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Autore: Jolly J    19/02/2014    1 recensioni
“Il fatto era che le bruciava non aver frequentato la scuola speciale. Non ne sapeva niente di incantesimi e cose varie, cosa avrebbe mai potuto fare in quel mondo nuovo? No. Lei stava bene dove stava, ci aveva messo una pietra sopra...”
Ma Maggie dovrà fare i conti con una parte ben più oscura della magia, perché questa a volte risparmia i suoi seguaci.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fenrir Greyback, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Il lupo mannaro la rimise delicatamente a terra, mentre Maggie svicolava dalle sue braccia, aggrappandosi alla sua spalla sinistra.
Si chinò per raccogliere le chiavi sotto lo zerbino.
La costruzione di fronte a loro era una casetta coloniale di modeste dimensioni, color rosa pastello.
Maggie ricordava ancora tutti i pomeriggi e le visite in quel luogo pacifico.
I nonni di Mona erano sempre stati molto buoni con lei.
Fece il suo ingresso nel corridoio, appoggiandosi prima allo stipite della porta, poi alla parete e trattenendo i gemiti di dolore che le provocava la caviglia.
Fenrir indugiò sullo zerbino.
"Avanti, entra." lo invitò Maggie.
Titubante, lui la seguì e richiuse la porta.
La ragazza andò in salone.
"Aiutami ad aprire le finestre."
In un lampo, l’interno venne illuminato e lei poté respirare la familiare aria domestica dell’ambiente.
Si sedette sul divano, poi guardando Fenrir, ancora in piedi, mentre nervosamente si guardava attorno, disse:
"Fa come se fossi a casa tua."
"Dov’é la cucina?" le chiese lui.
Trattenendosi dal mostrargli un’espressione di disapprovazione, Maggie gliela indicò e il lupo mannaro scomparve oltre la porta.
Si udì poi un rumore e lei voltandosi vide un grande barbagianni appollaiato nel camino.
Con fatica, lei gli si avvicinò e vide il biglietto legato alla zampa, quindi lo estrasse e lesse il messaggio che si rivelò esserle stato spedito da Mona:
 
Maggie,
se stai leggendo questo significa che sei arrivava sul posto sana e salva.
Inviami di nuovo il gufo per confermare il tuo arrivo e ti raggiungerò appena posso.
Mona.

 
Ebbe qualche esitazione.
Cosa avrebbe detto la sua amica nel vedere Fenrir con lei?
L’avrebbe capita?
Ne dubitava fortemente.
In quel momento l’uomo riemerse dalla cucina.
"Non c’é molto da mangiare eh?"
"Però ricordo che i nonni di Mona andavano a fare spese qui vicino."
"Già, c’é un paese poco più giù, ma vista la taglia che pende sulle nostre teste non credo ci convenga." considerò Fenrir mentre la osservava, poggiando tutto il peso del proprio corpo allo stipite della porta che dava sul salone, ma improvvisamente notò il foglio di carta che Maggie stringeva.
"E quella cos’é?"
"Niente." si affrettò a dire lei.
Ma lui già la raggiungeva ad ampie falcate e in breve la trattenne per costringerla a consegnargli la lettera.
"Fa’ vedere!"
"Mi fai male!"
Schiacciandola sullo schienale del divano col proprio corpo e mantenendole la testa ferma con un braccio attorno al collo, l’uomo reggeva con l’altra il biglietto, mentre i suoi occhi scorrevano attentamente tra le righe.
Lentamente, la lasciò andare e Maggie, con risentimento, poté rimettersi seduta.
"Intendi fare come dice?"
La ragazza deglutì, ma poi raccogliendo il coraggio necessario, rispose:
"Fenrir ascolta... Non possiamo fuggire per sempre. Non é possibile. Dobbiamo rispondere delle nostre azioni."
"Già, con la differenza però che a te non faranno nulla, io invece marcirò ad Azkaban."
Maggie sapeva che quel nome indicava la prigione dei maghi, ma Mona non le aveva mai detto molto al riguardo.
"Ma l’alternativa quale sarebbe secondo te? Vagare per sempre tra i boschi?"
"Perché no? Io non ci sto poi tanto male." ribatté Fenrir, scontroso.
"Ma io non sono come te."
"Intendi forse un animale?" s’infiammò lui.
"Non intendo questo! Tu hai vissuto però all’aria aperta per gran parte della tua vita, io invece sono..."
"Una mocciosa abituata al lusso."
Maggie gli lanciò uno sguardo infuocato, ma lui non si scompose, continuando a fissarla sfrontatamente.
 "Prima o poi uscirai dopo aver scontato la tua pena no?" riprese lei, decidendo di appellarsi a tutto il suo buonsenso.
"Si, dopo un ergastolo o due..." considerò lui, fingendo platealmente di riflettere seriamente.
Non voleva mandarlo in prigione. Era ormai convinta che lui non fosse stato sempre un mostro. Lo era diventato a causa di una serie di fattori sfortunati. Ma questo non lo giustificava ovviamente.
Scese un silenzio opprimente tra loro. Poi lui riprese la parola:
"Sai che ti dico? Scrivi pure la tua dannata lettera. Quando arriverà quell’imbecille della tua amica, io sarò già lontano da qui."
"Ma..."
Non le diede il tempo di rispondere: salì al piano di sopra e si udì una porta sbattere violentemente.
Aveva scelto la propria stanza.
Con la morte nel cuore, Maggie afferrò calamaio e penna e prese a scrivere le poche righe di conferma.
 
