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Autore: TaliaAckerman    28/02/2014    4 recensioni
[Revisione in corso]
Il secondo atto della mia personale saga dedicata a Fheriea.
Dal terzo capitolo:
- "Chi hanno mandato?- mormorò Sephirt dopo essersi portata il calice di liquido rossastro alle labbra. – Chi sono i due maghi?
- Nessuno di cui preoccuparsi realmente. Probabilmente due che dovremmo avere difficoltà a riconoscere. Una ragazzo e una ragazza, lei è quasi una bambina da quanto l’infiltrato mi ha riferito. Credo che ormai l’abbiate capito: non devono riuscire a trovarle.
- E come mai avete convocato noi qui? – chiese Mal, anche se ormai entrambi avevano già intuito la risposta.
Theor rispose con voce ferma: - Ho un incarico da affidarvi"
Se volete sapere come continua il secondo ciclo di Fheriea, leggete ^^
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Ad accompagnarli nella cripta ove la Pietra era custodita furono due delle guardie che avevano presidiato la sala del trono.
Mentre scendevano un'elegante scala a chiocciola, che con tutta probabilità conduceva alla cripta, Jel si rese conto che Gala pareva piuttosto nervosa. Le strinse lievemente un polso, rassicurandola: - Ehi. Va tutto bene, capito?
La ragazzina sorrise timidamente, ma non aprì bocca. D'altro canto, il mago non poteva darle torto: anche lui era piuttosto titubante davanti all'idea di prendere in mano una Pietra, un cimelio dal valore così inestimabile, un arcano e potente talismano. Loro due non erano che semplici maghi, e di certo non fra i migliori.
Scesero ancora. Attraversarono uno stretto corridoio, illuminato da una fila di torce appese alla parete sinistra; la temperatura era scesa notevolmente rispetto a pochi minuti prima, quando i due si erano,trovati nella sala del trono. Ora Jel rimpiangeva di non essersi portato dietro il mantello.
L'aria che si respirava era particolare, e fin troppo densa; l'atmosfera attorno alla cripta vera e propria trasudava magia palesemente. Gala fu scossa da un tremito quando le due guardie si fermarono davanti ad una porta stranamente sottile. La ragazza fissò il compagno con aria interrogativa, ma Jel sorrise e fece cenno di ascoltare ciò che la guardia - un esperto evidentemente - aveva cominciato a spiegare:- Una porta più imponente sarebbe futile, così come qualsiasi tentativo di forzarla con o senza magia. Può essere aperta solo dall'interno, dal Custode che ha il compito di vegliarla. Ora state indietro.
Basiti, Jel e Gala imitarono l'altra guardia che aveva indietreggiato di un paio di passi. L'uomo che aveva parlato estrasse dalla tasca della cappa una sorta di strano oggettino di metallo. Guardando meglio la porta, Jel notò che una piccola cavità della medesima forma era incisa nel legno. Affascinato, osservò mentre la guardia la incastrava precisamente lì, e attese che qualcosa accadesse; non passarono che pochi istanti, poi una voce magicamente amplificata risuonò nello stretto corridoio: - La parola d'ordine...?
- Okrah - annunciò l'uomo con voce sicura. A rispondergli non fu più una voce, bensì uno strano scricchiolio. Si coglievano movimenti dall'altra parte della porta... Alla fine in una nebbia grigiastra, questa semplicemente scomparve.
- Accidenti... - si lasciò sfuggire Gala in tono sommesso. La guardia si voltò verso di loro. - Okrah è una parola in antico Haryarita, il dialetto della nostra terra prima che si diffondesse la lingua universale. Significa aprire.
Meccanismo carino... pensò Jel ammirato, ma con un pizzico di ilarità. Ma non ebbe il tempo di dire nulla, perché una figura era apparsa davanti a loro nella nebbia che si diradava. Gala si strinse istintivamente a lui: era alto, e molto vecchio. I capelli completamente immacolati - un tempo neri probabilmente - contornavano un volto che era più che altro un reticolo di rughe, e dalla carnagione decisamente chiara per un Haryarita. Vestiva indumenti estremamente semplici, eppure di un'eleganza strabiliante: una tunica ambrata stretta in vita da una cintura impreziosita da piccoli rubini e intorno al collo una catenina dorata composta da piccole manine strette l'una all'all'altra*. Teneva i piedi scalzi.
- Benvenuti - il Custode si rivolse ai due maghi con gentilezza. - Suppongo siate qui per ritirare la Pietra.
