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Autore: fuoritema    05/03/2014    12 recensioni
{69esimi Hunger Games; OCs; guerra; triste; un po' introspettiva}
***
Camminò a ritroso ancora e ancora, gli occhi aperti come per captare ogni singolo cambiamento del paesaggio, ma il fantasma continuava a incombere su di lui. Era alto quanto bastava per farlo sentire inquieto, perché ricordava – e ne era certo – che Volpe fosse ormai più bassa di lui. Forse la morte rendeva più alti o forse la sua mente gli stava giocando dei brutti scherzi. Il ragazzo strizzò gli occhi nuovamente, convenendo che la seconda ipotesi era la più probabile se non voleva cadere nel sovrannaturale.
"I fantasmi non esistono, idiota."
E i fantasmi non esistevano fino a prova contraria, ma gli Strateghi sì: tra tutte le diavolerie che potevano aver inventato per terrorizzare i Tributi, quella poteva benissimo essere la vincente.
***
I 68esimi Hunger Games visti da Tributi di distretti totalmente diversi. Una delle edizioni dimenticate, una delle edizioni che hanno troncato la vita a ventitré giovani. Perché ci sono giochi a cui è meglio non partecipare.
Mai.
Genere: Avventura, Guerra, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Altri tributi, Finnick Odair, Presidente Snow, Tributi edizioni passate, Vincitori Edizioni Passate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We are not iron children, our shields are shattered glass '
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Banner stupenderrimo fatto da ThanatoseHypnos, che ringrazio molto <3

 
(I)
 C’è un tempo per vivere e uno per morire.
 
 


Le fiamme si espandevano oltre le sue dita.
Sembravano ballare al vento come le ali di una fenice in volo.
Un sorriso rischiarò lo sguardo del ragazzo dai capelli scurissimi. Era riuscito a non scottarsi, per la prima volta, e ne era soddisfatto.
Gli abitanti del nove non si avvicinavano a lui: gli faceva paura. Il fuoco, già di per sé un elemento odiato dai lavoratori del distretto del grano, sembrava essersi fuso con il suo corpo lasciando qua e là cicatrici biancastre; segno del suo continuo esercizio. Su di lui giravano strane leggende. Si diceva che avesse venduto la sua anima a spiriti oscuri, che punisse bruciando la sua casa chiunque osasse infamarlo; ma la gente parlava per parlare e nessuna di quelle voci poteva essere data per certa. Eppure il ragazzo era sempre lì: appariva al tramonto e scompariva con la notte dissolto nel buio. Quasi nessuno conosceva il suo nome, quasi nessuno lo aveva sentito pronunciare una parola.
Viveva ma era come se non vivesse, lavorando il mattino nei campi e allenandosi la sera. Il resto delle sue abitudini era sconosciuto. Così, quando fu chiamato alla Mietitura, anche lui, che ormai si considerava un fantasma del distretto nove, rimase sconcertato.
Non che non se lo aspettasse: chiunque poteva essere scelto, ma il suo nome – Raika - gli era diventato estraneo, dopotutto quando si va a morire far conoscere il proprio nome ai Capitolini non è di grande utilità. Inghiottì le lacrime andando fino al palco, con le braccia bloccate lungo i fianchi e la schiena leggermente curva. Non disse una parola, si limitò a fissare il vuoto con un sorrisino ironico nel viso pallido.
Prima di allora nessuno l’aveva mai visto senza le fiamme che gli avvolgevano il corpo, lambendogli dolcemente i fianchi.
 
