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Autore: Deb    23/02/2014    5 recensioni
Non c'è da stupirsi del fatto che Peeta si irrigidisca quando sente le mie labbra sulle sue per un bacio a fior di labbra, casto. Il nostro primo bacio senza telecamere. È normale che ne rimanga stupito.
I suoi occhi sono sorpresi quando lo guardo, scostandomi da lui. Le guance mi si colorano immediatamente e abbasso lo sguardo per rialzarlo quando sento le dita di Peeta sul mio collo. Ha lo sguardo serio, come se dovesse chiedermi il permesso, non so cosa legge dalla mia espressione, ma lo vedo avvicinarsi al mio viso e chiudo gli occhi in attesa di sentirlo nuovamente sulla mia bocca.

{Everlark || What if su Catching Fire/Mockingjay}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non rinunciare mai alla speranza
Capitolo IV


Alla fine Haymitch è riuscito a trovarmi. Ero in condizioni pietose, con gli occhi gonfi e le lacrime che mi bagnavano il viso, nonché con il muco che fuoriusciva dal naso. La testa mi scoppia, non ricordo l'ultima volta che ho pianto tanto da farmi venire mal di testa. Vorrei soltanto appoggiare la testa su un cuscino e dormire, se solo non sapessi di continuare una tortura che è perenne anche quando sono sveglia. Non voglio rimanere sveglia, ma non voglio dormire e continuo a desiderare di poter tornare all'interno dell'arena dei settantaquattresimi Hunger Games per ingurgitare quei dannati morsi della notte e lasciar vivere solo Peeta. Sarebbe stato meglio ed ora non mi troverei in questa situazione. Non solo dovrei essere il volto della rivoluzione, ma sono incinta e probabilmente non potrò più stare vicino a Peeta perché potrebbe tentare di uccidermi.
Ora mi trovo legata ad un letto d'ospedale, con una flebo al braccio perché sono disidratata e non mangio decentemente da giorni. E, visto che mi sono staccata il filo più volte, mi hanno persino legato i polsi.
«Abbiamo fatto di tutto per proteggere un'idiota del genere».
Stringo i pugni, ma mi volto verso di lei che ha spinto la tenda che separa i nostri letti e si è sospinta nella mia area. Tra tutti, proprio con lei mi dovevano piazzare?
«Non ho chiesto io di essere protetta!» Sbotto. «Io volevo soltanto morire».
«Attenta a ciò che desideri, idiota. Potresti vedere esaudito il tuo desiderio». L'osservo per la prima volta, anche se l'avevo già vista all'ospedale, quando sono tornati dalla missione di salvataggio. Le hanno tagliato completamente i capelli anche se dei piccoli spunzoni cominciano ad intraversi sulla nuca e le occhiaie le contornano gli occhi.
«Sarebbe tutto più semplice», ammetto sospirando. «Da quando sono qui?»
«Una settimana circa». Risponde, sedendosi sul mio letto come se fossimo vecchie amiche. «Sei pazza, lo sai?»
Non rispondo, mi volto dalla parte opposta e cerco di isolarmi. So che sono giorni che sono qui e non so davvero cosa sia successo. Volevo soltanto andarmene, scomparire e forse ci sono riuscita. A volte ho sentito i dottori dire che ero caduta in catalessi. So che dovrei essere la ghiandaia imitatrice, ma forse non ne ho la forza. A cosa serve, poi? Peeta è morto, non gli serve più l'immunità. Dovrei diventarlo soltanto per Johanna ed Annie? Loro non rischiano nulla, non hanno fatto niente di male. È Peeta il traditore.
Ogni tanto mi viene a trovare Haymitch, mia madre e Prim. Chiacchieriamo e Johanna si unisce alle conversazioni. Durante la settimana seguente abbiamo stretto una sorta di amicizia, anche se non so se posso chiamarla effettivamente così. Siamo da sole, è normale che cerchiamo la compagnia l'una dell'altra. Per non impazzire, mi dico.