Mona,
sono arrivata.
Ti aspetto,
Maggie.

 
Ovviamente non poteva accennare a Fenrir per lettera.
Sbuffando sonoramente, andò a sua volta in cucina. Una volta aperto il frigo però, constatò proprio come il suo compagno di viaggio, che era praticamente vuoto. In dispensa trovò dei salatini, quindi tornò a sedersi sul divano con una smorfia di dolore e accese la TV.
Almeno poteva distrarsi grazie all’apertura dei nonni materni di Mona verso il mondo babbano, che il padre della ragazza aveva inevitabilmente portato nelle loro vite.
Si ridestò da un pisolino a causa di alcuni rumori e vide subito che era scesa la sera e che il barbagianni era di nuovo accanto a lei.
Precipitosamente, Maggie lesse la risposta:
 
Arriverò domattina.
Mona.

 
Udì ancora dei rumori, quindi tolse il volume e sporgendosi in avanti, vide Fenrir che rientrava in casa.
"Dove sei stato?"
Lui le lanciò un’occhiataccia, ma si sedette sulla poltrona a fianco del divano.
"Allora?" lo incalzò lei.
"A prendere un po’ d’aria, soffoco con tutti questi fronzoli."
Ovviamente si riferiva ai soprammobili e ninnoli tanto amati dalla nonna di Mona. Aveva molti difetti, ma le mancava.
Maggie notò però che lo sguardo del lupo mannaro era stato attirato irresistibilmente dalla TV. Probabilmente non la conosceva.
"Questo é un televisore. Proietta delle immagini e puoi vedere film o cartoni animati." spiegò lei, desiderosa di riappacificarsi con lui dato che quella sarebbe stata la loro ultima notte insieme.
"Che?"
"Storie inventate che vengono proiettate sullo schermo. I film sono interpretati da attori. Persone che fingono di essere altre e che vivono una storia inventata. Mentre per i cartoni animati é tutto disegnato."
Fenrir la fissava con sguardo vuoto, poi tornando a osservare lo schermo, disse:
"Non mi piace."
"Credo che invece la Bella e la Bestia possa fare al caso tuo." ridacchiò Maggie.
Il paragone era in effetti molto azzeccato, anche più di quanto lei stessa avrebbe voluto.
"Che roba sarebbe?"
"E’ la storia di un principe trasformato in una bestia che si innamora di una ragazza."
Ora aveva tutta la sua attenzione.
"E come va a finire?"
"Beh, lui le dichiara il suo amore e torna un uomo."
Fenrir ricadde sullo schienale della poltrona. Sembrava leggermente deluso o scocciato.
"Il classico “e vissero felici e contenti” insomma." disse Maggie.
"Ma come siamo romantiche eh?" la schernì lui, alzando ironicamente un sopracciglio.
Maggie avvampò.
Aveva colto anche lui quella sottile sfumatura?
Una cosa era certa: per quanto si prendesse gioco di lei e si mostrasse insensibile, avrebbe potuto disarmarla, ucciderla o sottrarle la mappa in qualsiasi momento, ma non l’aveva fatto.
Mai.
Vero era che la minaccia della bacchetta era concreta, ma Maggie non era in grado di utilizzarla appieno nel suo potenziale e per quanto avesse tentato di agitarla casualmente, era seriamente poco plausibile che sarebbe riuscita a produrre un incantesimo difensivo potente e inoltre lui era un lupo mannaro, molto forte e incredibilmente resistente.
Il motivo per cui lei era ancora viva, era un mistero.
O forse era fin troppo ovvio, ma Maggie temeva di illudersi ed era proprio questo timore a spaventarla: era assurdo che lei lo nutrisse.
Cosa voleva? Cosa provava davvero per quello strano individuo?
Quella non era lei.
Ad un tratto, Fenrir si alzò e aggirandola, le giunse alle spalle.
"Il vero amore non esiste Bionda, é una favola ed é ora di crescere." le sussurrò quasi rabbiosamente all’orecchio.
Ma a Maggie non sfuggì la vena malinconica contenuta nella sua voce rasposa. Il fiato caldo dell’uomo sull’incavo del suo collo le aveva provocato dei brividi lungo la schiena.
Il lupo mannaro tornò al piano di sopra, lasciandola sola con i suoi sensi di colpa: scrivendo a Mona, l’aveva praticamente consegnato alle autorità.
 

