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Autore: Lost on Mars    11/02/2014    6 recensioni
Lily Evans è Caposcuola, la prima della classe, la studentessa perfetta ed è convinta che la sola esistenza di James Potter potrebbe portarla lentamente verso la pazzia. James Potter, d’altro canto, capitano della squadra di Quidditch, Caposcuola e indiscusso secondo in classifica tra i ragazzi più appetibili di Hogwarts, sostiene che quello che Lily prova nei suoi confronti non sia odio, ma qualcosa di indefinito che lui porterà ad essere qualcosa di molto importante, e soprattutto, qualcosa che non includa il venir picchiato con un tomo di Storia della Magia.
DAL PROLOGO:
Il giorno in cui Lily aveva ricevuto la sua lettera, al compimento dei suoi undici anni, si era sentita la persona più felice del mondo, come se avesse potuto spostare una montagna con un solo dito.
A sei anni e otto mesi da quel giorno, Lily Evans era arrivata alla conclusione che se avesse mai avuto nuovamente quell’adrenalina a scorrerle nelle vene, la montagna l’avrebbe spostata, magari per farla cadere addosso a James Potter.
E come si diceva tra i babbani? Se la montagna si muove e tu non sei Maometto…
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Mary MacDonald, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Lily/Severus, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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CAPITOLO 4 – DI SOGNI E RACCONTI.
 

Avete presente quando, dopo un’estenuante giornata scolastica, piena di compiti e quant’altro, dovreste sentirvi così stanchi da non riuscire nemmeno a raggiungere il letto per dormire ma, al contrario, vi sentite stranamente pieni di energia?
Bene, era proprio così ce si sentiva James Potter quel venerdì sera, mentre aspettava Lily per andare a fare la solita ronda settimanale.
Sarebbe stata la terza volta, quella sera, e le due ronde precedenti non erano andate affatto male; certo, se si escludevano, forse, l’appuntamento segreto di Mary e Sirius, risalente a due settimane prima, e la volta in cui James aveva accidentalmente spento il suo Lumos per un attimo, facendo sì che Lily andasse a sbattere contro un’armatura.
Ma eccetto questi piccoli ed insignificanti particolari – come li definiva James – era andato tutto alla perfezione, e se non fosse stato per la Evans, James si sarebbe addirittura annoiato a girovagare per il castello di notte.
Si voltò verso le scale e vide un turbine di capelli rossi scendere velocemente, rischiando persino di inciampare nei suoi stessi piedi.
«Eccomi!» esclamò Lily togliendosi i capelli dal viso. «Scusa il ritardo.»
James le sorrise, senza dire nulla, soffermandosi ad osservare le sue guance arrossate per la fretta e gli occhi verdi, pieni di quella strana luce che gli piaceva tanto.
Poi, il ragazzo si avviò verso il buco del ritratto e Lily lo seguì a ruota, portando istintivamente la mano sinistra alla tasca dei jeans, dove teneva la bacchetta, giusto per controllare che ci fosse ancora.
Una volta che furono fuori in corridoio, James si schiarì la voce, attirando l’attenzione di Lily e le chiese: «Evans, ti va di fare qualcosa contro le regole?»
«Solo per questa domanda potrei piantarti qui e continuare la ronda da sola» rispose Lily scherzando «Dipende: quanto contro le regole?»
«Nemmeno poi così tanto.» disse James sorridendo.
Lily sospirò. «Allora ci sto. Stupiscimi, Potter.»
E se James Potter annuì tranquillamente, quello che stava accadendo nella sua testa era tutt’altro che tranquillo: i suoi neuroni aveva cominciato a ballare la conga e un’esaltata vocina gridava di gioia e di stupore, dicendo cose del tipo “Wow, la Evans ha deciso di infrangere il regolamento insieme a me. La Evans!”
«Potter, va tutto bene?» chiese Lily destando James dai suoi pensieri tutt’altro che normali.
