RISVEGLIO
Nel
buio vidi due occhi di ghiaccio che mi puntavano
come quelli di un predatore. Provai
a
sfuggirgli, ma quelli mi seguivano. Sentii una sensazione soffocante,
come se
mi stessero premendo un cuscino sulla faccia. Provai ad urlare, ma non
mi
usciva voce dalle labbra, provai a divincolarmi, ma il corpo era
schiacciato a
terra.
La
mia pelle sembrò bruciare, poi arrivò il dolore,
come se tutte le ferite mi fossero state aperte con un coltello
arroventato.
Poi
aprii gli occhi.
Una
luce calda, soffusa e dolce usciva dalla porta
finestra alla mia destra. Mattina.
Ero
spaventata: avevo fatto un incubo e la cosa
peggiore era che avevo la sensazione che fosse anche un ricordo. Quegli
occhi
di ghiaccio mi facevano davvero paura. Notai che mi ero agitata nel
sonno, dato
che le coperte erano spostate e attorcigliate intorno alle mie gambe.
Per
un attimo il mio cuore iniziò a battere
all’impazzata, nel timore di aver dimenticato di nuovo
qualcosa, così mi alzai
veloce.
‘Mi
chiamo Annabeth, sono a casa di Percy Jackson che mi ha ritrovata
moribonda per
strada. Ieri mi sono addormentata sul suo divano letto e ho fatto un
incubo. Ho
preso due volte la metropolitana, ho mangiato a pranzo una mezza pizza
e a cena
un hamburger. Ho conosciuto Talia Grace, figlia di Gioven Grace, Rachel
e
Grover Underwood.”
Fare
il punto della giornata precedente mi fece sentire
meglio. La paura di dimenticare non ce la puoi avere se non hai mai
perso la
memoria. Avevo paura di svegliarmi, senza più sapere che mi
chiamavo Annabeth,
senza sapere chi era il ragazzo che mi aveva salvata, né chi
era l’amica che mi
aveva ricordato il nome.
Sospirai
e mi alzai, prendendo i vestiti ch la sera
prima avevo ripiegato con cura e posti sul futon. Mi diressi verso il
bagno, mi
lavai la faccia e togliendomi il sonno dagli occhi.
Poi
sentii la porta aprirsi.
Percy
era entrato nel bagno con ancora solo i pantaloni
e mi stava fissando intensamente, come se fosse sorpreso. Io, di mio,
mi coprii
frettolosamente con l’asciugamani, visto che ero ancora
svestita. Proprio in
quel momento doveva entrare!? Ero rossissima, tanto che potevo fare
concorrenza
ai capelli di Rachel e non solo per il fatto che lui guardasse me.
Infatti,
anche io non potei non soffermarmi sui suoi addominali scolpiti, il
petto
sporgente e le braccia forti. Era davvero bello, sarei stata molto
felice di
abbracciarlo, se non fosse un cafone pervertito con
l’abitudine di vedermi in
intimo.
“Esci
dal bagno, maniaco!” Sbottai, cercando di tornare
a concentrarmi su qualcosa che non fosse lui.
“Ma…
guarda che il bagno è mio!” Protestò
lui,
distogliendo lo sguardo. Meno male.
“Non
guardarmi, pervertito, esci! Lasciami vestire!”
La
mia voce era altissima e stridula, ma non riuscivo a
controllare, farmi vedere così mi metteva terribilmente in
imbarazzo. Volevo
sparire il prima possibile.
“D’accordo,
non
c’è bisogno di agitarsi… vedi di non
occuparlo troppo a lungo.” Sbuffò lui,
uscendo, facendomi sentire un po’ meglio.
Tornai
al lavandino e mi sciacquai di nuovo la faccia,
ma questa volta per rinfrescarla e calmare il rossore acceso che mi
colorava le
guance. Respirai profondamente e mi asciugai veloce. Presi i miei
vestiti e li
indossai, sollevata, finalmente il mio cuore iniziò a
calmarsi.
“Sai
che sei comunque in casa mia?” Mi canzonò Percy,
un po’ infastidito, quando uscii dal bagno.
“Ma
non potevi bussare!? Sai che ci sono anche io e tu
apri la porta? Così a caso!?” Ero ancora furibonda
per il fatto che lui mi
avesse messo in imbarazzo per l’ennesima volta.