Chiuse la porta del bagno.
Stupida ragazzina viziata! Aveva idee malsane sulla vita.
E aveva scelto la sua amica alla fine. Ecco dov’era l’intoppo.
Sapeva che ci avrebbe rimesso. L’aveva sempre saputo. Ma non aveva dato ascolto a quell’istinto che non l’aveva mai tradito.
Le persone invece, quelle si che tradivano. Sempre.
Lo sapeva bene lui, quindi il suo errore era imperdonabile.
Aveva lasciato che quella ragazzina lo incantasse.
Ma considerò che perlomeno avrebbe potuto passare la notte al caldo. L’indomani mattina presto, sarebbe dovuto sparire.
La Bionda avrebbe meritato di morire per ciò che aveva fatto, per come l’aveva preso in giro.
C’era sempre rimedio a quello...
Ma il solo pensiero gli provocò un dolore quasi fisico.
Le aveva persino procurato le erbe per la caviglia slogata.
Ne aveva viste tante durante il tragitto. Avrebbe potuto dargliene in qualunque momento e sarebbe tornata come nuova.
Ma lui era un egoista.
Aveva preferito vederla soffrire pur di toccarla, di portarla in braccio. Ora erano arrivati e lei non avrebbe avuto più motivo neanche di sfiorarlo.
Mai più.
Quindi le aveva preso quell’ultima dose miracolosa che l’avrebbe completamente guarita.
Avrebbe sempre potuto rapirla e portarsela dietro...
Si, l’avrebbe costretta con la forza.
O magari l’avrebbe morsa. Ancora meglio.
Reietta, rifiutata ed emarginata come lui, l’avrebbe seguito spontaneamente.
Ma che gli veniva in mente?
Come si era ridotto...inventava sotterfugi per legarsi a qualcosa di inesistente?
Si rese conto solo in un secondo momento, di prendere in considerazione lo stesso piano che attuava ogni volta per creare nuove reclute nel branco.
Sapeva che era sbagliato. Questo lo sapeva bene,in fondo, ma...
Incontrò il proprio sguardo in uno specchio di fronte a sé.
Gli occhi glaciali del lupo lo scrutavano e percorrevano il petto possente e ricoperto dalla fitta peluria che fuoriusciva dalla camicia aperta sul davanti.
Si tolse il cappotto e lentamente se la sfilò.
Si osservò per bene, passandosi il palmo aperto sul petto e percorrendo poi con un dito la sottile striscia di pelo che lo attraversava fino alla cintura dei pantaloni.
Rivide il volto della Bionda.
Com’era anche solo lontanamente plausibile che lei potesse mai guardarlo senza provare in realtà disgusto?
Non era possibile infatti.
Sospirò.
Ripensò alla storia che aveva ascoltato poco fa.
La bestia tornava un essere umano alla fine.
A lui non sarebbe mai successo.
La sua umanità era perduta per sempre ed era ridicolo tentare di diventare ciò che non era. Quella era una cosa che aveva capito bene nella vita, ma con lei aveva vacillato. Era riuscita a illuderlo per un momento.
Ma la realtà era che qualsiasi cosa avesse fatto, sarebbe sempre rimasto una bestia.
Nient’altro che quello.
Non piaceva alla gente, non ne otteneva altro che disprezzo.
Punto.
E la biondina non era per lui.
Dopo un impulso rabbioso e incontrollabile, uscì sbattendo la porta.

 
Quando l’orologio segnò le 23.30, decise di andare a letto, anche se dormire era l’ultima cosa che avrebbe fatto.
Andò in cucina per prendere un bicchiere d’acqua e notò delle erbe sul bancone. Le stesse che Fenrir le aveva dato per la caviglia infiammata.
Non era semplicemente andato a fare una passeggiata allora: era andato a prenderle quel rimedio.
Aveva fatto qualcosa per lei.
Le masticò, sentendosi in colpa e sopportandone l’orrendo sapore, poi si sedette di nuovo sul divano e attese pazientemente.
Non sapeva di doverne prendere altre. Aveva creduto che una sola porzione bastasse e che un lieve miglioramento fosse tutto ciò a cui lei potesse aspirare.
Invece quando provò a rialzarsi in piedi, avvertì subito che la caviglia non le doleva più
La osservò e vide che nonostante il lieve rossore ancora permanente, era tornata quella di sempre.
Salì le scale, ma il suo morale era a terra.
Avrebbe perso Fenrir molto presto.
Quando aprì la porta del bagno, rimase inorridita nell’osservare i frammenti di specchio a terra.
Non aveva udito nulla, ma sapeva che era stato lui a infrangerlo.
E non era difficile indovinarne la ragione.
Spense la luce, tirò fuori un paio di pantaloncini e una canottiera dall’armadio di Mona e andò a letto.
 

Doveva andarsene subito.
Prima che arrivassero fastidiosi ripensamenti.
Senza inutili addii.
Senza ferite irreparabili.
Senza...
Senza una strana parte di sé.
Una parte che credeva definitivamente morta, ma che ora urlava tutte le sue proteste a quella decisione.
Avvertiva persino difficoltà nella respirazione al momento e non aveva la minima idea del perché si fosse accucciato proprio lì.
Era lei la sua luna ormai, candida e rischiarante, non poteva più disobbedire al suo richiamo.
 

