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Autore: VahalaSly    03/03/2014    3 recensioni
Tra una più che incasinata famiglia, due amiche che non si rivolgono la parola a vicenda e la sua incapacità di formare una frase di senso compiuto davanti al ragazzo che le piace, Amanda non desidera altro che un po' di tranquillità.
Ma quando quello che riteneva un amico le si rivolterà contro, scatenando una reazione a catena di problemi, Amanda si ritroverà a doversi appoggiare all'ultima persona che si sarebbe potuta immaginare...
/Attenzione: è presente romance tra un minore e un adulto/
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Breathe Into Me

Capitolo Ottavo:
Lezioni di Guida

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Alessandro tirò il freno a mano, fermando la macchina davanti ad un vecchio cancello arrugginito, la vernice nera ormai quasi completamente scrostata che lasciava intravvedere il grigio metallico al di sotto.

“E' questo il posto?” domandò Amanda, adocchiando con diffidenza quello che sembrava un desolato parcheggio al di là della cancellata. L'atmosfera in quel posto era a dir poco inquietante, le luci che sfarfallavano e i lontani lamenti di cani randagi che di certo non aiutavano.

Alessandro annuì, una gamba già fuori dalla portiera aperta “Dieci anni fa era il parcheggio di una fabbrica, poi la ditta che la possedeva è fallita e il posto è stato abbandonato. Non dei posti più invitanti, ma almeno qui nessuno ci disturberà”

La ragazza non commentò, cercando di ignorare i brividi che le dava quel posto; se mai avesse avuto bisogno di un posto per commettere un omicidio, quello sarebbe sicuramente stato la sua prima scelta.

“Sembra quel posto nel videogioco di Giulia” disse Roberta, facendo spuntare la testa tra i due sedili anteriori. “Quello dove gli uomini con i cappelli strani vendevano lo zucchero”

Amanda ispirò con forza, chiudendo gli occhi e posando la testa sullo schienale. Non sapeva se essere più preoccupata per il posto in cui si trovavano o per esaltazione nel tono di voce di Roberta.

E Giulia deve decisamente smettere di portare giochi simili, decretò.

Non fece in tempo a lasciarsi trascinare dal senso di privazione che il pensiero dell'amica le aveva procurato, poiché il rumore di qualcosa di metallico che cadeva a terra attirò la sua attenzione, facendole riaprire gli occhi.

Con scetticismo osservò Alessandro raccogliere un lucchetto e metterselo in tasca, spalancando poi a fatica il cancello. Tornò poi nuovamente verso la macchina, passandosi un paio di volte la mani sui jeans e sedendosi veloce accanto ad Amanda.

“Che c'è?” le domandò non appena ebbe chiuso lo sportello, notando l'espressione diffidente.

Lei spostò un paio di volte lo sguardo da Alessandro al cancello “Entriamo così? Sembra piuttosto... illegale”

Lui scoppiò a ridere, mettendo in moto la macchina “Non lo sono forse tutte le cose migliori?”

Amanda annuì appena, poi abbassò veloce lo sguardo, arrossendo violentemente. Le era venuta in mente un'altra cosa decisamente illegale che avrebbero potuto fare insieme e, a giudicare dal modo in cui Alessandro si stava schiarendo la voce, il pensiero non era sfuggito nemmeno a lui.

“Scusami, probabilmente non sono il genere di cose che dovrei dire ad una mia alunna” borbottò, lo sguardo ben piantato davanti a lui “Non granché come insegnamento”.

“Nessun problema” ribadì lei, voltandosi poi verso Roberta “Ma evitiamo di seguirlo, che dici?”

La bambina annuì, lo sguardo divertito che continuava a spostarsi da Amanda ad Alessandro quasi avesse compreso esattamente il motivo dell'improvviso imbarazzo tra i due; cosa che Amanda sperava vivamente non fosse vera, altrimenti avrebbe decisamente voluto dire che era tempo di togliere la televisione alla sorella.

Alessandro fermò nuovamente la macchina, tirando il freno a mano e scendendo veloce. Amanda lo sentì chiudere il cancello alle sue spalle, guardandosi intanto attorno nel tentativo di abituarsi all'ambiente. Era già abbastanza agitata all'idea di guidare quell'enorme fuoristrada, non aveva bisogno di essere anche spaventata dalla sua stessa ombra.