“Ma
è casa mia! Da quando devo bussare ad una porta di
casa mia!?” Chiese lui arrossendo, forse per il fatto che si
sentiva
scavalcato, ma che cavolo! Aveva dimenticato le regole basilari della
decenza?
“Da
quando mi hai invitato a restare… non potresti
ricordare che ci sono anche io!?”
“Lasciamo
perdere.” Sentenziò lui, entrando nel bagno,
sbattendomi la porta in faccia. Bravo cafone.
Sospirai,
sentendomi la testa un po’ pesante per via di
quella sfuriata, così mi misi a lavoro e rifeci il letto,
stendendo con cura le
coperte e le lenzuola per poi mettere a posto il copriletto.
Soddisfatta del
lavoro che avevo fatto, mi sedetti e mi guardai intorno. Dal giorno
prima non
era cambiato nulla: era ancora tutto in disordine.
‘Percy
non è un grande amante dell’ordine.’ Pensai,
raccogliendo un
paio di calzini. Ero un po’ disgustata, ma non mi piaceva
affatto tutto quel
disordine. Inoltre, visto che mi aveva ospitata, decisi di mettere un
po’ a
posto, almeno il salotto (Così magari quel cafone avrebbe
imparato un po’ di
educazione).
Stranamente
non fu fastidioso o lungo come credevo:
Percy aveva messo un po’ a posto, quando ero finita
lì, quindi non dovetti
raccogliere tutto il suo armadio. Inoltre sembrava aver pulito da poco,
perché
gli armadi non erano coperti di polvere e il pavimento era pulito. Mi
limitai a
piegare un paio di calzini.
“Grazie…
l’avrei fatto io… uno di questi giorni, ma mi
hai tolto la fatica.” Mi disse, improvvisamente alle spalle,
uscendo dal bagno,
facendomi sobbalzare.
“Stavo
solo cercando di rendere più accogliente casa
tua.” Mi spiegai, arrossendo un po’. Strano che
ogni tanto fosse così gentile e
poi diventasse un cafone incredibile in altre situazioni. Stranamente
quel
comportamento mi affascinava.
“Allora…
nulla?” Chiese, sedendosi sul divano rifatto,
invitandomi accanto a lui.
Scossi
la testa e accettai: “No… nemmeno il sonno mi ha
fatto ricordare qualcosa.”
Non
volli raccontare del terribile incubo che avevo
fatto. Avevo paura che mi desse della pazza e poi non era nemmeno un
ricordo.
Non aveva senso preoccuparlo per nulla. Inoltre avevo lo strano
desiderio di
non andarmene da lì, quasi mi fossi affezionata a quel posto
nuovo, ma che
sapeva di casa.
“Mi
dispiace…” Sussurrò, Percy, prendendo
del latte dal
frigo. “Ti va’?”
Annui,
senza esitazione, così mi porse una tazza di
latte, accompagnata da un pacchetto di biscotti. Non avevo molta fame,
ma seppi
che, se non l’avessi fatto, sarei svenuta per il poco cibo,
così mi sforzai di
mandare giù qualche biscotto e il latte. Non parlammo fino
alla fine della
colazione.
“senti,
io devo andare a lavoro. Puoi rimanere qui. Ho
qualche DVD, anche se non so se sono il tuo genere… poi ci
sono i miei libri e
i miei videogiochi, ma non li riprendo da un pezzo e non so se a te
piacciono…
oh, nell’agenda lì ci sono i numeri di Talia e
Rachel, se vuoi, ma non so se
sta’ mattina possono venire, comunque sia, ho una copia delle
chiavi sotto il
telefono.” Propose lui, mettendo le tazze vuote nel
lavandino.
Io
rimasi attenta e, sinceramente, ancora non me la
sentivo di parlare con loro. Ero ancora un po’ confusa e
volevo rimanere nella
mia solitudine.
“Credo
rimarrò qui… se vuoi. Magari leggo qualcosa, ma
non so cosa… qualche consiglio?” Decisi, infine,
voltandomi verso di lui.
Per
tutta risposta, Percy si alzò e si diresse verso la
libreria, scorrendo i vari volumi.
