L'unica differenza fra gli omicidi era che venivano compiuti con sette tipi diversi di arma, quindi la teoria dei sette killer iniziava a prendere forma. Ormai, la leggenda non era più tale. Se vai in un qualsiasi bar, tutti sapranno che puoi avere uno di loro per la modica cifra di tremila dollari a persona più varie ed eventuali. I sette killer si sono dati dei nomi d'arte, e hanno scelto quelli dei sette vizi capitali: Envy, Sloth, Lust, Greed, Pride, Gluttony ed infine il loro capo, Wrath.
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La storia è ambientata a New York e parla di una "leggenda metropolitana" su sette assassini con i nomi dei peccati capitali. Spero vi piaccia. :D
Genere: Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The HitMen'
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-Ehi coglioncello, svegliati!
La voce di Alexei risvegliò Dylan dal suo breve e tormentato sonno costellato da incubi.
-Mh?- disse, non riuscendo a pronunciare altro.
-Tzè, inutile pivello. Sono quasi sicuro che ha sognato la sua morte per mano di Tony ogni volta che chiudeva gli occhi- sogghignò Alex. Dylan si alzò dal pavimento sul quale aveva dormito per una mezz'oretta. Si guardò intorno. Il vetro era già stato sostituito e Julia, Tony e Gandle stavano facendo addominali. Alex teneva in mano una tazza di caffè e leggeva il giornale.
-Che... Che ore sono?- chiese Dylan timidamente.
-Le sette meno un quarto del mattino- rispose Alex, sorseggiando il suo caffè. Dylan si sfregò gli occhi. Stava morendo di sonno, e tutte le botte prese nemmeno due ore prima gli facevano un male bestiale. I tre smisero di fare addominali e si alzarono dalla loro posizione. Julia si accese tranquillamente una sigaretta.
-Bene ragazzi. Tony, hai un lavoro da svolgere. Alex, dovresti fare una chiacchieratina con i contrabbandieri amici di tuo fratello, qui abbiamo finito la vodka. Fattene recapitare altra, di quella buona. Tieni, qui ci sono i soldi- disse ad Alexei, porgendogli un fascio di banconote da cento dollari - Matt, Dylan, voi dovete andare al lavoro. Tenete le orecchie ben aperte. Ah, Dylan, prendi questa, ti servirà.
Julia prese dalla fondina una Koch a dir poco gigantesca e pesantissima.
-Ehm, a dire il vero ho già la mia- protestò debolmente Dylan, indicando la Glock nella sua fondina. Julia alzò le spalle come per dire "fai come vuoi". Strano ma vero, gli aveva dato corda, e gli altri non avevano avuto niente da ridire.
-Era di Envy, vero?- chiese Dylan, incuriosito dalla Koch. Julia annuì, mettendo la pistola sul tavolo.
-Bene, noi andiamo. Su Dylan, dobbiamo muoverci- disse Gandle, infilandosi il cinturone con dentro la Colt a mò di cowboy. Uscì senza nemmeno aspettarlo. Dylan gli corse dietro, e Gandle salì sulla sua auto. Durante il viaggio, Dylan rischiò di vomitare almeno dieci volte a causa della guida alquanto spericolata del suo capo, ma riuscì comunque ad arrivare a destinazione sano e salvo. Uscì dall'auto traballando, e Matt lo spintonò verso la centrale. Non appena entrò, Ignacio si precipitò verso di lui.
-Pivello! Cosa ti è successo!? Sei finito in una rissa?- rise, comprensibilmente preoccupato per l'aspetto del giovane. Dylan sorrise al partner.
-Qualcosa del genere... Abbiamo qualcosa di nuovo?- chiese. Da quando aveva saputo che c'era una talpa in polizia, si sentiva osservato. Chissà, magari era Ramos. Nonostante si fidasse di lui, non poteva fare a meno di vederlo con occhi diversi.
