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Autore: Farawayx    14/02/2014    10 recensioni
E' come se la tua intera vita fosse stata basata su delle bugie, un giorno sei una persona normale e l'altro vieni catapultata in un susseguirsi di eventi che ti lasciano senza fiato. Di chi puoi fidarti? Chi sa la verità?
Ma la domanda che continua a porsi Samantha Reyes è solo una: chi è realmente?
Le sue risposte sembra averle tutte una persona: Jonathan Christopher Morgenstern.
« Io non sono cattivo, ho solo il lato oscuro un po' pronunciato, mi sento come l'angelo affascinato dal buio.»
Nel buio ho trovato il mio angelo.
Un angelo pieno di paura e di odio, pieno di rancore e di voglia di vivere.
Nel buio l'ho amato, l'ho cullato, abbiamo cantato e sognato.
Abbiamo riso e ci siamo amati intensamente.
Ma alla luce mi ha annientato.
E se qualcuno insegnasse ad amare ad un angelo oscuro?
Genere: Avventura, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Jonathan, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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» Capitolo 11
                                 
«If I cannot move Heaven, I will raise Hell.»
-Cassandra Clare







Un grido strappò Sam dai suoi sogni, facendola sedere di scatto. Aveva sentito qualcuno urlare, non se lo era immaginato, eppure pensava di poter essere al sicuro in un posto circondato solo ed esclusivamente da licantropi. Quando sollevò lo sguardo per vedere se Matt si era mosso dalla posizione, trovò il ragazzo già attivo e intento a mettere borracce d’acqua, lampade a gas e vari oggetti che Sam non riusciva a decifrare, in una grossa borsa verde, tipica del campeggio.
-Che sta succedendo là fuori?- Chiese la ragazza strisciando così fuori dal sacco a pelo.
-Dobbiamo andarcene di qui. - Tagliò corto Matt e sollevò lo sguardo verso Sam, guardandola in un modo così preoccupato che lei non poté replicare.
Poiché aveva dormito con i vestiti addosso, Sam prese la sua borsa e se la caricò in spalla, mentre con una mano cercava il manico del pugnale, voleva sentirsi pronta nel caso si sarebbe dovuta difendere.
Ma non fu così. Non appena Matt tirò verso il basso la cerniera della tenda Sam costatò che era tutto deserto e silenzioso.
-Matt…- si voltò appena verso il ragazzo.
-Sh!- la zittì lui, chinandosi appena. – Ora devi seguirmi. Dovrai correre con tutta la forza che hai in corpo. - sussurrò sollevando un dito e indicando con la punta di esso una zona della foresta adiacente alla loro tenda. –Vai da quella parte, io sarò dietro di te.-.
-Ma Matt…-
-Ti spiegherò dopo, ora corri!-
Sam lo osservò per alcuni istanti, tentennante, non capiva bene il motivo di quella fretta e di quel timore, ma decise di fidarsi e con uno scattò balzò in piedi correndo così nella direzione indicata precedentemente dal ragazzo.
Non appena entrò nel bosco la fievole luce dell’alba fu sostituita dal buio creato dalla fitta rete di rami degli alberi che si elevavano e incrociavano sopra alla sua testa. Rischiò di inciampare più volte mentre correva alla cieca, tentando in tutti modi di non cadere o sbattere contro una corteccia. Ultimamente ogni cosa che la vedeva coinvolta si svolgeva alla velocità della luce, non aveva neppure il tempo di pensare prima di mettersi in movimento. Si trovava a correre in una foresta del tutto ignota senza nemmeno sapere il perché e cosa più grave non percepiva la presenza di Matt alle sue spalle. Continuava a correre nonostante un punto nel fianco iniziasse a farle male e i polmoni le bruciavano, ma doveva correre e uscire da quella fitta rete creata dagli alberi. Chiuse gli occhi e continuò il suo percorso, si fidava di lui, anche se sotto un altro aspetto, era comunque il suo unico amico di sempre e ora lui aveva bisogno che lei riponesse fiducia nella sua persona. Infondo era finito in quella situazione per darle una mano, ultimamente si gettava sempre in qualcosa di folle e pericoloso.