Aveva appena avuto un incubo tremendo.
L’avevano arrestata e a nulla erano valse le suppliche agli Auror.
Il cuore non sembrava volersi calmare nel suo petto.
Ansimava.
Si alzò, massaggiandosi le tempie.
Scalciò via le coperte e si alzò.
Camminare, doveva camminare.
Aprì la porta, ma voltando verso le scale, sobbalzò violentemente, trattenendo a stento un urlo.
Un paio di occhi luminescenti la fissavano dal basso.
"Fenrir, ma che ci fai lì per terra?"
Nessuna risposta, ma l’uomo si alzò.
Rimasero a osservarsi per qualche minuto, anche se Maggie si ritrovava più che altro a fissare quelle che sembravano due luci. Non poteva vedere la sua espressione.
Fenrir fece per andarsene, ma istintivamente lei gli afferrò una mano e avvertì subito l’assenza del cappotto.
Risalì allora lungo il braccio.
Niente camicia.
Lo attirò leggermente a sé e lui non oppose alcuna resistenza.
Aveva le grandi mani fredde.
Precedendolo, se lo trascinò dietro fino a rientrare nella camera che lui aveva occupato, poi lasciò la presa e si sdraiò sul letto.
Lui rimase alcuni secondi a guardarla, poi obbedì alla sua muta richiesta, sdraiandosi accanto a lei, ora di nuovo completa grazie alla sua presenza.
"Buonanotte." gli sussurrò.
Ma dall’altra parte non giunse risposta.
Maggie sospirò e si voltò dandogli le spalle, poi chiuse gli occhi.
Non passò però molto prima che si ritrovasse completamente schiacciata dal corpo possente dell’uomo.
"Fenrir! Co...? Ahia..."
"Che cosa vuoi eh? Perché mi stai facendo questo?" le ruggì lui nell’orecchio.
Poteva avvertire il suo alito scaldarle il collo e alcuni schizzi di saliva che si disperdevano sulla sua pelle.
"Togliti, mi stai facendo male!"
"Oh no Bionda, tu il male vero non l’hai mai neanche annusato. Lo vuoi sentire il male vero?" abbaiò furioso, premendosi ancora di più su di lei.
Maggie gemette rabbiosamente.
Tentava in tutti i modi di far leva sulle braccia e rimuoverselo di dosso, ma il lupo mannaro era veramente troppo pesante.
Di fronte a quel vano tentativo, lui comunque le afferrò un braccio, glielo torse dietro la schiena e ruggì con quanto fiato aveva in gola:
"Ti piacciono le bestie eh? Fai domande sui lupi!"
Maggie urlò, ma non avvertiva davvero dolore. Voleva solo sfogare tutta la propria frustrazione e magari spaventarlo, spingendolo così a mollare la presa.
A quanto pareva però Fenrir sapeva leggerla molto bene e non si scompose.
Rimasero entrambi immobili e ansimanti in quella scomoda posizione per qualche secondo.
Ma stranamente Maggie non aveva paura. Vedeva la propria disperazione rabbiosa in quella del lupo mannaro, mentre i peli del suo petto le solleticavano la schiena.
Non voleva separarsi da lui.
Non poteva.
Era successo qualcosa tra loro, lo percepiva chiaramente. Qualcosa di irreversibile.
E non le importava un accidente se era sbagliato.
Avvertiva alcune lacrime pungenti affacciarsi ai propri occhi.
"Se é vero che l’amore non esiste...perché non riesco ad accettare l’idea che domani non sarai più qui?" pigolò sotto di lui.
Fenrir allentò leggermente la sua morsa e lei colse al volo l’occasione per sottrarsi alla sua mano e voltarsi sulla schiena, in modo da vederlo chiaramente in faccia.
La sua espressione era qualcosa di indescrivibile: furia, ormai quasi del tutto spenta, confusione e malcelata malinconia si mescolavano sul suo volto.
"Non posso essere quello che non sono." sussurrò il lupo mannaro.
"Mi piaci così come sei." soffiò lei, raggiungendolo con uno slancio in avanti e costringendolo ad arretrare.
Infine lo mandò a cozzare con la schiena contro il materasso, nel momento esatto in cui le loro labbra si congiunsero.
Fenrir giaceva con gli occhi sbarrati, atterrato, mentre come lei godeva di quel contatto inaspettato, facendo affiorare un suono gutturale, quasi doloroso dalla gola, esprimendo la sua incredulità per quel magico contatto che gli veniva concesso.
Bruscamente poi, Maggie si staccò e puntellandosi con una mano sul suo ampio petto, sostenne il suo sguardo ermetico.
Ma lui non disse nulla, sembrava incapace di agire, fuorché ansimare, forse temeva un ripensamento da parte di lei, che in effetti, sentendosi esposta, fece per andarsene. Tuttavia Fenrir, con scatto fulmineo, evidentemente incapace di resistere nonostante dubbi e diffidenze, le riafferrò il braccio e lo tirò a sé come una specie di fune, costringendola ad un nuovo bacio, molto più deciso.
A quel punto Maggie gli gettò le braccia al collo, abbandonandosi completamente su di lui, che portò le proprie mani sui suoi fianchi.
Niente aveva più importanza in quel momento se non il senso di protezione e doloroso desiderio che lei avvertiva nascerle dal petto.
Sentire le sue mani sul proprio corpo, voler diventare parte di lui, averlo vicino, erano gli unici impulsi che il suo cervello era in grado di registrare.
Fenrir affondò il muso tra i suoi capelli, inspirando a fondo e stringendo il suo corpo contro il proprio fin quasi a provocarle dolore.
Senza preavviso però, la sua presa si fece più dura e i suoi modi più violenti.
La sollevò in parte per risalire verso la parte alta del materasso, dove la scaraventò con brutalità contro i cuscini.
Maggie ansimò più sonoramente, ma non appena lui gli si fece più vicino, lo abbracciò di nuovo e gli sussurrò delicatamente all’orecchio:
"Non così."
Fenrir s’immobilizzò per un momento, forse a disagio, ma Maggie riprese ad esplorare la sua bocca con vigore, mostrandogli quel che si aspettava da lui.
Quando però arrivò alla cintura dei pantaloni, la mano dell’uomo si richiuse sulla sua.
"Po-potrei farti..."
"Non succederà." lo rassicurò lei, sorridendo, quasi divertita e lusingata dal suo timore.
Aveva già riflettuto su quel punto in effetti: la differenza corporea tra loro era innegabile, ma Maggie aveva fiducia in lui e avrebbe provato a seguire l’istinto.
Entrambi si persero in un groviglio di passioni.
Fenrir si rivelò possessivo, deciso, forse addirittura animalesco, ma incredibilmente bisognoso di lei, come se volesse assimilarla a sé, emettendo bassi e lascivi versi gutturali, quasi dei gemiti.
Fece vagamente male in effetti, ma era un dolore che la fece sentire davvero viva, forse per la prima volta in vita sua. Completamente dedita ad un altro spirito.
La sua notte, buia e avvolgente.
 
