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Autore: AxXx    10/02/2014    5 recensioni
Salve, popolo di EFP e amanti della Percabeth in particolare. Questa storia parla di un mondo senza genitori divini, Dei o mostri vari a cui dare peso.
Annabeth è una ragazza ricca che desidera diventare architetto, ma un giorno la sua vita cambia radicalmente e lei si ritrova isolata dal mondo, senza memoria e senza nulla che glielo faccia ricordare. Solo una persona la aiuta: un ragazzo di nome Percy Jackson.
Il passato, però, torna sempre a tormentarci e lei lo scoprirà nel modo peggiore.
[Percabeth]
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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                    Fine Primo Giorno

 

 

 

 

Percy fu condotto nell’ufficio dell’ispettore capo, mentre io fui lasciata sola, seduta lì a fianco, in attesa che lui potesse uscire.

“Aspetti qui, signorina… devo trattenere il suo amico solo per qualche minuto.” Disse il capo della polizia Grace, sorridendomi freddamente, mentre metteva una mano sulla spalla del ragazzo.

Ovviamente nessuno di noi due pensò di contraddirlo, ma intuii che Percy non era per niente felice di quella situazione ed anche io non ero del tutto convinta. Infatti, a riprova dei miei sospetti, erano passate quasi tre ore da quando lui era chiuse lì dentro. Ogni tanto il signor Grace era uscito, per prendere un caffè, ma non mi aveva prestato attenzione.

Controllai per l’ennesima volta l’ora sull’orologio a muro che troneggiava sulla parete alla mia destra.

“Annabeth! Che ci fai qui?” Chiese Talia che si fece avanti, come se conoscesse a mena dito tutto quel posto. Era ancora vestita con i jeans attillati e la maglietta scollata.

“Sto aspettando che Percy finisca… tuo padre l’ha portato dentro.” Risposi, facendo un cenno verso la porta.

“Oh no…” La ragazza si dette un colpo sulla fronte con il palmo della mano. Sembrava terribilmente dispiaciuta. “Avrei dovuto immaginarlo, eh sì, che lui non voleva venire. Da quanto è lì.”

“Tre ore, circa.”

“Cosa!?”

Mi strinsi le spalle: non ricordavo se quell’uomo lo potesse fare per legge, ma avevo la sensazione che non potesse. Il problema è che ero io, quella senza memoria, lui aveva il coltello dalla parte del manico.

“Perché non si sopportano?” Chiesi. Mi dispiaceva interrogare Talia, soprattutto perché anche a lei non sembrava piacere quell’argomento, ma avevo bisogno di sapere.

“Mmmh… è una parte della storia di Percy che non mi piace. Soprattutto perché lui non c’entrava molto e non è una bella storia. Due anni fa, rimase coinvolto in una retata della polizia per fermare un pericoloso spacciatore. Lui… non ho idea del perché si trovasse in zona, ma lui fu preso insieme a tutti gli altri criminali. Per via di una serie di cavilli legali, quasi tutti i coinvolti furono scagionati, Percy compreso. Mio padre, all’epoca, era a capo dell’operazione ed era convinto che tutti i coinvolti fossero colpevoli. Si è legato al dito il fatto che fossero stati scagionati e quindi approfitta sempre di ogni scusa per accusare Percy di qualsiasi cosa succeda.”

Altro problema con cui Percy doveva occuparsi. Di nuovo mi sorpresi che riuscisse ad avere tempo per allenare, e occuparsi di me. Io sospirai e abbracciai le mie ginocchia. Ormai erano le sei del pomeriggio ed io iniziavo a sentire la fame farsi strada e abche il desiderio di uscire e tornare a casa mia… o meglio, casa di Percy, visto che era l’unico posto che potevo considerare casa.

“Aspetta qui, ci penso io a riportare qui quella testa calda.” La rassicurò Talia, camminando impettita verso la porta, aprendola di botto.

“Ciao papi!” Esclamò, richiudendosela alle spalle.