Quando i raggi del sole tornarono a scaldare la sua pelle, Sam riaprì gli occhi ritrovandosi in una prateria. Era uscita dalla foresta e stava risalendo lungo una collina.
Man mano rallentò il passo, fino a fermarsi del tutto, piegandosi su se stessa per riprendere fiato, sentiva le ginocchia molli e il sudore scorrerle sulle tempie. Dove si trovava? Sollevò di poco gli occhi e non appena il suo sguardo riconobbe alcuni profili di case, un sorriso le si formò sulle labbra, era quell’Alicante?
La città emergeva all’interno di una valle poco profonda, un fiume l’attraversava tagliandola così in due differenti zone. Un viluppo di edifici color miele dai tetti rossi e un groviglio di ripide stradine scure e serpeggianti risalivano il fianco di una scoscesa collina, in cima alla quale si ergeva un edificio scuro, svettante, con diversi colonnati e una torre luccicante a ogni cardinale.
Sparse tra le altre costruzioni c’erano altre torri uguali, alte e sottili, che sembravano fatte di vetro, o di quarzo, ciascuna vibrante di luce. Era una vista meravigliosa.
-Bene, pensavo ti fossi persa nel bosco. -
La voce di Matt la distolse dai suoi pensieri, facendo voltare Sam di scatto nella direzione del ragazzo mentre un sorriso spuntava sulle sue labbra. –Stai bene?- Chiese con un filo di voce.
Il ragazzo annuì lentamente, muovendo alcuni passi, in modo da arrivarle vicino.
-Cos’è successo?- Continuò la ragazza.
-Niente di rilevante. - Tagliò corto lui, fissando la città come ammaliato.
Sam era pronta a ribattere e a insistere con la sua solita curiosità ma Matt riprese a parlare.- Su un libro che parlava dei Nephilim lessi una frase che diceva: “Non puoi dire di aver visto una città finché non hai visto Alicante dalle torri di vetro.”- Sussurrò senza distogliere lo sguardo dal panorama. –Questo posto è così singolare.-
Sam annuì lentamente mentre portava anche lei nuovamente lo sguardo sulla città.- E’ davvero meravigliosa.- commentò.
Matt annuì per poi sollevare una mano con la quale indicò un punto. Era un passaggio formato da un arco dalla sommità appuntita, ai margini della città, dove cominciavano le case. – Quella è la Porta Settentrionale, solitamente è da lì che possono entrare i Nascosti.- spiegò. –Solo che si parla di Nascosti con un permesso e non di Nascosti che per l’occasione si sono trasformati in guerrieri del male.- borbottò lui portando entrambe le mani all’interno delle tasche. –Dobbiamo trovare un modo per attraversare le difese invisibili senza che nessuno rilevi la nostra presenza.-
-Oppure possiamo attraversare le difese e fare proprio in modo che qualcuno rilevi la nostra presenza.- Disse Sam e uno strano luccichio le illuminò gli occhi.
-Sei pazza? Vuoi farti arrestare?- Chiese Matt incredulo.
-Pensaci, il nostro obiettivo sono le prigioni, se ci arrestano ci condurranno loro dove siamo diretti.-
-Ma poi saremo schedati dai Cacciatori, come la fedina penale per gli umani.-
-Che importa, tanto sono una mondana, no?- borbottò lei. –Se hai tanta paura, io li distraggo e tu passi inosservato.-
-Sei proprio testarda sai?-
- Non c’è bisogno di farci prendere in due, facciamo come ho detto io.- Disse la ragazza muovendo così alcuni passi, scendendo con attenzione la discesa.