 
Ventiquattro pedane erano disposte attorno alla Cornucopia ghiacciata. Ventiquattro ragazzi erano pronti a scattare verso la morte, lottando per la loro vita come dei soldati in battaglia. Erano ancora giovani, ma erano dovuti crescere in fretta. Prima del tempo.
Raika guardò gli altri Tributi strizzando gli occhi per scorgere anche le figure più lontane da lui.
L’ascesa verso l’Arena gli era sembrata interminabile: aveva provato a fermare il vetro con le dita, spingendolo forte sperando che si rompesse, ma non era servito a nulla. Cercò di calmarsi guardandosi attorno e preparandosi per scattare giù dalla pedana. Si trovavano su di un lago coperto da un sottile strato di ghiaccio: strisce di un azzurro molto più scuro andavano verso la Cornucopia sfumando nel bianco del cielo. Soffi di vento gelido si insinuavano nel suo corpo attraverso tutti i buchi possibili facendolo tremare con forza mentre cercava di scorgere le figure degli altri Tributi, coperte dalla nebbia.
Alla sua sinistra il bambino dell’undici tirava su con il naso: doveva essere terrorizzato e non si preoccupava neppure di nasconderlo. Al Gong tutto sarebbe cambiato: sarebbero diventati delle bestie pronte al macello, e pronte ad uccidersi a vicenda. Quel ragazzino era la prova vivente della brutalità di quei giochi, dell’innocenza strappata ad ognuno di loro.
La femmina del suo distretto era totalmente diversa: aveva sofferto molto per sopravvivere e le cicatrici che aveva un po’ su tutto il corpo ne erano la prova. I capelli le arrivavano fino al mento in riccioli scomposti smossi dal vento e nei suoi occhi c’era quella punta di determinazione che faceva pensare che forse quell’anno non avrebbe vinto un Favorito.
Raika sentì uno scoppio provenire da una delle pedane più lontane mentre brandelli colorati volavano per l’Arena, segno che qualcuno si era ucciso prima dello scadere del tempo. Nicole, la sua compagna di distretto.
“E’ inutile che perdi tempo con me. Tanto sono già morta”
Non sapeva se rallegrarsi oppure no, gliel’aveva detto e così era stato. Si era arresa senza combattere. Il ragazzo si maledisse per non averci pensato prima. Forse sarebbe stato meglio così: saltare in aria per le mine, ma ormai non aveva più scelta. Il suono del Gong fu quasi coperto da quello del cannone che scandiva la prima morte del giorno. Raika scattò in avanti afferrando uno zaino e una coperta per poi dirigersi verso i boschi ma fu fermato dalla ragazza del dieci, ancora indecisa sul da farsi. Aveva la tipica faccia bambinesca delle giovani non ancora adulte, gli occhi spalancati dal terrore. Cadde a terra sputando sangue centrata da una freccia alla schiena. Il moro indietreggiò per correre via mentre un ghigno sadico interrompeva i suoi pensieri. La ragazza dell’uno aveva bloccato il maschio dell’otto al muro della Cornucopia e stava alzando la falce pronta a tagliargli la testa di netto. Raika corse via mentre un urlo disumano squarciava la quiete dell’Arena.
Sul ghiaccio ormai il sangue scorreva copioso, i corpi si afflosciavano privi di vita.
 


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Maple, la quattordicenne del sette, tremava sulla pedana.
Aveva paura di morire, di dover uccidere, ma soprattutto di quel timer che scandiva l’inesorabile scorrere del tempo che mancava perché lei diventasse un’assassina a tutti gli effetti.
Guardò suo fratello, il Tributo maschio del suo distretto, e il ragazzo le sorrise, con quel sorriso sbilenco che le rivolgeva spesso mentre lavoravano in pineta, ma scosse la testa nel capire che sua sorella voleva dirigersi verso la Cornucopia. La ragazzina si rimise una ciocca di capelli rossicci dietro all’orecchio come sempre, per calmarsi.
“Non morirò, non morirò” ripeteva come un mantra trattenendo a stento le lacrime.
Era troppo presto per lasciare il mondo, troppo presto per essere costretta a crescere, ma a Panem non era importante. Si guardò attorno con gli occhi azzurri spalancati per la paura vedendo che il ragazzo del due si trovava alla sua destra.
Decisamente letale, specialmente per una bambina della sua età: l’avrebbe potuta uccidere in un attimo, torcendole il collo con una mossa fulminea o trafiggendola con una spada. Non sembrava tanto cattivo ma spesso l’apparenza inganna, e Maple lo sapeva bene.
Puntò uno zainetto vicino alla sua pedana e si preparò a scattare, sperando che la sua velocità bastasse. Sentì uno scoppio ma non se ne curò riuscendo a scivolare giù per prima, sfruttando il suo peso quasi nullo, mentre il suo cuore perdeva un battito. Corse all’impazzata fino agli alberi voltandosi solo per capire se suo fratello Thor era riuscito a prendere l’accetta.
E lo vide trafitto dalla spada del ragazzo del due, quando i suoi occhi perdevano la lucentezza di un tempo e si oscuravano per sempre. Il ragazzo si afflosciò per terra come un burattino a cui si tagliano i fili mentre il sangue macchiava la sua maglietta e il ghiaccio sottostante. Maple indietreggiò andando a nascondersi nel folto della foresta con lo zaino sulle spalle, piangendo. I capelli le sferzavano la faccia e il corpo era scosso da singhiozzi; se lo rivedeva davanti, morto. Avrebbe voluto tornare indietro ma non poteva, non con i Favoriti pronti ad ucciderla appena arrivata. Inghiottì le lacrime chiudendo forte gli occhi sperando di risvegliarsi nella pineta per uno scherzo di suo fratello, ma non era così. Sentiva il cuore martellarle in petto e ad ogni battito il dolore che provava le impediva di deglutire e le stringeva lo stomaco in una morsa.
Quando finalmente fu arrivata abbastanza lontano dal Corno si buttò per terra, come Thor - l’unica differenza era che lei era ancora viva mentre lui no - sicura di non riuscire più ad alzarsi. Lasciò che il freddo della neve la avvolgesse, intorpidendole il corpo, mentre il cannone annunciava i morti nel Bagno di sangue. Pianse ancora più forte nel pensare che tra loro c’era anche suo fratello.
 

