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Autore: Deb    07/03/2014    3 recensioni
Non c'è da stupirsi del fatto che Peeta si irrigidisca quando sente le mie labbra sulle sue per un bacio a fior di labbra, casto. Il nostro primo bacio senza telecamere. È normale che ne rimanga stupito.
I suoi occhi sono sorpresi quando lo guardo, scostandomi da lui. Le guance mi si colorano immediatamente e abbasso lo sguardo per rialzarlo quando sento le dita di Peeta sul mio collo. Ha lo sguardo serio, come se dovesse chiedermi il permesso, non so cosa legge dalla mia espressione, ma lo vedo avvicinarsi al mio viso e chiudo gli occhi in attesa di sentirlo nuovamente sulla mia bocca.

{Everlark || What if su Catching Fire/Mockingjay}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non rinunciare mai alla speranza
Capitolo VII


Prim è seduta al mio fianco, mi stringe una mano e mi ripete che andrà tutto bene. Che sarà una grande emozione vedere il bambino e che hanno acconsentito a stampare le foto. Chiedo perché dovrebbero farlo e mi risponde che era una tradizione di un tempo. Stampavano sempre le foto dell'ecografia, la prima foto del bambino. Io trovo che sia alquanto stupido, ma non faccio ulteriori domande. Sarà una tradizione del Distretto 13.
Mi volto quando riconosco il passo rumoroso di Peeta. Due guardie sono al suo fianco e le manette gli stringono i polsi. Ha lo sguardo serio ed anche un po' truce e prima di avvicinarsi ulteriormente a noi si ferma per scrutarmi un attimo.
«Sei nervosa», ammette e per un attimo mi sembra che riesca a leggermi dentro, come faceva in passato, quando mi sembrava che sapesse cosa stessi pensando, anticipando le mie domande. Annuisco.
«Ciao, Peeta». Prim si alza quando lo faccio anche io e lo saluta, con un sorriso sulle labbra. Lui ricambia tranquillo e questa è la conferma che è diverso e sospettoso soltanto nei miei confronti.
Quando mia madre esce dalla stanza per farci accomodare, non può fare a meno di guardare Peeta di traverso. Le vorrei dire di non farlo, che potrebbe avere un episodio ed attaccarmi, ma lui abbassa lo sguardo e, quando le passa vicino, sussurra un «mi dispiace». All'inizio non capisco, poi mi torna in mente come mia madre non fosse contenta della nostra (finta) relazione perché ero troppo giovane per avere un ragazzo, figurarsi un figlio.
Mi fanno sedere su una lettiga e mi tirano su la maglia, scoprendo la pancia ormai un po' fuori misura, con alcune smagliature di contorno. Prim mi ha detto che è normale che comincino a comparire e che devo stare attenta alla dieta, poi non l'ho ascoltata più. Mi sembra ancora così assurdo avere questa cosa dentro di me. E se fosse davvero un ibrido? E se avessero combinato qualcosa per farmi rimanere incinta in qualche modo e non è nemmeno figlio di Peeta? È possibile?
Noto Peeta osservarmi, è al mio fianco, ma sembra non avere intenzione di attaccarmi, sembra tranquillo, o forse si sta sforzando perché è curioso di vedere le immagini di nostro figlio. Forse, finché sono gravida, non tenterà di uccidermi, ci penserà poi, magari dopo aver partorito, così da essere sicuro che non possa far del male a lui ed al bimbo. Non posso fare a meno di pensare che la sua calma sia una tattica, come nell'arena, quando aveva stretto un'alleanza con i Favoriti per proteggermi. Ora ha stretto una tacita alleanza con me, prima di voltarmi le spalle per attaccarmi. E sono sicura che lui stia pensando esattamente lo stesso di me. Anche se io non potrei mai pensare di ucciderlo.
Si irrigidisce un attimo, allungando le braccia. Io mi ritraggo e le guardie lo placcano subito, prendendolo per gli avanbracci. Peeta guarda prima uno poi l'altro. «Volevo solo accarezzare la pancia, scusate».
Sentire quelle parole mi crea un senso di colpa. Finnick l'ha accarezza, Johanna, Prim, mia madre, ma non il padre del bambino.
«Lasciatelo». Ordino e, con cautela, gli prendo la mano con la mia. Vedo i suoi muscoli tendersi, ma si concentra per non ritrarre la mano che appoggio sulla mia pelle. Prim è pronta a scattare se facesse qualcosa che non deve fare, ma l'unica cosa che noto sono i suoi occhi brillare per un attimo e mi sento stranamente bene, tranquilla. Sentire il suo calore su di me, mi fa sentire protetta, anche se so bene che, nelle condizioni in cui è ridotto, dovrei essere terrorizzata dalla sua vicinanza.
Indugia sulla mia pancia per un po', poi la toglie con malavoglia quando mia madre si avvicina a me con un contenitore strano.