“Mmmh…
non ho idea di cosa possa piacerti. Hunger Games
è molto bello da leggere, mi manca il Canto della Rivolta,
Il Signore degli
anelli è pesante… gli altri libri sono ancora
peggio. Magari potresti vederti
qualche DVD, mi hanno regalato il film de lo Hobbit, è molto
divertente.” Mi
propose, aprendo il lettore, osservando il cellulare.
“Lascia…
faccio io, ora vai a lavoro.” Lo incoraggia,
cercando di mostrarmi sicura, quando in realtà, non lo ero.
“D’accordo,
allora ci vediamo dopo.” Mi disse lui,
poggiandomi una mano sulla spalla per poi avvicinarsi, dandomi un
buffetto
amichevole sulla guancia.
Cavolo!
Ora diventava gentile e tenero. Mi sentii
arrossire e rimasi imbambolata, mentre lui si staccava da me, uscendo.
Io mi sentii
le gambe molli, ma non volevo cedere. Non dopo un giorno, che cavolo!
Non era
nemmeno il mio tipo, dopotutto non lo sopportavo quando era un
cafone… però era
irresistibile quando si preoccupava per me con quei suoi modi dolci.
Scossi
la testa e mi avvicinai al televisore, cercando
di capire come funzionasse. Non avete idea di quanto fosse complesso
imparare a
far funzionare di nuovo un dannato lettore DVD. Mi sentivo
un’emerita
imbecille. Mi ci volle un quarto d’ora per riuscire a capire
come funzionasse
tutto, compreso il telecomando. Misi il Cd e mi guardai il film che mi
aveva
proposto.
In
effetti era molto divertente, era strano che, però,
i nani Kili e Fili fossero così belli, quasi fossero dei
modelli bassi. Invece
Thorin le piacque, ma caratterialmente il migliore era Bilbo. Furono
due ore
molto divertenti e non le dispiacque affatto aver deciso di rimanere
lì per
potersi vedere un bel DVD in pace.
Alla
fine, decise di guardarmi qualcos’altro e scorsi
la collezione di film di Percy. Il problema era che mi sembravano tutti
un po’
troppo… strani. C’erano un sacco di film Horror o
con troppa azione: come
transformers, Resident Evil e altri. Stranamente Avengers
sembrò attrarmi, ma
non seppi se provarlo. Soppesai la custodia con attenzione per decidere
quando
il telefono suonò.
Per
la sorpresa per poco non lasciai cadere la
custodia, ma riuscii a reggerla. La misi a posto e andai a rispondere.
“Pronto?
Chi Parla?”
“Oh,
Annabeth, cercavo giusto te… sono Rachel, posso
passarti a prendere? Vorrei fare un giro in centro con te e, visto che
non hai
altri vestiti, pensavo di darti io qualche cambio.” Propose
lei, entusiasta,
dall’altra parte della cornetta.
Io
giocherellai con il cavo telefonico. Sapevo che
Percy tornava tardi e non potevo guardare solo film. Erano ancora le
undici e
un quarto, la giornata era ancora lunga:
“D’accordo… se vuoi… ti
aspetto,
allora.”
“Perfetto!
Sono certa che ti distrarrà, magari ti
divertirai anche.” Disse lei, chiudendo la telefonata.
Sospirai,
un po’ in ansia. Dopotutto un po’ di
compagnia non mi avrebbe fatto male. Presi le chiavi che Percy mi aveva
indicato e mi sedetti, sospirando, attendendo l’arrivo della
rossa. Forse aveva
ragione: rimanendo lì avrei potuto solo rimuginare su me
stessa, senza ottenere
risposte. La mia mente era un ammasso di nulla. Forse avevo davvero
bisogno di
distrarmi.
“Allora?
Come ti senti?”
Rachel
mi aveva portata in un grande centro commerciale
in centro a New York, facendomi fare decine di giri. Non avendo nemmeno
un
soldo, non potevamo comprare nulla, ma guardare non sembrava una
cattiva idea.
C’erano tantissime cose, soprattutto sembrava che ci fossero
montagne di
prodotti, come se dovessero mostrare opulenza. C’era
così tanta gente che il
rumore mi stordiva.