Gale non è mai venuto a trovarmi e credo di sapere il perché, ma ciò non toglie il fatto che Prim mi metta sempre al corrente di quello che fa. Così, una sera, le chiedo se può farlo venire da me. Ho parlato con Peeta, è giusto che parli anche con Gale che avevo scelto, prima di sapere di dover tornare nell'arena.
«È il tuo uomo?» Mi domanda Johanna.
Nego con la testa, «il mio migliore amico, o almeno, lo era». Le rispondo avvicinandomi la corda al viso per continuare a fare i nodi. Durante la seconda settimana di permanenza nell'ospedale ho chiesto di poter essere liberata. Non sarei scappata e Johanna promise che mi avrebbe riacciuffato se avessi tentato la fuga. Fare i nodi è diventato un passatempo anti stress. Li faccio e li disfo fino a che le dita non mi fanno male.
«Ma per lui non eri soltanto un'amica». Non è una domanda, ma annuisco. «Certo che nel Distretto 12 siete proprio decerebrati, eh?! Chi mai potrebbe correre dietro ad una stupida come te?»
«Concordo. Non lo capisco nemmeno io», disfo l'ennesimo nodo e nascondo la corda sotto il cuscino.
«È quello Gale?» Chiede inarcando le sopracciglia. Mi volto verso la porta e lo vedo. Ha lo sguardo truce, quello che spesso ho anche io, la bocca gli tira, forse non vorrebbe vedermi e da una parte lo capisco, ma mi manca e voglio potergli parlare anche se magari questa volta sarà l'ultima.
«Sì».
«Ah, però. È proprio uno schianto». Gli fa l'occhiolino, prima di tirare la tenda e lasciarci da soli.
«La Coin vorrebbe che preparassi nuovi pass pro». Esordisce così, chiudendo la porta alle sue spalle, ma senza avvicinarsi a me.
«D'accordo», rispondo. «Prima però devono darmi l'okay per uscire da qui».
«Lo vogliono fare qui». Fa qualche passo nella mia direzione e posiziona una sedia affianco il mio letto.
«Va bene», sussurro.
«Vogliono un pass pro nel quale fai vedere la pancia», sento rabbia in quelle parole e vorrei dire che lo capisco, ma non è vero. Dovevo morire, non ho fatto nulla di male ed io e Gale non c'eravamo nemmeno giurati amore eterno. Non eravamo niente di più se non due amici. Non dovrei nemmeno avere paura di vederlo perché ho soltanto fatto quello che ritenevo giusto.
Lo guardo e mi sporgo. Sento la sua bocca sulla mia e sono io ad averlo baciato. Non ho pensato, nemmeno questa volta. Volevo baciarlo e l'ho fatto. Gli accarezzo una guancia e mi fa male vedere quegli occhi che trattengono a stento le lacrime. Non voglio che si senta così per qualcosa che ho combinato. Ho sbagliato a fare sesso con Peeta, ma purtroppo non posso tornare indietro a sistemare le cose. Ma voglio stare vicino a Gale, non voglio che il nostro rapporto si concluda qui, per un mio errore dettato dalla paura di morire.
«Sei incinta di Peeta e baci me? Perché? Perché Peeta ora ti odia?» Prende i miei polsi tra le sue mani e li stringe con forza, facendomi male.
«Ho commesso un errore, Gale. Io sapevo che sarei morta, non ho...»
«Allora perché non hai cercato me prima della mietitura? Se è stato davvero un errore, perché lui e non me?»
Sgrano gli occhi, «è stato un caso. Non avevo pensato al sesso prima di allora».
Sento il suo sospiro ed il suo alito riscalda la mia pelle che è a poca distanza da lui.