"Non andartene subito dopo che mi sono addormentato."
Quella richiesta le arrivò all’improvviso e la colpì il tono utilizzato nella sua formulazione.
Alzò il capo dal suo petto per guardarlo, mentre con una mano gli accarezzava la barba sulla mascella.
"Non vado da nessuna parte."
Gli diede un altro bacio. Morbido, tenero e prolungato.
Ma qualcosa ancora si agitava in Fenrir.
I lineamenti del volto si erano irrigiditi di nuovo.
"Allora com’é che funziona? Devo sparire prima o dopo che venga la tua amica?"
Lei si sistemò su di lui, affinché il proprio petto aderisse al suo.
"Neanche tu vai da nessuna parte." lo rassicurò, seria.
"Come no..." sbuffò lui, roteando gli occhi. "Alla tua amica verrà un colpo quando mi troverà qui."
"Con lei me la vedo io."
Lui le accarezzo delicatamente i capelli, rigirandoseli tra le dita.
Lei non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Come poteva una cosa così sbagliata essere tanto bella?
 
Erano entrambi intenti a riordinare il salone quando, dalla cucina si udì l’ormai tanto familiare “pop”.
"Aspetta qui." disse Maggie a Fenrir e si avviò in direzione del suono.
Non appena Mona la vide, le gettò le braccia al collo.
"Oh mio dio, ero così preoccupata! Come stai? Ti vedo dimagrita. Hai avuto problemi? Come sei riuscita ad arrivare qui? Hai chiesto indicazioni?"
"Mona..." provò a parlare Maggie, ma la sua amica era un fiume in piena.
"Tranquilla, ho pensato io a tua madre come promesso. Non sa nulla di tutta questa storia, mi sono bastati un paio di incantesimi di memoria..."
"Mona!"
"Si?"
"Va tutto bene. Sono sana e salva."
"Fortunatamente aggiungerei. Allora, dobbiamo discutere della tua attuale posizione." riprese l’amica, prendendola per mano e guidandola verso il salone.
"Mona, ascolta, c’é una cosa che..."
"Ora parleremo di tutto, dobbiamo organizzarci." rispose la ragazza.
Maggie prevedeva il peggio, che infatti arrivò puntualmente quando la sua amica si trovò davanti Fenrir.
Un alto gridò si levò per la casa, finché Maggie non richiuse la bocca di Mona con la propria mano.
"Non gridare!" le disse.
Quando constatò che si fosse calmata, rimosse la mano, ma la ragazza si voltò a guardarla sconvolta.
"Ma cosa ci fa lui qui?"
La sua espressione appariva quasi ferita, come se avesse subito un tradimento.
"Mona senza di lui io non sarei qui."
Nel frattempo vide Fenrir che si agitava impercettibilmente, mentre studiava la ragazza con malcelato astio.
"Ma che stai dicendo? Io te l’ho detto! Ti ho spiegato che é colpa sua se sei una ricercata!"
"Già. Ma io non ho fatto nulla, quindi non ho nulla da temere."
"Ma lo sai chi é lui? Eh?" le domandò Mona con sguardo ormai reso quasi folle dalla paura.
"Fenrir Greyback."
Per l’amica fu come ricevere uno schiaffo in pieno volto. Evidentemente pensava di fare colpo tenendo il finale per ultimo. Non si aspettava che lei fosse al corrente dei fatti.
"Tu lo sai e sei ugualmente con lui?"
Maggie lanciò un’occhiata a Fenrir.
"Sono viva Mona. Non c’é d’aver paura te lo assicuro."
"Ah, no? Ma lo sai quanta gente ha ucciso? Ne hai una vaga idea?" urlò la ragazza, ormai chiaramente fuori di sé.
"Sono al corrente di tutto."
Mona sembrava incapace di fare qualsiasi altra cosa, salvo fissarli entrambi, quindi Maggie cercò di prendere in mano la situazione.
"Fenrir, ti spiace andare di là? Io e lei dobbiamo...parlare."
Pur mostrando un’espressione riluttante, il lupo mannaro eseguì.
Maggie si sedette sul divano e Mona la imitò.
 
