Mi
hai rubato il Cuore.
Piper
e io passeggiavamo tranquilli lungo la navata
principale di un centro commerciale. All’inizio lei mi era
sembrata un po’
snob, ma mi resi conto che avevo avuto un’impressione
totalmente sbagliato:
sembrava stranamente triste e non indossava abiti firmati o molto
eleganti. Era
molto casual, jeans e maglione, molto semplice, insomma. La borsa, non
sembrava
nemmeno particolarmente vistosa. Se qualcuno l’avesse vista
per strada non
avrebbe mai detto che fosse la figlia di un attore. In effetti era
normalissima,
sembrava cercare a posta di non mostrare nulla di se stessa.
“Mi
piacerebbe offrirti qualcosa… ma non ho un soldo.”
Ammisi, dopo un po’, indicando un bar, poco lontano.
Lei,
però, non sembrò infastidirsi e
scrollò le spalle:
“Sai il problema, io di soldi ne ho anche troppi.”
Sembrò quasi
volersi rimangiare l’affermazione, quando ci sedemmo insieme
allo stesso
tavolo. Non ordinammo niente, all’inizio, ma poi lei decise
di prendere un
gelato alla fragola, chiedendo se anche io volessi qualcosa. Fui
tentata di
accettare, ma per una volta, non mi andò nulla,
così scossi la testa e
declinai.
“Piuttosto,
dimmi… che è successo tra te e Jason?”
Chiesi, osservando il suo volto triste. Sembrava davvero giù.
“Io…
be’, ho litigato con lui.” Spiegò,
evasiva, come
se si vergognasse di qualcosa.
“Ti
va di raccontarmelo.”
Mi
osservò attentamente, quasi temendo che io le stessi
tendendo una trappola, ma poi annuì incerta: “Va
bene…”
Ci
fu qualche secondo di silenzio, prima che la mora
iniziasse a parlare.
“Non
so… mi prenderai per una stupida… ma ieri sera,
io
e Jason ci siamo dati appuntamento in un locale. Io ero andata
lì da sola ed
ero molto felice… insomma, ultimamente il nostro rapporto
era un po’ giù di
tono, ma pensavo che un appuntamento avrebbe potuto tirarci su. Solo
che quando
sono arrivata, lui era avvinghiato ad una sua compagna della scuola di
polizia…
una certa Reyna… e lei lo stava baciando.”
Siegò, tutto d’un fiato,
asciugandosi in fretta le lacrime, che minacciavano di uscire.
Non
dissi nulla, sentendomi stranamente vicina a lei,
pur non conoscendola. Mi chiesi come mi sarei sentita, se avessi visto
Percy
baciare un’altra ragazza. (Probabilmente sarei scappata in
lacrime).
“Io
non riuscii a rimanere… mi faceva male il cuore e
mi sono sentita tradita… oggi sono venuto da lui per
chiarirmi, ma quando ho
visto Reyna che dormiva nel suo letto, mi sono sentita uno schifo. Gli
ho
urlato contro e me ne sono andata di corsa.” Concluse, con la
voce spezzata.
Dovevo
ammettere che un po’ la capivo: difficile immaginare
che Jason avesse una spiegazione plausibile per quel comportamento.
Insomma,
non è proprio bello vedere una ragazza nel letto del proprio
ragazzo e non
potei fare a meno di pensare che Jason si fosse come un bastardo di
bassa lega.
“Mi
dispiace… se vuoi posso parlargli.” Proposi,
cercando di farla stare un po’ meglio.
“Non
importa… appena starò un po’ meglio, lo
farò io…
se ci riuscirò.” Ammise Piper, finendo, pian piano
la coppetta che stava
piluccando distrattamente.
Mentre
sospiravo, cercando di non pensare al fatto che
Percy potesse fare una cosa simile con me, mi guardai intorno e notai
qualcosa
che mi fece salire un brivido: alle spalle di Piper c’era un
ragazzo, fermo,
appoggiato ad una colonna, con le cuffie dell’I-pod nelle
orecchie. Indossava
un paio di Jeans laceri, e una felpa con il cappuccio tenuto calato,
come per
non farsi riconoscere.