«Sentirai freddo», mi dice prima di premere la plastica sotto le sue dita facendo cadere una gel sul mio ventre. Mi concentro nell'osservare l'espressioni di Peeta che, con la curiosità negli occhi, mi tranquillizza, ma lui ha avuto sempre questo effetto su di me. Ed il pensiero che finita questa visita ci divideremo nuovamente, mi fa star male. So che comunque questa nostra piccola convivenza sia solo un palliativo, non c'è niente di vero. È tutta una finta, ma mi crogiolo lo stesso in essa perché non ho altro a cui aggrapparmi. Sgrana gli occhi quando il monitor davanti a noi da nero si colora di tonalità di grigio, mi volto anche io ed osservo quelle linee e quelle sagome che non riesco a comprendere. Dove sarebbe il bambino? Non ci si capisce nulla. Mia madre continua a muovere l'ecografo da una parte all'altra della mia pancia, non sento più nulla, non mi accorgo di niente, sono completamente concentrata a cercare di capire quello che il display rimanda. Inizialmente non mi accorgo nemmeno di aver stretto la mano di Peeta e che lui abbia cinto la mia a sua volta e quando lo faccio, continuo a far finta di nulla. Non voglio interrompere quel momento per guardarlo in volto o per osservare le nostre mani strette, potrebbe scansarsi. Mi rilassa sapere che involontariamente voglia sentirmi vicino, voglia comunque proteggermi. Significa che forse dentro di lui c'è ancora una piccola parte che sa che non potrei fargli del male, e devo aggrapparmi a questo. Alla speranza. Al non darlo per spacciato, come Prim mi ha detto. Lui è ancora lì, da qualche parte ed io devo aiutarlo a non perdersi dentro il labirinto che è diventata la sua mente. Devo stargli vicino, anche se comporterebbe essere sempre in pericolo. Ma ora so che non farebbe del male al feto, non potrebbe perdonarselo, quindi significa che non farebbe del male nemmeno a me che sono l'incubatrice di suo figlio. Ho deciso che, finché non partorirò, cercherò di farlo tornare da me. Di fargli capire che sono innocua e che l'unica cosa che voglio è che torni quello di un tempo e non la pedina che Capitol City ha creato per farmi spezzare.
«Okay». Mi volto verso l'uomo che ha parlato. È un dottore del 13 e non mi sono accorta del suo arrivo. Si avvicina al monitor, mentre parla con noi. È grande circa sei centimetri e la cosa stranamente mi sconvolge. È una cosa minuscola. Con l'altra mano, quella Peeta non mi stringe, ma che, per via delle manette, è vicina all'altra, mi accarezza il dorso della mano scoperto e mi chiedo se se ne renda conto. Probabilmente no, visto che è ancora intento a guardare il monitor come se non esistesse nient'altro, nemmeno io.
Alla fine, mia madre mi pulisce dal gel e mi fa scendere, guardo un attimo Peeta, in silenzio che non capisce cosa voglia. Così indico le nostre mani e lui si scosta velocemente, indietreggiando di qualche passo come se ora capisse di essersi lasciato andare e di aver commesso un terribile gesto.
«Portatemi via». Esclama alle guardie che annuiscono.
«Ti porterò le foto, se vuoi». Gli dico prima di vederlo uscire dalla porta.
«Come ti pare».
Rimaniamo da sole io, mia madre, Prim ed il dottore che mi dà un foglio nel quale c'è scritto che dovrò ripetere. Mi porge anche un piccolo plico, dicendomi di leggerlo e che mi aiuterà durante la gravidanza. Annuisco, facendo finta di essere interessata quando invece non mi interessa tutto quello, ma soltanto lo stato mentale di Peeta.
Prim mi abbraccia e sembra essere entusiasta di diventare zia. Non mi giudica come invece ha fatto Gale, è contenta, o almeno non mi dà alcuna colpa. Pochi giorni fa mi ha persino detto che lo sapeva che prima o poi io e Peeta avremmo dato alla luce un figlio perché era impossibile che io recitassi, lo leggeva nei miei occhi, ma ero troppo occupata a pensare ad altro invece di capire che sono effettivamente innamorata di lui. La verità è che ancora non sono sicura di esserlo e, quando gliel'ho fatto presente, ha ammesso che lo sospettava e dà la colpa di ciò alla gravidanza. Dice che non riesco a fare chiarezza nei miei sentimenti perché ho paura che lui possa non amarmi più e che quindi mi autoconvinco di non sentire nulla. Non so se abbia effettivamente ragione, ma non posso fare a meno di non ascoltarla, di pensare che sia più matura di me sotto il punto di vista dei sentimenti e che forse dovrei darle ascolto ed ammettere che non ho mai amato Gale, anche se gli voglio un gran bene, ma che amo Peeta. Primrose dice che gli opposti si attraggono, che Gale mi è troppo simile e che invece Peeta è la persona che mi completa, che mi capisce, che mi protegge e con la quale io possa avere un vero futuro. Mia madre, invece, dice che non dovrei pensare a queste cose perché sono troppo piccola e che accetta la cosa soltanto perché la storia degli sventurati amanti mi ha salvato la vita nell'arena.

