A Selina,
che crede in questa storia più di me.
LA
MALEDIZIONE DEL BURATTINAIO
PRIMA PARTE
- APOKALYPSIS
SI
PUò FARE LUCE IN UN
CIELO TUTTO MELMOSO E NERO?
SI
POSSONO LACERARE TENEBRE PIù DENSE DELLA PECE
SENZA
MATTINO Né SERA, SENZA STELLE, SENZA LAMPI
FUNEREI?
Prologo.
Sangue cattivo
Porte socchiuse. Il mio monastero dichiara silenzio. Sono il mio mantra buio, il lato nevralgico affidato alla vita -vicino a te- che sfioro i tuoi momenti di digiuno. Mangio parole, preghiere di pelli indicizzano il muro che si riempie di crepe. Maschero il pianto, ungo le costole. Sono ombre dietro al velo che lasciano intatto il percorso che mi porta alla tua anima.
Una
violenta pioggia si era abbattuta su quella piccola città, e
già da due ore non
dava segno di voler smettere, sembrava piuttosto voler cancellare
l’alone
oscuro che la impregnava e lavare via le macchie di sangue che negli
anni mai
avevano abbandonato quel posto triste.
Una
figura minuta si sporse dall’ingresso del grande tempio per
guardare fuori,
mentre dietro di lei un canto troppo simile a una nenia si sollevava
lenta.
Niente di
strano, va tutto bene. Si disse. Ed
era vero, non c’era
niente di strano in una giornata di pioggia.
Si voltò
osservando l’interno di quel tempio; soffitto alto e la lunga
navata, vetrate
colorate proiettavano all’interno la poca luce della
giornata, rendendo il
tutto più cupo di quanto sarebbe dovuto essere, file di
panche di legno scuro
erano disposte con un ordine impressionante e le teste chine facevano
assomigliare il tutto a una scena di un funerale piuttosto che a una
messa,
tornò a osservare la pioggia vedendola per la prima volta
più felice e
rassicurante di qualsiasi altra cosa la circondasse.
Hanno quasi
finito. Si disse,
semplicemente, per
convincersi del fatto che non mancava molto che un’ orda di
persone silenziose
uscisse da lì e la circondasse, consentendole di tornare a
casa tranquillamente.
Sospirò continuando a osservare la pioggia e il fango che
andava a crearsi poco
lontano dai suoi piedi. Quella era una città che le faceva
paura, che le aveva
fatto paura da sempre, fin da piccola, fin da quando osservava dalla
finestra
della sua piccola casa la pioggia sorprendere i bambini che invece
giocavano
tranquilli in strada. Aveva sempre visto quella pioggia di un colore
differente
dagli altri, adulti e bambini, e quel colore la spaventava, quel rosso
era ciò
che di più odiava a quel mondo insieme ai suoi stessi
ricordi.
Rabbrividì
involontariamente quando qualche goccia di pioggia raggiunse il suo
viso, fece
un passo indietro, per evitare di bagnarsi ancora di più,
per poi asciugarsi il
volto. Strinse i pugni avvertendo quella giornata troppo simile a
quella di
anni prima, perché non smetteva di piovere?
Osservava la
pioggia dalla finestra
della sua piccola stanza, ascoltando il suo suono continuo e il rumore
di sua
sorella di sotto che trafficava con gli utensili da cucina e
canticchiava;
vivevano da sole, solo loro due e il loro legame. Non era facile andare
avanti
così ma insieme si facevano forza a vicenda, portavano
avanti la loro piccola
famiglia a forza di risparmio e sorrisi.
Colpi forti alla porta e subito sua
sorella smise di cantare, non aspettavano visite, non quel giorno.
Magari
qualcuno che aveva bisogno di cure, si disse la minore, non capitava
spesso ma
visto che la maggiore lavorava al tempio, che veniva usato come rifugio
per i
feriti di guerra, non ci sarebbe stato nulla di così strano
nel trovarsi
qualcuno che aveva bisogno di cure alla porta di casa. Sentì
appena i suoi
passi, ma distinse chiaramente il cigolio della porta di pesante legno.