Da
quell’angolazione era impossibile che mi vedesse, ma
io vedevo bene lui. Sembrava totalmente disinteressato alla musica che
ascoltava, continuava a passare lo sguardo su Piper, soffermandosi per
qualche
attimo su di lei diverse volte, per poi tornare a fissare altro.
La
mia inquietudine aumentò quando notai una cicatrice
sullo zigomo che mi fece tornare in mente il mostro che mi tormentava
nei
sogni.
Scossi
la testa.
Doveva
essere un dannato scherzo, perché io non potevo
ricordare solo un mostro e che fosse proprio lui la prima persona che
rincontravo dopo aver perso la memoria. Il destino doveva avere un bel
senso
dell’umorismo.
“Senti…
io sono un po’ stanca…” Borbottai,
abbassando
anche io il cappuccio per assicurarmi che non mi riconoscesse.
“Vuoi che ti
accompagni a casa?”
Piper
finì il gelato e saldò il conto, mentre io mi
guardavo intorno. Il ragazzo era ancora lì, ma continuava a
seguire la mia
amica con lo sguardo, ignorando completamente me: o non mi aveva
riconosciuta,
o non mi aveva vista, o mi ero immaginata io la somiglianza.
Appena
uscimmo, decidemmo di fare una veloce
passeggiata prima di dividerci.
“Come
hai conosciuto Talia?” Chiese dopo un po’ la mia
compagna. “Vai a scuola con lei?”
Io
sussultai, un po’ a disagio. Mi dava fastidio parlare
di quello che mi era accaduto. Poi, però, pensai che Piper
era stata sincera
con me, mi aveva detto cosa la turbava, così decisi di
raccontarle tutto: della
mia amnesia, di come mi ero risvegliata senza memoria a casa di Percy,
di come
Talia e Rachel mi avevano aiutato e di come era passata
l’ultima settimana.
“Cavolo…
che cosa strana… mi dispiace, scusami se ti ho
messo a disagio.” Sussurrò, lei, poggiando una
mano gentile sulla mia spalla.
“Non
preoccuparti… mi sono quasi abituata a questa
situazione del cavolo, però vorrei davvero poter ricordare
qualcosa.” Ammisi,
sorridendole. “E poi Percy, Nico, Rachel e Talia, sono ottimi
amici e non mi
fanno pesare il fatto di essere una smemorata.”
“Capisco…”
Lei sembrò riflettere su qualcosa. “Non ti
manca nulla? Magari posso aiutarti anche io…”
Propose, guardandomi speranzosa.
“No…
non mi manca niente, a parte i soldi… non mi va di
elemosinarli agli altri.” Ammisi, un po’ titubante.
Non volevo farmi prestare
denaro da nessuno, ed ero pronta ad un netto rifiuto se lei me li
avesse
offerti.
Invece
quello che mi propose mi stupì: “Potrei trovarti
un lavoro, sai?”
Io
arrossii parecchio: non mi ero aspettata una
proposta del genere. Anche se allettante, non sapevo cosa avrei potuto
fare.
Non sapevo nemmeno se in passato avessi mai avuto un lavoretto
Part-time.
“Cosa
potresti farmi fare?” Chiesi cautamente.
“Be’…
io faccio la babysitter… conosco della gente che
ha bisogno sempre di un po’ di aiuto con i loro figli. Tu
sembri una brava
ragazza, non credo avrai problemi.” Spiegò Piper,
sorridendo.
“Ma…
io non so cosa dovrei fare. E poi… non so nemmeno
se serve una qualche qualifica? Serve?” Chiesi, iniziando a
ragionare
febbrilmente sulla possibilità. Era allettante, ma avevo
paura di combinare
casini terribili.
“No…
puoi farlo, conosco persone che hanno bisogno di
una mano. C’è una famiglia accanto a quella di
Jason che hanno bisogno di una
babysitter e la loro figlia è una dolcezza. Mi avevano
chiesto se conoscevo
qualcuno, se vuoi, ti porto a conoscerli. Sono delle brave
persone.” Mi
assicurò lei, cercando di rassicurarmi.