Nonostante
questo, riuscii a tenere dietro alla mia
amica, senza troppi problemi. Ogni tanto mi fermavo davanti a qualche
vetrina
ad osservare vestiti particolarmente affascinanti o vestiti molto
belli.
Tuttavia era più la curiosità a spingermi, non il
desiderio di averli. Non mi
sembrava il caso di spendere così tanto per certe cose.
Verso
l’una del pomeriggio, ci sedemmo in un bar, per
mangiare un panino. Nonostante fossi preoccupata per
quell’uscita, dovetti
ammettere che camminare mi aveva tranquillizzata, e non avevo
più la mente
affollate di domande del mio passato.
“Ora
mi sento meglio, grazie davvero, Rach.” Risposi,
piluccando distrattamente il panino che avevo in mano. Avevamo parlato
per
tutto il giorno e lei era una ragazza davvero allegra ed energica.
Grazie a lei
ero riuscita a liberarmi un attimo delle mie preoccupazioni, facendomi
ridere e
avevamo, persino, iniziato a chiamarci per nomignoli.
“Di
nulla, Annie, solo che devi davvero passare da casa
mia. Avrai bisogno di qualche cambio… e poi come fai a
sopportare Percy?”
Chiese, allegra, mentre leggeva una rivista ambientalista.
“Grazie…
ma, Percy non sembra male…” Dissi debolmente,
pulendomi la bocca, bevendo un sorso dell’aranciata che mi
era stata offerta.
“hai
ragione… però, sai. Ti sto parlando da amica. E
poi, credimi, lo conosco meglio i di te. Ci siamo frequentati per due
mesi,
prima che lo lasciassi.” Rispose, noncurante, continuando a
sfogliare la
rivista.
Improvvisamente
sentii il mio stomaco contorcersi e
provai un moto di gelosia alla notizia che Rachel era l’ex di
Percy. Cercai di
scacciare quel sentimento: lei mi era stata molto vicina e non avevo
voglia di
spezzare subito quell’amicizia.
“Oh…
quindi… avete rotto? Perché?” Chiesi,
cercando di
mantenere un tono neutro, anche se mi sentivo stranamente allegra nel
saperlo
libero.
“Mmmh…
diciamo che non mi piaceva il fatto che lui mi
ignorasse, soprattutto perché dava così tanto
peso ai suoi lavori e aveva poco
tempo per me. Mi bidonò anche diversi appuntamenti
importanti. Gli dispiaceva,
certo, ma non la smetteva di farlo. Quando, poi, mancò una
cena dove sarebbero
stati presenti anche i miei genitori gli parlai. Era davvero
dispiaciuto, ma mi
disse che un aveva avuto un impegno a lavoro, così ci
chiarimmo e… be’,
decidemmo di rimanere amici.” Spiegò lei,
tranquilla.
“Non
ti dispiace che abbiate rotto?”
“Un
po’ sì.” Ammise. “Ma stava
diventando imbarazzante
per entrambi, e poi meglio averlo come amico che no. Inoltre credo che
non
avrebbe funzionato comunque. Abbiamo preferito conservare
l’amicizia.”
Mentre
riflettevo su quello che aveva detto la ragazza,
sentii squillare il suo cellulare. Lei rispose tranquilla, incurante
del mio
sorriso a mezze labbra che non riuscivo a trattenere.
“Pronto?
Ciao Nico! Sì… d’accordo…
no, lo sai che a
quest’ora è a lavoro. D’accordo, lo
avverto io, e sì, c’è anche
Grover… sì… sì,
d’accordo, apparecchia per una persona in più, ci
sarà un ospite a cena. A sta’
sera!”
Detto
questo chiuse la telefonata e si rivolse a me:
“Ehi, Annie… ti va una cena
all’Italiana?”
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[Angolo
dell’autore]
A
causa di un certo problema la stesura della mia
storia principale su questo fandom è ritardata.
Fondamentalmente è causato
dall’irreperibilità
della mia adorata collega. Il che, però, mi permette di
dedicarmi a questa,
facendo più capitoli possibili.
Quindi
vi lascio a questo sesto capitolo con
Annabeth con gli incubi e qualche rivelazione focosa sul passato del
caro Percy
Jackson. Il prossimo capitolo vedrà la comparsa di altri
personaggi.
AxXx
PS:
recensite, recensite e recensite.