«Sì, meravigliosamente.» esclamò il ragazzo. Svoltò poi a destra, e quando si rese conto di essere davanti l’arazzo di Barnaba il Babbeo si arrestò.
«Eccoci arrivati, Evans.» disse indicando la parete apparentemente vuota di fronte a loro.
«Una parete vuota. Potter, sul serio?» chiese Lily scettica.
«La tua ignoranza mi sorprende, Evans. Questa non è una semplice parete, è la parete! E adesso silenzio, che devo concentrarmi.» spiegò James facendo un passo avanti. Lily inarcò le sopracciglia per la sorpresa e incrociò le braccia al petto, visibilmente confusa.
Dopo qualche secondo di sentirono dei rumori strani provenire dalla parete e Lily alzo la bacchetta per farsi luce, e vide una grande porta comparire proprio nel bel mazzo del muro.
«Potter…» sibilò Lily stupita.
«Cosa pensi che stesse facendo Sirius l’altra notte? Non appena Mary fosse arrivata, sarebbero entrati qui.» disse James indicando la porta.
«Cos’è qui, esattamente?» chiese Lily ancora confusa.
«La Stanza delle Necessità, Evans.» rispose James. «appare solo quando hai bisogno di qualcosa in particolare.»
«E tu di cosa hai bisogno?»
«Di un posto dove mancare ai miei doveri di Caposcuola con te.» disse James.
«Ma Potter, non possiamo…» cercò di ribattere Lily.
«Oh, andiamo! Lascia cadere la tua maschera per un po’, Evans, sei perfettamente consapevole che non succederà niente di grave in nostra assenza.» la incitò James, e poi, quasi senza pensarci, la prese per mano e se la trascinò dietro fino alla porta, l’apri e i due entrarono.
Appena la porta si richiuse alle loro spalle, Lily sentì la leggera brezza autunnale solleticarle il viso, e dovette tirare giù le maniche maglioncino per il freddo.
Abbassò lo sguardo sui suoi piedi, e capì di camminare su un pavimento d’erba appena tagliata, tant’è che riusciva persino a sentirne il profumo; poi l’alzo e vide un cielo stellato, e non poté che meravigliarsi della magnificenza di Hogwarts, e di come nei sei anni precedenti non aveva mai scoperto cose come quelle.
«Siamo ancora…?» cominciò Lily.
«Sì,» rispose James senza ascoltare la domanda della ragazza. «siamo ancora ad Hogwarts, al settimo piano, nella Stanza delle Necessità.» disse James dolcemente.
«È… wow.»
«Sì, lo so. Lascio sempre tutti a bocca aperta.»
«Idiota.»
«Guarda.» James indicò a Lily un punto al centro della “stanza” e in quell’esatto momento alcune scintille parvero nascere dalla terra, solo in seguito Lily scorse un mucchietto di legna. Le scintille si moltiplicarono fino a creare un vero e proprio falò.
«Però… che originalità, Potter, sono sorpresa» disse Lily con una punta di ironia. «E adesso cosa dovremmo fare?»
«Io ho escogitato tutto fino a questo punto, adesso tocca a te, Evans.» ribatté James alzando gli occhi al cielo.
«Per cominciare, allora, direi di sederci.» disse Lily, lasciò andare la mano di James – e si sorprese del fatto che la stesse ancora stringendo; di come le loro mani combaciassero perfettamente l’una con l’altra. Si avvicinò al fuoco e vi si sedette vicino.
Guardò James per invitarlo a fare lo stesso, e lui non se lo fece ripetere una seconda volta.
Quando furono l’uno davanti all’altra, separati solamente dal fuoco che continuava a scoppiettare, James scoprì di non avere la più pallida idea di cosa dire o fare; di sentirsi in imbarazzo con una ragazza, e non sapeva nemmeno come comportarti, perché non gli era mai capitato prima.
«Sai, prima che io e Severus litigassimo, ogni domenica leggevamo insieme un libro. Li avevamo programmati per tutte le domeniche di quest’anno: dopodomani sarebbe toccato a “The Canterbury Tales” » disse Lily per rompere il silenzio.