Dal momento che nè Jel nè tantomeno la sua compagna davano l'impressione di voler muovere anche un solo passo o spiccicare una sola parola, il vecchio rivolse loro un sorriso rassicurante. - Il Governatore non è l'unico corrispondente del maestro Althon, sapete? So della vostra missione; venite pure avanti - disse cordiale. Alla fine, superando quello strano disagio unito a timore quasi reverenziale, Jel avanzò verso il centro della stanza. Guardandosi intorno, rimase stupito: non era più grande o impressionante delle altre sale che avevano attraversato. Anzi, si trattava di uno spazio piuttosto austero, dalle pareti di marmo immacolate e privo di tappeti o arazzi ad abbellire. Ma gli bastò acuire minimamente le percezioni, e allora il fiume di magia che percorreva quella stanza lo investì. Una piccola nicchia occupava parte della parete di fondo, e dall'energia che scaturiva da essa il mago comprese che la Pietra Rossa doveva trovarsi lì; il suo sguardo fu attirato da un'incisione recata proprio sopra:

"Mekchot recan imeylda. Mekchot recan Haryar. Mekchot recan Fjriea."

Ne conosceva il significato, anche se era scritto in antico Haryarita. Ogni mago che si potesse definire tale era tenuto a conoscerlo: "Qui è custodita la Pietra. Qui è custodito l'Haryar. Qui è custodita Fheriea." Le parole divenute simbolo delle Sei Pietre.
Il giovane fece del suo meglio per mantenere una respirazione normale. L'anziano Custode si fece appresso alla nicchia, e tirò fuori dalla tasta una sottile chiave argentata, infilandola poi nell'altrettanto minuta serratura del pannello che separava il talismano con il resto della stanza. Al rallentatore, Jel e Gala udirono il meccanismo scattare e il pannello aprirsi, e dopo pochi secondi l'uomo si rialzò. Reggeva in mano un fagottino di seta, al cui centra si trovava lei, la Pietra. Il Custode si avvicinò a lui e gliela consegnò. - Questo è il nostro bene più prezioso - dichiarò serio; il sorriso gentile era scomparso dal suo volto. - È vitale che voi ne abbiate cura come io ne ho avuta per tutti questi anni. Non deve essere danneggiata nè utilizzata prima del previsto. E non dovete permettere per nessun motivo al mondo che vi venga portata via. Ricordatevelo: nessun motivo al mondo. Se si dovesse arrivare a dover scegliere se salvare voi stessi o la Pietra... sono sicuro che comprenderete quale sarà la cosa giusta da fare.
Dietro di loro, Gala deglutì. Emozionato, Jel posò gli occhi sul talismano: era una semplice pietra. Delle dimensioni di un uovo, rossa ma dalle venature dorate. Una semplicissima pietra.
Al mago pareva di tenere in mano l'intero popolo dell'Haryar, il cuore pulsante di quella grande nazione. Una Pietra non era solo qualcosa di antico e pericoloso. Era il simbolo di ognuno dei sei popoli di Fheriea. Sentì su di sé lo sguardo del Custode,e si affrettò ad annuire.
Il vecchio fece un cenno alle due guardie. - Sono sicuro che ora vorrete andare. - disse con voce più leggera. - Se non erro, vi aspetta ancora un lungo viaggio e il tempo non è molto.
I due consiglieri si riscossero da quell'atmosfera fatata. - Già - confermò Jel, anche se senza riuscire a trovare il tono pratico di sempre. - Già, in effetti è ora di ripartire. La ringraziamo, Custode.
Si inchinò e Gala, che per tutto quel tempo era rimasta in silenzio, lo imitò. L'uomo sorrise,e mentre i due seguivano nuovamente le guardie fuori dalla cripta, raccomandò loro ancora una volta:- Non dimenticatelo mai. Quella Pietra è la cosa più preziosa che abbiate mai custodito.

***

Una volta recuperati Ehme e Yin, Jel e Gala non impiegarono molto tempo per uscire da Jekse e lasciarsi alle spalle la Città. Mentre cavalcavano, il due maghi non si scambiarono una sola parola: erano ancora entrambi troppo estraniati dall'intensissimo e particolare prelievo della Pietra.
Il talismano si trovava ora al sicuro, accuratamente celato nel proprio fagottino e al fondo dell'ampia tasca interna del mantello del giovane. Le parole del Custode erano ancora vivide nella sua mente: proteggerla ad ogni costo. E Jel non aveva alcuna intenzione di deludere la fiducia di quell'uomo e dell'intero Consiglio.
