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Autore: AxXx    17/02/2014    8 recensioni
Salve, popolo di EFP e amanti della Percabeth in particolare. Questa storia parla di un mondo senza genitori divini, Dei o mostri vari a cui dare peso.
Annabeth è una ragazza ricca che desidera diventare architetto, ma un giorno la sua vita cambia radicalmente e lei si ritrova isolata dal mondo, senza memoria e senza nulla che glielo faccia ricordare. Solo una persona la aiuta: un ragazzo di nome Percy Jackson.
Il passato, però, torna sempre a tormentarci e lei lo scoprirà nel modo peggiore.
[Percabeth]
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                              SPARITA

 

 

 

 

Quanto era passato da quel giorno in cui mi risvegliai in quella stessa casa, ignara di tutto, senza nemmeno un ricordo e senza sapere dove mi trovassi? Un mese. Trenta giorni esatti erano passati. Trenta giorni in cui la mia vita era cambiata, passando dalla peggiore delle pene, al migliore dei premi. Ormai ero di casa.

Mercoledì: il giorno libero di Percy, e infatti lui mi accolse in casa abbracciandomi e dandomi un lungo bacio sulle labbra, come se dovesse respirare la mia stessa aria per rimanere in vita. (Non che mi dispiacesse, dato che se non lo baciavo almeno una volta al giorno, rischiavo di andare in crisi di astinenza.)

“Bentornata, bellissima… com’è andata, oggi?” Mi chiese, non appena si fu staccato. (Cosa che mi provocò un gemito contrariato.) “Lucy ti ha dato problemi?”

“Come può averlo fatto… vivere con te mi allena a tutto, ormai.” Scherzai, io, intrecciando le mie dita tra i suoi capelli morbidi. Era uno dei miei passatempi preferiti: i suoi capelli erano bellissimi e metterci le mani era come toccare un onda in riva al mare. Scorrevano tra le dita come se fossero inconsistenti, provocando un leggero solletico che mi rilassava.

“Mmmmh… ora mi sto offendendo, signorina. Dimmi come mai dovrei permetterle di tornare qui, dopo avermi dato del bambinone?” Scherzò Percy, fingendosi arrabbiato.

“Già… sono proprio cattiva, ma tu sei il mio bambinone.” Risposi, avvicinandomi, sempre di più, lasciando che le sue mani mi stringessero la vita. “E questo…” Aggiunsi, dandogli un bacio. “è il motivo per cui non mi lasceresti mai.”

Percy sorrise e mi trascinò sul divano, abbracciandomi forte. Mi lasciai cullare dalla sua presenza, mentre sentivo le sue mani percorrermi dolci la pelle della schiena e i capelli biondi.

“Sei bellissima.” Mi disse, semplicemente.

Ispirai il suo odore di mare, che tanto amavo e lo guardai negli occhi.
Avrei voluto affogare per sempre nel suo mare, ma, ahimè, bisogna occuparsi della vita, quindi mi alzai e permisi a lui di fare altrettanto, anche se continuò a tenermi una mano che mi cingeva le spalle.

“Come sta’ tua madre? Che dicono i medici?” Domandai, pronta a tirarlo su di morale. Era una specie di rito, ormai: ogni mercoledì lui usava il giorno libero per andare a far visita alla madre, Sally Jackson, in coma. Nell’ultimo mese avevo cercato di aiutarlo, ma quando lui tornava, con quell’aria affranta e lo sguardo triste, mi piangeva il cuore.

“I medici… loro dicono che lei rimane in vita, ma non possono fare altro.” Sospirò, lui. Voltandosi verso di me.

Eccolo: quello sguardo triste, come se fosse sul punto di piangere. Potevo sentire nella sua testa la sua voce che ripeteva: Non piangere, sii forte. Non piangere, sii forte. Non piangere, sii forte. Lui era così, era forte. Doveva esserlo perché lo era stato per tutta la vita. Ma io avrei voluto che per una volta, almeno, abbandonasse quel duro guscio di paure e angosce e che venisse da me. Che capisse che su di me poteva contare e che si sfogasse.

“Le saresti piaciuta, sai?” Disse, facendomi riemergere dai miei pensieri.