-E come ci terremo in contatto?-
-Un modo lo troveremo.- sussurrò lei, mentre si avvicinavano alla prima fila di case. –Sei pronto?-
Lui annuì incerto e Sam gli lanciò uno sguardo solidale, per poi voltarsi avviandosi nella direzione della guardia sicura che Matt si sarebbe nascosto e intrufolato nel modo migliore.
Si avvicinò a un punto in cui il Cacciatore che faceva la sentinella alla Porta Settentrionale potesse vederla con facilità e con un movimento veloce oltrepassò le difese, ritrovandosi vicino alla casa che poco prima aveva di fronte. Non sapeva bene cosa aspettarsi, di finire contro un muro invisibile o altro, invece aveva soltanto percepito un’improvvisa pressione, come quando era in auto e le si tappavano le orecchie, poi aveva udito un leggero schiocco e la sensazione era sparita con la stessa velocità con cui era arrivata.
-Ehi tu, forse hai sbagliato entrata.- Una voce fredda come il ghiaccio le arrivò alle spalle.
Sam si voltò lentamente, prendendo un lungo respiro e tentò di sfoggiare uno dei suoi sorrisi migliori. –Mi scusi? Parla con me?-
L’uomo le si avvicinò aggrottando la fronte e infittendo le rughe d’espressione. – Cosa ci fa mondana ad Alicante?-
-Gita scolastica?-
-Rispondi.-
Sam deglutì. –Io…-
-Sei una soggiogata di qualche vampiro?- l’uomo le sollevò il mento portando lo sguardo nei suoi occhi.- Qualcuno ha un controllo mentale su di te?- mormorò l’uomo a voce bassa, come se lo stesse chiedendo a se stesso. –Beh, qualunque sia la risposta, lo scoprirà chi deve.- fece una pausa allontanandosi appena. –Mi dispiace, ma questo farà male.- Disse poi l’uomo sollevando un braccio e Sam fu colta da una fitta di dolore prima che il buio la inghiottisse.
 
§
 
Sam riaprì gli occhi a fatica e un sussulto di dolore abbandonò le sue labbra. Era distesa su un freddo pavimento di roccia e ogni muscolo del suo corpo la faceva sussultare a un qualsiasi piccolo movimento. Si trovava in una stanza di pietra, con una finestrella inferriata in alto, sopra un angusto letto dall’aria scomoda. Dietro una piccola porta c’era un bagno minuscolo fornito di lavandino e gabinetto. Una parete della stanza era interamente fatta di sbarre: grosse sbarre di ferro dal pavimento al soffitto, ben salde nella pietra, con una porta, anch’essa fatta di sbarre, con un pomolo d’ottone su quale era incisa una grossa runa nera.
Sam, dopo essersi messa in piedi con fatica, si affacciò attraverso le sbarre stringendo le dita contro il ferro freddo. Davanti ai suoi occhi si estendeva la totale oscurità. Il terrore la invase, forse quella era stata l’idea peggiore che potesse farsi venire, non c’erano modi di fuggire o meglio, lei non era proprio il tipo di persona portata per determinate cose. Indietreggiò lentamente lasciandosi così scivolare lungo la parete umidiccia, toccando il suolo, non aveva idea di cosa le aveva fatto quel cacciatore ma ogni muscolo del suo corpo le doleva, non riusciva nemmeno a compiere i movimenti più semplici come sollevare un braccio o stringere la mano a pugno.
Iniziava a chiedersi se ne valesse davvero la pena. Chiuse gli occhi, fu un solo istante e un’immagine le si formò davanti alle palpebre, era una scritta.
Ricorda, essere amati da un angelo significa essere amati per sempre. Volare sopra le nuvole come angeli, bruciare di passione come i demoni.
Sam sollevò le mani, come per afferrare tra le dita quella scritta, ma l’immagine si dissolse davanti agli occhi e si ritrovò a tastare il vuoto. Stava impazzendo? Solitamente uno dei sintomi della pazzia erano le allucinazioni, ma c’era qualcosa che non capiva, cosa volesse dire tutto quello? Si aggiungevano pezzi confusi al suo puzzle incompleto che sembrava dover restare tale ancora per molto, perché era così diversa?
