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Autore: ValeryJackson    04/03/2014    15 recensioni
Skyler aveva sempre avuto tre certezze nella vita.
La prima: sua madre era morta in un incidente quando lei aveva solo sette anni e suo padre non si era mai fatto vivo.
La seconda: se non vuoi avere problemi con gli altri ragazzi, ignorali. Loro ignoreranno te.
La terza: il fuoco è un elemento pericoloso.
Tre certezze, tutte irrimediabilmente distrutte dall'arrivo di quel ragazzo con gli occhi verdi.
Skyler scopre così di essere una mezzosangue, e viene scortata al Campo. Lì, dopo un inizio burrascoso, si sente sé stessa, protetta, e conosce tre ragazzi, che finiranno per diventare i suoi migliori amici. Ma, si sa, la felicità non dura in eterno. E quando sul Campo incombe una pericolosa malattia, Skyler e i suoi amici sembrano essere gli unici a poterlo salvare.
Una storia d'amore, amicizia, dolore, azione, dove per ottenere ciò che vuoi sei costretto a combattere, a lottare, e ad andare incontro alle tue peggiori paure.
Ma sei davvero disposto a guardare in faccia ciò che più ti spaventa?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl On Fire'
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La lama si sfilò dal suo ventre, e le sue iridi verdi si rovesciarono all’indietro.
Il suo corpo cedette, ormai privo di respiro e di forza.
Ormai privo di vita.
Skyler urlò.


«No!» Il grido di terrore della figlia di Efesto tagliò di netto l’aria gelida che li circondava.
L’uomo che aveva accoltellato il suo ragazzo si voltò di scatto, un ghigno malvagio sul volto. Poi, si avvicinò ad altri due compagni che avevano osservato la scena, e insieme scomparvero nella notte.
La scena sembrò svolgersi a rallentatore.
Skyler aveva smesso di ragionare. Non capiva più niente, e un dolore lancinante all’altezza del petto le impediva di pensare con razionalità.
«John!» esclamò, correndo a perdifiato contro di lui. Quando si inginocchiò accanto al suo corpo inerme, le venne un tuffo al cuore.
«No» sussurrò, incredula e terrorizzata. Il ragazzo giaceva su un tappeto di neve cremisi, così come la tonalità che aveva raggiunto in quel momento la sua maglietta. Non appena le mani di lei sfiorarono il suo torace, tremanti, si imbrattarono immediatamente di sangue. «No» Skyler scosse con violenza la testa, gli occhi sgranati. «No, no, no, no. No!» L’ultimo quasi lo urlò. Non poteva essere. Non era vero. Se lo stava solo immaginando.
Michael si inginocchiò al fianco dell’amico, gli occhi venati d’orrore.
«John» chiamò la ragazza, con gli occhi che bruciavano. «No, ti prego, John.» Il ragazzo tentò di lottare contro le sue palpebre, ma alla fine queste cominciarono a chiudersi. «No. John guardami» lo implorò Skyler. «Guardami!» Gli afferrò il viso fra le mani incrostate di sangue e lo costrinse ad alzare lo sguardo. Il ragazzo emise un rantolo strozzato nel vano tentativo di respirare. Skyler lo guardò negli occhi, ma questi erano vitrei e privi di vita. «John, resisti» supplicò, mentre calde lacrime le rigavano le guance disperate. La sua voce tremava come una foglia d’inverno.
Il ragazzo fece un sospiro tremulo. Un angolo della sua bocca accennò un dolce sorriso. «Skyler» sussurrò, con un filo di voce. Aprì la bocca per dire qualcos’altro, ma il fiato gli si smorzò in gola.
«No.» Skyler scosse la testa, terrorizzata. I suoi occhi guizzavano sul volto del ragazzo, spiritati. «No, John resisti. Resisti!» esclamò, scuotendogli il volto. Alzò di scatto lo sguardo su Michael, che li fissava stordito.
«Prendi la crema di Ermes!» urlò Skyler, con voce roca. «Presto!»
Michael obbedì, e, riscossosi da quello stato di pietrificazione, si alzò e corse a prendere lo zaino dell’amico. Vi frugò dentro con frenesia e, quando si inginocchiò di nuovo accanto al biondo, si riempì le mani di quanta più crema potessero contenere. Posò i palmi sul ventre del ragazzo, sporcandoseli di sangue. John si lamentò sommessamente, agonizzante, ma la ferita non si rimarginava. Michael provò ancora, ma non successe niente. «Non funziona» mormorò, terrorizzato.
Skyler lo guardò, incredula. «Riprova!» ordinò, singhiozzando.
Michael ritentò, ma non accadde nulla. «Non funziona» ripeté, avvilito e incredulo.
«Non è possibile» obbiettò la ragazza, la vista offuscata dalle lacrime. Era nel panico. Mentre fissava Michael, il suo respiro diventò affannato e il sangue cominciò a pulsarle nelle orecchie. Era così disorientata da non rendersi neanche conto della ferocia della sua risposta. «Lui ci è riuscito. Riprova, Michael. Riprova!»
«Non…» La voce di John uscì in un lamento strozzato, riuscendo però ad attirare l’attenzione dei ragazzi. «Non funziona» sussurrò. Alzò lo sguardo vitreo verso il cielo, mentre la sua anima si avvicinava di più a quest’ultimo che alla terra. «Non funziona.»