“D’accordo…
almeno avrò qualche soldo per ripagare
Percy dell’ospitalità. Grazie davvero.”
Accettai, alla fine, ringraziandola.
Dopotutto era in buona fede.
Passarono
i tre fatidici giorni prima dell’appuntamento
con Percy e quella sera ero talmente nervosa che avrei quasi voluto
rifiutare
per la paura. Certe volte mi chiedevo perché le ragazze di
certi telefilm
stessero tanto in bagno a prepararsi. Pensavo fosse una parodia, ma
quando mi
ci ritrovai io, non seppi proprio cosa fare.
Da
domenica, mi vedevo anche con Piper e quando le
avevo parlato dell’appuntamento, mi aveva prestato un sacco
di trucchi
dicendomi di farmi bella: ma cosa mi serviva esattamente? Lo smalto
doveva
essere rosa o rosso? O Percy lo preferiva blu? E il rossetto? Rosso
fuoco?
Rosso ciliegia? O Rosa? Oppure qualche altro colore? Il mascara? Lo
dovevo
mettere? L’Ombretto?
Cavolo!
Perché
doveva essere così difficile!? E perché non
c’erano
libri o pagine internet che mi potevano aiutare?
Mi
sentivo più stupida di quando avevo chiesto a Percy
di allacciarmi le scarpe.
Alla
fine decisi di non truccarmi per nulla. Mi lavai
velocemente, assicurandomi di avere anche i capelli puliti, mi misi un
paio di
Jeans, una camicetta e una giacca. Insomma, proprio come mi aveva
trovata lui.
Anche lui aveva un abbigliamento simile. Aveva le mani in tasca e
continuava ad
aggiustarsi un ciuffo ribelle che continuava a finirgli in mezzo agli
occhi,
cosa che io trovavo terribilmente adorabile.
“Andiamo?”
Chiesi, cercando di non far trasparire il
mio nervosismo.
“Certo.”
Annuì il ragazzo, alzandosi e avvicinandosi
alla porta invitandomi a passare per prima.
Decidemmo
di andare a piedi, tranquilli. Ormai non c’era
più neve, ma era comunque freddino, ma io non ci feci caso.
Io e Percy
continuavamo a camminare fianco a fianco e dopo un po’ sentii
le sue dita
intrecciarsi con le mie. Mi sentii avvampare, ma non mi ritirai e
strinsi.
Continuammo a camminare, mano nella mano, fino alla stazione della
metropolitana. Quando ci sedemmo accanto, lui mi cinse le spalle e mi
avvicinò
a lui.
“Annabeth…
non hai ancora ricordato nulla?” Chiese,
all’improvviso.
Non riuscii a capire, ma qualcosa, nella sua voce, mi fece capire che
era in
attesa.
“No…
ma non voglio pensarci, adesso.” Risposi,
appoggiando la testa sulla sua spalla. Era così rilassante,
stargli accanto.
“Capisco…
mi dispiace.” Borbottò, poco convinto.
Sorrisi,
ormai eravamo diventati molto vicini. Mi aveva
raccontato molto della sua vita: la sua passione per il nuoto, i suoi
problemi
di famiglia e di denaro, e alcuni eventi poco felici nella sua vita,
come
quando fu pestato a dieci anni da un branco di bulli che lo mandarono
al pronto
soccorso. Da allora si era impegnato nel karate e
nell’autodifesa, in modo da
poter difendere se stesso e le persone che amava. Mi
raccontò anche altri
eventi e fu molto sincero e piacevole. A me piaceva molto ascoltarlo,
mi
rasserenava e il suono della sua voce era quasi ipnotico.
“Percy…”
Iniziai, alzando lo sguardo su di lui.
“Mh?”
“Se
mai non dovessi mai ricordare nulla… Ho paura…
potrei rimanere con te?” Chiesi, preoccupata, temendo un
po’ la risposta. Ma
non avevo nulla da temere, perché lo sentii stringermi un
po’ di più, come per
proteggermi.
“Certo…
non ti lascerei mai in mezzo alla strada… sei
troppo sapientona per essere abbandonata.”
Ridacchiò, scherzando, ma allo
stesso tempo dolce.
