Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: ValeryJackson    12/03/2014    10 recensioni
Skyler aveva sempre avuto tre certezze nella vita.
La prima: sua madre era morta in un incidente quando lei aveva solo sette anni e suo padre non si era mai fatto vivo.
La seconda: se non vuoi avere problemi con gli altri ragazzi, ignorali. Loro ignoreranno te.
La terza: il fuoco è un elemento pericoloso.
Tre certezze, tutte irrimediabilmente distrutte dall'arrivo di quel ragazzo con gli occhi verdi.
Skyler scopre così di essere una mezzosangue, e viene scortata al Campo. Lì, dopo un inizio burrascoso, si sente sé stessa, protetta, e conosce tre ragazzi, che finiranno per diventare i suoi migliori amici. Ma, si sa, la felicità non dura in eterno. E quando sul Campo incombe una pericolosa malattia, Skyler e i suoi amici sembrano essere gli unici a poterlo salvare.
Una storia d'amore, amicizia, dolore, azione, dove per ottenere ciò che vuoi sei costretto a combattere, a lottare, e ad andare incontro alle tue peggiori paure.
Ma sei davvero disposto a guardare in faccia ciò che più ti spaventa?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Girl On Fire'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dopo aver distrutto tutto ciò che restava del loro accampamento provvisorio e dopo aver raccolto un po’ di forza di volontà per poter affrontare un paio d’ore di viaggio a piedi, finalmente erano riusciti a ritornare in città.
Lì, avevano cercato qualcuno che potesse spiegargli come raggiungere il porto, trovando un uomo disposto addirittura a portarceli personalmente. In cambio di qualche soldo, ovvio.
Così, erano saliti sul pick-up, sistemandosi fra alcuni cappotti di pelle e alcune scatole piene di blocchi di ghiaccio, e avevano iniziato a contare i soldi che restavano, mentre l’uomo li conduceva alla loro destinazione. Non erano molti, ma furono abbastanza per far sì che quello fosse contento, e che se ne andasse via con un sorriso stampato in volto.
Per Michael, fu peggio di come se l’era immaginato. Quando gli amici avevano nominato il porto, non aveva osato obbiettare, perché sapeva che, in un modo o nell’altro, quello era l’unico modo per salvare Emma.
Ma trovarsi lì, di fronte a tutta quell’acqua. Aveva sperato che sarebbe riuscito a gestire le proprie emozioni. E invece, quando si ritrovò davanti tutte quelle barche, restò paralizzato. Non era neanche riuscito a seguire gli amici, che, senza pensarci, si erano avviati verso il luogo dove le scialuppe erano ormeggiate.
I ragazzi se ne accorsero, e arrestarono la loro corsa per voltarsi a guardarlo. Con cautela, si avvicinarono entrambi al ragazzo.
«Ehi» sussurrò Skyler, posandogli una mano sul braccio con fare rassicurante. «Va tutto bene?»
«I… io…» balbettò il figlio di Poseidone, incapace di articolare una frase di senso compiuto. «Io non ce la faccio.»
«Non devi preoccuparti» mormorò la figlia di Efesto, accennando un sorriso. «Ci siamo noi qui con te. Non ti succederà niente.»
Michael la guardò negli occhi, e lei inclinò il capo di lato, con dolcezza. Sorrise. «Siamo con te, ricordi?»
«Skyler ha ragione» disse a quel punto John, attirando l’attenzione del ragazzo. Gli mise una mano sulla spalla e strinse forte. «Non devi preoccuparti. Con noi in giro, non ti succederà niente.» Fece un sorriso sghembo. «E poi, io so nuotare abbastanza bene.»
Quell’affermazione strappò un sorriso al figlio di Poseidone. Non sapeva dire il perché, ma credeva che John ce l’avesse con lui. Fino a quel momento, non gli aveva rivolto neanche una parola. Ogni tanto lo osservava, magari fulminandolo o soppesandolo con lo sguardo, ma poi tornava a fare ciò che stava facendo come se niente fosse. Qualcosa gli suggeriva che fosse per via di quella notte, quando lui e Skyler avevano dormito abbracciati, senza pensare ad eventuali conseguenze. Forse per la figlia di Efesto non era significato niente, ma per lui sì. Per lui era significato eccome! Come avrebbe potuto essere altrimenti, dopo quello che provava per lei? Per un attimo, aveva immaginato come sarebbe stato restare così per sempre, con la sua guancia posata sul suo petto, con il suo corpo contro il suo, con il suo odore di lavanda che gli infondeva un senso di beatitudine che non aveva mai provato prima.