«Che cos’è?» chiese James.
«Un classico della letteratura babbana, non penso che tu te ne intenda» rispose Lily. «Parla di un gruppo di persone che, nella strada verso Canterbury e ritorno, si raccontano delle storie.»
«E perché mai dovrebbero?» chiese James interrompendo la ragazza.
«È un libro, James,» rispose Lily. «e comunque, era una sfida: a chi avrebbe raccontato la storia più bella, l’oste avrebbe regalato un pasto.»
«Ah be’, quando c’è del cibo gratis in palio…» scherzò James.
«Comunque, non penso ti interessi molto.» disse Lily guardando a terra.
«Oh no! Invece mi interessa, come gli è venuta l’idea, a questo tipo?» chiese James mettendosi la mano sotto al mento. Lily sorrise.
«Be’, ha preso l’idea da un’opera italiana, sai? Il Decameron, anche questo è una raccolta di storie.» disse ancora la rossa.
«Ma non sarebbe plagio, o qualcosa del genere?»
«James! Era il quattordicesimo secolo, non esisteva il copyright.» esclamò Lily.
«Giusto… di che parla quest’altro libro?» chiese James. Lily in realtà l’aveva capito che a Potter del Decameron non gliene fregava nulla, ma il modo in cui fingeva di interessarsi alla cultura babbana la faceva sorridere dolcemente.
«Dei ragazzi che, per sfuggire alla peste, si rifugiano in una villa di campagna fuori Firenze, e per passare il tempo raccontano delle storie.» disse Lily.
«Facciamolo anche noi.» propose James spalancando gli occhi-
«Scrivere un libro?»
«No, Evans, raccontiamoci delle storie.»
«Wow… inizia tu, Potter, hai tanta di quella fantasia.»
«Va bene,» iniziò James, si schiarì la voce e stette un momento in silenzio a raccogliere le idee. «allora, vediamo un po’… C’era una volta, in un antico… college scozzese, un bellissimo ragazzo di nome Pames Jotter.»
«Pames Jotter? Sul serio?» lo interruppe Lily in preda alle risate.
«Non interrompermi, Evans, impedisci al mio estro di uscire fuori dal guscio.» disse James con aria solenne, per quanto sembrasse di fare il serio, proprio non ci riusciva, perché un sorriso, alla fine, scappava anche a lui.
«Allora continua, maestro.»
«Costui, anche se era bellissimo, era un povero sfigato e aveva solamente tre amici: Birius Slack, Lemus Rupin e Meter Pinus…» continuò James.
«PINUS!» squittì Lily, ormai sdraiata a terra per le troppe risate. «Scusa, vai pure avanti.»
«Questi quattro ragazzi, di cui Pames era il più bello, però, un giorno andarono tutti insieme da una ragazza, che si chiamava Eily Levans.» Lily a questo punto inarcò le sopracciglia e storse un po’ il naso. «Questa ragazza dai capelli rosso fuoco – si diceva infatti che chi li toccasse si bruciasse – aveva sempre detestato il povero Pames, perché non voleva ammettere che in realtà lo amava, così quel giorno, quando lui le chiese di uscire, lei lo picchiò.»
«Hey! Io non picchio le persone.»
«Ma infatti qui stiamo parlando di Eily, non di te, Evans.» specificò James, e Lily alzò gli occhi al cielo. «Comunque, dopo averlo picchiato Eily si sentì in colpa, e accettò l’invito di Pames. All’appuntamento si baciarono e vissero per sempre felici e contenti. Fine.»
«Questa storia faceva pena, Potter.» disse Lily alla fine.
«Ma come? Ci ho messo tanto di quell’impegno…» protestò James. «Sarebbe comunque più bella della tua.»
«Scommettiamo?» chiese Lily assottigliando gli occhi, alla fine si era rimessa seduta a gambe incrociate sull’erba e aveva guardato James dritto negli occhi, se non ci fosse stato il fuoco a separarli probabilmente li avrebbero separati solo pochi centimetri.