Rigiro tra le mani le foto dell'ecografia. Il dottore mi ha indicato il punto dove si trova il bambino, ma più lo guardo e più penso che sia un ibrido. Potrebbe esserlo, se non sapessi che ancora si deve formare. La testa è sproporzionata rispetto al corpo, ma con il tempo questa condizione dovrebbe scomparire. Spero che prima o poi guardare queste foto non mi terrorizzerà più come ora.
«Cos'è?» Domanda Johanna strappandomi le foto dalla mano.
«Come è andato l'addestramento?» Chiedo io, senza risponderle.
«Sono cotta. Se stanotte mi svegli sappi che ti ucciderò, non mi importa del tuo stato interessante. Sarai morta!» Risponde, continuando ad osservare le linee grigie. Sembra non capire cosa sia, poi sgrana gli occhi. «È il bambino?»
Annuisco. «Qui nel 13 ti stampano persino le foto da portare a casa».
Sento la sua risata e la sua esclamazioni di quanto sia stupido tutto quello. «Devono proprio essere in carenza di neonati se stampano le inutili foto dell'ecografia».
Scrollo le spalle, «nel 12 nemmeno esistevano l'ecografie».
«Credo che non esistessero in nessun Distretto, se non qui e a Capitol City». Fa una pausa e incrocia le gambe sul letto, «poi il ragazzo innamorato non più innamorato è venuto con te?»
«Sì. Anche lui voleva assistere ed ha chiesto il permesso a Haymitch».
«Oh! Ma che carini che siete!» Esclama sarcastica.
«Mi ha stretto la mano senza rendersene conto. Mi sembrava che ci fosse il Peeta che conoscevo», ammetto con la voce che tradisce la mia emozione.
Johanna non mi risponde, mi osserva per un po', poi sospira. «Quando eravamo prigionieri ti pensava sempre. Eri la sua forza, dopo un po' ha cominciato ad imprecare contro di te, ma una parte di lui sarà sempre innamorato dell'idiota che sei».
Sgrano gli occhi capendo che mi vuole consolare, che sta cercando - anche lei - di donarmi speranza. Io non le ho mai chiesto del suo periodo di prigionia, ho pensato fosse troppo doloroso farle tornare alla mente quel periodo. Io non l'avrei voluto fare, ma Johanna, oggi, ha parlato di sua spontanea volontà riuscendo a darmi davvero speranza perché lei era lì, con Peeta, per tutto il tempo.
«Domani andrò da lui a fargli vedere le foto. Credo che fosse emozionato».
La vedo sorridere, «alla fine se l'è tirata da solo la storia della gravidanza, raccontandola a Ceaser, anche se sperava che ti facessi una vita con Gale». Si ferma una attimo per guardarmi, «siete due perfetti idioti. Avete sprecato del tempo prezioso, lui con la sua idea che tu amassi follemente Gale quando le tue azioni dicevano il contrario, basti pensare che ora porti in grembo suo figlio e te... con la tua autocommiserazione di non volere nessuno vicino, tantomeno Peeta, quando invece lo ami alla follia, tanto che noi abbiamo dovuto proteggere lui per poter proteggere te».
Mi stringo nelle spalle e comincio seriamente a pensare che forse hanno ragione loro, che ho sempre amato Peeta, forse dal momento che l'ho ritrovato vicino al ruscello dell'arena, e che abbia cercato in tutte le maniere di non rendermene conto. Ma ora è troppo tardi per redimersi ed è inutile pensare se l'amo o no. È lui quello che non mi ama più e se mi ama è troppo in profondità da riuscire a riportarlo in superficie.

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Buongiorno! Sono di frettissima che devo andare dal dentista D:
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Una parte di Peetyno vuole stare vicino a Kitkatina, peccato che nessuno stia vicino a lui che… be’, non è felicissimo nemmeno lui del bimbo, sappiatelo. E come al solito Kitkat è presa dalle sue pare di come lei stia. Mi sembra giusto. Povero Peety.
Scusate se ancora devo rispondere alle recensioni, ma questo periodo è un po’ incasinato e non ho fatto in tempo :( Ma le leggo sempre e vi ringrazio tantissimo per il vostro supporto. Appena riesco a stare un po’ al pc con calma, vi prometto che vi risponderò :)
Vi ringrazio tantissimo anche per tutte le preferite, ricordate e seguite!
Scappo! T0T
Baci
Deb
   
 
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