E, a ripensarci ora, si sentì in colpa per quel pensiero. Era convinto che John non gli avrebbe parlato più, eppure ora gli stava addirittura offrendo la sua protezione.
Chissà perché, ma questo gli infuse molto più coraggio delle dita affusolate di Skyler che sfioravano il suo braccio.
Distolse per un attimo lo sguardo, osservando il mare.
Per anni era stato il suo nemico più temuto. Quello alla quale non osava avvicinarsi, quello che gli faceva molta più paura dei fiumi e dei laghi.
Quel coso si era inghiottito sua madre. Senza ritegno, senza pietà. Se l’era portata via, e lui non aveva neanche avuto l’opportunità di dirle addio. Per anni era stato costretto a piangere su una tomba vuota, perché il suo corpo non era mai stato ritrovato. Per anni si era sentito solo e disperso, senza nessuno che gli ricordasse che cosa si provasse ad amare ed essere amati. E tutto per colpa di cosa? Di uno stupido ammasso d’acqua.
Ma adesso basta, quella storia doveva finire. Era arrivato il momento di affrontare le situazioni di petto. Era arrivato il momento di smettere di avere paura. Era arrivato il momento di salvare Emma.
Alzò di poco il mento, in tono di sfida, e annuì.
«Andiamo» disse, con una decisione che non pensava di possedere. Ora, aggiunse poi con il pensiero, temendo di poter cambiare idea.
Skyler e John sorrisero, raggianti, poi si avviarono verso le barche, con il ragazzo al seguito.
Seppur titubante, Michael li aiutò a cercare.
Una barca. Emma era su una barca. Si, ma quale? Di sicuro aveva un nome greco inciso sul fianco, e di sicuro l’avrebbero riconosciuta. Eppure, lì sembravano tutte uguali.
Skyler si avvicinò ad un pescatore, chiedendogli se avesse mai visto scialuppe con nomi strani.
L’uomo ci pensò un po’ su, ma poi annuì, e con quel suo strano accento affermò. «Si, ce n’era una. Era grande, e il Capitano era un tipo strano. Ma non ci ho mai parlato.»
«Ricorda il nome della barca?» domandò Skyler, speranzosa.
«Ehm, si… anche se non so esattamente come si pronuncia. Era un nome greco, mi pare. C’era scritto καρδιά του διαβόλου. Ma non ho idea di cosa significhi.»
Purtroppo, Skyler lo sapeva bene. Cuore del diavolo. Chissà perché, qualcosa le diceva che fosse la barca giusta. Ignorò il brivido che le corse lungo la schiena, e si sforzò di non mostrare il suo tentennamento. «Sa dirmi dov’è, adesso?»
«È appena salpata» rispose l’uomo indicandole con un cenno qualcosa nel mare. Skyler seguì la direzione del suo sguardo, e la vide. Grande, imponente, sembrava una normalissima nave da crociera. Ma dentro c’era la sua amica. E lei doveva tirarla fuori di lì.
Non era molto lontana, per cui immaginò fosse partita solo quella mattina.
«C’è un modo rapido per arrivarci?»
«Potresti affittare uno scafo» propose l’uomo, con noncuranza. «Ma ti verrebbe a costare parecchi soldi.»
Qualunque prezzo, pensò Skyler, mentre, dandosi un tono autoritario, cominciava a trattare con il pescatore.


Ω Ω Ω

Nell’aria c’era odore di putrido. Da qualche parte, nell’ombra, stava gocciolando dell’acqua.
Emma non mangiava ormai da troppe ore. Non aveva idea di dove si trovasse. Dopo essersi teletrasportata con quegli uomini, il suo corpo non aveva retto lo sforzo, ed era svenuta. Quando si era ripresa, poi, si era risvegliata già lì. In quel posto umido, pieno di gabbie, con delle forti vertigini e le mani ammanettate da una corda di metallo che spuntava fuori dalla parete.
Ormai le bruciavano i polsi, e vani erano stati i tentativi si liberarsi. Ci aveva provato per ore con qualche forcina, ma si erano rotte tutte, e il coltello e la carta erano nel suo zaino appeso al muro, fuori dalla gabbia.