Erano solo domande a cui non sapeva dare nessuna risposta. Era questo che la tormentava, si ammassavano continue domande ma a nessuna di quelle era riuscita a dare un senso.
Delle voci in lontananza la distolsero dai suoi pensieri e Sam si sollevò in piedi a fatica portandosi vicino alle sbarre.
Due figure massicce tenevano per le braccia una più piccola, ma che si mostrava comunque ben piazzata, aveva il viso basso e i capelli nascondevano i suoi occhi, mentre il corpo inerte era trascinato lungo il corridoio facendo strusciare le ginocchia contro il pavimento in pietra.
Il cuore di Sam perse un battito quando identificò la figura che tenevano i due. Sebastian.
Era proprio lì, davanti ai suoi occhi, e quando sentì il proprio stomaco stringersi prese un lungo respiro, tentando così di non perdere di vista i due cacciatori per vedere dove posassero il corpo del ragazzo. Contò il numero di passi nella sua mente, poteva uscire da quella cella prefissandosi nella mente il corridoio e aprire un portale, avrebbe potuto così raggiungere Sebastian, ma doveva aspettare che facesse buio e che il corridoio si svuotassero.
Il tempo sembrava non passare mai, l’unica attività era osservare il colore del cielo cambiare attraverso la finestrella. Sentiva persone urlare, altri piangere e qualcuno ridere. Ma nessuno sembrava curarsi di lei. Restò sulla brandina fin quando il sonno non arrivò, facendola scivolare in un posto distante, un posto dove nessuno poteva raggiungerla.
Non appena la cella fu invasa dalla luce bianca della luna, Sam capì che era arrivato il momento di agire. Nonostante fosse ancora leggermente intontita dal sonno, si alzò di scatto avvicinandosi alle sbarre del corridoio, girando prima il viso verso destra e poi verso sinistra. Via libera.
Chiuse gli occhi prefissandosi nella mente il corridoio e dopo alcuni istanti sentì di essere là dove aveva desiderato. Questo era l’unico potenziale che aveva imparato a gestire a suo piacimento, forse un giorno ci sarebbe riuscita anche con gli altri.
Avanzò a passo lento, scivolando sulle pietre levigate dall’usura, tentando di essere più silenziosa possibile, mentre nella sua testa contava il numero di passi. Sebastian distanziava sedici rintocchi dalla sua cella ma non sapendo l’andatura dell’uomo, Sam si ritrovò a camminare un po’ la cieca sbirciando con discrezione in ogni vano.
Poi lo vide. Sebastian se ne stava ricurvo sulla sua lettiga, i vestiti erano logori e strappati in alcuni punti. Sotto il riflesso della luna, i suoi capelli sembravano ancora più chiari mentre controluce era possibile ammirare il suo profilo e la schiena piegata, come se stesse leggendo.
-Chi c’è?- Disse il ragazzo alzando di scatto la testa.
-Zitto, così mi farai scoprire. - rispose la ragazza a voce bassa.
-Sam?- Sussurrò lui drizzando le spalle.
Sam osserverò per alcuni istanti la cella di Sebastian, era differente dalla sua, sulle sbarre c’erano incise delle rune, o meglio, erano incise rune ovunque e in quelle rune lei percepiva qualcosa di sbagliato. Scrollò le spalle chiudendo gli occhi e prefissandosi nella mente dove voleva andare e un attimo dopo era nel vano con Sebastian.  Lo vide balzare in piedi, era più magro dell’ultima volta che l’aveva visto, ma nonostante non fosse nella sua forma migliore, il suo viso non perdeva la sua solita espressione signorile e ogni suo movimento era fluido come quello di un gatto.
-Cosa diavolo ci fai qui?- le disse lui a voce bassa, sembrava furioso.
-Secondo te?- Ribatté lei, stringendo le mani in due pugni.