«No.» Questa volta fu Michael ad obbiettare. Afferrò John per le spalle e lo scosse con forza. «No, non mollare, amico!» gli ordinò. Ma il biondo non rispose. Con orrore, si rese conto che il suo battito stava rallentando vertiginosamente. «Reagisci, dannazione!» urlò, accorgendosi delle sue lacrime solo quando avvertì un sapore salato in bocca. «Reagisci!»
Ma John non reagì. Skyler sgranò gli occhi, incredula, mentre Michael si allontanava da lui, sconvolto.
«No» mormorò la ragazza, posandogli le mani sul petto. Questo, però, era immobile. Il panico, a quel punto, prese il sopravvento. «No, ti prego John. No. No.» Singhiozzi e lacrime si confondevano con le sue suppliche. «Ti prego non lasciarmi» implorò. Strinse la sua maglietta sporca nei pungi. «John» chiamò. Ma lui non rispose. «John.» Stavolta fu sicura che non le avrebbe più risposto.
«No» sussurrò un’ultima volta, distrutta. Poi il suo urlo raggiunse la luna. «No!»
Si accasciò sul suo petto, piangendo. Non che fino ad allora non avesse pianto, ma ora questo era più forte, più disperato. Michael, accanto a lei, si rifiutava di credere ai propri occhi.
Non poteva essere morto. Non lì, non John.
Non così.
Eppure, tutto ciò che poteva definirsi vita aveva abbandonato il suo corpo, e Skyler stava piangendo su un cadavere. Un cadavere che non avrebbe dovuto essere tale.
La disperazione che li avvolgeva era straziante, come acido versato su occhi condannati a restare aperti.
Skyler continuò a singhiozzare, il cuore trafitto da una freccia d’argento.
Quando, ad un certo punto, accadde qualcosa di strano. Si, strano.
Perché il corpo di John cominciò a brillare.
Mentre Michael lo fissava sconvolto, Skyler smise di piangere ed alzò lo sguardo, confusa. Non era il suo corpo a brillare, ma il suo avambraccio.
Il tatuaggio della casa di Apollo.
Luccicava di una luce verde e accecante. Skyler corrucciò le sopracciglia, non capendo. «Ma che cosa…»
Michael sgranò gli occhi. «La benedizione di Apollo» sussurrò, senza fiato.
«La che?»
Il figlio di Poseidone non ebbe il tempo di rispondere, perché la luce verde li accecò, costringendoli a voltare il capo. Restò sospesa in aria per alcuni secondi, illuminando tutto. Poi se ne andò.
Lentamente, i ragazzi tornarono a guardare John. Skyler lo squadrò, un po’ confusa, ma poi sussultò. Il petto di John, sotto i suoi palmi, ebbe un fremito.
«John» chiamò lei, con voce fioca. Il petto del biondo si alzò ancora, e, a quel punto, il ragazzo tossì, cercando di ingerire aria.
Skyler strabuzzò gli occhi. «John!» esclamò. Gli prese con foga il viso fra le mani, incredula. Per un attimo temette di aver immaginato tutto, finché il figlio di Apollo non alzò lo sguardo stanco. I loro occhi si incrociarono, e Skyler vi riconobbe il luccichio inconfondibile che la faceva impazzire.
«Oh miei dei…» mormorò lei.
John abbozzò un sorriso sghembo, mentre lottava contro il sonno che inondava il suo copro, impedendogli di fare qualcosa di diverso dal muovere i muscoli facciali. «Ehi…» cominciò, con un filo di voce, ma non fece in tempo a terminare la frase, che Skyler gli buttò le braccia al collo, stringendolo con forza. Cominciò a singhiozzare e a ridere alle stesso tempo, sollevata, ma soprattutto incapace di pensare con lucidità.
Michael si accasciò a terra, rilassando i muscoli e concedendosi una risata.
John li fissò, affaticato, ma non capì. Abbassò di poco lo sguardo, e notò la pozza di neve cremisi sulla quale giaceva. Non ricordava niente di tutto ciò che era successo. Non capiva perché i suoi amici fossero così disperati. Eppure, sentendo il piccolo corpo di Skyler tremare fra le sue braccia, non riuscì a pensare ad altro se non ad inebriarsi del suo profumo, tentando di scacciare quella strana sensazione al centro del petto che gli ricordava che aveva appena rischiato di non sentirlo mai più.
«Sono qui» le sussurrò all’orecchio, con un filo di voce. «Non ti lascio, Ragazza in Fiamme.»
E Skyler giurò di non aver mai amato tanto quel soprannome come allora.


Ω Ω Ω

Nelle due ore che seguirono, Skyler era ancora sconvolta.
Aveva osservato una spada trafiggere il corpo del suo ragazzo, e aveva visto John morire sotto i suoi occhi. Emma era stata rapita da un maniaco senza scrupoli e portata chissà dove, e John era risuscitato grazie ad una benedizione di suo padre, che aveva deciso che non era ancora arrivato il suo momento.
Il tutto in meno di mezz’ora.
Era stanca, e confusa.
John, sebbene fosse ancora vivo, non riusciva ancora ad alzarsi. Il suo corpo era ancora debole e privo di forze. Insomma, era pur sempre morto! Per questo, dopo aver trovato un posto sicuro dove accamparsi fra gli alberi, Skyler si era presa cura di lui, mentre Michael si era offerto di cercare qualcosa da mangiare.