Cosa che stava decisamente accadendo, considerato il salto che fece quando Alessandro aprì improvvisamente la sua portiera, lasciandola senza fiato per lo spavento.

Roberta scoppiò a ridere, seguita poi a ruota dall'uomo, che le tese una mano per aiutarla ad uscire.

“Agitata?”

“Da cosa l'hai capito?” chiese lei sarcasticamente, affrettandosi ad uscire. Lui si infilò velocemente al suo posto, sedendosi e aspettando pazientemente che Amanda entrasse dalla parte del guidatore.

La ragazza si sistemò sul sedile, espirando profondamente e posizionando le mani sul volante. Era incredibilmente tesa, il suo istinto che continuava a dirle che quella era una pessima idea, che avrebbe combinato un disastro, tipo distruggere la macchina o bruciare il motore, che avrebbe fatto realizzare ad Alessandro quanto fosse incapace. Non le erano mai piaciute le macchine; non le piaceva niente di cui non avesse il pieno controllo, come le biciclette, o i suoi stessi piedi.

“Rilassati, è più facile di quanto sembra” la rassicurò lui, indicandole la leva del cambio “Sposta quello al centro, così la macchina rimarrà ferma quando metterai in moto”

Amanda fece come le era stato detto, scuotendola appena così da assicurarsi che fosse inserita correttamente.

“Questa è la folle” le spiegò lui “In questo modo disinserisci le marce, utile in caso di fermata con motore acceso. Ora gira la chiave”

“L'auto non partirà, giusto?” chiese Amanda, incapace di nascondere l'agitazione. Alessandro scosse la testa, sorridendo in maniera rassicurante, e la ragazza non poté fare a meno di ritrovarsi nuovamente a pensare a quanto fosse affascinante, rendendosi per la prima volta conto di quanto fossero vicini, di come il respiro dell'uomo le sfiorasse il collo.

Deglutì, cercando di scuotere via quei pensieri dalla mente che altro non facevano che portarla in un posto in cui non voleva andare, pronti a mostrarle qualcosa che non poteva avere.

“Giro allora” mormorò, afferrando la chiave e ruotandola nel quadro, sentendola scattare e osservando i quadri accendersi.

“Un altro po'”

Amanda girò ancora, ed ecco che con un rombo la macchina improvvisamente si mise in moto. Roberta lanciò un'esclamazione entusiasta, sollevandosi in piedi e posando il mento sulla spalla della sorella “Stai guidando!”

La ragazza ridacchiò, lasciando la chiave e osservando la macchina tremare sotto di lei. “Non proprio”

“Siamo a buon punto” disse Alessandro “Ma prima di andare avanti manca qualcosa”

Amanda lo guardò senza capire, aspettando che aggiungesse qualcosa. L'uomo comunque continuò a fissarla per qualche istante, poi sospirò, tendendosi pericolosamente verso di lei.

Amanda quasi squittì quando Alessandro si protese verso di lei, osservando le sue braccia muscolose e le sue imponenti spalle, i capelli così vicini che poteva sentirne il profumo del suo shampoo. Ginepro, giudicò, provando l'impulso di tendersi appena verso di lui, solo qualche millimetro, così da poter sfiorare i soffici ricci con la punta del naso, affondando poi il volto nell'incavo del suo collo.

Fortunatamente Alessandro si scostò, tornando a sedersi al suo posto, e solo dopo aver sentito il “click” Amanda si rese conto che aveva afferrato la sua cintura, allacciandola.

E lei gli era quasi saltata addosso. Le cose si stavano mettendo di male in peggio.

“Mai partire senza essersi allacciati la cintura” disse lui, apparentemente ignaro di cosa avesse provocato nella ragazza con il suo gesto. “E lo stesso vale per il resto dei passeggeri” aggiunse, voltandosi verso Roberta con cipiglio divertito.

La bambina saltò all'indietro con un leggero sbuffo, affrettandosi a fare quanto le era stato detto.

“Ora manca solo un po' di musica” disse lui, non appena si fu a sua volta allacciato la cintura, indicando dei CD infilati nello scompartimento della portiera di sinistra.

Amanda lo osservò per qualche istante, poi si voltò e ne afferrò un paio, segretamente chiedendosi perché non si fosse semplicemente teso per prenderli, proprio come aveva fatto poco prima.