-Non ci posso credere, non puoi rischiare così tanto.- Sebastian sollevò le mani verso l’alto, da come si muoveva, si capiva che era stanco.
-Basta. - Tagliò corto lei. –Basta con questa storia del cattivone e la pecorella. -
Lui increspò le labbra, come se trattenesse un sorriso e si voltò tornando a sedere sulla brandina malridotta.
-Che è successo? Pensavo fossi più scaltro nel nasconderti. –mormorò lei.
-Infatti, lo sono, ma ci sono cose che devo fare, e per farle devo colpire dall’interno e fingermi vulnerabile. - Spiegò Sebastian, dando poi alcuni colpetti con il palmo della mano al posto vicino al lui, facendo segno alla ragazza di sedersi.
-Quando metterai in pausa il tuo progetto da “sono un ribelle e voglio sterminare tutti”?- sbuffò lei muovendo alcuni passi, sedendosi così vicino a Sebastian.
Le spalle del ragazzo tremarono, leggermente scosse da una risata -Non è degno di un vero cattivo rivelare il proprio piano, ma questa volta c’è qualcosa di diverso. - Disse poi.
-Cioè?- chiese Sam, girando il volto verso di lui, avendo così una visuale del suo profilo illuminato solo in alcuni punti.
-Lo sai che sei entrata nella tana del lupo venendo qua?- Rispose invece lui.
-Non cambiare discorso. - si lamentò lei per poi fare spallucce. –Ero accecata da altro. -
-Da cosa?- Chiese Sebastian con voce roca.
-Da te.- Sussurrò Sam, fissando un punto a caso nel muro.
La ragazza lo sentì respirare profondamente e tentò di non farci caso, cercando di proiettare i pensieri altrove per togliersi di dosso il batticuore che gli provocava la sua vicinanza.
-Ti hanno malmenato, hm.- disse poi, tentando di cambiare discorso mentre con lo sguardo osservava alcune chiazze rosse che erano visibili attraverso gli strappi nella maglia di Sebastian.
-Non sono stati questi mingherlini. - Rispose lui prontamente. –Sono vecchie cicatrici. -
-Come te le sei fatte?- chiese lei ingenuamente mentre cercava di resistere alla tentazione di spostargli un ciuffo di capelli che gli era ricaduto davanti al viso.
-E’ stato mio padre quando ero un bambino. - rispose lui freddamente.
-Tuo padre?- chiese in un sussurro. –Quale padre segnerebbe la pelle del figlio in quel modo. -
-Il mio. - disse Sebastian ma il suo tono di voce era svuotato, ne freddo ne arrabbiato, atono.
-Mi dispiace. - Mormorò Sam.
-Non dispiacerti. –Tagliò corto lui, voltandosi verso di lei. –Nessuno si è mai dispiaciuto per me.-
- Eri solo un bambino, non si può marchiare un bambino in quel modo. -
-Non importa. - Disse in tono neutro per poi far calare il silenzio.
Era possibile sentire il suono dei loro respiri, nessuno dei due sembrava aver più qualcosa da dire, e quel silenzio pesava addosso a Sam come un macigno.
-Sebastian?- Sussurrò voltandosi verso di lui.
-Sì?- Rispose il ragazzo prontamente.
Ma Sam non aveva nulla da dire in realtà, si sporse leggermente e avvolse il busto del ragazzo con un braccio, avvicinandolo completamente a se, stringendolo così in un abbraccio. Chinò la testa in modo da portare la guancia contro il suo petto, sentiva il cuore di Sebastian pulsarle contro l’orecchio, batteva all’impazzata, come l’ultima volta che aveva ascoltato quel suono.
-Il tuo cuore batte così forte. - Sussurrò Sam.