Fu solo a tramonto inoltrato che Gala si decise a rivolgergli la parola. - Jel... - esclamò ad alta voce per sovrastare il rumore del vento che le sferzava il volto. - Jel... non credi che sarebbe il caso di fermarsi per mangiare qualcosa e riposarci? È da più di un giorno che non ci fermiamo...
Lui rallentò l'andatura di Ehme e si volse versò la ragazza. Si rese conto di essere anch'egli estremamente affamato.
- Hai ragione - concordò. - Non possiamo raggiungere Sasha senza mai fermarci. Siamo vicini alla Grande Via Est, là dovrebbero trovarsi parecchie locande. Non so tu, ma io non ho molta voglia di dormire fra questi prati...
- Neanch'io - sorrise Gala soddisfatta. Spronarono i cavalli a ripartire velocemente verso la costa orientale dell'Haryar, presso la quale si trovava la Grande Via. Viaggiarono ancora per un'oretta circa, e alla fine sostarono davanti alla prima taverna che si trovarono davanti. Erano entrambi esausti. - Io voglio solo dormire - si lamentò Gala massaggiandosi la schiena. - Non so dove troverò la forza di mangiare...
Jel rise, condividendo ogni parola. Legarono i cavalli ad una staccionata e Jel si assicurò che la Pietra fosse ancora nella propria tasca prima di aprire il portone della locanda ed entrarvici. Non appena vi misero piede, si rese conto che qualcosa non andava. Alcuni avventori - un gruppo di Uomini del Nord - avevano smesso di botto di confabulare non appena li avevano visti entrare. Cinque paia di occhi si soffermarono sulla spilla nei loro mantelli: Consiglieri.
- Oh oh - fece Gala sottovoce, stringendosi nervosamente ad un lembo del mantello di Jel.
Lui, senza scomporsi, la rassicurò:- Stai calma. Siamo semplici clienti. Vieni e prendiamo qualcosa... No, non guardarli... - i due maghi si avvicinarono al bancone e si sedettero su due sgabelli di legno.
Il proprietario, un anziano Haryarita barbuto, smise di lucidare bicchieri e li guardò con interesse. - Volete mangiare, signori? - aveva una voce roca, quasi gutturale, ma nel complesso era piuttosto buffo. Non fosse stato per la pessima situazione in cui si erano cacciati, Jel avrebbe ridacchiato. Cercando di mantenere un tono disinvolto, rispose:- Io e mia sorella siamo in viaggio da parecchio. Vorremmo qualcosa con cui rifocillarci e un paio di brandine in cui passare la notte. Ripartiremo domani mattina.
- Ma certo... - disse l'uomo. - Abbiamo il miglior stufato di agnello del sud, se vi interessa quel tipo di cucina. Ma dubito che due giovani del Nord come voi possano apprezzare i sapori haryariti, quindi vi consiglierei più la zuppa di...
- Certo, certo - il giovane si affrettò ad interrompere il suo discorso appassionato. Cercò di sorridere e riprese:- Di' al cuoco che vogliamo solo mangiare qualcosa, andrà bene... ehm, tutto.
Gala annuì convincente, nonostante il disagio. Il proprietario li guardò tra l'offeso e l'insospettito, poi si voltò verso la cucina e sparì dietro una porta.
- Andiamocene via subito - suggerì Gala febbrile, tenendo basso il tono della voce. - Quei tizi non hanno fatto altro che guardarci da quando siamo arrivati...
- Non possiamo, Gal. Sarebbe un comportamento troppo sospetto, uscire così di punto in bianco. Ci cacceremo solo nei guai... - rispose il compagno, anche se avrebbe desiderato con tutto se stesso seguire il consiglio dell'amica.
- Nel caso non te ne fossi accorto - ringhiò lei tamburellando nervosamente con le dita sul bancone - siamo già nei guai. Se... se scoprissero della Pietra...
- Zitta! - sussurrò Jel, mentre il proprietario riemergeva dal retro tenendo in mano un vassoio. Lo depositò sul bancone davanti a loro e Jel stappò una bottiglia di liquore rossastro. - Adesso mangiamo. Poi dirò che siamo già in ritardo per il nostro programma e che è meglio rinunciare a passare la notte qui. E ce ne andremo. Vedrai, andrà tutto bene...