La figlia di Efesto non riusciva ancora a mettere in ordine i pensieri. Accarezzava il viso di John, che, coperto anche dal cappotto della ragazza, si era addormentato quasi subito. La sua ferita si era rimarginata quasi del tutto, riducendosi solo ad un semplice taglio, e Skyler aveva dovuto bendarlo. Sembrava distrutto, e affaticato. Eppure era vivo. Respirava. Skyler aveva controllato ogni dieci secondi, e lui non aveva mai smesso. Non l’aveva perso.
Il solo pensiero le faceva venir voglia di piangere per il sollievo. Eppure era troppo stanca anche lei per scoppiare in lacrime. E poi un altro pensiero le affollava perentorio la mente.
Dov’era Emma? Che cosa le era successo? L’avevano rapita, e nessuno aveva idea di dove l’avessero portata. Stava bene? Le era successo qualcosa?
La consapevolezza di non saper rispondere a quelle domande le faceva bruciare la bocca dello stomaco. Perché? Perché proprio lei? Perché non qualcun altro?
E nella neve il male il sandalo alato ruberà.
La neve. Il sandalo alato. Il male. La profezia si stava avverando. Si, ma come salvarla, ora? 
In quel momento, mentre passava dolcemente una mano fra i capelli biondi di John, la figura di Michael fece capolino fra gli alberi. Stringeva in una mano quello che aveva tutta l’aria di essere un coniglio.
Da quando John si era risvegliato, non si erano rivolti la parola. Skyler non sapeva dire il perché, eppure non aveva voglia di parlare con lui.
Il ragazzo si avvicinò al piccolo fuocherello che avevano preparato e lasciò cadere il corpo senza vita del coniglio nella neve. Lei non lo degnò di uno sguardo.
«Cacciare con una spada è più difficile di quanto pensassi» commentò il moro, rompendo il silenzio che li avvolgeva come una fredda coperta. «Se avessi saputo usare l’arco di John, sarebbe stato più facile.»
Skyler strinse i denti, infastidita. Usare l’arco di John? Non doveva nemmeno provarci. Quell’arco era suo, punto. Suo e di nessun altro.
Il figlio di Poseidone, rendendosi conto di non ricevere risposta, continuò. «Se fosse sveglio potrebbe scuoiarlo lui. È molto più bravo di me.»
«Non lo sveglierò per questo» rispose brusca Skyler.
«Lo so» sospirò lui. «Stavo solo dicendo che…»
«John era morto!» lo interruppe lei, guardandolo negli occhi con astio. Il suo tono di voce si era alzato, ne era certa. «Era morto, per la miseria. Ed Emma è stata rapita da quei… da quei… da quei maniaci!»
Michael corrucciò le sopracciglia, avvertendo la sua rabbia. Poi strinse i pugni, non distogliendo lo sguardo. «Lo dici come se fosse colpa mia» le fece notare.
Skyler non rispose. Si alzò di scatto, fulminandolo con lo sguardo. Poi si voltò, ed iniziò ad inoltrarsi con passo deciso nel folto bosco.
Michael tradusse quel comportamento come una risposta affermativa.
«Skyler!» la chiamò, correndole dietro.
La raggiunse, ma lei non volle fermarsi, così fu costretto a camminarle tre passi indietro. Nonostante avesse avvertito palesemente la presenza del ragazzo dietro di lei, Skyler non accennò a voltarsi.
Michael allargò le braccia, scioccato. «Non ci credo!» esclamò, sconvolto. «Tu credi che sia colpa mia.»
«Io non credo che sia colpa tua» rispose lei risoluta, affondando le unghie nei palmi per la rabbia. «È colpa tua.»
Sul volto di Michael si mescolavano offesa e confusione. «Che cosa? Ma di che diamine stai parlando!»
«Lanciamoci in una missione suicida tutti insieme!» gli fece il verso Skyler, gesticolando animatamente. «Salviamo il Campo! Ma si, dai.»
«Si può sapere dove vuoi andare a parare?»
«Siamo venuti qui solo per te. Per te e per la tua stupida voglia di fare l’eroe. Ma, notizia del giorno, Michael. Non è così che si diventa eroi!»
«Ma che vuoi!» esclamò lui, infuriato. «Non sono io che vi ho chiesto di venire con me.»
«E che cosa avremmo dovuto fare?» lo accusò Skyler, furiosa, rifiutandosi ancora di voltarsi a guardarlo. «Lasciarti morire a Washington? Perché è questo che sarebbe successo, Michael. Non ce l’avresti fatta.»
Michael fece un sorriso amaro, sconvolto. «Ma come? Non eri tu quella “Noi siamo una squadra. Noi ci completiamo a vicenda. Siamo come i tre moschettieri…”»
«Si, ma questo era prima che John morisse!» lo interruppe lei, con la voce grondante di rabbia. «Prima che Emma venisse rapita!»
«John è ancora vivo!» le fece notare lui, mentre Skyler continuava a farsi strada fra i folti alberi ricoperti di neve.
«Si, ma Emma è ancora chissà dove!» ribatté lei, mentre i suoi passi ostinati lasciavano una scia di impronte sul suo percorso. «Hai pensato a cosa quei pazzi potrebbero farle? Eh? Hai pensato a cosa potrebbe succederle?»
«È ovvio che ci ho pensato!» rispose lui, indignato. «Ogni secondo da quando l’ho vista sparire con quegli uomini. Ma, dannazione, Skyler, non è colpa mia. Non sono io che ho deciso che doveva essere rapita. Non sono io che l’ho buttata fra le braccia di quei tizi!»
«Si, ma avresti potuto evitarlo.»