«Lo sai perché? Perché non hai mai pensato a me. Tieni a me, ovviamente, ma non tanto quanto io tenga a te. Per te sono solo un... fratello». Non mi guarda più negli occhi e non so cosa rispondergli. Ha ragione lui? E allora perché quando Madge è venuta a portargli le medicine, dopo che è stato frustato, io mi sono sentita gelosa? Non dovrei sentirmi così se è vero quello che dice lui. Ma penso anche che provo davvero qualcosa nei confronti di Peeta. Se così non fosse non avrei combattuto tanto per proteggerlo e farlo vincere, a costo della mia vita, come non avrei voluto sentirlo tanto vicino il giorno dell'intervista. Ma vorrei fare sesso anche con Gale? Sarei capace di avvicinarmi tanto a lui?
«Tranquilla, Catnip, mi passerà». Ritrovo i suoi occhi sui miei.
«Mi dispiace. Io... ti voglio bene, Gale».
Prova a sorridere, «lo so, lo so. Non tanto quanto a Peeta, però. Finché sarà in quelle condizioni non potrai pensare a nessuno se non a lui, ma forse sarebbe lo stesso anche se stesse bene».
«Io qui sono disponibile se vuoi dimenticare l'idiota, bellissimo». Non so se l'abbia detto per alleggerire la tensione che si è andata creando o perché è davvero attratta da Gale.
«Lo terrò a mente», dice ridacchiando alzandosi in piedi. «Vado a dire di prepararsi per il pass pro. Ci vediamo, Catnip».
Attendo che chiuda la porta per ricominciare a distrarmi con la corda. I miei pensieri sono tuttora confusi. Continuo a pensare che forse dovrei amare Gale, ma lui crede che non l'ami, poi la mente raggiunge l'immagine di Peeta e sento un groppo in gola al pensiero che stia male e che non sia più il mio ragazzo del pane.
Johanna non mi rivolge parola, forse si è addormentata, ma quando appoggio i piedi per terra mi domanda subito dove voglio andare. Si rilassa nel momento in cui le rispondo in bagno. Per un attimo ho creduto che volesse accompagnarmi per assicurarsi che dicessi la verità.
Vedo la mia immagine riflessa nello specchio, ho preso peso e la pancia è poco più grossa del normale. Sta crescendo dentro di me. Un senso di panico cresce sotto la pelle. Non voglio questo bambino. Vorrei che scomparisse, che morisse. Poi non posso fare a meno di sentirmi cattiva nel pensare tutto quello. Non è certo colpa sua se si sta sviluppando al mio interno. È stata la mia disattenzione, la mia stupida voglia di provare qualcosa che non avrei mai potuto fare. E mi è pure piaciuto. Non è stato orribile, è stato dolce ed ho persino pensato che mi dispiaceva non avere la possibilità di ripetere l'esperienza in futuro. Ora, invece, vorrei soltanto che le cose fossero andate diversamente.

Sono entrata nell'undicesima settimana di gravidanza, ormai non riesco più a nasconderla. Mia madre dice che ora non dovrei avere più problemi di nausea, ma non è detto. Ogni persona vive i sintomi in modo diverso. Mi ha detto che lei, ad esempio, con me ha avuto nausea e vomito, con Prim non è mai successo.
Haymitch, invece, mi tiene aggiornata su Peeta. Dice che ha fatto dei progressi, ma non crede che potrà mai tornare quello di un tempo. Il vero Peeta. E mi fa male sentirgli dire così, quando Peeta stesso aveva dichiarato di non volere che Capitol City lo cambiasse. Mi ha detto che spesso Delly lo va a trovare e passano diverso tempo assieme. Con lei non ha nessun problema, è il Peeta Mellark di un tempo ed io non riesco a non sentirmi irritata per questo. Non è giusto che Delly passi del tempo con lui, normalmente, quando io non posso nemmeno avvicinarmi.