Lui abbassò il viso, in modo da raggiungere con il mento la sua testa, e staccò l’abbraccio portando entrambe le mani sulle spalle della ragazza, sollevandola e portandosela sulle proprie gambe. –C’è un motivo se il mio cuore batte così.- rispose lui, ma la sua voce era ferma. –Ed è questo. -
Pronunciò quelle parole e poi senza nessun indugio cercò le labbra di Sam. Quel tocco lieve e leggero la confuse definitivamente. Si sollevò leggermente e si avvicinò al viso di Sebastian. Lui allungò ancora la sua mano affusolata con la quale le toccò il naso seguendone il profilo, scese giù fino alla bocca e poi ancora scendendo arrivò al mento, al collo lungo e slanciato, per fermarsi al
ciondolo, che la ragazza portava da sempre al collo, con cui le sue dita giocherellarono un po'.
Sam sentì un brivido.
Sebastian si avvicinò ancora e posò le sue labbra sulle sue, con una leggera pressione, non era proprio un bacio, ma una specie di carezza con le labbra che continuò poi sul mento e quindi sul collo. Sam sentì che non poteva rimanere passiva. Non voleva essere un oggetto nelle sue mani. Così gli passò le mani tra i capelli e poi le congiunse dietro alla nuca.
Il secondo contatto tra le loro labbra fu un bacio vero e proprio.
I due si guardavano fissi e Sebastian iniziò a sbottonarle la giacca. Dopo il secondo bottone si fermò per baciarla ancora. Poi continuò, i baci seguivano la scollatura della giacca, arrivando al petto.
Sam scostò leggermente il tessuto fine della maglia bianca di Sebastian, percorrendo con i palmi delle mani il suo ventre, risalendo verso la pancia.
I loro movimenti si facevano sempre più rapidi e poi man mano frenetici.
Sebastian taceva, per lui parlavano gli occhi, le mani, tutto il corpo. Orma le era sopra, si abbracciavano, si baciavano.
Non parlavano, le loro mani correvano sui corpi, mentre i loro sguardi continuavano a cercarsi guardandosi ancora senza dire una parola.
-Aspetta… - Sussurrò Sam, la sua voce era più roca e bassa di una tonalità.
Lui fermò il movimento delle dita, allontanando appena il viso da quello di lei, guardandola.
-Non voglio che…- tentò di dire ma lui la zittì portando un dito sulle sue labbra, per poi distendersi, attirandola contro il proprio petto.
-Dormi con me stanotte.- fu l’unica cosa che disse Sebastian mentre socchiudeva gli occhi e poggiava il mento sulla sua testa.
Sam annuì appena, poggiando la guancia contro il tessuto ruvido della sua maglia, ispirando profondamente il suo odore.
 
§
 
Non appena le luci dell’alba attraversarono le sbarre della finestra, infastidirono gli occhi di Sam, che si svegliò ritrovandosi in un incrocio di gambe e braccia. Sebastian l’aveva tenuta stretta a se per tutta la notte ma ora lei doveva andare o qualcuno l’avrebbe scoperta.
Si sollevò in piedi e prima di prefissare la sua cella nella propria mente, diede un ultimo sguardo al ragazzo, chinandosi sul suo viso e stampando un leggero bacio sulla sua fronte.
Ed era di nuovo nella sua cella vuota, mentre nel suo stomaco era un miscuglio di sensazioni che non sapeva descrivere, si sentiva come un fuoco d’artificio.
Un rumore di passi nel corridoio attirò la sua attenzione. Una guardia passò accanto alla cella e la ragazza si affrettò a richiamare la sua attenzione. –Mi scusi!- ma niente l’uomo continuava a camminare. –Per favore!- La figura scomparve dietro ad una porta nera e lei incrociò le braccia al petto, borbottando. –Che zotico. -
-Ci dispiace per l’accoglienza così poco calorosa, cara. – Una voce la fece girare dal lato opposto e Sam sobbalzò. Non aveva proprio sentito l’uomo arrivare, il suo passo era silenzio e leggero come quello di un gatto, forse doveva questa sua qualità a quale runa, pensò la ragazza.
-Mi chiedo, cosa ci fa una mondana da queste parti?- Chiese poi l’uomo.