«Avanti, ci sto! Chi vince decide il premio.» rispose James esaltato. Già pregustava il suo, anche se sapeva di essere in netto svantaggio, poiché avevano scommesso dopo che James aveva raccontato la sua storia, ma la Evans sapeva di essersi scavata la fossa sola…
«C’è un solo un insignificante problema.» … ed ecco come cercava di rimediare.
«Ovvero?» chiese James.
«Non ci sono giudici esterni, tipo l’oste Henry in “The Canterbury Tales”.» rispose Lily.
«Saremo i giudici di noi stessi, allora.» continuò James. Era convito di poter vincere, voleva vincere, a tutti i costi. Non sapeva ancora cosa chiedere come premio, ma una cosa era certa: prevedeva Hogsmeade e la Evans allo stesso tempo.
«Non avrebbe senso, Potter.» disse Lily piano, buttando fuori l’aria che si era sorpresa a trattenere.
«Sto ancora aspettando la tua storia.» la incalzò James guardandola.
«Ti odio anche per questo, sappilo.» sibilò minacciosa la ragazza, ma, dopotutto, con un tono divertito e bonario.
Si raddrizzò e deglutì, rimanendo in silenzio per un po’. Pensava a come creare una storia migliore di quella di Potter, anche se, alla fine, non è che ci volesse poi molto. Ma fare una cosa elaborata non aveva senso, non avrebbe avuto alcun senso.
«C’era una volta un ragazzo dai capelli rossi, non aveva un nome particolare. Era triste e depresso, ma tremendamente intelligente, di recente aveva fatto molti casini, perdendo così la sua migliore amica.» disse Lily, poi si morse il labbro: stava praticamente descrivendo la sua vita.
«Questo ragazzo veniva continuamente assillato da una ragazza dai capelli neri parecchio prepotente e tenace, lei aveva un nome molto comune, ma tutte le sue amiche la chiamavano con un soprannome che il ragazzo dai capelli rossi non si era mai riuscito a spiegare.
Un giorno, questa ragazza andò da lui, e gli chiese di uscire. Lui alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e le disse di no. Così, presa dalla disperazione, la ragazza si strappò i capelli e si buttò nel Lago Nero. Fine.»
«Che tristezza, Evans. La mia è di gran lunga migliore.» disse James tirandosi su le maniche del maglione.
«Sapevo che te ne saresti uscito con una frase idiota come questa.» sbuffò Lily alzando gli occhi al cielo.
«Visto che mi conosci così bene, perché non esci con me, Evans?» chiese James con un sorrisetto malandrino sul volto.
«No.» rispose secca Lily, sbuffò di nuovo, e sentì un disperato bisogno di vedere che ore fossero. Le sembrava di stare lì dentro da ore.
E quasi immediatamente sì sentì il rintocco di alcune campane, Lily spalancò gli occhi, sorpresa, e contando capì che era solamente mezzanotte.
«E nel caso non lo avessi capito, Potter, la ragazza che si butta nel Lago Nero eri tu.» disse infine.
«Calcolando che le probabilità che io commetta un suicidio siano più basse dello zero virgola due percento, Evans, lo apprezzo comunque. Almeno ero “una bellissima ragazza”.»
«Era per dire, per descriverla almeno un po’, non intendevo dirlo davvero.» si giustificò la ragazza.
«Oh, forse no, però l’hai pensato.» disse James.
«Cosa?»
«In realtà non l’hai detto. Hai detto solo che la ragazza aveva i capelli neri, però non hai negato nulla quando ho tirato fuori questa bugia, quindi vuol dire che lo pensi.»
Lily arrossì violentemente. «Non lo penso, smettila di montarti.»
«Si chiama pepsicologia, Evans, e vale per tutti gli esseri umani, tu non sei da meno… a meno che tu non sia una specie di lucertola o non so cosa.»