Gala pareva molto turbata, ma annuì. Il mago non poteva darle torto: per una ragazzina come lei doveva essere piuttosto complicato mantenere la calma in una situazione del genere. Era un Consigliere ed una strega piuttosto capace, ma rimaneva pur sempre una quindicenne.
Versò del liquore per sé e per la compagna, e si portò il calice alle labbra sempre senza guardare in direzione dei cinque Uomini del Nord. Il liquido forte e acidulo gli scese in gola ghiacciato, e il giovane dovette ammettere che era piuttosto buono. Un refrigerio piacevole dopo quella giornata così calda. Gala lo imitò ma al contrario,storse il naso nel bere, e represse a stento un colpo di tosse; Jel rise.
- Che dici, troppo piccola per questo genere di cose?
- Ma sta' zitto, Jel - ribatté lei, ma le sue labbra si curvarono leggermente. - Devo solo... abituarmici.
Cenarono senza particolari intoppi. In effetti, gli uomini al tavolo vicini a loro non parevano intenzionati a fare nient'altro che non fosse scoccare loro occhiate torve, e piano piano il disagio si tramutò in una sensazione quasi di calma. Quando ebbero finito, Jel domandò al locandiere a quanto ammontasse il conto. L'uomo fece qualche rapido calcolo mentale, poi rispose:- Due hire d'argento e cinque galet di rame.
Pareva che il ragionamento gli fosse costato non poca fatica.
Il giovane estrasse i soldi dal mantello e glieli consegnò, poi dichiarò che lui e Gala avevano deciso di non fermarsi per la notte. Ignorando l'espressione delusa del proprietario, si voltò e fece per raggiungere la porta.
- Jel... - lo avvertì Gala a mezza voce.
Un attimo dopo, il mago si sentì tirare indietro. Gli Uomini del Nord si erano alzati, e uno di loro lo stava trattenendo per il mantello.
- Consiglieri, eh? - domandò in tono aggressivo quello che gli stava più vicino.
- Gala, scappa! - esclamò Jel, ma la ragazzina non ne ebbe il tempo: un altro ribelle l'aveva già afferrata per la collottola.
- Suppongo di sì, comunque. - riprese quello che aveva parlato. - E cosa ci fanno due membri del Gran Consiglio in giro per le pianure dell'Haryar? Siete forse in... missione? - Sputò per terra.
- Maledetti idioti... - ringhiò Jel. - Lasciateci andare immediatamente. Non sapete con chi avete a che fare... - sentiva la Pietra premere contro la propria gamba e pregò perché ribelli non si accorgessero di nulla. Doveva fare in fretta... Ma ne avrebbe avuto il coraggio?
- Veramente... - rispose il quarto uomo. - lo sappiamo: un ragazzo e una bambina, Consiglieri. Ma credo che lo sarete ancora per poco...
La risposta alla propria domanda giunse in pochi secondi. Jel evocò la magia dentro di sé e, semplicemente, lasciò che scaturisse. Una potente massa d'aria si frappose tra lui e il ribelle che lo immobilizzava, che venne sbalzato all'indietro. Approfittando dello stupore degli altri, si gettò su quello che teneva Gala e lo spinse di lato con uno strattone.
- Nasconditi!- urlò alla compagna che, senza farselo ripetere si tuffò dietro il bancone. I ribelli si erano rialzati e lo circondavano, ora. Il mago tentò di mantenersi lucido, mentre questi si avventavano su di lui. Scagliò loro addosso con la forza del pensiero ogni oggetto che gli capitava a tiro - bottiglie, bicchieri, il vassoio, sedie - e con sua fortuna riuscì ad atterrarne uno. Gli altri gli furono addosso. Lo buttarono a terra di peso e uno estrasse un pugnale dalla cintura.
No, no! Schivò un primo fendente rotolando a terra, poi cercò di rialzarsi ed evocò nuovamente il vento, che rovesciò l'uomo più vicino, scagliandolo contro una parete. Quello che sembrava il capo, infuriato, lo afferrò da dietro e gli assestò una potente ginocchiata nella schiena.
- No, Jel! - urlò Gala da terra e, prima che qualcuno potesse fermarla, corse verso di lui. Un ribelle tentò di colpirla col pugnale, ma lei lo schivò e gli scagliò contro un pesante boccale dirigendolo al viso. Approfittando della temporanea distrazione di quello che lo stava trattenendo, Jel menò una gomitata all'indietro, colpendolo nelle costole. Dolorante, questo indietreggiò e il mago lo colpì ancora, in volto questa volta.
- Gala, ti ho detto di starne fuori. Scappa! - tuonò mentre l'avversario si riscuoteva e cominciava a colpirlo a sua volta.
- Non posso, dannazione! - strillò lei, mentre disperata tentava di tenere lontani gli altri due ribelli rimasti. Era la prima volta che combattevano, eppure Jel sentiva i movimenti che stava compiendo come familiari e ovvi. Non poteva lasciare spazio alla pietà e alla paura. Investì il proprio nemico evocando un'altra massa d'aria, poi la indirizzò verso i due che stavano lottando con Gala. Uno rotolò via, andandosi a schiantare fra i tavoli ma l'altro, che teneva Gala stretta per un braccio, riuscì ad evitarla.
- Fermo! - gridò. Il mago si immobilizzò; l'ultimo ribelle teneva premuta sulla gola della ragazza una lunga daga. - Fermo, sporco mago, o giuro che le taglio la gola.
Maledizione!
Jel tremò. Che cosa poteva fare? Sarebbe bastato un movimento sbagliato e Gala sarebbe morta. Era colpa sua, tutta colpa sua, non era nemmeno riuscito a proteggerla. Cercò di frenare la tremarella, mentre si sforzava disperatamente di trovare una soluzione.
Il ribelle pareva soddisfatto. - Molto bene - scandì respirando pesantemente. - Ora puoi dirmi che diavolo ci facevate qui...
Jel ponderò un istante. Dire la verità non era un'opzione. In effetti, c'era una sola cosa da fare. Alzò lo sguardo e chiamò a raccolta il proprio coraggio. Stava per fare qualcosa di pericoloso, ma non tanto per se stesso: era la vita di Gala ad essere nelle sue mani.
- Jel, non... - balbettò la strega terrorizzata, ma il giovane aveva già fatto la sua mossa. Fulmineo, attirò a sé la daga, strappandola dalle mani del ribelle, e in meno di mezzo secondo gliela scagliò contro. Lo colpì dritto nella gola, appena sopra la spalla di Gala; l'uomo dapprima lo guardò stupefatto, poi si premette le dita sullo squarcio che si era disegnato sul suo collo, mentre il sangue gli imbrattava i vestiti. Dopo poco crollò a terra, morto.
- Jel... Mio dio... Jel... - balbettò Gala sconvolta per la paura e lo stupore. - Lo... lo hai ucciso...
Il proprietario, che per tutto quel tempo era rimasto accucciato dietro il bancone, si rialzò e li guardò con aria terrorizzata. - Uscite da qui - ordinò loro, anche se il suo tono pareva piuttosto malfermo. - Fuori dalla mia locanda.
- Vieni - Jel prese la compagna per un braccio e scavalcò i corpi svenuti dei ribelli. Uscirono dalla taverna senza guardarsi indietro; Gala tremava. Prima di risalire sui cavalli, Jel si inginocchiò davanti a lei e la prese per le spalle.
- Gala, guardami - le disse serio. Aveva avuto paura anche lui e sentiva su di sé il sangue del primo uomo che aveva ucciso, ma al momento doveva pensare a cose più importanti. - Gala, dobbiamo andare, d'accordo? Se non ci muoviamo, quegli uomini si sveglieranno e troveranno il modo di combattere ancora e forse ucciderci. Capisco che tu abbia avuto paura, ma ora vieni. Sapevi che sarebbe stato pericoloso. Ora vieni.
La ragazzina lo guardò con in grandi occhioni castani colmi di lacrime. Poi, a sorpresa, si gettò fra le sue braccia piangendo. Nonostante tutto, Jel si sforzò di sorridere e le accarezzò i capelli.
- Grazie per avermi salvata - sussurrò Gala.








Note dell'autrice:
Ed ecco il sesto capitolo, primo d'azione! Eheh, mi era mancato tutto il sangue del primo libro, ma in ogni caso da qui la storia cambierà ritmo, ve lo assicuro ;)
Spero ovviamente che l'aggiornamento vi sia piaciuto - è anche decisamente più lungo del solito - e ringrazio le fedelissime che hanno recensito il capitolo precedente. A presto :D
* L'idea è presa dalla collana simbolo del Primo Cavaliere del Re nella saga di Game of Thrones, è un particolare che mi è venuto in mente molto dopo la pubblicazione del capitolo.
Talia_Federer
  
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