“Veiler, sei guarito? Riesci già ad
alzarti...” Poi la sua voce si era interrotta bruscamente,
quelle erano state
le ultime parole che aveva sentito sulle sue labbra, il resto era stato
solo
urla di dolore e un pianto sommesso, il suo, di paura e impotenza nel
sentire
quelle urla strazianti precedute da quel nome su cui avevano fatto
tanto
affidamento, quel nome di cui sua sorella Zaphiria si era segretamente
innamorata, tremava e le sue gambe erano legate da fili invisibili che
il suo
stesso istinto le imponeva.
Poi il silenzio aveva avvolto la
casa, e lei, che divorata dalla paura non era riuscita a muoversi
ordinò alle
sue stesse e ormai tremanti gambe di scendere al piano di sotto; ampie
finestre
lasciavano intravedere la pioggia, i vetri macchiati di rosso le
donavano quel
colore orribile, che per sempre le si impresse nella mente, mentre il
corpo di
sua sorella giaceva a terra straziato in una pozza rossa, con gli occhi
aperti
fissi sulla porta che lasciava entrare il freddo di quella giornata.
Poi qualcuno
urlò, mentre dentro la casa il sangue colava dai vetri e
colorava di rosso la
pioggia incessante.
Non si
accorse dei passi che si avvicinavano sempre di più e quando
alzò lo sguardo
una figura alta e snella la sovrastava, aveva il volto di un ragazzo,
ma una
grossa cicatrice copriva interamente la parte sinistra del suo volto
senza però
intaccare il colore così luminoso dell’ iride, di
una strana tinta ambrata che
non aveva mai visto, i suoi capelli del colore della sabbia erano
coperti da un
cappuccio largo su cui era attaccata una spilla dal lugubre sorriso.
Era
fradicio, eppure non sembrava importargli più di tanto, la
ragazza si fece da
parte pensando che volesse entrare in quella chiesa, invece non si
mosse
rimanendo fermo dov’ era senza distogliere i suoi occhi dalla
giovane che aveva
abbassato lo sguardo, solo in quel momento vide la grossa arma fasciata
che
portava a tracolla e che teneva dietro la schiena all’
altezza delle mani, una
delle quali stringeva una sigaretta ancora miracolosamente accesa. Le
sue mani
iniziarono a tremare nello stesso istante in cui lo sconosciuto, con
grande
sollievo della ragazza, passò oltre entrando nella chiesa
ora silenziosa, se
non per il frusciare degli abiti dei presenti che si stavano preparando
per
tornare a casa. Arricciò il naso quando il cacciatore le
passò affianco
lasciando una scia di fumo di sigaretta, si voltò giusto in
tempo per vedere le
sue ampie spalle sparire tra la gente che si dirigeva verso
l’uscita. Strano,
si disse, prima di sospirare di sollievo, appena prima di intravedere
una
macchia nera volare piuttosto alta e infilarsi nel tempio, ma presto
sarebbe
potuta tornare a casa e lasciare quel luogo che non più come
un tempo le dava
quel senso di sicurezza di cui aveva sempre avuto bisogno.
Le
faceva paura la pioggia, portava a galla orribili ricordi e tanta,
troppa,
paura; da quando sua sorella era stata uccisa brutalmente dalla persona
che
amava la sua rabbia si era mescolata alla paura, sparendo.
Le
persone le sfilarono accanto, sfiorandola appena a avvolgendola con
l’odore
degli abiti ora impregnati d’incenso, le sue gambe erano
bloccate; vedeva
quell’ acqua come una pioggia d’aghi e le faceva
paura stare lì, eppure la
prospettiva di entrare e restare sola, seppur al riparo era la
peggiore. Quindi
rimase appoggiata allo stipite del grande portone quando anche le
ultime
persone l’ebbero superata, solo per sollevare lo sguardo e
accorgersi che la
protezione su cui aveva fatto conto poco prima si stava allontanando.
Fece il
primo passo, non riuscendo a udire il suono della sua scarpa bucare
l’acqua di
una pozzanghera perché uno sparo coprì per un
breve istante ogni suono,
rimbombando in quell’ ampio spazio dietro di lei.
I suoi
passi erano silenziosi in quella dimora dell’eco ormai
deserta. Il fumo della
sua sigaretta si confondeva con l’incenso ancora presente
nell’aria,
disperdendosi in grigie volute. Si sistemò meglio la grossa
arma che teneva a
tracolla, senza avere però l’intenzione di usarla.