Aveva un vuoto allo stomaco così profondo che le venne la nausea, ma tutto ciò che quei mostri si erano degnati di lasciarle era un piatto con qualche cracker che doveva trovarsi lì dalla Seconda Guerra Mondiale. I cracker si muovevano, ma la ragazza non riusciva a dire se per via dei vermi che li abitavano o delle sue allucinazioni.
Dopo un tempo passato lì che sembrava interminabile, iniziò anche il mal di mare.
Si trovava su una nave, questo l’aveva capito. Più volte aveva sentito il Generale chiamare l’uomo al quale aveva morso la mano Capitano. E poi sentiva delle dolci onde cullare tutto.
Le forze l’avevano abbandonata quasi del tutto, ma se c’era una cosa che non aveva mai perso negli anni, era la cocciutaggine.
Stanno arrivando, si disse, mentre cercava di aprire le manette con un’altra forcina. Non mi abbandonerebbero mai.
Si ruppe anche quella.
In quel momento, per la prima volta da ore la porta si aprì, ed Emma drizzò la schiena scossa da un moto di speranza.
Ma non appena nella stanza fece capolino una figura alta e possente, le sue spalle si abbassarono immediatamente.
Il Capitano fece il suo ingresso con il petto sporto in avanti, le mani dietro la schiena. I suoi tacchetti di cuoio producevano un rumore sordo sul pavimento di metallo, riecheggiando sulle pareti prive di vita.
Emma evitò di guardarlo, infastidita dalla sua presenza, ma avvertiva comunque i suoi occhietti piccoli perforarle la pelle. L’uomo ghignò.
«La suite è di vostro gradimento, signorina?» chiese, prendendosi gioco di lei.
Emma strinse le labbra in una linea sottile, esibendo un sorriso falso e pieno di astio. «Credo proprio che dovreste rinnovare il personale.»
Il Capitano rise sommessamente, divertito. Si avvicinò lentamente alla sua gabbia, mentre si massaggiava con il pollice l’altra mano. «Sai, devo farti i complimenti per la tua dentatura. Davvero esemplare» disse, guadagnandosi un’occhiataccia dalla bionda. «Hai avuto l’apparecchio, per caso?»
Emma lo ignorò, evitando il suo sguardo, e mentre l’uomo misurava la stanza a grandi passi, qualcosa attirò la sua attenzione.
Un tintinnio.
Di chiavi.
La ragazza spostò velocemente lo sguardo verso la fonte di quel suono, e all’improvviso le vide. Il Capitano aveva un mazzo di chiavi appese al fianco, circa una decina. Sicuramente c’erano anche quelle della sua gabbia, e molto probabilmente anche quelle delle manette.
Sforzandosi di non tradire alcuna emozione, Emma alzò gli occhi su di lui, esibendo un sorriso scaltro.
«E così» cominciò, fingendosi noncurante. «Tu sei il secondino, qui, giusto?»
L’uomo arrestò la sua camminata, visibilmente infastidito, e la ragazza capì di aver colpito nel segno.
«No» rispose lui, stizzito. «Io sono il capitano.»
«Il capitano.» Emma fece finta di soppesare quella parola. «Quindi questa nave è tua?»
Il Capitano sorrise, compiaciuto, e allargò le braccia gonfiando il petto. «Proprio così. Ogni singolo centimetro.»
«Quindi non dovresti trovarti… che so, sul ponte, a comandare?»
Lui fece un sospiro teatrale, giocherellando con un anello che portava al dito. «Nah. Ho deciso di prendermi una piccola pausa. E poi, non potevo lasciare la mia ospite tutta sola, ti pare?»
«Mh.» Emma annuì, poco convinta. «E il Generale sa che sei qui?»
L’uomo sembrò irrigidirsi al sentire quel nome, ma non si scompose. «Il Generale non è tenuto a conoscere tutti i miei spostamenti.»
«Davvero?» La ragazza parve sorpresa. «Perché da come ti parla, non si direbbe.»
Il Capitano inarcò un sopracciglio, non capendo. «Che vorresti dire?»
Emma fece spallucce. «Beh, è ovvio che è lui che comanda, qui. E che voi seguite tutti i suoi ordini.»
L’uomo digrignò i denti. «Io non seguo gli ordini di nessuno.»
Emma rise, di una risata sguaiata e derisoria. «Oh, andiamo. Si vede lontano un miglio. Ma la cosa non mi sorprende più di tanto. Lui è imponente, e si fa rispettare. Tu, invece, sei solo un debole alla mercé dei più forti. Uno schiavo, insomma. Non sarai mai al suo livello.»