Sentii provenire, da dietro la porta, delle voci, all’inizio erano tranquille, ma poi divennero concitate e forti, tanto che ebbi l’impulso di tapparmi le orecchie, per non sentire, ma non lo feci. Riuscii solo a percepire poche parole sconnesse, ma intuii che padre e figlia si stavano prendendo a male parole.

“Grazie, pa’… sono certa che starà benissimo!” Sbottò lei, uscendo poco dopo, con Percy che le barcollava dietro. Era sudato, e le palpebre sbattevano di continuo, come se fosse confuso.

“Cosa ti ha fatto!?” Chiesi, in ansia, cercando di guardarlo negli occhi, che sfuggivano i miei.

“Nulla di particolare… a parte uccidermi di parole. Ha cercato in ogni modo di farmi confessare che ti avessi violentata, ma non sono così deficiente.” Spiegò lui, mentre scendevamo l’ascensore, insieme alla nostra amica.

“Ma non è vero! Tu mi hai salvato la vita, quel tipo è un’idiota!” Pu essendo il padre di una mia amica, non riuscii proprio a trattenermi.

Sorprendentemente fu proprio lei a ridere di quel che avevo detto: “Non hai idea di quanto hai ragione. Mio padre è un testone… però non dire a nessuno che il candidato alle elezioni per sindaco della città è una testa di legno.”

Informazione da registrare: il signor Gioven Grace era candidata come Sindaco di New York. Non seppi perché, ma memorizzai l’informazione, certa che mi sarebbe tornata utile.

“Sentite… visto che dovete mangiare entrambi, e io non ho una gran voglia di tornare a casa, che ne dite di mangiare fuori? Offro io.” Propose la mora, appena uscimmo dal distretto.

Nonostante l’aria fosse inquinata, era molto meglio respirare l’aria inquinata fuori che quella fumante e viziata all’interno di quel distretto.

“Grazie, Tal… ma se tu non vuoi tornare a casa,  dove andrai a dormire?” Chiese, Percy, dopo avermi presa per mano. +

Nonostante mi sentissi un po’ in imbarazzo, non potei non sentirmi rassicurata dalla sua stretta, che mi guidava in quel labirinto di strade a me del tutto sconosciute. Eppure non potei non pensare che lui lo facesse più per non farmi perdere che per affetto: come se mi considerasse solo una bambina ed io non volevo che mi considerasse una bambina.

“Oh, sono certo che i tuoi cugini mi ospiteranno volentieri. Nico è un tipo a posto, sono certa che non mi negherà asilo per una notte.” Rispose lei, senza fermarsi.

Camminammo a lungo, quasi senza meta. Mentre Percy e Talia chiacchieravano del più e del meno, io mi tenni a lui, guardandomi intorno, osservando quella massa di persone che ci passavano accanto incuranti, come fantasmi. Ogni persona poteva essere per me un ricordo, ma nessuna aveva un aria familiare.

Cercavo qualcosa che riportasse a galla il mio passato: nei volti, nelle giacche, nei passi, nelle case e nelle ombre, ma nulla mi dava l’impressione di essere già stata lì. Non avevo idea di cosa mi fosse successo: era come se fossi nata quel giorno.

Mentre camminavo, ascoltai la conversazione tra Talia e Percy.

“Dovresti tornare… la band non è la stessa senza di te, eri la nostra chitarra, senza di te stoniamo parecchio.” Disse Talia, dando una pacca sulla spalla del ragazzo.

“Sai bene che non ho tempo… ho troppo da fare.”

“Hai sempre troppo da fare… ti rendi conto di quante possibilità hai sprecato?”

“Non ho idea di cosa tu stia parlando.” Sbuffò lui, nascondendosi di nuovo, dietro i suoi capelli mossi, come il mare durante una tempesta.

“Invece sì… Eri il nuotatore migliore di New York e sai suonare la chitarra in maniera fantastica. Ma hai gettato via tutto per rimanere ad insegnare arti marziali.” Rispose Talia, scuotendo la testa.

“Sai perché l’ho fatto… non avevo tempo per aspettare che la fortuna girasse… avevo bisogno di soldi, subito.” Rispose senza scomporsi.

Avrei davvero voluto potergli chiedere del suo passato, anche solo per curiosità. Volevo sapere di quella sua vita difficile magari per aiutarlo, ma sentii che non era il momento giusto. Temevo che si sarebbe potuto arrabbiare se avesse scoperto che sapevo così tante cose su di lui. Era strano non sapere niente di se stessi e così tanto di un’altra persona.

“Lo so… mi dispiace, però… saresti potuto diventare una persona importante.” Disse la mora, dandogli una gomitata amichevole. Non sembrava volerlo canzonare, ma che dietro al sorriso della ragazza si nascondesse sincero dispiacere.

“Lo so… grazie per l’interessamento.” Borbottò Percy, continuando a camminare.

 

 

“Allora, ti piace?”

Io non risposi alla domanda di Talia, ma addentavo l’hamburger che mi era stato offerto. Avevo una fame incredibile a causa di tutto il tempo passato nella centrale. Sapevo che avrei dovuto cercare di essere un po’ più educata mentre mangiavo, ma lo stomaco reclamava. La mattina non avevo fatto colazione e mezza pizza a mezzogiorno non mi aveva saziato del tutto.

“Dovrò stare attento, o mi svuoterà il frigorifero.” Commentò Percy sarcastico, mettendomi in imbarazzo.

“Non è vero! Non mangio così tanto.” Sbottai, pulendomi il mento dal ketchup. “Ho solo fame!”

Lui rise di gusto, facendomi arrossire ancora di più. Non capivo perché cavolo dovesse comportarsi da cafone antipatico. Sospettai si divertisse a prendermi in giro. Sbuffai sonoramente, cercando di ignorarlo e addentai l’ennesimo boccone, masticando e assaporando l’insalata e la carne del panino. Non mi ero accorta, però, che, forse avevo esagerato e, nella fretta di ingoiare, il boccone mi andò di traverso.

Mi sentii soffocare e una mano mi batté dietro le scapole per spingere fuori dalle vie respiratorie il cibo in eccesso e, per fortuna, riuscii a sputare fuori tutto, tossendo alla ricerca d’aria.

“Te l’avevo detto di non ingozzarti.” Mi canzonò Percy, continuando a tenere la sua mano sulla mia spalla.

Io non risposi, troppo impegnata ad ansimare ed arrossire: che vergogna, ammettere che mi ero persino dimenticata come si mangia. Ora mi avrebbe preso in giro per tutta la vita. Ma non sembrava intenzionato a farlo. Mi si avvicinò, pulendomi la faccia ancora sporca con il tovagliolo.

“Forse dovresti mangiare un po’ più piano.” Sussurrò, con un sorrisetto divertito, ma senza alcuna malizia.

Stranamente, mi sentii irritata, non sapevo perché, ma mi dava fastidio essere trattata come una bambina di cinque anni. Mi separai dalla sua calda mano premuta contro la schiena e lo guardai male.

“Non ho bisogno di una babysitter… anche se non ricordo nulla, posso mangiare da sola.”

Lui borbottò qualcosa che mi sembrò “D’accordo, però sei una svampita comunque.”, ma non risposi, anche perché non ero del tutto sicura di quel che aveva detto. Quando finimmo di mangiare fui quasi felice di poter tornare alla metropolitana: sapevo che da lì sarei tornata a casa di Percy, l’unico rifugio sicuro in quella tempesta di oscurità che vorticava intorno a me. Talia scese due fermate prima della nostra. Mi salutò, dandomi un bacio sulla guancia e arruffò i capelli dell’amico, facendogli la linguaccia.

“Ci si vede e prenditi cura di Annie, altrimenti ti strozzo.” Minacciò con un sorrisetto divertito, come se volesse sottintendere qualcosa sotto quelle parole.

“Non c’è problema… lei non ha bisogno di una babysitter.” Rispose lui, salutandola, scimmiottando la mia voce.

Appena la porta si chiuse gli tirai un pugno sul braccio: “Smettila di prendermi in giro!”

Lui scrollò le spalle, facendo finta di niente ed io mi voltai dall’altra parte, sospirando esasperata. Non ricordavo che la vita potesse essere così complicata e stancante, ma forse ero io che ero debole. La mia testa era un affollamento di domande e nessuna risposta. Mi chiedevo sempre le stesse cose, cercando, invano di riportare alla mente qualcosa che mi ricordasse la mia vita, ma nulla mi faceva venire in mente qualcosa di utile.

Tornati a casa Percy iniziò ad armeggiare con il divano: lo spinse contro il muro, spostò il tavolino e il futon, per poi aprirlo rivelando un divano letto. Non era molto grande, ma almeno era accogliente. Lo aiutai a sistemare lenzuola e coperte, così che potesse assomigliare di più ad un vero letto.

“Finché non ricordi qualcosa potrai rimanere qui. Casa mia non sarà grande, ma posso tenerti con me, per un po’, non sono il tipo da lasciarti dormire per strada.” Spiegò, una volta che ebbe finito.

“Grazie, Percy… mi dispiace disturbarti.” Dissi, sincera. Non sapevo cos’atro dire, ma a lui non sembrò importare, perché si avvicinò a me e mi appoggiò una mano sulla spalla.

“Stai tranquilla… posso solo immaginare come ti senti, anche io sarei disperato e smarrito, se perdessi la memoria, ma per quel che vale, conta pure su di me. Non ti chiuderò la porta in faccia.” Mi rassicurò con un sorriso stanco. I suoi occhi verdi erano l’unico faro di certezza in quel mare di nulla che mi circondava. Avrei voluto abbracciarlo, ma mi imposi un minimo di contegno. Non potevo somigliare ad una ragazzetta svenevole, che si lascia subito andare. Questo non mi impedì, però, di sorridere in risposta.

“Sei molto gentile… prometto che, appena ricorderò qualcosa, farò di tutto per restituire questo favore.”

“Non ce n’è bisogno… ricorda presto.”

Detto questo andò in camera sua, dandomi la buonanotte. Lo sentii cambiarsi e mettersi a letto, così decisi che era inutile rimanere sveglia ancora. Sentivo le palpebre pesanti e la testa ciondolare, così mi tolsi il maglione e i jeans e mi misi sotto le coperte, tirandomele su fino al mento. Affondai la testa nel morbido cuscino, sentendo il mio corpo invaso dal dolce tepore che precedeva il sonno. Per un attimo ebbi paura di chiudere gli occhi, temendo di dimenticare anche quel giorno.

Se il giorno dopo mi fossi svegliata di nuovo senza ricordare nulla?

Scacciai quel pensiero, mentre mi concentravo su Percy, Talia, Rachel e Grover. I loro volti amichevoli mi rassicurarono, allontanando la paura irrazionale del buio.

E finalmente, chiusi gli occhi, ponendo fine a quel mio primo nuovo giorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo dell’autore]

Salve a tutti, popolo di EFP! Come promesso, capitolo arrivato alla velocità della luce. Finalmente il primo giorno di Annabeth si è concluso e lei può riposare dolcemente, in attesa del secondo. Vi sono piaciuti i personaggi fin ora? Avevo in mente di mettercene qualcun altro, ma preferisco aspettare. Dopotutto è ancora presto, ma non temete. Ci saranno tutti, a poco a poco.

E tornerà anche Luke, ovviamente ;)

Quindi, recensite tutti!

AxXx

PS: Ringraziamentissimi speciali a Ramosa12, _Serefic_, Clouds_Jas che hanno recensito tutta la storia fin qui. Attendo altre vostre bellissime recensioni :D E non solo loro, ovviamente, ma anche di tutti quelli che seguono questa storia così orribile. :3

  
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