Giunse
nella cella in cui una figura lievemente ingobbita stava riponendo i
suoi
gioielli alla base di una statua dai lineamenti nascosti,
l’unica cosa che
spuntava dalla lunga veste di pietra erano un paio di mani, dai lunghi
artigli,
ben aperte e con i palmi rivolti verso il basso.
Il giovane
estrasse dalla fondina nascosta una pistola che con un lieve rumore si
posizionò all’altezza del capo del sacerdote.
Questo si irrigidì un istante per
poi voltarsi lentamente con un’espressione timorosa sul volto.
“La
messa è finita figliolo.” Disse con voce roca,
ignorando la pistola puntata
contro la sua fronte. “Perché non torni
domani?” Il suo volto rugoso si allungò
in un lieve sorriso mentre i suoi occhi si socchiudevano.
La
pistola era sempre più pesante e il polso più
debole, la voglia di continuare a
uccidere stava svanendo, si chiese perché continuasse a
cacciare competendo in
continuazione con i demoni, fingendo di non scappare. La mente gli si
riempì di
desideri e idee non sue.
Strinse
gli occhi, sentendo fili di sottile acciaio stringersi sul suo polso.
La
sigaretta scivolò dalle sue labbra, spargendo cenere sul
pavimento liscio
quando venne in contatto con esso, piccole scintille si alzarono
coraggiose per
poi morire subito dopo, mentre una sensazione di freschezza invadeva il
suo
occhio sinistro.
Rialzò
il braccio e sparò. Fu un suono che rimbombò in
tutta la chiesa, raggiungendo
ogni angolo. Pezzi di scura pietra caddero a terra dietro al sacerdote
ancora
in piedi; al posto di una delle mani ossute della statua ora
c’ era un foro
fumante.
“Ma tu
sei umano.” La sua voce era spiacevole, come unghie che
grattano sul vetro. Il
vecchio lo osservò con stupore, non capendo come avesse
trovato la forza di
compiere una qualsiasi azione. “Come puoi resistere ai suoi
fili?”
“Con me
non funziona.” La sua voce era piatta, incolore e fredda,
indicò appena
l’occhio ambrato con la mano libera e vide un lampo di
comprensione
attraversare il volto dell’altro.
“Non può
essere.” Il suo volto gli ricordò per un istante
il marmo chiaro, cosparso di
segni scuri come fossero vene. La canna della pistola tornò
a puntasi contro la
sua fronte. “Che cosa…”
Il
ragazzo agitò la pistola intimandolo a tacere.
“Sto cercando l’Annullatore, è
così che lo chiamate ormai voialtri, no?” Sul
volto del vecchio apparve un
sorriso che rischiò di trasformarsi un una risata.
“Sono in
tanti a cercarlo, e in tanti sono venuti qui a chiedere di
Lui.” Fece una pausa
osservando il volto sfregiato del giovane che attendeva e la pistola
ancora
fermamente puntata tra i suoi occhi. “E a tutti ho dato la
stessa risposta;
nonostante sia qui che la sua anima da umano è cambiata, non
ho idea di dove si
trovi ora, né…” Un altro colpo di
pistola e questa volta cadde a terra il corpo
ora mollo del sacerdote mentre sulla veste scura della statua dietro di
lui era
apparsa una rosa rossa di sangue e cervella.
“Inutile.”
Mise a posto l’ arma, voltandosi e incamminandosi verso
l’ uscita; un altro
buco nell’ acqua.
Alcuni punti su questa storia e sul capitolo
-La
poesia appena
sotto al titolo è di Baudelaire e a proposito di questo,
avrete notato che le
lettere accentate sono in minuscolo al contrario delle
altre… Su word
diventavano quadratini bianchi, quindi le ho lasciate piccole. Sorry me
-Boh, questa prima parte non piace più di tanto nemmeno a
me, ma da qualche parte la storia doveva pur cominciare no?
Avrei voluto pubblicare nel giorno
del mio compleanno con
moolta calma, tipo revisionare decentemente qualche giorno prima e
pubblicare
nel pomeriggio, alla fine la scelta della giornata non è
stata delle migliori,
ma vabbè, non sono in ritardo, solo molto di fretta e non
del tutto
soddisfatta. Ma va bene, perché è da tantissimo
che volevo iniziare a
pubblicare questa storia. Spero che questo primo capitolo vi sia
piaciuto e
spero, per chi intende seguire, che vi piaccia anche il seguito :)
A presto.