Si era forse reso conto della reazione di Amanda? O era forse stato messo a disagio dal suo stesso gesto?

La ragazza non era affatto sicura rispetto a quale opzione preferisse.

Porse i due CD ad Alessandro, tirandone fuori poi un terzo e sollevando un sopracciglio con espressione scettica. “Lady Gaga?”

Lui le tolse veloce il disco dalle mani, lanciandolo sotto il sedile e schiarendosi la voce “E' di Lara”

I due si osservarono in silenzio per qualche istante, poi scoppiarono contemporaneamente a ridere, eliminando finalmente la tensione che si era creata ormai da svariati minuti nel veicolo. L'uomo tese un dito verso di lei, cercando di tornare serio “Non provare nemmeno a farne parola con qualcuno. Ho una reputazione da mantenere”

“Non so, ci devo pensare. Per inciso, il mio silenzio è negoziabile” dichiarò Amanda con fare divertito, tendendosi appena verso di lui. Gli occhi le scesero autonomamente verso le labbra dell'uomo, e improvvisamente si pentì amaramente delle sue parole, allontanandosi e tentando di camuffare il suo gesto con una nuova risata, la quale risuonò incredibilmente finta nell'abitacolo.

E tanti saluti alla tensione allentata.

Alessandro la osservò ancora per qualche secondo, poi posò lo sguardo sui CD tra le sue mani, aprendo il primo e infilandolo nel lettore della macchina.

Una musica leggera cominciò a diffondersi, seguita subito da una voce maschile, il tono alto e intenso. Amanda la ascoltò in silenzio per qualche secondo, piacevolmente sorpresa. Era piuttosto sicura di riconoscere il cantante, tuttavia non avrebbe saputo dire di chi si trattava. Le bastò lanciare uno sguardo alla copertina dell'album per capirlo.

“Rammstein, Lady Gaga, Muse. Gusti piuttosto elastici” commentò, rifiutandosi però di voltarsi verso Alessandro, fingendo di essere completamente presa dalla lancetta del gas. Il serbatoio della benzina sembrava essere appena stato riempito, e Amanda non poté fare a meno di chiedersi se lui lo avesse fatto apposta per la loro lezione. Servì solo a farla sentire più in colpa per quanto ci stava impiegando anche solo a mettere in moto la maledetta automobile.

Lui comunque non rispose, abbassando invece il volume non appena il ritmo della canzone aumentò e riponendo i due CD nello scompartimento del suo sedile “Rimettiamoci all'opera, che dici?”

Amanda annuì, lanciando un'occhiata a Roberta attraverso lo specchietto retrovisore. La bambina sembrava essersi stancata dell'attesa e aveva acceso il Nintendo DS appena ricevuto in regalo dalla sorella, il viso contratto in una morsa concentrata mentre fissava lo schermo.

“Ora viene la parte più difficile” disse Alessandro, ignorando lo sguardo preoccupato della ragazza. “Devi premere il pedale alla tua sinistra, la frizione, in modo da cambiare la marcia, poi senza lasciare il pedale mettere la prima”

Amanda guardò ai suoi piedi, posizionandosi come le era stato detto.

“Metti anche un piede sul freno, quello al centro, per sicurezza”

Il fatto che ci fosse bisogno di sicurezza non le piaceva per niente, ma non commentò, limitandosi a schiacciare anche il secondo pedale.

“Perfetto” dichiarò lui “Ora metti la prima”

Amanda posò la mano sul cambio, provando a spostarlo, ma questo non si mosse di una virgola. Ci riprovò, temendo però di rovinare qualcosa se avesse continuato a spingere in quel modo.

La mano di Alessandro improvvisamente fu sulla sua, e la ragazza si sentì avvampare, abbassando il capo così che i capelli nascondessero il viso completamente rosso alla vista dell'uomo.

“Premi meglio il pedale della frizione” disse lui, osservandola mentre faceva come le aveva detto. Con la mano sempre su quella di lei mosse poi il cambio, spostando la leva sulla prima marcia con un sorprendentemente delicato gesto del polso. “Devi farla entrare senza sforzare” spiegò, riportando nuovamente il cambio in folle, “Devi sentirla scivolare delicatamente al suo posto” spostò nuovamente la leva, tornando in prima, “Non andare dritta in diagonale, ma falla curvare appena, accompagnandola”

“Ora prova da sola” disse infine, togliendo finalmente la mano. Amanda sentiva l'intero braccio formicolare, ma cercò di ignorare la sensazione, imitando invece i gesti dell'uomo e riuscendo finalmente ad inserire la prima.

“Perfetto” decretò lui, sorridendole con fare affabile “E ora togli il freno a mano”

“Ma così la macchina non partirà?”

“Non se tieni ben premuti i pedali. Inoltre, far partire la macchina è proprio il nostro scopo”

Amanda ridacchiò, afferrando poi con forza la leva del freno a mano, abbassandola delicatamente e cercando di concentrarsi nel contempo sul piede che premeva sul freno invece che sulla vicinanza di Alessandro.

Era sempre più evidente che l'unico motivo per cui aveva accettato la proposta di Alessandro era l'alcol, perché da sobria mai si sarebbe lasciata trascinare volontariamente in una situazione così.

La presenza dell'uomo era soverchiante, poteva sentirla con ogni singola fibra del suo corpo, quasi ci fosse qualcosa che continuava ad attirarla verso di lui. Aveva bisogno di un bicchiere d'acqua. Aveva bisogno di una doccia fredda.

Gelida.

“Adesso lascia il freno”

“Cosa?”

“Non partirà ancora la macchina, non ti preoccupare”

Amanda alzò lentamente il piede, e come promesso la macchina non si mosse di un centimetro.

“Ora l'ultimo passaggio. Molto, molto lentamente, lascia andare la frizione e contemporaneamente premi l'acceleratore, il pedale a destra”

Non sembrava difficile, decise la ragazza, osservandosi i piedi e cominciando lentamente a premere sull'acceleratore. Stava pensando che forse si era fatta tante paranoie per niente quando, allentando la pressione sul pedale della frizione, la macchina fece uno scatto avanti, facendole prendere uno spavento e spegnendosi immediatamente.

Alessandro ridacchiò, voltandosi così da guardare anche Roberta, ora nuovamente interessata a quanto stava accadendo nel veicolo. “Tranquille, succede sempre le prime volte. Bisogna farci l'abitudine”

Amanda sorrise incerta, poi si rilassò sullo schienale del sedile, preparandosi mentalmente a quella che – era sicura – sarebbe stata una lunga serata.



 

“Continua così, stai andando benissimo” dichiarò Alessandro, continuando a spostare lo sguardo dalla strada alla ragazza accanto a sé. Amanda sorrise soddisfatta, dando un po' più di gas e muovendo lentamente la macchina lungo la strada vuota.

C'erano voluti altri quattro tentativi prima di riuscire a mettere in moto il veicolo, ma alla fine ce l'aveva fatta, e ora procedeva tranquilla per il parcheggio, gli abbaglianti che illuminavano ogni angolo, rendendo il posto decisamente meno spaventoso di quanto le era sembrato all'inizio.

Roberta aveva definitivamente spento il suo Nintendo, osservando invece con ammirazione la sorella mentre girava il volante e svoltava a destra, ricordandosi perfino di mettere la freccia.

“Cerca di capire dal rumore quando va cambiata la marcia” spiegò Alessandro, indicando poi il contagiri “Puoi anche controllare quello. Appena vedi l'ago avvicinarsi alla parte rossa, vuol dire che è tempo di cambiare”

Amanda annuì, limitandosi però ad avanzare ancora di qualche metro, ben piantata in seconda e non intenzionata ad aumentare la velocità nel prossimo futuro. Aprì appena il finestrino, affacciandosi nel tentativo di capire dove finisse il marciapiede che stava costeggiando, e Roberta rabbrividì un poco, stringendosi le braccia attorno al petto.

“Hai freddo?” le domandò Alessandro. Roberta annuì, e l'uomo le indicò con un cenno una giacca alle sue spalle, posata e appiattita vicino al vetro posteriore. “Prendi pure quella, è pesantissima”

Amanda lanciò una breve occhiata ai due, poi però tornò a piantare gli occhi in strada, decisa a non andare a sbattere contro qualche muro.

“E' rosa” ridacchiò la bambina, indossandola e seppellendocisi dentro “Come una principessa”

Alessandro sbuffò, passandosi una mano tra i capelli “Così mi hanno detto. Purtroppo dopo avermela lasciata comprare”

Roberta lo guardò senza capire, e Amanda stessa tese le orecchie con fare curioso.

“Spiegazione semplice: sono daltonico e ho degli amici tremendi” disse lui con fare scherzoso, scuotendo appena la testa.

Amanda lanciò una nuova occhiata sorpresa ad Alessandro, osservandolo per qualche secondo di troppo. Non l'avrebbe mai detto, ma se non altro questo spiegava la sua passione per i completi scuri, escludendo ovviamente gli strani capi gialli.

“Cos'è Dantonico?” domandò Roberta, sinceramente interessata.

“E' una persona che non riesce a distinguere alcuni colori” spiegò Amanda, voltando poi un secondo la testa verso Alessandro “Rossi e verdi, giusto?”

“Generalmente sì, ma sfortunatamente a me è capitata una forma più rara. E' chiamata tritanopia, ed è pressappoco la cecità per il blu” spiegò paziente “Fatico a distinguere il verde dal blu, così come tutte le varie tonalità di giallo dal rosa” si fermò un secondo, indicando Roberta “E questo spiega la giacca”

“Perciò la tua macchina...?” domandò Amanda divertita, chiedendosi come dovesse essere il mondo attraverso gli occhi di Alessandro. Quest'ultimo comunque scosse la testa con decisione “No, quella l'ho richiesta appositamente così. Adoro il giallo”

Amanda gli lanciò un paio di occhiate, continuando intanto a guidare, poi finalmente parlò “Non hai appena detto di non distinguerlo, il giallo?”

“Lo so, non ha molto senso” disse Alessandro, ridacchiando, “Ma è proprio il fatto che non posso vederlo che lo rende così interessante. E' come un mistero di cui non saprò mai la soluzione. Frustrante, ma intrigante da morire”

Roberta strinse gli occhi con fare cospiratorio “Sei proprio strano”

“Roby!”

Alessandro scoppiò a ridere, ignorando l'espressione contrariata di Amanda e quella sempre più decisa di Roberta, la quale era chiaro averlo ormai etichettato come un pazzoide.

Ovviamente il suo tipo di persona preferito.

Qualcosa sfrecciò improvvisamente davanti alla macchina, e Amanda non fece nemmeno in tempo a pensare di schiacciare il freno che si ritrovò spinta in avanti, sentendo una fitta di dolore quando la fronte andò a sbattere contro il volante.

Le ci volle qualche secondo per riuscire a riaprire gli occhi, il cuore che batteva a mille, risuonandole terrificante nelle orecchie. Una mano le spostò i capelli dal volto, e i suoi occhi incrociarono quelli di Alessandro, il volto carico di preoccupazione. “Stai bene?”

Amanda annuì, voltandosi poi immediatamente verso la sorella e chiamando il suo nome; la bambina annuì a sua volta, il respiro affannoso e lo sguardo carico di paura.

“Io... è saltato fuori dal nulla...” provò a spiegare Amanda, ancora in preda al panico. Alessandro le posò una mano sulla spalla, fissandola negli occhi con espressione rassicurante, cercando di calmarla “Va tutto bene, stavi andando pianissimo. Non è successo niente”

Si affrettò poi ad aprire la portiera dell'auto, precipitandosi fuori, ed Amanda non dovette pensarci due volte prima di fare lo stesso, incapace di contenere la paura di quello che avrebbe trovato una volta all'esterno.

“E' un lupo?”

Entrambi si voltarono verso Roberta, la quale li aveva chiaramente seguiti. Gli occhi della bambina erano invece puntati sull'enorme animale steso davanti alla macchina, il pelo lungo e folto e il muso nascosto da un'enorme zampa.

Alessandro si avvicinò ad esso, accarezzandogli piano il collo “Solo un cane troppo cresciuto” decretò, toccandogli piano la zampa. L'animale emise un leggero ringhio, seguito poi da un mugolio di dolore, e Amanda si sentì morire.

“Dobbiamo portarlo da un veterinario” disse, avvicinandosi e chinandosi accanto al cane, gli occhi inevitabilmente lucidi “Ti aiuto a caricarlo in macchina”

Alessandro annuì, e Roberta si affrettò ad aprire la porta posteriore del SUV, spostandosi così che potessero passare. Amanda afferrò saldamente la parte inferiore dell'animale, sollevando con tutte le sue forze e ignorando il dolore che le provocava l'incredibile peso dell'animale sulle braccia. Si mossero lentamente verso l'automobile, il cane che ancora mugolava piano, poi finalmente riuscirono a sistemarlo nei sedili posteriori.

Amanda si sedette immediatamente accanto ad esso, facendo cenno a Roberta di sedersi davanti. Il cane al momento era calmo, ma non voleva rischiare che mordesse la sorella, conoscendo sopratutto la mania di quest'ultima di mettere le mani dove non avrebbe dovuto.

Alessandro sembrò capire, perché non fece domande, limitandosi a sedersi nuovamente alla guida e a mettere in moto.

Ci misero poco meno di una quindicina di minuti a raggiungere la clinica veterinaria, ma ad Amanda parvero ore. Si sentiva incredibilmente in colpa, non riusciva a smettere di pensare a come avrebbe potuto evitare l'incidente; forse se non si fosse distratta, se fosse andata più lentamente, se fosse stata capace di premere quel maledetto freno. Ogni nuovo mugolio del cane era una pugnalata al petto, e vedere come tentava inutilmente di tendere la zampa una tortura. Presto si ritrovò ad affondare il volto tra la sua pelliccia, sussurrando parole dolci nel tentativo di rassicurarlo.

Spesso sentiva lo sguardo di Alessandro addosso, lo percepiva sulla cute come se riuscisse a passarla da parte a parte, leggendo tutti i suoi pensieri, ma non sollevò lo sguardo, continuando ad accarezzare la fulva pelliccia dell'animale.

Quando la macchina si fermò, Alessandro scese immediatamente, entrando nella clinica veterinaria e uscendone pochi secondi dopo seguito da un paio di uomini con un piccolo carrellino di metallo.

Aprirono velocemente la portiera, afferrando senza troppi preamboli il cane e posandocelo sopra. Amanda fu quasi tentata di protestare, allungando un braccio nel tentativo di fermare tanta rudezza, ma Alessandro le prese le mani tra le sue, aiutandola a scendere dalla parte opposta della macchina.

“Se ne occuperanno loro, non ti preoccupare” le disse, richiudendo lo sportello. Amanda rilassò i muscoli, passandosi una mano sul volto e strofinandosi gli occhi, poi accolse Roberta tra le sue braccia.

“Starà bene?” domandò la bambina, stringendosi alla sorella. Amanda annuì, accarezzandole piano i capelli con il dorso della mano “Sono sicura di sì”

Alessandro fece qualche passo verso la clinica, voltandosi poi verso le due ragazze “Venite, andiamo dentro. Credo ci sarà da aspettare un po'”



 

“Mi dispiace per la macchina” mormorò Amanda con sguardo basso, rompendo il silenzio presente da ormai svariati minuti “E anche per... tutto il resto”

Alessandro si voltò verso di lei, distogliendo l'attenzione da Roberta. Erano seduti nella sala d'attesa della clinica, incredibilmente bianca e pulita, piccoli sedili blu che occupavano due intere pareti. Oltre a loro tre vi erano solo altre due persone: un'anziana signora con un enorme gatto nero tra le braccia, e una coppia con ben quattro cagnolini in una gabbietta, i quali in quel momento erano occupati a farsi coccolare da Roberta.

“Non è stata colpa tua. Il cane si è lanciato davanti alla macchina, non ci sarebbe stato modo di evitarlo” disse Alessandro, passandosi una mano tra i ricci “Inoltre, non è successo niente di grave. A tutti capita un piccolo incidente di tanto in tanto”

“Non alla prima guida”

L'uomo ridacchiò, cercando di catturare nuovamente lo sguardo della ragazza “Vedrai che la prossima volta andrà meglio” la rassicurò. Aspettò qualche secondo, ma quando vide che non sembrava affatto convinta sospirò, sistemandosi meglio sulla poltroncina.

“Ti ho detto di aver già dato lezioni di guida ad un amico, giusto? Stefano, sempre lui. Io avevo diciannove anni, lui diciassette, e abbiamo deciso un giorno di prendere la macchina e farci un giro. Lui voleva guidare, e io non sono stato a pensarci troppo. Non ero proprio la responsabilità fatta a persona”

Si fermò un istante, quasi stesse assaporando il ricordo.