«Psicologia, Potter, si dice psicologia.» lo corresse Lily sbuffando.
«Tralasciando tutto questo, dillo che ti piaccio Evans, saremmo più felici entrambi.»
«Non mi piaci, Potter.» e detto questo, si alzò da terra con uno scatto repentino, si voltò, dando le spalle a James e guardò il vuoto, cercando di identificare la porta: voleva solamente uscire.
«Smettila di mentire a te stessa.» disse ancora James.
«Non mi piaci, Potter, mettitelo in testa. Potrai essere bello come il sole, e così affascinante da fare cadere persino la McGranitt ai tuoi piedi, ma non mi piaci. Non mi piaci perché sei egocentrico, e troppo sarcastico, perché prendi le cose troppo alla leggera anche quando sono serie; perché mi fai sentire fuori posto; non mi piaci perché dovrei odiarti, e perché riesci a far crollare i miei muri. Non mi piaci, James, non voglio che tu mi piaccia. Non puoi piacermi.» e quasi le urlò quelle parole, tanto lì dentro nessuno poteva sentirli.
Le pizzicavano gli occhi, e quando provò più freddo del solito sulla guancia destra, capì che le era scesa una lacrima. Se l’asciugò velocemente e cominciò a camminare verso la porta, non sapeva dov’era, voleva solo trovarla e uscire di lì.
Allontanarsi da James.
Ma lui la raggiunse quasi subito, e le chiese di spiegargli tutto quello. Perché glielo aveva detto solo adesso? Perché si ostinava a non parlarne con nessuno e a tenersi tutto dentro?
Avrebbe anche voluto chiederle come una persona potesse convivere con tutti quei sentimenti – la perdita di un amico, la confusione, la tristezza, il fingersi forti quando si è deboli, la scuola, le preoccupazioni e la paura – e uscirne viva tutti i giorni.
Ma lei si limitò a divincolarsi facilmente quando James le mise le mani sulle spalle, correndo via verso la sala Comune.
 

***

 
La pelle di Sirius era calda, bollente. Sembrava però raffreddarsi ad ogni tocco di Remus. Non sapeva come ci erano finiti sul letto di Sirius, le tende scarlatte erano chiuse. Remus non sapeva nemmeno che ore fossero, o che giorno fosse. Remus non pensava, o meglio, non riusciva a pensare.
Non con le mani di Sirius sulla schiena, nei capelli, sul petto e sulle spalle. Non con la bocca di Sirius sulla sua. Chiuse gli occhi, percependo l’ universo spostarsi.
Sirius lo baciava sulla bocca, e poi sul mento, e ancora nell’incavo del collo, sulla spalla. Remus spalancò gli occhi, forse perché aveva sentito la pelle tendersi sotto i denti di Sirius.
«S-Sir…»
«Shh. Non parlare.» e così dicendo Sirius si staccò da Remus solo per un momento, un momento gli parve infinito, perché Remus voleva continuare a baciarlo, voleva solo quello.
E senza nemmeno rendersene conto, Remus si ritrovò con la schiena schiacciata contro il materasso, Sirius seduto sopra si lui, che lo guardava dall’altro, con gli occhi più neri del solito.
Si sentì sollevare, e fu un quel momento che si rese conto di aver addosso ancora la cravatta. Solo la cravatta, in effetti, la camicia era sparita da un po’.
Incrociò le braccia dietro al collo di Sirius e lo baciò ancora, e ancora, e ancora, finché la vista non gli si appannò, finché tutto non divenne nero, e finché Remus non aprì gli occhi.
Si alzò a sedere di scatto sul letto, fradicio di sudore. Si girò alla sua destra e vide il letto di James vuoto,  e ancora vide Peter dormire tranquillamente.
Si voltò verso sinistra e vide Sirius, che dormiva in una delle sue solite posizioni strane. Si rese conto di star respirando a fatica. Si prese la testa fra le mani e poi passò le dita tra i capelli sudati.
Si alzò in piedi a controllare il calendario, eppure alla luna piena mancavano ancora due settimane, cosa gli stava succedendo?
Cominciò a fare su e giù per la stanza, senza curarsi della confusione che faceva, dei fogli che cadevano a terra, dai passi pesanti e furiosi sulla moquette.
«Remus?» chiese Peter assonnato, aprendo appena gli occhi.
«Torna a dormire, Peter.» disse bruco Remus, si avvicinò al proprio comodino e afferrò un libro a caso, poi, ancora in pigiama, scese di corsa le scale per mettersi seduto su una poltrona accanto al camino. Iniziò a leggere per distrarsi dallo shock – e dall’amaro in bocca – che il sogno gli aveva lasciato.
Non aveva idea di come erano cominciati quei sogni, ma di sicuro quella non era la prima volta: era successo anche martedì notte, dopo aver parlato con quel maledetto Austin Krueger.
Che Merlino lo fulminasse! Avrebbe dovuto saperlo che era solo colpa sua.
Colpa di quel… Krueger. Che poi, che razza di cognome era Krueger, e che razza di nome era Austin? Perché era arrivato tardi ad Incantesimi?
Gli aveva messo in testa tutte quelle idee strane… amici, intrecci, mettersi con Marlene.
Forse l’ultimo punto avrebbe dovuto considerarlo per davvero, si disse Remus; magari sul fatto che esistesse un metodo di conquista universale Austin aveva ragione; forse mettendosi con Marlene, Remus avrebbe fatto ingelosire Sirius comunque.
Una cosa era cera: essere un diciassettenne, lupo mannaro, gay e per giunta innamorato del proprio migliore amico non era quel che si definisce una passeggiata. Anzi, era un vero e proprio incubo.
Remus scoprì che leggere non serviva a granché, perché veniva distratto dal fuoco nel camino,  e il più delle volte si trovava a guardare le fiamme e a pensare a quell’idiota patentato del suo migliore amico… e ai suoi capelli, e ai suoi occhi. Oh, e non dimentichiamoci il suo sorriso.
Oh, al diavolo!
Ma il tomo di Storia della Magia, il calore e il continuo ritmo regolare dello scoppiettare del fuoco gli appesantivano gli occhi, aggiungiamoci, poi, che era notte fonda e il gioco è fatto.
James e Lily rientrarono una mezz’ora dopo in Sala Comune. Lily non era riuscita a ricordarsi la parola d’ordine quant’era sconvolta, e aveva dovuto aspettare James. Erano imbronciati, senza parlarsi e senza guardarsi. Lily poteva credere di essere stata così stupida: fidarsi di James… chissà cosa le passava per la testa.
Lui però su una cosa aveva ragione: quando le aveva detto di calare la maschera per un po’, Lily non aveva replicato, perché era vero che teneva una maschera sul viso, ed era rimasta particolarmente sorpresa dal fatto che James, proprio James Potter, fosse andato oltre le apparenza e se ne fosse accorto.
Tuttavia, aveva fatto un grande sbaglio ad aprirsi con Potter in quel modo. Anche se era iniziato tutto raccontandosi storielle senza alcun senso che alla fine volevano andare a parare solo su loro se stessi.
Che stupida, che stupida, che stupida!
«Che ci fa qui Remus?» chiese James a bassa voce osservando l’amico dormire con il libro di Storie della Magia sulle gambe.
«È amico tuo, Potter.» nofonchiò Lily dirigendosi verso le scale, esitò un momento e poi «’Notte.»
E così dicendo Lily sparì per le scale, sbattendo addosso a Sirius, che invece le stava scendendo.
«Black, cosa diavolo ci fai in piedi?» chiese confusa.
«Non ho sonno e non sono dell’umore, levati dalle palle, Evans.» rispose Sirius molto bruscamente.
Ma che avevano tutti quella notte?
«Forse dovrei svegliarlo…» borbottò James tra sé e sé.