“Davvero?”

“Sì… vi somigliate così tanto. Anche lei era una donna forte. Nonostante non navigasse nell’oro, è riuscita a tirarmi su onestamente.” Disse, il ragazzo, accarezzandomi la guancia.

“Anche a me sarebbe piaciuto conoscerla.” Sussurrai, abbassando, tristemente lo sguardo.

Per qualche minuto rimanemmo seduto a fianco, senza parlare, quasi fosse un silenzo di lutto, poi lo sentii alzarsi e sospirare.

“Hai progetti per oggi pomeriggio e sta’ sera?” Chiese, passandosi il braccio sul viso. Cercò di farlo passare come un gesto noncurante, ma ebbi la certezza che si stesse asciugando della lacrime.

“Oggi ho un appuntamento con Rachel e Piper, voglio che si conoscano. Tu?”

“Anche io avrei un appuntamento: Nico e Leo mi hanno chiesto una cosa sulla mia moto, e vogliono che vada in officina con loro a darle un’occhiata.” Rispose, sorridendo. Finalmente stava tornando normale. Sapevo che non poteva fare a meno di essere triste per la madre, ma vederlo così a pezzi mi faceva venire l’angoscia.

“Che ne dici di vederci insieme tutti sta’ sera? Bianca chiama per aggiornarci sul campionato di tiro con l’arco. Sembra sua in vantaggio.” Aggiunse, avvicinandosi a me e accarezzandomi la guancia.

“Certo… sono certa che a Piper piacerebbe.” Sospirai, allungando il collo verso la sua mano, come un gatto che cerca carezze.

“D’accordo… allora a sta’ sera, bellissima.” Mi salutò lui, dandomi un bacio sulla guancia.

 

 

 

Da quando Piper era diventata amica mia, aveva iniziato a frequentare anche Rachel che sembravano andare molto d’accordo. Ci eravamo messe tutte insieme per aiutarla a ritrovare un po’ di affiatamento con Jason, anche perché Piper era ancora molto dubbiosa sulla veridicità delle sue parole. Sospettava che il ragazzo la volesse solo per divertirsi e lei non voleva essere sfruttata.

Così si era rivolta a noi per poter avere aiuto. Rachel era sincera, gentile e diretta, andava sempre al sodo e questo aiutava ad affrontare meglio le cose.

Quel pomeriggio arrivai al centro commerciale con l’aria primaverile che si faceva sentire anche nell’inquinatissima New York. L’aria si era riscaldata e il freddo aveva lasciato il posto ad un tepore fresco e rilassante. Ormai mi ero abituata a vivere lì.

Avevo persino chiesto a Talia di smettere di cercare informazioni.

Ormai avevo perso le speranze di tornare indietro, dopo un mese senza informazioni. Nemmeno la polizia aveva trovato nulla, così mi ero rassegnata. Non che la cosa mi dispiacesse, soprattutto perché c’era una cosa (o meglio una persona) che mi tratteneva lì. Il suo nome iniziava con la P e finiva con la Y.

“Annabeth!” Mi salutò Rachel, agitando la mano, sorridendo, con i riflessi del sole tra i capelli che li facevano sembrare in fiamme.

“Rachel!” Risposi, correndole in contro baciandole la guancia. “Ti trovo bene! Come va’ la raccolta di firme?”

“Abbastanza bene… questa volta io e Grover ci siamo dato da fare… poi si è unita a noi una certa Juniper Green, una ragazza vivace che sembra molto decisa in questo senso. Ci ha dato una mano.” Disse, mentre camminavamo lungo il viale. Avevamo appuntamento con Piper al parco, così approfittammo per raccontarci qualcosa, dato che ultimamente non l’avevo vista molto.

“Allora… come va’ con Percy?”

Sussultai. Non volevo iniziare con quel particolare argomento. Lei era stata con Percy, in passato, ma poi si erano lasciati. Una parte di me si sentiva in colpa con la rossa perché mi sentivo come se le avessi rubato il posto.

