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Autore: Mariam Kasinaga    24/02/2014    0 recensioni
“Mi dispiace di non averti potuto insegnare ad amare” commentò, mettendo le mani grembo. Lo spirito scoppiò a ridere, passandosi una mano tra i capelli: “Jean! La malattia ti sta facendo abbandonare questo mondo e il tuo unico pensiero è ciò che ci siamo detti più di mezzo secolo fa? Ah, voi umani non finirete mai di stupirmi”
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Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I

Regno cristiano di Gerusalemme, Anno Domini 1109

Era chiuso in quella stanza da due mesi, trascurando tutti gli altri impegni che avrebbe dovuto adempiere. Sentì vagamente qualcuno bussare alla porta, ordinando di presentarsi al cospetto del Gran Maestro. Chiunque egli fosse, il ragazzo lo congedò con un cenno del capo, immergendosi nuovamente nel suo lavoro. Era entrato nell’Ordine degli Ospedalieri non appena terminata la Crociata ed alla morte del re Goffredo di Buglione aveva incominciato a dedicarsi allo studio degli innumerevoli libri di magia abbandonati nei sotterranei della città dai Musulmani. In poco tempo era riuscito a decodificarli e mettere quel potere a disposizione dell’Ordine, che si occupava della sicurezza dei luoghi cristiani in Terra Santa. Aveva scoperto l’arcano mondo delle evocazioni e vi si era buttato a capofitto, cercando inesorabilmente di rintracciare lo spirito che aveva tentato di uccidere il suo sire. Non appena l’ifrit era sparito dalla tenda, si era precipitato all’esterno e aveva svuotato la bottiglia di vino a terra, guardando terrorizzato la sabbia del deserto annerirsi in una nuvola di miasma.

Jean si alzò dalla sedia, uscendo da quella minuscola stanza ingombra di libri e percorse i tortuosi corridoi della base degli Ospedalieri. Avrebbe dimostrato a quell’ifrit chi era diventato e come era riuscito a trasformare quel bambino spaventato in un abile guerriero.

Due figure, avvolte in mantelli scuri, camminavano speditamente per i vicoli tortuosi dei vecchi quartieri di Gerusalemme: “Tutte quelle dannate chiese cristiane! Mi stanno bruciando l’Essenza” sibilò una di loro, mentre da sotto il cappuccio due occhi rossi come l’inferno ardevano di rabbia. “Smettila di lamentarti fratello! Credi davvero che questi crociati riusciranno a mantenere vivo il loro patetico regno per molto tempo?” chiese l’altra, in tono divertito. Il primo che aveva parlato si strinse maggiormente nel mantello: “Tutti i grandi maghi ed alchimisti musulmani sono morti nella Prima Crociata e, senza di loro, sono in pochi quelli in grado di evocarci! Saremmo capaci di annientare questa feccia umana in poche ore, se ce lo ordinassero!” esclamò, sputando a terra. Non appena arrivarono in un vicolo deserto, l’altra abbassò il cappuccio, lasciando che i capelli rossi brillassero alla luce del sole: “Ora sei un ifrit libero. Se odi così tanto i cristiani, perché aspetti che qualcuno ti convochi e ti ordini di ucciderli? Scatena la tua furia su di loro e lascia che i Musulmani riconquistino la città. Abbatteranno le Chiese, ricostruiranno le loro Moschee ed il nostro potere sarà forte come prima” concluse, appoggiandosi al muro di una casa. L’altro sospirò: “Lo sai come funziona. In assenza di un padrone non possiamo intrometterci nelle vicende umane. Se non ci intromettiamo, temo che il regno cristiano duri per molti secoli. Se dura per molti secoli, la nostra Essenza sarà sempre più debole e ci ridurremo l’ombra di noi stessi. Guarda Kamila: nei tempi antichi abbiamo fatto grande questa città ed ora non possiamo soggiornarvi troppo a lungo senza il rischio di morire” replicò, dando con rabbia un calcio ad un ciottolo.

Lei fu sul punto di ribattere, ma si fermò improvvisamente, chiudendo gli occhi. Rimase in quella posizione per qualche secondo, sotto lo sguardo preoccupato del fratello, poi le sue labbra si incresparono in un sorriso: “Alla fine ce l’hai fatta, Jean” mormorò, calandosi nuovamente il cappuccio sul volto. L’espressione del fratello divenne di rimprovero: “Parli dell’umano che hai seguito per questi anni?” domandò con astio. Lei annuì leggermente: “Devi ammettere che ha dimostrato un certo talento, per avere solo ventidue anni, visto che è riuscito a tradurre quasi tutti i libri antichi, compresi gli appunti del mio ultimo padrone.

Un lavoro che forse risulterà utile ad i suoi compagni, ma non gli servirà a molto per ciò che ha in mente. Ed ora fratello, prima che tu possa domandarmi cosa mi lega a quel cristiano, ho una faccenda da sbrigare!” esclamò, abbandonando lo stato corporeo e lasciando che il suo mantello cadesse dolcemente sui ciottoli del vicolo. 

   
 
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