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India era scappata quasi all’istante dalla mischia, subito dopo aver preso uno zaino e una sacca piena di coltelli. Era sempre stata abile nella corsa: era una ladra nel suo distretto e la velocità nel suo “lavoro” era importantissima, così fin da piccola aveva imparato a scegliere la strada più giusta per sfuggire ai suoi inseguitori. In realtà le sue vittime non la scoprivano quasi mai, si accorgevano di essere stati derubati dopo tanto tempo dal fatto e non sapevano chi fosse stato. Eppure più volte da piccola era stata costretta a una fuga contro il tempo, con il cuore in gola e la paura di essere presa per la giacca e consegnata ai Pacificatori. Crescendo era cambiato tutto e aveva dovuto prendere in mano le redini della sua famiglia a pezzi, occupandosi spesso e volentieri dei suoi fratelli più piccoli.
La ragazza continuò a correre fino a quando non arrivò al bosco, dove si fermò un attimo per riposarsi e vide un lago. Era ghiacciato solo superficialmente, un passo e la lastra si sarebbe rotta facendo cadere le persone sopra di esso nell’acqua gelida e sicuramente piena di insidie. Sentì dei passi e si nascose dietro le fronde di un albero, prendendo in mano il coltello che portava appeso alla cintura. Una giovane dai capelli chiarissimi si era avvicinata alla lastra per poi scoppiare in una risata. Aveva una faccia furba, un po’ topesca, ma sembrava scaltra e portava uno zainetto sulle spalle ossute. L’aveva vista varie volte agli allenamenti, sempre alla postazione delle piante commestibili e all’arrampicata: non aveva provato neppure una volta a impugnare un’arma ma aveva deciso di cercare di sopravvivere con la conoscenza della natura. L’aveva soprannominata “la volpe del ghiaccio” e aveva avuto ragione nel chiamarla così: sembrava proprio un animale nordico per la leggerezza e bravura nel muoversi sul sottile strato di neve.
India sorrise leggermente pensando che erano molti simili avendo entrambe capito che c’era qualcosa che non andava in quel lago. Non c’era vita: né pesci né alghe. Era avvelenato con una sostanza acida sconosciuta nei distretti, e caderci dentro avrebbe causato lesioni mortali al diretto interessato, oltre che, naturalmente, il congelamento dopo pochi secondi. India rimase immobile guardando fuori da uno spiraglio nel tronco la ragazza, che aveva deciso di allontanarsi da lì. Sentì i suoi passi diventare sempre più deboli e lontani per poi finire del tutto.
Intanto il cannone scandiva sei colpi per i morti nel Bagno di Sangue.

 


Angolino dell’Autrice:
 
Questo capitolo non mi soddisfa per niente in verità: mi sembra un po’ scontato e scialbo, ma comunque è meglio di niente. Ho deciso di iniziare dal “bagno di sangue” perché i preliminari dell’Arena mi annoiano e ho deciso di metterli solo tramite flashback. Allora… per il momento avete solo conosciuto Raika, Maple ed India, tre dei protagonisti(?) della mia long. In realtà sono molti di più e si spartiranno la scena in tutti i capitoli che avranno tra i due e i tre POV, fino a raggiungere le 1600 parole circa; ogni giorno sarà diviso in due capitoli. Se non l’avete capito India è la sorella di Willow che ho citato nella mia solita raccolta. Gli altri due, invece, sono inventati di sana pianta: Maple è di proprietà di mia cugina che ha intensione di scrivere uno spin-off (fan fiction in cui lei e Thor sono fuori dall’Arena) mentre Raika è tutto mio. Ho penato moltissimo per trovare i prestavolti, ma ce l’ho fatta… così vi lascio i nomi e i distretti (soprattutto non molto conosciuti) di cui fanno parte e mi dileguo <3
 
D9 Raika Swift, 16 anni
D7 Maple Bark , 14 anni
D11 India Ellis, 17 anni
 
MORTI NEL “BAGNO DI SANGUE”
 
F5, M7, M8, F9, F10, M12

 
   
  
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