Dalla sua espressione, il Capitano dimostrava una certa rabbia infiammargli la faccia. I suoi occhi erano furenti, e le vene sulle tempie pulsavano, quasi fossero loro stesse adirate. L’uomo si portò una mano al fianco, afferrando le chiavi, e con due grandi falcate raggiunse la porta della gabbia.
«Ora ti faccio vedere io, ragazzina» minacciò, mentre nel mazzo cercava la chiave giusta.
Emma soffocò un gridolino soddisfatto, e osservò ansiosa l’uomo scegliere una chiave ed infilarla nella serratura. Ce l’aveva fatta. Stava per uscire.
Il Capitano stava per girare la chiave, quando una voce glielo impedì.
«Non lo faccia.»
L’uomo si bloccò all’istante, impallidendo.
Emma spostò lo sguardo sulla porta, e rabbrividì anche lei.
Il Generale fissava il Capitano con un viso impassibile, ma dove era palpabile il disappunto. Indossava ancora il suo completo nero, la cicatrice sul volto gli donava un aspetto agghiacciante.
Il Capitano fece due passi indietro, allontanandosi dalla gabbia e mettendosi sull’attenti. A quel punto, il Generale guardò Emma, e un ghigno divertito gli comparve sul volto.
«Astuta» si complimentò, con un cenno del capo. Si avvicinò alla gabbia, senza levarle gli occhi di dosso. «Sfruttare le debolezze degli altri è sempre stato il modo migliore per ottenere qualcosa. Ma con il nostro Capitano era abbastanza facile, vista la poca personalità.»
Il Capitano divenne rosso in viso, adirato, ma non osò contraddirlo. Sembrava spaventato, e questo non fece che mettere in soggezione Emma ancora di più. «Figlia di Ermes, immagino.»
Emma non rispose, ma si sforzò di sostenere il suo sguardo. Dopo averla scrutata per un po’, l’uomo allungò una mano verso il Capitano, senza far vacillare il suo sorriso da vampiro.
«Mi dia le chiavi» ordinò, e non ottenne obbiezioni. Il Capitano gliele passò, con titubanza, e quello aprì la serratura della gabbia. Gliele restituì, lanciandogliele, e si avvicinò lentamente alla ragazza.
Emma sentì un nodo stringerle la bocca dello stomaco, ma continuò a sfidarlo con lo sguardo.
Il Generale si chinò leggermente e strattonò le sue catene, così forte da costringerla ad alzarsi, con un mugugno di disappunto.
Quando furono faccia a faccia, Emma si rese finalmente conto dei dieci centimetri che li differenziavano in altezza, e si sentì vulnerabile, davanti a quell’imponenza. L’uomo sembrò accorgersene, perché ghignò.
Fece un passo verso di lei, tant’è che ora la bionda sentiva il suo fiato fetido carezzarle il viso. Il Generale la squadrò da capo a piedi, con occhio attento.
«Sei affamata» disse. Non era una domanda. La cosa sembrava divertirlo. «Capitano, avete portato qualcosa da mangiare alla nostra ospite?»
«Nell’angolo, signore.»
L’uomo si voltò verso il punto indicato dal suo secondino, e vedendo i cracker ammuffiti e andati a male rise di gusto. Tornò a guardare Emma.
«Mi dispiace, ma non siamo abituati ai forestieri.» Le sfiorò uno zigomo con un dito affusolato, provocandole un brivido di disgusto. «È un peccato, con una bella fanciulla come te.»
Emma giurò di dover vomitare. Quell’uomo la disgustava, e solo le catene in quel momento le impedivano di lasciargli una ginocchiata nelle parti basse.
Il Generale le afferrò il viso con una mano, proprio sotto il mento, e lentamente la portò alla sua altezza. Emma non sentiva più il pavimento sotto i piedi, e si sforzava di fare grandi respiri a denti stretti, faticando ad ingerire aria a sufficienza.
Ma non distolse lo sguardo. Continuò a fissarlo, con aria di sfida, cercando di fargli capire che non era così facile impaurirla. Il sorriso da vampiro ricomparve sul volto del Generale, che, ad un palmo dal suo naso, soffocò una risata beffarda.
«Sai, è stato un bene che alla fine abbiamo preso te e non il tuo amico» disse, con voce roca. «Almeno così potremmo divertirci un po’.»
Le passò un lurido dito sulle labbra, ed Emma sentì un groppo salirle in gola, ma la sua espressione non vacillò.