"Capisci adesso? E’ capace di instaurare rapporti umani."
"No, Maggie, ascolta... Io capisco che cosa credi ti stia succedendo adesso. So che magari ti senti riconoscente verso di lui per il fatto che non ti abbia uccisa o dell’aiuto che può averti fornito. Ma stiamo parlando di un assassino! Un ricercato Maggie e tu devi presentarti al Ministero domani!"
"Tranquilla non ho intenzione di mancare. Questa storia va risolta...ma non intendo portare Fenrir con me."
"Fenrir? Lo chiami anche per nome adesso?"
"Si Mona, é una persona, non é un animale!" sbottò Maggie.
"E’ un assassino!"
"Era! Io non gli ho visto uccidere nessuno ultimamente!"
"Appunto! Chi può dire cosa potrebbe fare più avanti?"
"Ascolta, io so quel che c’é da sapere su di lui e ho scelto."
"Cosa hai scelto? E’ questo il punto: cosa vuoi fare? Ma credi davvero di poterlo proteggere per sempre?"
"Mona, ho appena scoperto la magia e se non é una soluzione quella..."
"No, non lo è!"
"Senti io non ti chiedo di accettarlo. Mi rendo perfettamente conto che per te sia una cosa assurda. Ma ti chiedo solo di rispettare il mio volere e non correre al Ministero per denunciarlo."
Seguì un momento di silenzio, poi Mona disse:
"Sai che non lo farei mai se questo potrebbe arrecarti dolore."
Maggie le sorrise e l’amica l’abbracciò.
"Provi qualcosa per lui vero?" le sussurrò poi la ragazza, col panico nella voce.
"Si." soffiò Maggie.
Rimasero abbracciate ancora a lungo.
 
Il giorno seguente fu molto estenuante per Maggie.
Partì con Mona di buon’ora per recarsi al Ministero di cui poté ammirare tutto lo splendore. Non aveva mai visto niente di simile in vita sua.
Durante l’udienza si erano avute molte chiacchiere, interventi, obiezioni e Maggie aveva davvero temuto per la sua libertà.
L’avevano definita una fuggiasca, una malvivente, una criminale.
Mentre la ragazza sedeva su una scomoda sedia in lucido legno da cui pendevano spesse catene che temeva potessero avvinghiarsi a lei da un momento all’altro, ripensava alle parole che le aveva rivolto Fenrir poche ore prima:
"Ricordati di dire il meno possibile, quelli non aspettano altro che fregarti."
Tipico di lui: quando qualcosa non andava come previsto, ricorreva sempre il tentativo di fuga.
Avrebbero dovuto lavorare su quel punto...
Mona venne chiamata a testimoniare e vennero convocati alcuni responsabili sull’uso improprio della magia. Si tentava di dimostrare la sua estraneità al mondo magico.
La ragazza dovette spiegare dettagliatamente cosa l’avesse spinta a prestare soccorso ad un lupo mannaro, chiarire se realmente avesse riconosciuto la sua natura nell’immediato e se effettivamente ignorasse la sua vera identità.
Per finire, i presenti erano molto interessati alle circostanze in cui lei fosse entrata in possesso di una bacchetta, avesse imparato dei semplici incantesimi e perché avesse opposto resistenza agli Auror.
Maggie quasi non credette alle proprie orecchie quando infine venne pronunciata quella fatidica parola:
"Assolta da tutte le accuse."
In effetti, essendo totalmente ignorante per quanto riguardava le arti magiche e le vicende dei maghi, non poteva essere imputata praticamente per nessun atto, criminoso o meno, compiuto fino a quel momento.
Non appena venne pronunciata la sentenza, Maggie scattò in piedi e Mona corse ad abbracciarla, visibilmente commossa.
Ma proprio quando aveva pensato di essere libera, alcuni Auror l’avevano scortata in un ufficio privato per sottoporla ad un interrogatorio circa Fenrir Greyback. Volevano conoscere la sua posizione attuale, possibili piani di fuga e l’ultimo posto in cui era stato avvistato.
Le venne offerto del succo di zucca, ma Maggie aveva cortesemente rifiutato, proprio come le aveva sussurrato Mona prima che gli Auror la strappassero a lei, e rimase molto vaga per quanto riguardava le informazioni da fornire.
Vero, aveva iniziato il suo pellegrinaggio col lupo mannaro perché era stata aggredita da alcuni estranei muniti di bacchetta, ma non era assolutamente al corrente della sua identità e in ogni caso le loro strade si erano separate dopo l’aggressione al villaggio di O’Kieffe.
"Direi che é stata fortunata a non essere stata uccisa. Me ne chiedo il motivo." commentò l’Auror di fronte a lei.
"Anche io Signore." rispose Maggie, mantenendo la voce ferma.
Non riusciva a credere, circa un’ora dopo, di poter osservare di nuovo il cielo di fronte a quella strana cabina telefonica che Mona le aveva indicato come ingresso al Ministero.
 "Ce l’abbiamo fatta!" esclamò l’amica abbracciandola di nuovo e lei sorrise, raggiante.
Non sarebbe finita in prigione.
Mona la condusse in un vicolo appartato e afferrandole la mano, si smaterializzarono.
 