-Siete così a corto di gente da arrestare che ve la prendete con una ragazzina che non è capace nemmeno di far del male a una coccinella?- Disse Sam acida.
-I mondani non sanno di questo posto, ecco perché sei finita qua. Chi ti ha mandata ad Alicante?-
Sam non rispose, limitandosi a guardarlo.
-Come immaginavo. Allora avrò il piacere di presentarti qualcuno con cui avrai l’onore di fare quattro chiacchiere.- L’uomo allungò una mano e dalla semioscurità Sam notò un’altra figura avvolta in una toga con il viso basso.
-Non pensate di esagerare?- Mormorò la ragazza.
Se non sarai un pericolo, saremo felici di darti la libertà. Disse una voce, nessuno dei presenti aveva parlato, ma quella voce le era rimbombato con forza nella mente.
Non appena l’uomo aprì la cella, la figura incappucciata varcò la soglia e Sam istintivamente indietreggiò di un passo. –Fratello Yeh'ezqel, vi aspetto fuori, quando avrete finito, potrete informarmi.- Disse in tono formale per poi uscire.
Fratello Yeh'ezqel restò immobile fin quando il rumore dei passi del Cacciatore non si furono affievoliti.
-Ascolti, ho degli amici Cacciatori, per questo conosco questo posto, non ho a che fare con la mala vita dei vampiri o con lo spaccio dei licantropi.-
Siediti. Le ordinò Fratello Yeh'ezqel ignorando del tutto le sue parole. Mi sento di dirti una cosa, ragazza, forse avrai notato anche tu le misure di sicurezze usate intorno a te. Sanno che non sei solo una mondana, perché se lo fossi stata non saresti mai finita qui, ti avrebbero spedita da dove sei venuta chiedendoti di tacere. 
Sam s’irrigidì alle parole del Fratello Silente. –Se non sono umana, cosa sono?-
Non sai rispondere a questa domanda?
-Certo che no!- Scattò la ragazza. –Tu sì?!-
Lui scosse la testa. –Io nemmeno.-
-Conosci Fratello Zachariah?- Chiese Sam senza pensarci.
Il nostro non sarà uno sleepover club, ma è impossibile non conoscerci fra noi. 
Sam si voltò verso il viso nascosto dal cappuccio del Fratello e lo guardò di traverso, quello che doveva essere uno Cacciatore dalla saggezza e dai poteri immensi, aveva appena fatto una battuta?
-La tua voce mi è familiare.- sussurrò la ragazza ma il Fratello Silente restò in silenzio. –Tu non sei Fratello Yeh'ezqel, vero?- Continuò lei sollevandosi lentamente in piedi. –Abbassati il cappuccio.- disse poi a denti stretti. –Fammi vedere il tuo volto.-
La curiosità è sempre stata la tua caratteristica, Samantha. La voce del Fratello sembrava quasi divertita, mentre si sollevava in piedi. Portò entrambe le mani all’estremità del cappuccio e lo scostò dal viso, molto lentamente. Sam si portò istintivamente una mano sulle labbra non appena vide il suo viso. Aveva gli occhi chiusi, i suoi zigomi erano segnati ciascuno dalla cicatrice di una runa nera. I capelli erano scuri, ma tra loro era ancora possibile vedere alcune ciocche del colore dell’argento.
-J-Jem.- Balbettò la ragazza in preda allo stupore.
Lui scosse la testa, sistemandosi nuovamente il cappuccio sul viso. Ora sono Fratello Zachariah.
Il primo istinto di Sam fu di saltare al collo dell’uomo e abbracciarlo ma poi sentì la necessità di sedersi e si lasciò cadere pesantemente sulla brandina malconcia della cella. –Non capisco.- Sussurrò.
Cosa non capisci? Le chiese Jem.
-Se tu sei Fratello Zachariah, significa che sei tu quello che mi ha protetto per tutto questo tempo, sei la risposta a ogni mia domanda, tu puoi dirmi chi sono. Ma non capisco, perché non me lo hai detto quando ci siamo conosciuti.- Sam parlò velocemente stringendo le dita intorno al tessuto dei pantaloni.