«E poi» continuò il Generale. «Non mi sembrano poi questi grandi amici. Tutta la notte, e non sono neanche venuti a salvarti. Non ti sembra strano?» La fissò, con un sopracciglio inarcato, e vide il suo sguardo argentato fissarlo con odio. Rise. «Oh, dei. Tu ancora ci speri. Beh, in effetti, anch’io ne sarei contento» ammise, con un’alzata di spalle. «Sarà molto divertente vederli soffrire uno ad uno, mentre implorano di morire. Lei non crede, Capitano?»
«Affermativo» rispose quello, con un sorriso arcigno.
«Non provare a toccarli» sibilò Emma a quel punto, a denti stretti.
Il Generale la guardò, con un sopracciglio inarcato. «E chi me lo impedirà? Tu?» Rise di nuovo, quasi fosse divertito. Poi, con la mano libera, estrasse un piccolo coltellino argentato da un fodero sul fianco, e schiacciò la lama contro la gota di Emma.
La figlia di Ermes sussultò.
«Sai, non mentivo, prima» disse lui, facendole scivolare la lama fino al mento, e poi risalire fino allo zigomo. «Sei davvero una bella ragazza. E sarebbe proprio un peccato, se accadesse qualcosa a questo bel visino.» E così dicendo, affondò leggermente la lama nella sua guancia, facendo sgorgare un po’ di sangue. Era solo un taglio superficiale, e non le fece molto male, ma sembrava essere semplicemente un avvertimento.
Il respiro di Emma si fece affannato, mentre il suo corpo grondava di rabbia. Fece uno scatto, nel tentativo di liberarsi, ma il Generale la teneva ancora ben salda a qualche centimetro da terra.
L’uomo ghignò, divertito. «Tornerò più tardi, dolcezza» sussurrò, con voce disgustosa. «Fa la brava, eh?»
Detto questo, lasciò la presa sulla sua gola, ed Emma cadde a terra con un tonfo. Le catene tintinnarono quando il Generale le calciò con un piede.
Con fare autoritario, uscì dalla gabbia, facendo cenno al Capitano di richiuderla. Questo obbedì, per poi seguire l’uomo fuori dalla stanza, lasciando Emma sola.
La ragazza si rannicchiò in un angolo; unico compagno, il gocciolare dell’acqua. Aveva ancora il fiato grosso. In quel momento, le emozioni la sopraffecero. Rabbia. Rancore. Odio. Tristezza. Vuoto.
Furono così forti, che non si rese neanche conto della lacrima solitaria che le stava rigando la guancia finché non sentì un sapore salato in bocca. Emma tirò su col naso. Se l’asciugò con furia con il dorso della mano, e questa si mescolò con il sangue della ferita.
Vedendo la sua mano macchiata di rosso, giurò che fosse sul punto di crollare. Si strinse le ginocchia al petto, premendosi un palmo contro la fronte, mentre si imponeva di arrestare immediatamente le lacrime che invece continuavano a bagnarle le guance.
L’avrebbero salvata. L’avrebbero tirata via da quello schifo, lei lo sapeva. Si fidava di loro. Si fidava come mai di nessun altro. Non doveva fare altro che aspettare. Aspettare, ed essere paziente.
Tanto stavano arrivando.
Ne era sicura.
Lo sapeva.
Ci sperava.
E pregava che fossero arrivati prima di quella sera, prima che il Generale fosse tornato.
Ma dove siete, ragazzi?
Ω Ω Ω

Dopo una serie di discussioni, i ragazzi erano riusciti ad ottenere lo scafo ad un prezzo ragionevole, sfruttando così anche gli ultimi soldi che gli restavano.
Farlo partire era stata di sicuro la parte più difficile, ma quando finalmente ci furono riusciti, salparono alla velocità massima raggiunta da quel coso alla volta della barca.
Michael sembrava più nervoso nel previsto, mentre stringeva i bordi dello scafo con così tanta forza da farsi venire le nocche bianche, eppure non si lamentava. Fu proprio grazie al suo tentare di distrarsi che i ragazzi trovarono una corda a bordo.
Quando finalmente raggiunsero la nave, si scambiarono un’occhiata. Il problema arrivava ora: come avrebbero fatto a salire?
John sembrò pensarci prima di tutti. Legò la corda trovata da Michael ad una freccia e la incoccò, scagliandola verso il cielo. Questa si conficcò nel pavimento della scialuppa, e la corda si tese.