Mi
tenni stretta a lui per tutto il viaggio, grata per
il sostegno che lui continuava a darmi.
Al
cinema c’era l’ultimo film della serie lo Hobbit, e
mi piacque un sacco. Adorai tutti i personaggi, ma c’era
qualcosa che mi
piaceva ancora di più: in quel cinema c’ero io con
Percy Jackson. Lui ridette
con me, commentando certe scene e si imbronciò un
po’ quando dissi che Thorin
Scudodiquercia era più bello di lui.
“Ma’…
a me tutta quella barba non piace… e poi è
stupido.” Aveva commentato, incrociando le braccia offeso.
Cosa
che mi fece ridere quasi quanto altre scene del
film.
Quando
uscimmo, lui mi cinse le spalle e mi riportò a
casa, con calma, avvicinandosi a me, sempre di più, tanto
che, mentre
camminavo, potevo sentire il suo cuore battere contro il mio orecchio.
“Sai…
dopodomani ho un… colloquio, diciamo così. Forse
mi prendo un lavoro.” Gli dissi, mentre camminavamo.
“Davvero?”
Chiese, sorridendo. “Allora vuoi proprio
rifarti una vita. Sembra quasi che tu voglia lasciarti alle spalle la
vecchia.”
“Forse…”
Ammisi, pensierosa. “Il fatto è che non ricordo
ancora nulla… se non dovessi ricordare mai, dovrò
pur guadagnarmi da vivere.”
Per
un attimo, il silenzio ci avvolse e io mi accorsi
che ci eravamo fermati. Percy stava aprendo la porta di casa e mi fece
cenno di
precederlo. Seguii le scale e raggiunsi il suo appartamento e misi a
posto la
giacca. Ma quando cercai di avvicina al divano sentii che lui mi stava
trattenendomi per la vita, costringendomi a voltarmi.
“Dimmi…
in questa nuova vita? C’è posto per il tuo
salvatore?” Chiese, malizioso.
Mi
accorsi solo in quel momento di quanto eravamo
vicini.
Deglutii
a fatica, sentendomi lo stomaco invaso da
miliardi di farfalle che volavano in formazione.
Il
mio cervello era in tilt, ragionare era impossibile
e il cuore batteva così veloce che pensai potesse esplodermi.
“Se
vuoi… non ho nulla in contrario, Testa
d’Alghe.”
Risposi, in un sussurro, avvicinandomi sempre di più al suo
viso.
Le
nostre labbra si incontrarono, mentre lui continuava
a stringersi sempre di più a me. Le mie si dischiusero
automaticamente,
accarezzando le sue morbide e lisce con un delicato sapore salmastro.
La sua
lingua indugiò, quasi a chiedere permesso, ma quando fui io,
a prendere l’iniziativa,
lui non perse tempo e ricambiò con passione. Era la cosa
più bella che avessi
mai provato, credo in entrambe le vite che avevo vissuto. Il suo corpo
era
caldo e il suo tocco mi faceva fremere di eccitazione. Le sue mani mi
accarezzavano i capelli e la sua mano mi faceva tremare dal piacere. Mi
strinsi
a lui, intrecciando le dita tra i suoi capelli, mentre lui dischiudeva
le
labbra, quasi mi stesse concedendo un dono.
Rimanemmo
così per quasi un minuto finché i polmoni non
reclamarono aria, solo allora mi allontanai da lui, senza
però, sciogliere l’abbraccio.
“Sei
bellissima, Annabeth…” Sussurrò Percy,
appoggiando
la sua fronte alla mia.
“Anche
tu.” Fu la mia risposta. Mi accoccolai a lui,
appoggiando il viso sull’ampio petto di quel ragazzo che mi
aveva rubato il
cuore. “Sono felice che sia stato tu a trovarmi.”
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[Angolo
dell’autore]
Potrei
dire migliaia di cose su questo capitolo, ma
preferisco che siate voi a commentar,e perché questo
è IL capitolo, forse più
importante della storia, perché si unisce la coppia e si
scopre qual cosina *Fischietta*
Commentate,
che è il capitolo, spero migliore.
AxXx