Trovarono Fenrir seduto sui gradini d’ingresso, la schiena poggiata allo stipite della porta, mentre con un coltellino affilato intagliava del legno.
Non appena la vide, il suo sguardo di fece attento.
"Allora?"
"Assolta."
L’ombra di un sorriso increspò le sue labbra, ma Maggie sapeva che in presenza di Mona non si sarebbe lasciato andare alle emozioni e la ragazza dovette aver intuito qualcosa perché si affrettò ad annunciare:
"Vi lascio soli." e scomparve in casa.
"Ti hanno chiesto di me?"
Maggie si sedette accanto a lui.
"Si. Mi hanno sottoposta ad un interrogatorio."
"E...?"
La ragazza si strinse nelle spalle.
"Niente. Ho negato e ho riferito solo parte della verità."
Lo mise al corrente dell’intero svolgimento dell’udienza, poi disse:
"Vado a sdraiarmi un po’."
Avvertiva solo in quel momento la stanchezza che la invadeva per la prova sostenuta.
 

Poteva tirare un sospiro di sollievo adesso.
L’avevano assolta.
Non avrebbe pagato per lui, ma lo tormentava ancora quel chiodo fisso: cosa sarebbe successo?
Sapeva di nuocerle continuamente con la propria presenza e lei non lo meritava.
Non avrebbe mai funzionato e...
 

"Devo parlarti."
Quella voce lo fece voltare.
Mona, l’amica della biondina, era in piedi davanti a lui, pur mantenendosi a debita distanza.
Aveva paura, Fenrir lo vedeva bene.
"Cos’ha da dire una come te a uno come me?" grugnì in tutta risposta, riprendendo ad armeggiare col coltellino.
Incoraggiata da quel segno di interazione, ma spaventata al tempo stesso, come se non si aspettasse che lui potesse parlare, la ragazza si avvicinò impercettibilmente.
"Sai di essere pericoloso per Maggie,vero?"
Fenrir non rispose, ma la sua attenzione era ai massimi livelli.
"Se ci tieni davvero a lei, vedi di andartene. Lasciala in pace e fai in modo che lei ti dimentichi."
"Non sono affari tuoi." l’aggredì lui.
"Ti sbagli, sono affari miei invece, perché io ho protetto e voluto bene alla mia amica da quando eravamo bambine, tu invece non hai fatto altro che cacciarla nei guai."
Fu un attimo: con scatto fulmineo, Fenrir lanciò il coltello che mancò Mona di un paio di centimetri, piantandosi nel pendolo alle sue spalle.
La ragazza trattenne il respiro e le sfuggì un singhiozzo voltandosi e osservando il pericolo scampato.
Fuggì per le scale, ma dopo i primi gradini tornò a guardarlo e col più puro disprezzo dipinto sul volto, gli disse:
"Tu sai che ho ragione. Non essere egoista per una volta e pensa davvero a lei, lupo mannaro."
Poi scomparve, lasciando Fenrir di nuovo solo con i suoi sensi di colpa, portatori dell’oppressione al petto con cui ormai conviveva quotidianamente.
 
Quando Maggie, riaprì gli occhi, vide che ormai era sera.
Scese quindi a cercare Fenrir e inorridì nel constatare che la porta di casa era aperta.
Si affrettò per raggiungere il portico e lo vide mentre percorreva il vialetto d’accesso.
Appena in tempo.
"Fenrir!"
Il lupo mannaro arrestò il suo cammino e poco dopo si voltò lentamente verso di lei, che correndo, lo raggiunse.
"Ma che stai facendo?"
Lui non rispose ed evitava di guardarla.
"Vuoi andartene, vero?"
Gli occhi blu incontrarono il terreno, ma Maggie gli portò una mano sotto al mento per spingerlo a guardarla.
"Non puoi lasciarmi." gemette.
"E’ meglio così."
"No! Non é meglio! Non per me, non per noi!"
"Ma credi davvero di poter vivere così? L’hai detto anche tu no? Cos’ho io da offrirti?"
La nota di disperazione nella voce rasposa dell’uomo era inequivocabile.
"Abbi fiducia in me, per favore." lo implorò Maggie con gli occhi umidi di pianto. "Non lasciarmi sola."
Fenrir abbassò leggermente il capo e la ragazza gli gettò le braccia al collo. Dopo un primo momento di esitazione, avvertì le possenti braccia del lupo mannaro che la sollevavano da terra.
Rimasero così a lungo, ognuno perso nel contatto dell’altro.
 
