RICORDI
Non
credevo fosse possibile, dopo quasi un mese.
Invece, ecco che iniziano a riaffiorare. Sono orribili i primi ricordi
che mi
tornano in mente, perché non credo siano quelli della mia
famiglia. Mi trovavo
in una stanza ampia e poco illuminata.
Nel
ricordo riuscivo solo a sentire un forte odore di
benzina e un terribile dolore ai polsi. Il flash durò solo
pochi secondi, ma mi
lasciò completamente senza fiato.
“Annie…
cos’hai?”
Nonostante
la confusione riuscii a mettere a fuoco gli
occhi di Rachel che mi guardavano preoccupati.
“Io…
sto bene.” Mentii, cercando di rimettermi in piedi
senza troppi problemi. Ero caduta in mezzo al salotto di Piper e tutti
mi
stavano intorno preoccupati, ma, vedendomi sveglia decisero che non ero
in
pericolo.
“Meno
male… almeno tu non sei in pericolo. Ma
Piper…?”
Chiese Talia, preoccupata.
“Andiamo
da nostro padre. Dovrà intervenire quando
saprà della sua scoparsa.” Propose Jason, sicuro.
Al contrario della sorella,
lui aveva un buon rapporto con il signor Grace, ma qualcosa mi diceva
che non
sarebbe bastato.
“Tentare
non costa nulla… e potremmo riuscire a
salvare.” Disse Rachel, posando una mano sulla spalla di
Talia che sembrava sul
punto di ribattere.
Mi
sembrò la mossa giusta: la rossa voleva evitare un
litigio tra i due fratelli, soprattutto in quel momento in cui perdere
tempo
era inaccettabile. Il problema era che io non mi sentivo molto bene. Mi
sentivo
come se il mio cervello fosse stato aperto con un coltello a posta per
far
riaprire i ricordi più dolorosi. Quella sensazione di deja
vu si era
trasformata nel mio passato.
“Io…
sentite… io trono a casa… sto… sto
poco bene.
Vorrei tornare a casa.”Ansimai, cercando di non farmi
sopraffare dalla nausea.
Dovetti
sembrare un vero zombie, perché nessuno
protestò quando tornai a casa mia. In seguito non avrei
potuto dire come
riuscii a tornare, dato che il mio cervello continuava a proiettare
immagini
orribili di quello che mi era successo. Intuii che no solo quello fosse
l’immagine di un mio rapimento, ma anche del motivo per cui
avevo perso la
memoria.
Arrivai
alla porta che, ormai barcollavo per non
vomitare. Mi sembrava di sentirmi ancora addosso le sue manacce
schifose,
mentre mi sporcava con la sua saliva. Avevo il desiderio di andare a
farmi una
doccia per pulirmi dal sudiciume che la sua sola presenza mi lasciava.
“Annie,
che hai?”
Percy.
Lui
era già tornato e vedermi in quello stato doveva
averlo spaventato, perché me lo sentii subito a fianco,
stringendomi in un
tenero abbraccio che mi fece stare molto meglio. Per fortuna avevo lui.
“Percy…”
Mi strinsi a lui, ispirando il suo odore
salmastro, come se fosse appena andato in spiaggia. Sentii il nodo che
avevo
alla gola, sciogliersi di colpo e tutte le mie preoccupazioni
fuoriuscirono in
un colpo solo.
Iniziai
a piangere in silenzio, stringendo la sua
maglietta. Le sue mani indugiarono su di me, accarezzandomi i capelli
per
confortarmi. Iniziò a cullarmi, come una bambina e io lo
lasciai fare,
singhiozzando. Avevo paura di quel ragazzo dei miei sogni. Quel mostro
che era
così prepotentemente riapparso per rapire una mia amica e
riportarmi nel
vortice oscuro che mi aveva ingoiato.
Ci
volle qualche minuto per riuscire a riordinare le
idee, ma alla fine ci riuscii e sciolsi l’abbraccio, anche se
mantenni la mano
attaccata al suo petto. Dovevo avere un aspetto terribile: con gli
occhi rossi
e l’aria sconvolta, ma cercai di reagire. Non potevo
piangermi addosso mentre
Piper era in pericolo.