“Eravamo in una strada piuttosto isolata, così Stefano ha dato gas alla macchina e siamo partiti a tutta velocità. Tutto molto divertente, finché non siamo andati a sbattere contro una pattuglia dei carabinieri, con il risultato che io ho passato una notte in carcere, e a Stefano è stato proibito di frequentarmi fino alla maggiore età. Per non parlare poi della multa...”

Amanda fissò l'uomo con gli occhi sbarrati, indecisa se scoppiare a ridere o scappare a gambe levate. Più conosceva Alessandro, più si convinceva che l'uomo maturo che mostrava in classe come professore, altro non fosse che una facciata. Non era affatto sicura, però, di esserne dispiaciuta.

“Dopo quella volta abbiamo trovato la fabbrica, ai tempi molto meno fatiscente, e abbiamo continuato lì con le guide”

“Immagino la risata che si farà quando verrà a sapere che sono riuscita a fare un'incidente anche lì”

Alessandro scoppiò a ridere, annuendo divertito “Non me la lascerà passare, no. Mi ha sempre definito un pessimo insegnante”

“Nah, non sei poi così male” scherzò Amanda, dandogli un colpo con la spalla e ridacchiando a sua volta. Ora che sapeva di non essere stata la prima a rovinare la macchina di Alessandro, si sentiva decisamente più tranquilla.

Almeno non l'aveva fatto finire in prigione.

“I signori Navarra?” chiamò una voce, facendo voltare entrambi. Ci volle un po' troppo perché la ragazza si rendesse conto di essere stata chiamata con il nome di Alessandro, ma ormai era troppo tardi per obbiettare. Inoltre, lui non sembrava essersene fatto un problema.

Una giovane infermiera si avvicinò loro, portando con sé una cartelletta bianca e una penna, tendendole poi verso di loro. “Il vostro cane è stabile. Gli è stata fasciata la zampa e entro qualche settimana dovrebbe essere in grado di camminare di nuovo. Potete portarlo via questa sera stessa, ma sappiate che è obbligatorio microchippare i propri animali, e il vostro sembra esserne sprovvisto”

“Ah, no. No, il cane... il cane non è nostro. Mio” disse Alessandro, ora in piedi “Era in strada quando è saltato davanti alla mia macchina. Non so da dove provenga”

L'infermiera non sembrò affatto impressionata, mantenendo invece un'espressione annoiata “Come ho già detto, il cane è sprovvisto di microchip. Finché non sarà guarito, spetta a voi occuparvene”

“Non è possibile mandarlo in qualche centro, o qualcosa del genere?” domandò Amanda, sentendo Roberta avvicinarsi e poggiarsi al suo fianco.

“No, non finché non sarà guarito”

Alessandro si voltò verso Amanda, e questa sollevò le spalle “Non può stare da me, mio padre è allergico”

L'infermiera le lanciò un'occhiata stizzita, ed Amanda ebbe proprio l'impressione di non piacerle affatto “Forse avreste dovuto pensarci prima di investirlo”

Alessandro osservò la donna incredulo, sollevando leggermente le sopracciglia “Immagino che lo prenderò io, allora” disse, afferrando la cartelletta e leggendo il modulo al di sopra. Quando ebbe finito firmò sul fondo, riconsegnando tutto all'infermiera, la quale si allontanò senza degnarli di una seconda occhiata.

“Mi dispiace, ho combinato un macello” disse Amanda, passandosi le mani sul volto “Se il cane è un problema, posso organizzarmi per tenerlo chiuso da qualche parte...”

“Nessun problema, mi sono sempre piaciuti i cani” le assicurò lui, tornando a sedersi “E immagino che ora, considerato che lo terremo per varie settimane, ci serva un nome”

Amanda sorrise, alzando lo sguardo al soffitto con aria pensierosa “Visto quanto va veloce, direi che potremmo chiamarlo Flash”

“Flash” disse l'uomo, quasi stesse pregustando il nome “Mi piace. Tu che ne pensi?” domandò, voltandosi verso Roberta.

La bambina osservò Alessandro per qualche secondo, poi si voltò verso Amanda. Dopo qualche istante ripeté l'operazione, fermandosi finalmente sull'uomo “Penso che questo è il migliore compleanno di sempre!”

 

 

  
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