Michael inarcò un sopracciglio, sconvolto. «Evitarlo? E come, secondo te?»
«Tu eri lì, Michael!» esclamò lei. «Avresti potuto aiutarla! Avresti potuto fare… qualcosa!»
«E cosa!» Michael sentì la rabbia corrodergli la bocca dello stomaco. «Che cosa avrei dovuto fare? Avrebbero ucciso anche me.»
Skyler non ribatté a quell’affermazione, ne rispose. Continuò semplicemente a camminare, mentre Michael la seguiva confuso, arrabbiato, triste e sconvolto. Mentre il suo silenzio gli penetrava nel petto, finalmente pensò di aver capito come realmente stavano le cose.
«È questo che avresti voluto?» domandò, con tono amaro. «Che avessero rapito me al posto di Emma? Che fossi morto io, al posto di John?» Solo quando ebbe pronunciato l’ultima frase si rese conto di quanto in realtà temesse la risposta.
«Oh, no!» esclamò Skyler, voltandosi di scatto e fronteggiandolo. Aveva gli occhi lucidi, e la voce le tremava a tal punto da far credere che stesse trattenendo le lacrime. Gli puntò un dito contro. «Non provare a giocarti questa carta, Michael. Non puoi!» Lo fulminò con lo sguardo, stringendo i denti per la rabbia. «Non puoi» sibilò.
Poi si voltò di nuovo e riprese a camminare spedita verso una meta indefinita.
Michael rimase un attimo lì, impietrito dallo shock, ma si riscosse non appena vide Skyler allontanarsi sempre di più da suo campo visivo. «Aspetta!» urlò, correndole dietro.
Ma Skyler non aspettò. Non aveva intenzione di farlo.
Era stato proprio come se lo aspettava. Guardarlo negli occhi non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Ce l’aveva a morte con lui, ma perché? Perché stava sfogando tutta la sua rabbia e il suo rancore sul figlio di Poseidone? Perché se pensava davvero tutte le cose che aveva detto gliele diceva solo ora? Forse perché non le pensava davvero? Con chi ce l’aveva, realmente? Con se stessa? Con l’uomo con la cicatrice? O con il mondo intero?
Perché l’ultima domanda del ragazzo l’aveva ferita tanto?
«Skyler.» La voce di Michael arrivò forte e chiara al suo orecchio. Ma era diversa. Il suo tono sembrava quasi un avvertimento, e c’era un’altra emozione che la percuoteva. Paura.
Skyler non si sarebbe fermata, se non avesse sentito il terreno sotto i suoi piedi emettere un suono sinistro, simile ad un crack.
La ragazza si immobilizzò, sgranando gli occhi. Spaventata, abbassò lentamente lo sguardo, e quello che vide la lasciò senza fiato.
Quello che aveva sotto i piedi non era terra innevata, ma puro e finissimo… ghiaccio. Stava camminando su un lago ghiacciato.
«Skyler» la chiamò cauto il ragazzo, rendendosi conto che la ragazza stava tremando impercettibilmente. Per fortuna, lui era rimasto sulla sponda del lago, essendosi accorto del pericolo poco prima di avventarvisi.
Skyler si voltò lentamente verso di lui, muovendosi con prudenza per evitare di far rompere la lastra di ghiaccio. Ma questa sembrava comunque incapace di reggere il suo peso ancora per molto.
La figlia di Efesto trattenne il fiato, spaventata.
«Skyler» ripeté con tono fermo Michael, cercando un contatto visivo. «Skyler, guardami» ordinò.
La ragazza obbedì, incatenando i suoi impauriti occhi scuri con quelli decisi color del ghiaccio di lui.
«Stai tranquilla» mormorò lui, tentando di infonderle coraggio. «Ci sono qua io, ok? Non ti lascerò andare.»
Skyler lanciò uno sguardo terrorizzato al lago ghiacciato sotto di lei.
«Ehi» le sussurrò Michael, tornando a far incrociare i loro occhi. «Non ti lascerò andare» le ripeté, quasi fosse una promessa. Fece un sospiro tremante. «Ti fidi di me?»
La ragazza annuì, senza esitare, e quel piccolo gesto gli infuse tutto il coraggio che il quel momento non aveva. Annuì, deciso. «Bene» disse, con tono fermo. «Non ti muovere.»
Non l’avrebbe fatto comunque, pensò poi fra se e se, dandosi mentalmente dello stupido.
Si guardò intorno, cercando di non tradire il suo smarrimento. La verità? Non ce l’aveva un piano. Non aveva idea di come tirarla via di lì. Aveva poco tempo, e la lastra di ghiaccio era così sottile che dubitava avrebbe resistito a lungo. Ma di una cosa era sicuro. Non avrebbe permesso al destino di portargli via anche lei.
Senza la benché minima spiegazione del perché lo stesse facendo, trovò l’unico appiglio di salvezza in un robusto ramo spezzato lungo poco più di due metri e lo afferrò. Era abbastanza pesante, quindi Michael pensò ce l’avrebbe fatta.
«Ok» mormorò, cercando di avere un tono fermo e rassicurante. Le allungò il ramo. «Afferra questo.»
Skyler inarcò un sopracciglio. «Come, scusa?»
«Non obbiettare» la rimproverò lui. «Fidati di me e basta.»
Skyler afferrò l’altra estremità del ramo, titubante.
«Sei pronta?» le chiese lui, mentre lei stringeva saldamente la presa. La ragazza annuì. «Va bene. Ora ti tiro via, ok? Al mio tre. Uno.» Michael spostò un piede all’indietro, per darsi il giusto slancio. «Due.» Strinse anche lui più saldamente, tanto da avere le nocche bianche. «Tre!»