-Nah, niente, giornata di calma, ieri i sette se ne sono stati buoni. A proposito, non ti sarai mica fatto impressionare, spero! Hai la faccia di uno che non ha dormito niente per gli incubi!- rise Ramos, divertito. Se non altro, almeno la sua allegria riusciva a rendere meno nera la giornata di Dylan.
-No, no, tranquillo- rise Dylan a sua volta. Beh, gli incubi li aveva avuti ma... non esattamente per la sua storia.
-Vuoi che ti offra un caffè, pivello?- chiese Ramos dopo un po'. Dylan scosse la testa. Non aveva voglia di bere niente, la testa gli faceva troppo male, e la caffeina avrebbe potuto rendere la situazione peggiore.
-Penso che mi farò un giro... Che scusa posso usare?- disse Dylan. Aveva voglia di andarsene un po' in giro a indagare per conto suo, ma non voleva dover fornire spiegazioni poco credibili alla domanda "che stai facendo qui senza fare niente". Ramos prese un plico a caso dal mucchio che aveva nei cassetti e lo porse a Dylan.
-Se qualcuno ti chiede cosa stai facendo, digli che stai andando a fotocopiare questi- disse. Dylan annuì e prese il plico, incamminandosi nel corridoio. Quasi tutti i detective della DRO stavano lavorando in quel momento, e quindi era quasi solo, ad eccezione di una delle reclute più giovani che lo avvicinò.
-Ehi, Stokes! Conosci per caso una certa Julia Blake?- gli chiese. Dylan si mise subito sulla difensiva. Solo sentir pronunciare il nome di Julia gli faceva capire che stavano per arrivare brutte notizie, e lo rendeva terribilmente paranoico.
-Perchè?- chiese, sospettoso. Magari era lui la talpa, che ne poteva sapere!
-Prima ha chiamato un tizio, non ha lasciato nè nome nè numero di telefono, però ha lasciato un messaggio per una certa Julia Blake. Mi ha detto di dare il messaggio a te, che conosci questa Julia. Allora, posso dare a te?- chiese, sventolando un foglietto rosa con sopra scribacchiati degli appunti.
-Uh... Ok- disse, prendendo il foglietto - Le farò sapere.
Il ragazzo lo salutò con un cenno della mano, e Dylan lesse a voce abbastanza alta per farsi sentire dalla microspia, ma non abbastanza perchè i suoi colleghi capissero. Erano poche parole.
-"Torna a casa in fretta, c'è una sorpresa per te".
Dylan rabbrividì leggendo quelle parole. Qualcuno stava aspettando Julia. Il cellulare suonò e Dylan rispose immediatamente. Era lei.
-Dylan, ho sentito quello che hai detto. Sarò a casa in due minuti. Non dire niente a Matt, ok?- disse sbrigativamente, prima di chiudere la chiamata. Dylan, senza pensarci nemmeno per un secondo, lasciò il plico sulla scrivania di Ramos, lo salutò ed uscì di corsa ignorando le sue domande. Corse sul marciapiede urtando almeno venti persone, entrò in condominio, salì le scale continuando a correre. Quando fu davanti alla porta, esitò un attimo. Chissà cosa c'era dentro. Deglutì. Gli tornò in mente quel "ma questo tipo non ha le palle!" di Alexei. In una frazione di secondo, decise di dimostrare l'opposto facendo un gesto assolutamente avventato e stupido. Spalancò la porta. Si aspettava di essere crivellato di proiettili o qualcosa di simile, ma non accadde. La casa era calma e tranquilla come l'avevano lasciata. Entrò in salotto. In quel momento arrivò Julia, e fece quasi venire un mezzo infarto a Dylan.
-Dylan!?- disse, preoccupata.
-Sono qui- fece eco lui dal salotto. Lei lo raggiunse, Beretta alla mano.
-Ho controllato sommariamente la camera da letto e il salotto, ma...- cominciò.
-E la cucina?- chiese lei.
-No, stavo per farlo ma sei arrivata tu- disse, lanciando un'occhiata alla cucina. I due entrarono nella parte della stanza adibita a cucina con circospezione. Julia strinse di più la mano sul calcio della Beretta, tenendola carica e puntata davanti a loro. Sul muro della cucina era spalmata una sostanza grigiastra ed imprecisata. Julia la toccò con le dita e la annusò.