Vorrei poter rispondere a tutte le tue domande, ma non posso, Samantha.
-Allora perché mi ha protetta? Tutto questo non ha senso.-
Perché io sapevo che saresti nata ed eri la mia unica possibilità di guarire, tornando a essere una persona normale e non questo. 
-Cosa è successo Jem?- Chiese Sam in un sussurro.
Accettare le rune della fratellanza è stato l’unico modo per me di sopravvivere. Rispose freddamente il cacciatore.
Lei annuì lentamente, portandosi una mano sulla fronte. – E Will?- chiese a fatica Sam, come se si fosse appena ricordata di una cosa importante che prima di allora le era sfuggita.
Will ha vissuto un grande amore, ha avuto dei figli e si è spento nel suo letto quando ormai la vecchiaia aveva tolto all’azzurro dei suoi occhi la solita lucentezza. Quel tono di voce così freddo non apparteneva al Jem che aveva conosciuto lei, pensò Sam .
-Qualche santa ha sopportato il suo caratterino.- sussurrò Sam, con un sorriso malinconico.
Sai continuò poi io ero l’unica persona da cui si era permesso di farsi volere bene, perché sapeva che stavo morendo. Scoprimmo di una fittizia maledizione di cui lui credeva di essere vittima: ogni persona che lo avrebbe amato, sarebbe morta. Ecco spiegato il suo caratteraccio. Nonostante il suo viso fosse coperto dal cappuccio della toga, Sam capì che stava sorridendo. Era il mio parabatai. Sussurrò la voce nella sua testa. Non insistere perché ti abbandoni e rinunci a seguirti, perché dove andrai tu andrò anch’io, e dove ti fermerai mi fermerò anche. Il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e vi sarò sepolto: l’Angelo faccia a me questo e anche di peggio se altra cosa che la morte mi separerà da te. Dopo quelle parole ci fu un lungo silenzio.Questo è il giuramento dei parabatai, ricordo ancora come ero riluttante all’idea di diventare il suo, sarei morto giovane e lui sarebbe rimasto solo. Ma poi è successo il contrario, lui è morto ed io sono qui da solo, senza il mio parabatai. Jem sorrise amaramente. Però lui vive con me, quando respiro, quando parlo, quando agisco, il mio primo pensiero è William. Sai, io credo nella reincarnazione, un giorno, lo rincontrerò perché lui mi sta aspettando dall’altra parte del fiume, siamo anime legate. Lui sarò sempre il terreno solido sotto i miei piedi. Sam avvertì un groppo salirle alla gola, mentre Jem continuava a parlare. Ma in un modo siamo ancora vicini, una volta l’anno, in ricorrenza della sua morte vado sulla sua lapide nella città Silente e suono il mio violino, suono per il mio fratello, per risentirlo con me. Per dirgli che nonostante non ci rivedremo io non lo dimenticherò mai e che un giorno, lo raggiungerò e lui mi accoglierà, riposando insieme. Per ora un grande vuoto mi accompagna, nel cuore ho tutto quello che mi resta di lui. Non tutto muore, in me rimarrà vivo in eterno.







NOTE D’AUTRICE 
Ciao a tutti! Come state? Spero bene!
Visto che sto affogando nelle mie stesse lacrime, sono un po’ nella fase “sine verbis sum”….
Quindi, niente, spero che il capitolo vi piaccia! E’ nato da una nottata insonne, in pratica è un figlio della notte questo capitolo (?), no vabbè,  sono pessima….
Fatemi sapere cosa ne pensate, come sempre vi ringrazio di cuore delle recensioni.
Un bacio enorme <3.
P.s. Ho messo un po' di dolcezza anche per gli amanti di San Valentino. Ehi, oggi è la festa dell'amooour!






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu
   
 
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