Tirò con forza il ramo a se, con uno scatto deciso. Skyler venne strattonata in avanti, mentre le sue suole scivolavano velocemente sulla lastra di ghiaccio. A causa dell’impatto, quando raggiunse la sponda del fiume, perse l’equilibrio. Ma Michael la afferrò prontamente fra le braccia, e insieme caddero nella neve.
Quando il ragazzo aprì gli occhi, rimase paralizzato. Il corpo di Skyler, sopra il suo, emanava un calore impressionante, e lui cercava di convincersi che fosse quello il motivo per cui stava avvampando. Le sue braccia erano ancora strette attorno ai suoi fianchi, a mo’ di protezione.
Ma la verità era che non se ne rendeva neanche conto, impegnato com’era a cercare di ricordare come si respirasse. I loro volti erano a circa cinque centimetri di distanza. I loro nasi si sfioravano, e i loro respiri si condensavano mischiandosi nel poco spazio che li separava. I due ragazzi si guardarono negli occhi, e Michael sentì il suo cuore perdere un battito quando rimase ipnotizzato da quelle striature dorate.
Skyler, d’altro canto, non riusciva a distogliere lo sguardo. Gli occhi del figlio di Poseidone erano diafani, quasi bianchi, ed erano attraversati da alcune venature azzurre che sembravano danzare come le onde del mare.
Non seppe dire di preciso quanto tempo rimasero lì imbambolati, a guardarsi senza trovare il coraggio di proferire parola, fatto sta che dopo un po’ Skyler si rese conto della situazione e arrossì violentemente.
«Sarà meglio tornare indietro» balbettò, alzandosi in piedi e tornando sui suoi passi, seguendo le impronte che le loro scarpe avevano lasciato.
Michael rimase qualche altro secondo lì, steso a terra. Abbandonò il capo all’indietro e chiuse gli occhi. Non sapeva spiegarsi il perché, ma non riusciva ad affogare una certa delusione.
In realtà lo so benissimo il perché, pensò, con un sospiro. Perché? Perché doveva innamorarsi proprio della sua migliore amica? Perché non di una figlia di Afrodite? Ce n’erano così tante al campo, libere e disponibili. Perché proprio lei?
La vita è ingiusta, si disse, alzandosi da terra e correndole dietro. Si diverte a vedermi soffrire.
Ω Ω Ω

Il fuoco crepitava silenziosamente davanti ai suoi occhi.
Da quando erano tornati all’accampamento, Skyler e Michael non si erano rivolti più la parola. John ancora dormiva, e mentre la ragazza sedeva al suo fianco per assicurarsi che stesse bene, Michael aveva iniziato a scuoiare il coniglio che aveva catturato poco prima, per poi cuocerlo sul fuoco.
Avevano mangiato in silenzio, e non se l’erano sentita di svegliare John, per cui avevano conservato una piccola porzione anche per lui e l’avevano lasciato riposare.
Dopo di ché, Michael si era allontanato di qualche metro, sedendosi sotto un albero poco lontano, e Skyler si era accomodata sotto un tronco accanto al fuoco, le ginocchia strette al petto, lo sguardo perso del vuoto.
Aveva voglia di parlargli, ma per dirgli cosa? E come faceva ad essere sicura che lui non ce l’avesse con lei? In fondo, ci era andata giù pesante, poco prima.
Si avvolse le gambe con le braccia, rannicchiandosi ancora di più. Solo poco dopo si rese conto che Michael si stava avvicinando.
Il ragazzo si sedette accanto a lei, incrociando le gambe. Restarono in silenzio per un po’, ad osservare il crepitio delle fiamme, finché entrambi non trovarono il coraggio di parlare.
«Senti, devo parlarti» dissero all’unisono.
«È importante» ribatterono entrambi.
Si guardarono. «Ok, dimmelo tu.»
Michael abbassò lo sguardo, mentre Skyler si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Ecco, in realtà…»
Trattennero tutti e due il fiato, in attesa di ciò che l’altro stava per dire. Poi, rendendosi conto del silenzio, all’unisono sbottarono. «Mi dispiace.»
Si guardarono negli occhi, poi, dopo alcuni secondi, risero divertiti.
John si agitò nel sonno, poco lontano, così le loro risate di dissolsero lentamente nell’aria.
Skyler lanciò un’occhiata a Michael, che, con un cenno del capo, la invitò a parlare per prima.
«Mi dispiace» ripeté la ragazza, lasciando trapelare un certo rammarico.
Michael corrucciò le sopracciglia. «Per cosa?»
«Per prima. Io… io non pensavo davvero tutte quelle brutte cose. Ma ero arrabbiata, e frustrata, e spaventata. E credo… credo di essermela presa con la prima persona che mi sono ritrovata davanti. So che tutto questo non è facile neanche per te, ma ti giuro, non volevo aggredirti così. Io… non so neanche come mi siano venute in mente tutte quelle cattiverie.»
«Non devi scusarti» la interruppe Michael, scuotendo leggermente il capo. «La verità è che avevi ragione. Nessuno ha avuto il coraggio di dirmelo prima, e io ho cercato di negare l’evidenza. Ma è colpa mia. Sono io che ho deciso di partire per questa missione, ed è colpa mia se ora siamo in questo stato. Forse avevi ragione.» Abbassò lo sguardo sulle sue mani, che giocavano con un rametto spezzato. «Forse sarebbe stato meglio se fossi morto io al posto di John.»