“Annie…
che cos’hai? È successo qualcosa?” Mi
chiese
Percy, asciugandomi una lacrime che mi imperlava la guancia destra.
Io
lo guardai negli occhi e gli presi la mano per
portarlo al divano dove ci sedemmo. Presi un lungo respiro e gli
raccontai ogni
cosa: ogni paura, ogni timore, i miei ricordi che erano così
improvvisamente
tornati e della sparizione di Piper. Lui rimase in ascolto, senza dire
una
parola, attento e silenzioso come ogni giorno, dopodiché mi
prese il viso tra
le mani, per farmi voltare verso di lui.
“Annie…
Mi dispiace davvero. Non posso nemmeno
immaginare cosa stai provando in questo istante. Ma io so che sei una
ragazza
forte e che riuscirai a superare questo momento. Io sarò
qui, al tuo fianco,
ogni qual volta sentirai il bisogno di qualcuno. Tu ce la
farai… io ne sono
certo. E se quel pazzo dovesse tornare a cercarti, non gli
permetterò di
metterti le mani addosso. Prima dovrò passare sul mio
cadavere.” Sentenziò lui
deciso, con lo sguardo pieno di compassione per me e rabbia per quel
che mi
avevano fatto.
“Ma…
se dovesse venire, potrebbe farti del male Percy!
Non voglio che ti succede qualcosa… non voglio
perderti.” Sussurrai, sentendo
gli occhi riempirsi di lacrime al solo pensiero. Se quel pazzo era
riuscito a
rapirmi era sicuramente armato e pronto a tutto.
“Annabeth…
non dire sciocchezze. Non mi perderai, te lo
prometto. Io per te ci sarò sempre.” Detto questo,
si sdraiò sul divano,
stringendomi e trascinandomi con lui. Eravamo sdraiati insieme, io
sopra di
lui, che mi stringeva, dandomi leggeri baci su tutto il viso,
confortandomi,
mentre le mie mani continuavano a tenerlo, quasi temessi di vederlo
svanire da
un momento all’altro.
Non
mi lasciò per diversi minuti e io non volli
allontanarmi. La sua presenza era un balsamo,
una medicina contro il dolore che provavo, come se fossi
tornata
all’inizio: lacerata tra la nuova vita e la vecchia che
tornava prepotentemente
a galla con i ricordi peggiori.
“Annie…
che ne dici se ti fai una doccia, poi andiamo a
quella cena. Sta’ sera dovevamo andare da Nico,
ricordi?”
Annuii.
Percy
stava cercando di tirarmi su, ma dubitavo che
bastasse. Nonostante questo cercai di non farmi prendere dalla
tristezza e mi
trascinai in bagno con il cambio di abiti e mi spogliai. Osservai nello
specchio il mio corpo che ormai sapevo violato da
quell’animale e sentii di
nuovo montare la nausea. Mi lanciai sotto il getto dell’acqua
calda e mi
lasciai cullare dalla sensazione di trovarmi in un posto sicuro.
Avrei
preferito le braccia di Percy per stare meglio,
ma non potevo rinchiudermi a tartaruga per sempre. Fare la muffa non mi
avrebbe
salvata. Inoltre il pensiero di Piper in pericolo era un chiodo fisso.
Sentivo
che lo era e che dovevo aiutarla.
Mi
detti una pulita veloce e mi asciugai, velocemente,
legandomi i capelli a coda.
Ormai
avevo scelto: non avrei più avuto paura del mio
passato.
“Allora…
com’è andata?” Chiesi a Talia, appena
fece il
suo ingresso in casa Di Angelo.
Io
ero andata con Percy da Leo, Nico e Grover che si
erano riuniti a casa sua. Quando avevamo raccontato loro
cos’era successo
l’aria si era fatta pesante e nessuno aveva più
voglia di mangiare nulla. Leo
era diventato pensieroso, Leo aveva cercato di fare una battuta con il
solo
effetto di deprimere tutti e Grover si mise a mangiare salatini (Cosa
che
faceva spesso quando era nervoso) fino a che, per sbaglio, non morse il
piattino che si era portato inavvertitamente alla bocca, facendosi
malissimo.
(Una cosa che rialzò, per qualche istante il mio umore.
Poi
erano arrivate Rachel, Talia e Jason, che
sembravano abbattuti e arrabbiati.
“Mio
padre è un’idiota!” Sentenziò
la mora, dando un
calcio al muro.
“Perché?
Che ha detto?” Chiese Nico, in ansia.
“Niente…
all’inizio sembrava vagamente interessato, ma
poi ha chiamato Tristan Mclean, il padre di Piper. Be’, non
so cosa si siano
detti, ma sembra che il Signor Mclean abbia detto che Piper si fosse
allontanata volontariamente e che era molto impegnata e che non voleva
essere
disturbata.” Rispose Rachel, sedendosi accanto a Leo che,
sorprendentemente, le
si avvicinò dandole una pacca comprensiva sulla spalla.
“Ma
è assurdo! Se ne sarebbe andata senza avvertire
nessuno di noi!?” Sbottai, irritata. “Non
è possibile, vostro padre DEVE
intervenire!”
“è
quello che gli abbiamo detto.” Rispose Talia
prontamente. “Solo che lui ha risposto che non vuole
indispettire i Mclean.
Loro appoggiano la sua campagna elettorale e non vuole perdere il
sostegno di
cui gode. Così non ha nemmeno provato a cercare…
semplicemente ci ha buttati
fuori dal suo ufficio.”
Nico
si avvicinò alla ragazza e le posò una mano dolce
sulla spalla: “Tal, non è colpa tua. Avete fatto
il possibile.”
Le
sorrise tristemente e abbracciò il ragazzo per un
attimo, sospirando, poi si staccò, lasciandolo un
po’ sorpreso.
Per un attimo rimanemmo tutti fermi ai nostri posti, indecisi su cosa
dire o
fare, ma poi Percy ruppe il silenzio.
“Allora?
Che facciamo?”
Tutti
si voltarono a guardarlo.
“Come
che facciamo? È la polizia ad occuparsi di queste
cose, le regole sono chiare.” Disse, sconsolato Jason.
Sembrava terribilmente
abbattuto. Non potei dargli torto, non potevo nemmeno immaginare come
si
sentisse.
“Al
diavolo le regole, Grace! È la tua fidanzata che
è
sparita! Io non la conosco nemmeno bene, però non
rimarrò con le mani in mano!
Quindi, Grace, tira fuori le palle e datti da fare! Se vuoi rivederla,
smettila
di seguire le regole e datti da fare!” Sbottò
Percy, battendo i pugni sul
tavolo.
Però
che ramanzina.
Jason
sembrò turbato da quel discorso. Tamburellò
velocemente le dita sul tavolo un paio di volte prima di alzare le
spalle: “Hai
ragione, Jackson. Devo smetterla di seguire mio padre come un
cagnolino. Faremo
da soli!”
“E
bravo fratellone!” esclamò Talia, dandogli una
pacca
sulla spalla. “Finalmente ti fai valere.”
Lui
sorrise tristemente, ma il fatto che fossimo tutti
d’accordo mi rincuorò e mi fece sperare che le
cose stessero per migliorare.
“Ok,
bene ragazzi… forse siamo determinati, ma su una
cosa Jason ha ragione: non siamo poliziotti, non abbiamo i loro mezzi e
non
abbiamo nemmeno un indizio su dove possano averla portata.”
Fece notare Leo,
grattandosi i capelli pensieroso.
“Forse
no… io… potrei avere qualcosa.” Dissi
esitante,
cercando di non farmi prendere dal panico. Avevo paura di condividere
le mie
esperienze, soprattutto perché non volevo che mi
giudicassero.
Fortunatamente
la mano di Percy corse sulla mia,
stringendola. Mi guardò con i suoi intensi occhi verdi
annuendo, mostrandomi
che approvava e che mi avrebbe aiutata. La sua presenza mi dette
coraggio, così
presi un respiro profondo e raccontai dei ricordi che mi erano tornati
in mente
quel pomeriggio.
Ci
volle un po’ perché continuavo ad esitare indecisa
oppure spaventata, ma cercai di non interrompermi troppe volte. Un paio
di
volte sentii la mia voce incrinarsi, ma non mi fermai fino alla fine.
“Se
quello stronzo ha messo le mani addosso a Piper,
giuro che gli spezzo le ossa!” Sbottò Jason, a
denti stretti.