-Grasso o resina o qualcosa di simile- constatò, facendo un'espressione schifata per la disgustosa consistenza della sostanza. Dylan guardò la macchia, e notò una scritta incisa con qualcosa tipo un coltello o comunque un oggetto appuntito. GLUTTONY. [NdA: Scritta] Sotto, con uno spillo, era attaccata una lettera. Appoggiato a terra, sotto il foglietto, stava un sacchetto di tela.
-Ehm... Dovremmo aprirla?- chiese Dylan alla ragazza, indicando la lettera. Julia annuì e strappò la lettera dal muro. Dylan prese il sacchetto e lo aprì. Ci guardò dentro. Non lo avesse mai fatto. Lasciò andare il sacchetto con un urlo lacinante, tremando come una foglia. Julia puntò immediatamente la pistola contro il sacchetto. Dylan lo indicò con un dito.
-Cè... C'è...- disse, con voce rotta.
-Cosa?- chiese lei, senza distogliere gli occhi dal sacchetto.
-Guarda dentro!- sbraitò istericamente. Julia si avvicinò, aprendo piano il sacchetto con la canna della pistola. Si ritrasse anche lei, con espressione schifata.
-Che tentativo squallido e alquanto banale di spaventarmi- commentò con voce seccata. Dylan piagnucolava, accoccolato a terra stringendosi le ginocchia e coprendosi la testa con il cappuccio della felpa. Nel sacchetto stava un braccio, tagliato all'altezza della spalla. La carne era a brandelli, segno del fatto che probabilmente era stato tagliato con qualcosa dalla lama non molto appuntita. La pelle del braccio aveva un colore grigiastro e emetteva un tanfo acre. Il braccio riportava numerosi tagli, lacerazioni e segni di ecchimosi. Le ossa erano spezzate. Probabilmente era il braccio di qualcuno che era già morto da parecchi giorni. L'odore di putrefazione si spanse rapidamente per tutta la cucina, facendo gemere Dylan. Le dita della mano erano diventate scheletriche, le unghie erano spezzate e i tendini erano tesi, facendo rimanere la mano bloccata in una posizione simile ad un artiglio. Il braccio aveva i muscoli dall'aspetto allenato, sebbene fosse diventato molto magro e la pelle si fosse tirata molto, facendo quasi intravedere le ossa. Il proprietario del braccio era rimasto parecchio tempo senza mangiare. Al di là dell'aspetto orripilante del braccio scheletrico, Julia cercò di concentrarsi.
-Coagulanti- disse, guardando il punto in cui il braccio era stato tagliato. Non c'era molto sangue, sebbene normalmente dovesse esserne uscito parecchio, quindi probabilmente dovevano aver usato una sostanza per far coagulare rapidamente il sangue.
-Co... Cosa?- chiese Dylan. Non capiva di cosa stesse parlando.
-So di chi è questo braccio- disse Julia.
-Beh, lo immagino anche io- disse Dylan, tirando su con il naso - Gluttony, non è vero?
-Già. Vedi questo segno?- disse, indicando un cordone di pelle biancastra sull'avambraccio - E' una cicatrice che avevo fatto io stessa a Nick. Questo è il suo braccio.
Julia richiuse il sacchetto e prese la lettera.
-Cosa dice?- disse Dylan, alzandosi in piedi.
-Dice che hanno qualcosa da farci vedere... Dobbiamo andare in una delle case della periferia.
-Julia, avete mai ritrovato il corpo di Gluttony?- chiese Dylan, che aveva già intuito cosa stesse succedendo. Julia scosse la testa.
-No, è scomparso più di un mese fa. Sono giunta alle ovvie conclusioni che sia morto- disse, con un'espressione che lasciava trasparire il suo senso di colpa. Entrambi erano comunque arrivati alla stessa conclusione.
-Probabilmente vogliono farci vedere la fine che ha fatto- deglutì Dylan.
  
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