«Questo non devi dirlo neanche per scherzo» esclamò Skyler, furente di rabbia. Michael la guardò nei seri occhi. «Non augurarti mai la tua morte al posto di quella di altre persone. Non pensare che sarebbe stato meglio così per tutti, perché non è così. Chiaro? Non. È. Così.» Si guardarono a lungo negli occhi, prima che Skyler sospirasse. «Non so cosa avrei fatto se avessi perso anche te. Quindi, per favore, non dirlo mai più.»
Poi lei distolse lo sguardo, lasciando lui a fissare i suoi capelli imbambolato. Un nuovo silenzio li avvolse, stavolta però carico di tensione. Osservando il fuoco, ad un certo punto Skyler rabbrividì.
«Hai freddo?» le chiese Michael, con tono apprensivo.
Lei annuì leggermente, stringendosi nelle spalle. «Un po’.»
«Tieni.» Il ragazzo si sfilò il giubbino, mentre un freddo pungente gli pizzicava la pelle sotto la felpa leggera. «Prendi questo.»
«Cosa? No» si oppose Skyler, afferrandogli un polso con una mano per fermarlo. «Morirai di freddo.»
«Nah» fece spallucce lui, fingendosi noncurante. «Io sto bene così. Forza, prendilo.» E glielo mise sulle spalle, senza aspettare obiezioni o cenni d’assenso.
Skyler aprì la bocca per ribattere, ma quanto lui le sorrise, ci ripensò. «Grazie» sussurrò, riconoscente.
Lui le squadrò un attimo il volto, con un’espressione quasi indecisa. Poi sospirò, e si fece coraggio. «Skyler?» chiamò, titubante. «Posso… posso chiederti una cosa?»
Skyler sembrò un po’ sorpresa da quella domanda, ma annuì. «Certo.»
«Ecco, il fatto è che…» Michael si grattò la nuca. Sembrava in imbarazzo, e la figlia di Efesto non riusciva a capirne il motivo. «Non mi hai mai…» balbettò lui. «Non mi hai mai detto perché piangevi. Quella sera, quando sei venuta nella cabina Tre in lacrime. Allora mi sembrava una cosa importante, ma non volevo farti domande, perché temevo che avrei solo peggiorato la situazione. Non so, forse… forse speravo che me l’avessi detto tu, un giorno, che cosa è successo. Quando saresti stata pronta.» Si voltò a guardarla, ma non trovò il suo sguardo. Skyler fissava un punto indefinito davanti a se, e sembrava stesse lottando per gestire le sue emozioni. In quel momento, Michael si sentì un verme per averle ricordato quella sera, ma sperava lei capisse che non l’aveva fatto con cattiveria. «Voglio solo aiutarti» le spiegò, con dolcezza.
Skyler fece un sospiro tremante. Abbassò incerta lo sguardo, e si sforzò di trattenere le lacrime. «Mio zio è in Afghanistan» sbottò, dopo un minuto di silenzio.
Michael non osò proferire parola, così lei lo prese come un invito a continuare. «Quella sera ero nella cabina Nove con Leo, e alla radio hanno mandato una notizia su una spedizione dei Marines. Parlava di molti morti, e feriti. Io… io non lo so cosa mi sia preso. Insomma, non è la prima volta che parte, e ormai dovrei esserci abituata. Ci sono abituata. È solo che…» Tirò su col naso, mentre la sua voce diventava incerta. «Da quando tutto il mio mondo è cambiato, io sono cambiata con lui. Prima non piangevo quasi mai. Ero più forte, e affrontavo le situazioni di petto. Ora, invece, non ci riesco. Sono diventata debole, non riesco più a gestire le mie emozioni.» Calde lacrime iniziarono a rigarle le guance, e Skyler temette che se non avesse pronunciato le ultime parole tutte d’un fiato le sarebbe mancata la forza. «Sono fragile, ed ho una paura enorme di poter perdere mio zio, o che possa succedergli qualcosa, o che possa succedere qualcosa a me, e che io non riesca a dirgli mai addio, o che non tornerò più indietro e lui…»
«Ehi, ehi, ehi» la interruppe Michael, mentre lei cominciava a piangere sommessamente. Senza pensarci, le prese il volto fra le mani, e la costrinse a guardarlo negli occhi. «Non devi preoccuparti, ok? Sono convinto che tuo zio sta benissimo, e a te non succederà un bel niente, chiaro? Non lo permetterò. È normale avere voglia di sfogarsi, qualche volta, ma questo non fa di te una persona debole. Sei la ragazza più forte e determinata che io conosca.» Le sorrise dolcemente, asciugandole una lacrima con il pollice. «E poi non sei fragile, sei bellissima.»
Inutile dire che si pentì immediatamente di ciò che aveva appena detto. Ma ormai era tardi per tirarsi indietro. E poi non ci riusciva. Era così ipnotizzato dal suo volto, dai suoi occhi. Solo in quel momento si rese conto di quanto in realtà fossero vicini. Il suo sguardo passava velocemente dai suoi occhi, al suo naso, alle sue guance, alla sua bocca, e il figlio di Poseidone la trovò perfetta nella sua fragilità.
Skyler lo guardò, riconoscente, e, sorridendo, premette la sa guancia contro il palmo del ragazzo. «Grazie, Michael» mormorò, e sembrò quasi non accorgersi di quanta voglia avesse in realtà lui di baciarla in quel preciso istante. «Sei il migliore amico che io abbia mai avuto.»