“Lascia stare.” Mi anticipò, intuendo i miei pensieri. “è meglio per tutti. Non era destino che stessimo insieme. Lui aveva bisogno di una ragazza che tenesse davvero a lui e che lo capisse. A quanto pare tu sei caduta dal cielo a posta per lui.”

“Però… scusa se te lo dico, ma lui stava con te. Non ti dispiace che io… be’, chiunque se la prenderebbe. Sarebbe umano.” Le feci notare io. Non che non fossi contenta, ma era un comportamento che non mi aspettavo.

“Ma io non sono chiunque. Lui ha bisogno di essere felice, ha sofferto molto per la madre e per ciò che ha passato in passato. Saperlo felice rende felice me, quindi, se tu lo rendi felice, allora sono felice anche io.” Rispose Rachel con un gran sorriso.

Io la abbracciai: “Grazie.”

Arrivammo al parco verso le quattro del pomeriggio, proprio l’ora in cui avremmo dovuto incontrare Piper, che, però, non era presente.

“Che strano… di solito è puntuale…” feci notare, guardandomi intorno, alla ricerca dell’inconfondibile capigliatura asimmetrica e la carnagione color cioccolata.

“Già… magari ha incontrato traffico. O la metropolitana ha avuto un contrattempo.” Ipotizzò Rachel, sedendosi su una panchina.

“Forse… forse hai ragione.” Dissi, sottovoce, cercando di non far trasparire i miei timori.

In questi giorni avevo visto il ragazzo con la cicatrice che ci seguiva sempre più spesso. Non ero sicura che mi avesse riconosciuta, ma temevo che lui non stesse guardando me. Si concentrava su Piper. Una volta, per curiosità, l’avevo seguito e lui l’aveva seguita fin sotto casa (Un appartamento in centro).

I miei timori erano che la mia amica fosse in pericolo.

La cosa peggiorò quando lei non apparve, nonostante passassero i minuti fino a che non arrivarono le cinque e mezzo.

“Ma dove può essere!? Se lo sarà dimenticata?” Chiese Rachel, perplessa, mentre controllava l’ora sul suo cellulare.

“Aspetta…” No, non le è successo nulla, se lo sarà sicuramente dimenticato. O magari è con Jason. O forse si è sentita male e si è dimenticata di disdire. Dai, Annabeth, non essere disfattista. Presi il cellulare e digitai il numero di Piper.

Suonava.

Nessuna risposta.

Di nuovo, ma nulla.

Dai, rispondi… dove sei finita!?

Nulla nemmeno la terza volta.

“Non risponde?” Chiese la rossa. Anche lei sembrò improvvisamente preoccupata.

Scossi la testa: “No… sono un po’ in ansia.”

“Forse è con Jason… ultimamente cercavano di riallacciare i rapporti.” Propose, poco convinta Rachel. Intuii che anche lei stava cercando di non pensare alle ipotesi peggiori.

Decidemmo di andare a cercarla, pur sapendo che, forse, non era nulla. O almeno lo speravamo. Ci dirigemmo alla più vicina stazione della metropolitana e prendemmo il primo mezzo per il quartiere della famiglia Grace, mentre il mio cervello stava affogando nel timore per la mia amica. Non potevo credere che stesse succedendo qualcosa del genere e più andavo avanti, più mi sembrava di sentire una sensazione di Deja Vu che non avevo mai provato. Come se avessi avuto un esperienza del genere.

Doveva centrarci sicuramente il tipo che seguiva Piper, perché era l’unica cosa, del suo passato, che ricordava con una certa precisione, anche se non erano sensazioni felici.

Arrivate a casa, però, le mie preoccupazioni sembrarono avverarsi come nel peggiore dei miei incubi: Jason era attaccato al cellulare, come se stesse cercando di contattare qualcuno. A quanto pare aveva beccato la segreteria telefonica.

“Che succede?” Chiesi, temendo la risposta.

Il ragazzo si voltò verso di me, quasi spaventato: “Wow… che ci fate voi qui?”

“Stavamo cercando Piper… non si è presentata ad un nostro appuntamento.” Spiegò Rachel, affiancandomi. “Pensavamo vi foste riappacificati e foste insieme.”

“Magari…” Sospirò il biondo abbassando lo sguardo, sconsolato. “Oggi, dopo scuola, avremmo dovuto incontrarci. Ieri sera ci eravamo parlati, e lei si era decisa a darmi una seconda possibilità. Ma non si è presentata. L’ho chiamata almeno dieci volte, ma non rispondeva mai. Poi, circa mezz’ora fa, ho beccato solo la segreteria telefonica.”

Io e Rachel ci guardammo in ansia: Piper era sparita. Non poteva aver mancato due appuntamenti in un giorno solo.

“Forse è malata?”

Talia spuntò da dietro un angolo, con le braccia incrociate, e un cipiglio deciso.

“Ma… allora perché non ha risposto alle nostre telefonate?” Protestò il fratello, lasciandosi ricadere sul divano.

“Potremmo andare a vedere come sta’… parlate come e l’avessero rapita.” Protestò Talia. Effettivamente era un’idea un po’ strana, ma che ci potevamo fare? Avevo quella strana sensazione di pericolo che mi premeva contro il cranio che non mi permetteva di pensare ad altro.

“Sentite… forse hai ragione, Tal, andiamo a casa sua, so dove abita. Se sta male, dovrebbe essere lì.”Proposi, cercando di non pensare al peggio.

“D’accordo. Andiamo!” Ci incitò subito, Jason, conducendoci al garage che si apriva sul fianco della casa. A quanto pare aveva la patente quando si mise alla guida.

Non fu difficile attraversare le strade della città. Essendo pomeriggio, la maggior parte della gente era ancora in ufficio o a lavoro e le macchine che circolavano erano, per lo più, taxi e veicoli da trasporto. La macchina di Jason attraversava il traffico senza difficoltà, scivolando da una corsia all’altra. Dovetti ammettere che era un buon guidatore.

“Ci siamo.” Dissi, indicando il palazzo. Fu più problematico trovare parcheggio, ma alla fine, accostammo in un vicoletto non troppo sporco e decidemmo di lasciare lì l’auto.

Arrivati davanti alla porta dell’appartamento ci fermammo tutti quanti. Bussai alla porta, ma non ricevetti risposta. Bussai di nuovo e ancora nulla.

Iniziavo a preoccuparmi sul serio.

“Entriamo.” Sentenziò Jason, con un cipiglio deciso.

“Wow… ehi, cowboy! Non ci pensare, questa porta non è tua, non la puoi sfondare.” Scherzò Talia, ridacchiando. In effetti sembrava davvero intenzionato a buttarla giù.

“Ma che dici!?” Domandò lui, sbattendo le palpebre perplesso. Estrasse, allora, un mazzo di chiavi e ne infilò una nella toppa, aprendo la porta. “Piper me ne ha dato una copia.”

Appena entrai mi resi conto che qualcosa non andava: la casa sembrava deserta, ma le tende erano chiuse, come se nessuno le avesse scostate da quella mattina. Di solito Piper aveva l’abitudine di lasciare la borsa sulla sedia accanto alla porta, ma su di essa non c’era nulla.

Setacciammo la casa e io mi diressi in camera da letto. Della mia amica non c’era traccia. Il letto era rifatto, ma era freddo. Controllai il guardaroba, ma non trovai la giacca che ieri portava.

Non c’era.

“Ragazzi… di lei non c’è traccia!” Sbottò Rachel, mordendosi nervosamente le unghie.

Già…

A quanto pare lei, ieri sera, non era mai riuscita a tornare a casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo autore ]

Questo capitolo è diverso dagli altri, quindi, cercate di essere buoni con me. *Occhioni da cucciolo* ops… ehm… Piper è sparita, e noi sappiamo bene chi è stato.

Annabeth inizia a ricordare, ma nessuno le crede, per questo dovrà essere lei a salvare l’amica (Perché c’è un certo capo della polizia troppo occupato in una campagna elettorale, per stare dietro ad una ragazza scomparsa) 

Quindi, continuate a seguire la storia che si avvicina alla fine e ricordate che c'è anche la mia altra storia che mi piacerebbe se tutti voi ci andaste a dare un'occhiata. Vi prego, ho bisogno sempre di recensioni *Occhioni da cucciolo*
AxXx

  
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