«Gli abbiamo mostrato quel video in cui canti "L'albero degli impiccati". Non è mai stato trasmesso, perciò Capitol City non ha potuto usarlo per il depistaggio. Lui dice di aver riconosciuto la canzone».
Per un attimo il mio cuore perde un colpo. Poi capisco che è solo altra confusione da siero di aghi inseguitori. «Non è possibile, Haymitch. Non mi ha mai sentito cantare quella canzone».
«Non te. Tuo padre. La sentì da lui un giorno in cui era andato in panetteria a fare uno scambio. Peeta era piccolo, aveva sei o sette anni, ma se ne è ricordato, perché ascoltava con particolare attenzione per capire se gli uccelli smettevano di cantare» dice Haymitch. «Immagino l'abbiano fatto».
Sei o sette anni. Prima che mia madre proibisse la canzone, quindi. Forse proprio all'epoca in cui la stavo imparando. «C'ero anch'io?»
«Non credo. E comunque non ti ha menzionato. Ma è il primo collegamento con te che non abbia scatenato un crollo mentale» dice Haymitch. «È già qualcosa, Katniss».

Sospiro, uno dei pochi ricordi che è correlato a me senza farlo scattare. Ed è merito di mio padre. Mi manca. Vorrei averlo vicino, lui saprebbe cosa dire per farmi stare meglio. Mi consolerebbe e mi starebbe vicino. Sarebbe il mio alleato migliore, mi proteggerebbe da tutti e da tutto.
«Della gravidanza non dice nulla?» Chiedo, allora, cambiando discorso. Da quando ho parlato con lui, non ho mai chiesto cosa Peeta pensasse del bambino.
«Crede che non sia suo. Dice che è impossibile».
Annuisco, alla fine lo credevo anche io, prima di averne la conferma dai risultati delle analisi. E lui non può sapere se, nel frattempo, mi sia divertita con altri uomini. Per quanto ne sa, questo bambino potrebbe essere di chiunque.
«Cressida verrà qui nel pomeriggio, preparati qualcosa, dolcezza».
«Oh, impazziranno nel sapere che Peeta è depistato, mi odia e che io porto in grembo suo figlio», dico in modo sarcastico.
«È una cosa che possiamo usare a nostro vantaggio».
«Ci sarà anche Gale?» Chiedo poi, curiosa.
«No. È partito. È andato nel 2, sperando che riusciamo a prendere anche quello».
«Così poi mancherebbe soltanto Capitol City», mi trema la voce e vedo Haymitch inarcare le sopracciglia.
«No, dolcezza. Non sperarci nemmeno. Nelle tue condizioni non ti manderanno laggiù».
«Devono! Devo uccidere Snow! È nei patti!» Esclamo, scattando in piedi.
«Sei incinta».
Non rispondo perché ha ragione. Quale ragazza sana di mente andrebbe in territorio nemico per combattere nelle mie condizioni? Nessuna. Eppure io non riesco ad accettare il fatto che non possa partire.
«Ci andrò io». Johanna scosta la tenda. È diventata sua abitudine ascoltare tutti i miei discorsi, che lo voglia o meno, ma non mi dà fastidio alla fine. «Lo prenderò, lo pesterò e te lo porterò, Katniss».

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Hello! ♥ In questo capitolo vediamo la reazione di Gale, nonché dei baci a random che Katniss gli dà u.u
Premetto che scrivendo quella scena ho tentato di tenere a mente tutto ciò che succede in Mockingjay, spero di non aver denaturato il carattere dei personaggi. Katniss lo bacia perché lo vede arrabbiato e triste per ciò che ha fatto, proprio come è successo in Mockingjay quando sono andati nel 12 a girare il pass-pro.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! ♥ Ci vediamo al prossimo! :3 E vi ricordo che potete trovare le mie fic – scritte insieme alla pavonessah del mio cuore poetessah – nell'account condiviso Il Pavone e la Piantana.
Bacioni! A giovedì! ♥
Deb
   
 
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