Michael sentì un tuffo al cuore, ma si sforzò comunque di abbozzare un sorriso incerto. Ecco che cos’era lui. Un amico, e nulla di più. Forse non sarebbe mai stato nulla di più. Forse Skyler non sarebbe mai riuscita a provare ciò che lui provava per lei. Ma, guardandola ora, decise che anche il semplice fatto di essere solo un amico poteva andargli bene, se fosse bastato a farla sorridere.
Avvicinandosi ancora di più, le baciò dolcemente una guancia, lasciando lì le sue labbra un po’ più del dovuto. Poi la guardò negli occhi, accarezzandole uno zigomo con il pollice.
«Vieni qui» sussurrò, baciandole la fronte e attirandosela al petto. Skyler non oppose resistenza, e si lasciò cullare dal suo abbraccio protettivo. Michael posò il mento sul suo capo, e, lentamente, si sdraiò sul tronco dell’albero sotto la quale erano seduti, trascinandola delicatamente con se.
Il quel momento, mentre le accarezzava i capelli, il ragazzo si rese conto di quanto Skyler avesse ragione. Era fragile, fra le sue braccia, a tal punto che aveva paura che se l’avesse stretta troppo l’avrebbe rotta come una bambola di porcellana. Una ragazza talmente forte, eppure fragile come l’intreccio dei fili di una ragnatela. Ma aveva bisogno di protezione, e lui era pronto a dargliela, qualunque sarebbe stato il prezzo.
La luna era abbastanza alta in cielo, e il figlio di Poseidone immaginò fosse davvero tardi. «Prova a riposare» le disse dolcemente, ascoltando il ritmo del suo cuore battere in sincrono col suo.
Skyler disegnò un cerchio sul suo petto, titubante. Poi sospirò. «Posso rivelarti un segreto?» gli chiese, di punto in bianco.
Michael annuì, ma poi ricordò che lei non poteva vederlo, così rispose: «Ma certo.»
Skyler esitò. «Ho paura di addormentarmi.»
Il ragazzo corrucciò le sopracciglia, perplesso. «E perché?»
«Perché… perché ho paura di sognare brutte cose. Non voglio fare brutti sogni.»
A Michael sfuggì un sorriso, intenerito, quasi stesse abbracciando una bambina. «Non devi preoccuparti» le assicurò, con tono sicuro. «Se arrivano, li distruggo io.»
Skyler inarcò un sopracciglio, scettica. «E come pensi di fare?»
«Non mi hai costruito una spada per niente, no?»
A quel punto, Skyler rise sommessamente, facendo compiacere il ragazzo. Solo in quel momento si rese conto di quanto in realtà avesse sonno. «Va bene» mormorò, sbadigliando. «Sono nelle tue mani, allora.»
Michael se la strinse un po’ di più al petto, lasciandole un bacio fra i capelli. «Ti proteggo io, principessa.» Ma, giurò, a quel punto Skyler non lo sentì, perché si era già addormentata.
Michael restò in silenzio, ascoltando il ritmo regolare dei suoi respiri.
Era strano, ma era come se in quel momento non avesse più paura di niente. Come se non esistesse più il Morbo di Atlantide, e la cura da trovare. Come se John non fosse morto, ed Emma non fosse stata rapita. Come se fosse semplicemente un ragazzo normale, che stringeva fra le braccia la ragazza che lo faceva impazzire, e che si inebriava le narici con il dolce profumo di lavanda che emanavano i suoi capelli.
Con delicatezza, quasi avesse paura di svegliarla, le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Poi, con così tanta dolcezza che sembrava neanche la sfiorasse, le accarezzò prima lo zigomo, poi le belle sopracciglia, il profilo sinuoso del naso, la curva graziosa del mento, e la linea perfetta delle labbra.
Quante notti aveva sognato di baciare quelle labbra? Forse troppe, e forse era proprio questo il problema. Forse tutto questo era sbagliato, forse doveva solo cercare di allontanare il suo cuore da lei. Forse doveva solo pensare ad altro, e forse doveva smetterla di desiderarla così tanto.
Forse, forse, forse. Si, ma poi? C’era mai riuscito qualcuno? Poteva mai riuscirci lui? Forse sì. O forse no.
Come faceva a smettere di pensare a lei quando era l’unico motivo per cui ancora non aveva sfidato la morte?
Forse avrebbe dovuto dimenticarla, e forse sarebbe stato meno male.
Forse avrebbe potuto essere solo il buon amico che lei desiderava. Si, forse ce l’avrebbe fatta. O forse no.
E poi, si addormentò anche lui.
Ω Ω Ω

Sembrerà strano, ma quella notte Skyler non fece davvero nessun brutto sogno.
Dormì beatamente, di un sonno profondo, e non si sarebbe svegliata se non avesse sentito dei rumori intorno a se.
Qualcuno stava buttando altra legna del fuoco, trascinandola nella neve.
Quasi in contemporanea con Michael, la ragazza aprì gli occhi. Si sforzò di mettere a fuoco ciò che la circondava, mentre, con uno sbadiglio, si scrollava il sonno di dosso. Michael si stropicciò gli occhi, ancora un po’ assonnato.
John era in piedi, e sembrava in gran forma. Graffi e ferite erano spariti, e non faticava più a muoversi. Aveva ancora la benda attorno al tronco, ma la ferita sembrava essersi rimarginata, e non sanguinava più.