Quando entrambi tornarono in salone, Maggie considerò che Mona fosse sicuramente implicata in quel repentino cambiamento nelle intenzioni di Fenrir, quindi andò in camera sua, ma ciò che vide la sorprese: la sua amica stava indossando il mantello da viaggio.
"Dove stai andando?"
"Me ne vado."
Era evidentemente turbata.
"Anche tu? Spiegati."
"Maggie io devo tornare alla mia vita, al Ministero hanno bisogno di me."
"Cosa c’é che non va?"
"Lo sai bene. Lui. Sempre lui. Non riesco ad accettare l’idea che possa rovinarti!"
"Perché non provi a considerare invece il fatto che sia io a poter sistemare le cose?"
"Ma sistemare cosa? Sistemare un assassino?"
"Non é più così."
"Perdonami, ma non puoi dirlo."
"E quindi hai pensato bene di farlo sentire inadeguato e spingerlo ad andarsene eh?"
Mona deglutì.
"Non voglio che ti accada nulla di male Maggie, se devi odiarmi, fallo. Ma preferisco sia per averti salvato la vita. Non pensare di poter salvare tutti."
"Mona io so cosa sto facendo ok? Lo conosco e so che posso fidarmi di lui, ma non chiedo a te di accettarlo, né mi aspetto che tu lo capisca."
Trascorse un momento di silenzio, poi Maggie disse:
"Prima di andare dovresti farmi un favore" dopodiché la guardò e aggiunse in tono scherzoso:
" Per farti perdonare."
"Ok."
Espose la sua richiesta all’amica, che subito dopo si smaterializzò.
 
"Sei proprio sicura?" le chiese Fenrir.
"Sicurissima. E’ la cosa migliore e mi rende felice. Voglio stare con te."
Sistemavano la casetta al limitare del bosco appartenuta ai nonni di Mona, che Maggie aveva appena acquistato dalla sua amica, grazie ai proventi ottenuti con la vendita dell’altra. Fenrir avrebbe vissuto con lei. Per lui, un posto immerso nel verde sarebbe stato l’ideale.
Mona aveva apposto gli incantesimi di protezione tutt’attorno al bosco, proprio come Maggie le aveva chiesto. In quel modo non avrebbero corso rischi.
La ragazza le aveva anche trovato un impiego al Ministero, proprio nella sezione del Controllo delle creature magiche, precisamente nella Divisione Supporto Esseri, cosicché Maggie avrebbe anche potuto mantenere contatti con l’Unità di Cattura dei Lupi Mannari della Divisione Bestie e far tesoro dei consigli di Fenrir soprattutto in quel frangente.
Voleva davvero aiutare il Ministro a migliorare le loro condizioni di vita e faceva progressi ogni giorno, a partire dall’aver convinto Fenrir ad assumere regolarmente la pozione antilupo.
Era molto orgogliosa di quel risultato. Aveva dovuto insistere parecchio.
Sorrise al pensiero dell’altra notte in cui lui, completamente trasformato, le si era avvicinato mentre lei sedeva sul divano, inevitabilmente immobilizzata dalla paura.
Aveva saputo da lui che i lupi mannari non ricordavano nulla una volta riacquistato il loro aspetto umano, quindi sapeva che non poteva riconoscerla e nonostante lei si sentisse al sicuro grazie alla pozione, manteneva i suoi dubbi.
Fenrir invece aveva abbassato il capo e l’aveva annusata. Non aveva distrutto nulla e Maggie aveva potuto accarezzarlo, mentre il lungo manto nero le scorreva tra le dita.
Stuzzicato da quella piacevole sensazione, il lupo mannaro aveva quindi appoggiato la grande testa sulle sue ginocchia per ricevere altre attenzioni.
La pozione che lo rendeva innocuo, aveva risolto gran parte dei loro problemi in effetti, inoltre Maggie studiava per diventare un animagus, dato che era venuta a conoscenza del fatto che i lupi mannari riuscivano a calmarsi in presenza di altri animali, e si preparava per apprendere il difficile Incanto Homosembiante che avrebbe riportato occasionalmente Fenrir alla sua forma umana durante la trasformazione.
Insomma aveva optato per ogni possibile soluzione.
Sapeva che Mona non accettava ancora quella convivenza, ma si faceva da parte e continuava ad avere fiducia in lei, permetteva cioè alla sua amica di vivere la vita che aveva scelto per se stessa.
Sua madre invece avrebbe continuato a condurre un’esistenza serena, chiaramente all’oscuro dell’inserimento nel mondo magico della propria figlia, dove finalmente, dopo tanto tempo, la ragazza aveva trovato il suo posto e si sentiva a suo agio, continuando ad apprendere il sapere magico.
Maggie era perfettamente consapevole di non aver fatto una scelta facile volendo Fenrir al suo fianco, ma la sua esistenza non sarebbe stata più completa senza di lui.
 "Tu devi essere impazzita Bionda." le fece notare il lupo mannaro, alzando ironicamente un sopracciglio.
"Decisamente si." sorrise lei, poi le loro labbra s’incontrarono, dolcemente.



Note: Ebbene, dopo un notevole ritardo, dovuto a odiosi impegni, questa storia giunge al termine. Spero sinceramente di non aver provocato attacchi glicemici o delusioni, nonostante la velata ironia sul finale e il contenuto di quest'ultimo capitolo. Un appunto circa la parte in cui a Maggie viene offerto il succo di zucca: chiaramente si tratta di un riferimento alla pozione "veritaserum".
Ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia nelle seguite/ricordate/preferite e al gruppo delle Nottambule per il loro magico appoggio. Un ringraziamento speciale a Polimnia e Pity9 per il loro costante sostegno. Grazie davvero ♥

 
 
 
 
 
 
 
  
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