“Calma,
amico… prima di spaccargli la faccia dobbiamo
trovarlo… almeno adesso sappiamo che
c’è il tipo che seguiva Piper e che
probabilmente l’ha rapita è lo stesso che ha fatto
perdere la memoria ad
Annabeth.” Lo calmò Leo, facendo battere
l’indice sul tavolo, come per
contare.
“Annie…
lo so che non è piacevole… ma non
c’è altro?
Non c’era un nome… qualcosa di più per
identificarli?” Chiese gentilmente
Rachel alla mia sinistra, tenendomi una mano dietro la schiena, come
per
accarezzarmi, quasi fossi un cucciolo.
Scossi
la testa, mentre continuavo a spremere le
meningi alla ricerca di quel particolare che mancava. C’era
qualcosa, ne ero
certa, che poteva aiutarci.
“Ragazzi…
non tormentate più Annabeth… lei ha detto
tutto quello che sapeva. Evitiamo di rendere tutto ancora
peggio.” Li ammonì
Percy, stringendomi la mano protettivo.
Ma
io non lo ascoltai. Cercavo nei ricordi, scavavo
nella memoria, alla ricerca di qualcosa di particolare. Ero certa,
sicura,
assolutamente di aver sentito il nome del mio rapitore.
“Luke…”
Mi sfuggì dalle labbra. “Il suo nome…
è Luke.”
All’improvviso
vidi Talia osservare Percy che sussultò,
come se gli avessi tirato un pugno con la sola pronuncia di quel nome.
“Io…
credo di sapere qualcosa su di lui.” Ammise, dopo
qualche minuto, abbassando la testa.
“Cosa!?”
Chiesi, sorpresa. Il terribile sospetto che
nacque nella mia testa, fu subito scacciato. Non poteva essergli
complice.
“Non
fraintendetemi… tempo fa, se ricordate bene, fui
arrestato per essere presente sul luogo di uno scambio di merce
rubata… in
realtà… io ero lì per fare il palo.
All’epoca non avevo lavoro e avevo
assolutamente bisogno di un po’ di soldi. Un mio… conoscente… Ethan Nakamura, mi
disse che, se avessi fatto il palo a
quello scambio, mi avrebbero dato parte dei soldi.”
Spiegò, tristemente. Fui
certa che si sentisse in colpa. Potevo capirlo, anche se sapevo che lui
non
c’entrava nulla. Non aveva rapito nessuno e sapevo
perché gli servivano soldi.
“Come
ma non hai detto subito?” Chiese Nico accigliato,
probabilmente sorpreso, dato che nemmeno lui sapeva nulla di quella
storia.
“Perché
all’epoca non aveva nessuna cicatrice…
così
quando l’avete nominato, non ho fatto subito il collegamento.
Ma il nome… credo
siano la stessa persona.” Disse, amareggiato.
“Hai
ancora contatti con lui?” Chiesi, quasi del tutto
certa della risposta. Non ne aveva mai parlato e se non
l’aveva ricordato
prima, non si incontravano da un pezzo.
“No…
l’ho visto solo quella volta.”
“Però…
aspetta… io conosco Ethan Nakamura!”
Esclamò
Leo, alzandosi in piedi.
“Davvero!?”
Chiedemmo tutti in coro, guardandolo.
“Certo!
Ha portato la sua moto alla nostra officina! Ci
deve un po’ di soldi.” Spiegò il
ragazzo, indicando se stesso e Nico.
Tutti
ci guardammo, capendo che stavamo pensando tutti
la stessa cosa: l’unico modo per ritrovare Piper era parlare
con quel Nakamura.
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[Angolo
autore]
Ci
avviciniamo alla fine di questa storia romanticosa. Annabeth
comincia a ricordare il peggio e, ovviamente, certi imbecilli a capo
della
polizia Gioven Grace non intervengono. Per fortuna
Percy è sempre pronto
ad essere in prima fila per difendere Annabeth da qualsiasi cosa, anche
dal suo
passato.
Cosa
sucederà?
No,
non velo dico, dovrete soffrire per il prossimo capitolo :P
AxXx
PS:
andate anche qui, nella mia seconda storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2459526&i=1
PPS:
è Iniziato Venti del Nord, seguito di Sangue del Nord, se
andate nella sezione di Percy Jackson, li troverete.