«Buongiorno» borbottò lui, con un certo distacco.
«John!» esclamò Skyler. Si alzò da terra e gli buttò le braccia al collo. «Come stai?»
Il biondo lanciò un’occhiata indecifrabile a Michael, ma poi avvolse i fianchi della ragazza e la strinse a se. «Sto bene» le disse, abbozzando un sorriso.
Skyler lo guardò negli occhi, con apprensione. «Sei sicuro? Perché sai, ti ho visto morto solo qualche ora fa, e non vorrei che ti sforzassi troppo. Siediti, ci penso io a…»
«Skyler, sto bene» la interruppe lui, divertito. Le accarezzò i capelli. «Sono sveglio da più di due ore. Ho avuto abbastanza tempo per recuperare le forze e per pensare.»
Stranamente, Michael sentì un groppo in gola, ma si sforzò di avere un tono sarcastico. «Ben tornato nel mondo dei vivi» si congratulò.
«Pensare a cosa?» chiese invece Skyler, curiosa.
«A dove potesse essere Emma» rispose John, forse con un po’ troppa decisione nella voce. Se la sgranchì. «Non devono essere molto lontani, altrimenti non capisco come abbiano fatto a raggiungerci fino al laboratorio. Forse un posto qui vicino. O un nascondiglio.»
«Ma si sono teletrasportati» gli fece notare Skyler. «Come sappiamo che non si trovano a chilometri da qui?»
«Perché loro non avevano idea di dove stessimo andando» disse John, con sicurezza. «Altrimenti sarebbero arrivati al laboratorio prima di noi, non credi? No, io credo che prima siano arrivati ad Alert, e dopo ci abbiano raggiunto al laboratorio. E poi perché non si sono materializzati direttamente dentro, se erano sicuri che ci trovassimo già lì?»
«Io ho sentito qualcosa» esclamò Michael ad un certo punto, guadagnandosi l’attenzione di entrambi. «Mentre stavano per portare via Emma, li ho sentiti parlare.» Corrugò la fronte, sforzandosi di ricordare. «Dicevano qualcosa a proposito ... del mare… e di una cabina. L’uomo con la cicatrice ha chiamato uno dei due Capitano.»
Skyler e John corrucciarono le sopracciglia, provando a ragionare. Poi, nello stesso istante, si guardarono negli occhi ed esclamarono: «Il porto!»
«Alert ha un porto, giusto?» chiese la mora.
«Si, credo a pochi metri da qui.»
«Pensi che si trovino su una barca?»
«Lo spero. Se siamo fortunati, non è ancora salpata.»
«Fantastico!» esclamò Michael, alzandosi in piedi. «E allora cosa aspettiamo?»
«Ci serve prima un piano d’attacco» gli ricordò brusco John. «Non credo che ci lasceranno salire e portare via Emma come se niente fosse.»
Non preoccuparti, Emma, pensò Skyler, mentre i due ragazzi cominciavano a discutere su come agire.
Stiamo venendo a salvarti.

Angolo Scrittrice.
Ta-da-da-daaaann!!!
Ciao, ragazzi! Eccomi qui, come sempre. Vi sono mancata? ahah

Beh, primma di dire qualunque altra cosa, voglio confessarvi che questo capitolo è stato un parto. Volevo creare un'atmosfera triste, malinconica, romantica... un pò di sorpresa. Ma non credo di esserci riuscita. Spero di si, comunque. Ma passiamo alle cose importanti.
John è vivoo! Ahah, sorpresa! People, please, non avrei mai potuto ucciderlo. E' sempre il ragazzo della povera Skyler, non sono così cattiva. E poi non si meritava comunque una morte così brutale. Il nostro Apollo l'ha salvato... ancora. Che bravo paparino! ahahah xD
Come avrete ben notato, Michael è ancora tormentato da tutti i suoi "problemi tipici della friendzone". Mi dispiace
heartbeat_F_
, ma una scenetta dolciosa tra il figlio di Poseidone e la figlia di Efesto ci stava. E comunque non è successo niente di che, no? Ma pensa al lato positivo: John è vivo! Yeah!
Ehm, scusate, ma sono troppo contenta ^^
Comunque, voglio ringraziare tutti quei santi Angeli che hanno recensito lo scorso capitolo, facendomi uno dei regali più belli di sempre. 14 recensioni, ragazzi! Quando ho visto quel numero, ho quasi avuto un infarto. Un grazie infinito a:
giascali, Ciacinski, Fred Halliwell, victoriajackson, kiara00, saaaraneedsoreo, chakira, heartbeat_F_, bigpercyfourjackson, Luce_ombra00, Fyamma, FoxFace00, Ema_Joey e Kalyma P Jackson
. Grazie, grazie, grazie, grazie. L'ho già detto grazie?
Ma c'è un'altra cosa per cui non vi ringrazierò mai abbastanza. L'altro giorno stavo vedendo le storie più popolari di questo fandom, e quasi per caso ho cliccato su più recensioni positive di sempre. E sapete che cosa ho trovato? La mia. Al primo posto!
Dei, ma avete deciso di farmi morire? Davvero, non ci sono parole per desrivere quanto io vi sia grata, e quanto questo sognifichi per me. Se ho ottenuto questo risultato, è ssoprattutto grazie a voi, che mi supportate e che mi incitate con le vostre bellissime parole.

Grazie, davvero.
Una strafelice
ValeryJackson
P.s. La profezia si sta avverandoo... ;P ahah
  
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