«Non credo che reggerà a lungo» disse, tastando la resistenza di quell’appiglio improvvisato. «Dovrà arrampicarsi prima uno, e poi tirare su gli altri.»
«Vado io» si offrì Skyler, guadagnandosi un secco ‘no’ da entrambi i ragazzi. La figlia di Efesto sembrò offesa. «Sono la più leggera, qui, e non credo proprio che la corda sopporterebbe il vostro peso. E poi, scusate, ma solo perché sono l’unica ragazza non significa che non sia più brava di voi ad arrampicarmi.»
I ragazzi si scambiarono un’occhiata, ancora titubanti. «È pericoloso» le ricordò John, preoccupato.
Skyler sbuffò, voltandosi ad osservare la sua meta. «Ho visto di peggio.»
Non sembrava decisa ad accettare obbiezioni, per cui il figlio di Apollo la aiutò a legarsi la corda attorno alla vita e a tastarne la residenza.
«Sii prudente» la ammonì in un sussurro, al che lei gli fece l’occhiolino per tranquillizzarlo.
Non appena scalò il primo metro, Skyler si pentì di essersi offerta volontaria. Era molto più difficile di quanto sembrasse, e le sue mani sudate scivolavano sopra la fune. Trovare un appiglio per i piedi, poi, era a dir poco impossibile. Fu costretta a reggersi con tutte le sue forse, quando sdrucciolò e i suoi piedi rimasero sospesi in aria.
«Skyler!» la chiamò John, preoccupato, mentre i ragazzi la fissavano con i nervi tesi.
«Sto bene» li tranquillizzò lei, a denti stretti. «Sto bene.» Ma, mentre si issava con fatica a bordo della nave, una goccia di sudore le rotolò sulla tempia, e asciugandosela con il dorso della mano si accorse di avere il fiato corto e la fronte imperlata.
Slegò la corda dalla freccia, e si fece forza mentre i ragazzi cominciavano a scalare. Per primo salì John, poi Michael. Quando anche l’ultimo fra loro fu salito a bordo, buttarono la corda in mare, per evitare che qualcuno la trovasse.
Dopo di che, si guardarono intorno. «E adesso?» chiese Skyler, abbassando il tono di voce per paura di essere sentita.
«Ci conviene trovare Emma prima che ci rinchiudano in una gabbia» commentò Michael, privo di sarcasmo.
«Ma smettila» gli disse Skyler, incamminandosi sul pontile. Sembrava deserto, dov’era la ciurma?
Mentre continuavano a camminare, nella speranza di trovare qualche indizio, Michael ad un tratto si bloccò.
«Aspettate» disse, guadagnandosi l’attenzione di entrambi. Si voltò verso il mare e aggrottò le sopracciglia, confuso.
Skyler gli si avvicinò, con cautela. «Michael, che succede?»
«Questo posto» mormorò lui, come sovrappensiero. «Io so dove siamo.»
«Certo, è normale» lo rassicurò John, con una scrollata di spalle. «È una caratteristica di tutti i figli di Poseidone. L’orientamento in mare.»
«No.» Michael scrollò leggermente la testa. Poi indicò con un dito dei punti invisibili agli occhi degli amici, ma che lui percepiva benissimo. «Sette gradi Nord. Ventiquattro gradi Ovest. Diciotto gradi Est. Trentasei gradi Sud.»
Sette, ventiquattro, diciotto, trentasei.
Skyler e John si scambiarono uno sguardo allarmato.
«La profezia» sussurrò lei, senza fiato. «Quei numeri erano delle coordinate.»
«Ma questo che cosa significa?» chiese Michael, ancora confuso.
«Che siete nel posto giusto» rispose una voce gelida alle loro spalle.

 
Ω Ω Ω

«Ve l’avevo detto, io, che c’erano delle gabbie» commentò Michael, con disappunto.
Lottare era stato praticamente inutile, quando circa venti uomini dell’equipaggio si erano avventati su di loro. Per lo meno, però, avevano trovato Emma. Anche se non sembrava molto felice di vederli lì dentro.
«La prossima volta che mi rapiscono, per favore, ricordatemi di non farmi salvare da voi» disse infatti la bionda, con sarcasmo.
«Fa silenzio, Emma» la ammonì John, con uno sbuffo. Lui e la ragazza erano rinchiusi in due gabbie comunicanti, accanto al muro. