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Autore: kk549210    13/02/2014    3 recensioni
Gli inizi della carriera JAG di Harmon Rabb jr, riletti sotto una prospettiva diversa.
Un po' prima di "Amare è per sempre".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Amare è per sempre'
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Gli era impossibile smettere di contemplare quella creatura che dormiva rannicchiata dandogli le spalle. La morbida massa dei capelli sparsa sul cuscino, le belle spalle da atleta, la schiena asciutta con le due fossette in fondo. Avrebbe voluto accarezzare ogni centimetro di quella pelle così sensibile, che sembrava quasi inspessirsi sotto il suo tocco. Ma non voleva svegliare quella donna che riposava così serena accanto a lui. La sua donna. Si erano sposati tre giorni prima, con una cerimonia semplice, stretti nel caldo abbraccio delle loro famiglie. La prima notte l’avevano passata in volo verso l’Italia, con i genitori e i fratelli di lei. La vetta più sublime del romanticismo. Quella successiva, il jet lag aveva letteralmente messo fuori uso la sposa, meno avvezza di lui ai voli intercontinentali. Harm aveva solo sperato di non essere condannato all’astinenza perpetua, anche se invidiava un po’ Livia e la sua fermezza. Tutte le relazioni fugaci che lui aveva coltivato fin da poco prima dell’accademia, con il solo gusto di sentirsi desiderato dalle ragazze più carine, non gli avevano lasciato altro che un gran senso di insoddisfazione. Ora invece si sentiva felice, nella piccola camera con vista del loro albergo, all’ultimo piano di un palazzo nel centro di Firenze.     
Lei si girò finalmente verso di lui e aprì gli occhi.
-Buongiorno, amore. Cosa fai? – gli chiese con la voce ancora assonnata.
- Guardo quanto sei bella – rispose lui, accarezzandole le vertebre a una a una.
-Ha parlato il bruttone – fece lei con quel suo sorriso dolce e un po’ beffardo. Era stata proprio la sua ironia che lo aveva fatto innamorare. La prima volta che l’aveva vista, si era soffermato solo sul suo aspetto fisico. Ma fin dalle prime parole che lei gli aveva rivolto, molto di malavoglia peraltro, aveva capito che lei non era come le altre. Non una ragazza da collezione, ma la donna con cui passare tutta la vita. Livia allungò la mano a disegnare il profilo della sua clavicola, fin sulla spalla. Harm si fermò a guardarla dritta negli occhi e le sorrise.
-Allora, era una cosa tanto terribile?
-No – rispose lei.
Vedendo che le sue fossette si imporporavano, il marito le baciò scherzosamente la punta del naso. Gli piaceva metterla in difficoltà qualche volta, proprio lei che era così quadrata. Quando arrossiva, gli sembrava una ragazzetta. Così le distanze tra loro si accorciavano, perché lui si sentiva un po’ meno l’immaturo della situazione. E tornavano ad essere quello che erano. Due ragazzi innamorati.
-Sarebbe bello se ci fosse già in viaggio un piccolo Rabb… - osservò lui facendole il solletico all’ombelico.
-Calma, Harm! Cos’è tutta questa smania? Deformazione professionale da Top Gun? Guarda che non è nemmeno il giorno giusto…
Lui inarcò le sopracciglia, dando ad intendere che non aveva capito quasi nulla.
-Sarai anche un esperto di anatomia femminile, ma in fisiologia hai bisogno di molte lezioni! – lo canzonò lei.
-Ah sì? Allora ho fatto bene a sposarmi una dottoressa. – replicò divertito lui – E la sai una cosa?
-Cosa?
-La tua città è meravigliosa. E anche la tua famiglia mi piace un sacco. Ma ho pensato che sarebbe bello starcene un po’ per conto nostro, al mare. Che ne dici di una settimana in barca?
-No… Sei anche un velista… Ho sposato un mostro! – disse lei accarezzandogli il viso leggermente velato dalla barba.
-Non esperto, ma me la cavo… Ho noleggiato una barca in un posto che si chiama… Portoferrato
- Vuoi dire Portoferraio. Fantastico… all’Elba ci sono certi posticini carinissimi!
- Allora mi farai da secondo! E adesso, dottoressa Vannucci… – le sussurrò all’orecchio - … sono molto bisognoso di cure!    
      
 
 
 
Harm sospirò. Era ora di smettere di fantasticare guardando il soffitto. Sgusciò fuori dalla triste e angusta cuccetta che gli era stata assegnata sulla Seahawk e si preparò ad affrontare una nuova giornata di indagini. Doveva andare a Napoli per i risultati dell’autopsia sul cadavere del tenente Arutti. Per fortuna, ora almeno sarebbe stato vestito in modo adeguato, dato che da Washington era finalmente arrivata la sacca con i suoi effetti personali.
Tirò fuori la divisa kaki. Mentre la indossava, appuntandosi le decorazioni sul petto, sentì nella tasca un piccolo foglietto ripiegato. L’ingarbugliata grafia medica era di una mano inconfondibile “Per questa volta te la sei cavata con una dozzina di rose rosse. La prossima volta che sparisci ti dovrai inventare qualcos’altro per farti perdonare.”
Quanto avrebbe preferito essere su quel bellissimo mare italiano con Livia, in barca a vela come nella loro luna di miele all’arcipelago toscano, anziché su quella portaerei che puzzava di nafta, con le orecchie sfondate dal rombo degli F-14 che ormai poteva guardare solo da lontano. 
  
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