«Faccio io, è che… ho fatto un po’ di casino prima e deve essersi svegliato.» disse Sirius inventandosi la prima bugia che gli venne in mente.
«Oh, va bene. Sto morendo di sonno, buonanotte.» disse James, sbadigliò e si avviò verso i dormitori maschili. Sirius, una volta rimasto da solo, sospirò.
Non sapeva cosa fare. Remus si era svegliato nel pieno della notte, in preda al panico. Aveva visto e sentito tutto, anche lui era sveglio. Ma aveva fatto finta di dormire, perché non avrebbe saputo cosa dire, come rassicurare il suo migliore amico.
E a questo punto gli sorse una domanda spontanea, anzi, due: cosa stava accadendo a Remus? E che razza di amico era, Sirius, se non riusciva nemmeno a capire che nel suo migliore amico c’era qualcosa che non andava, che lo turbava?
Si avvicinò a Remus, che dormiva con la testa piegata sulla spalle e il libro ancora aperto in grembo. Glielo tolse e lo posò sul divano, poi prese una coperta e gliela mise sopra.
Gli faceva uno strano effetto vederlo così: lo rendeva debole e indifeso, mentre Sirius meglio di tutti sapeva che Remus era una persona forte, forse la persone più forte che avesse mai conosciuto. La migliore.
Ed era successo qualcosa di recente, o almeno Sirius se ne era accorto solo ultimamente, perché era dalla notte dell’appuntamento con Mary che lo vedeva strano. Si era distaccato un poco, ma così poco da risultare quasi impercettibile.
Quel poco avanzava ogni giorno, e dopo circa due settimane Sirius aveva colto certi particolari: che Remus a lezione non si metteva vicino a lui; che la mattina diceva di essere troppo impegnato a ripassare per passargli il tè; che la sera andava a dormire presto; che passava del tempo con un Corvonero del settimo anno anziché con lui e che gli aveva mentito diverse volte, anche sulle cose più stupide.
Eppure, a guardarlo dormire così, non riusciva proprio ad immaginare Remus che non gli voleva bene. Non lo svegliò, perché dopo averlo sentito alzarsi di soprassalto e buttare a terra tutto quello che gli capitava sotto mano non gli sembrava giusto. Sirius lo lasciò dormire in pace, e poi se ne tornò di sopra, a cercare di dormire a sua volta.
 



NdA:
Okay, avete tutto il diritto di insultarmi, picchiarmi, lanciami pomodori e quanto altro vi viene in mente. Sono consapevole del fatto che il capitolo faccia altamente schifo, davvero, ma almeno c'è la Jily, no? *la trucidano* *resuscita* Dunque, sto in un periodo della mia vita in cui TUTTO è Decameron. TUTTO. (È che a Marzo abbiamo il compito e la mia copia è ancora avvolta nel celofan). Non mi va di leggerlo, capite? çç Sono immersa nel Marchio di Atena in questo momento AHAHAHA.
Dunque, ecco perché il capitolo è talmente ridicolo e banale. Tuttavia, il fatto d'aver avuto un briciolo d'ispiazione lo devo tutto alla mia compagna di banco, con cui divorzio (?) almeno dieci volte al giorno (ciao, Terry ♥). Bene, sparisco, prima che cominciate seriamente a spararmi. Dunque, dato che sono convinta e consapevole dell'orrendevolezza del capitolo, sono pronta per le bandierine rosse e bianche: non vi temo! (Seriamente, non esistate a dirmi se fa schifo o meno.) Di solito non sono una che si demoralizza e dice di far schifo solo per pare pietà alla gente, ma questa volta fa davvero schifo, magari non tutto ma una buona parte sì. 
La parte più carina invece è la seconda, (speravate che fosse una VERA scena Wolfstar, ehh? >_> E invece no! Questi due ne passeranno ancora delle belle, MUAHAHAHA).
Adesso vado veramente, ho un tema d'inglese che mi aspetta. Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione :33
Marianne

 
 

   
 
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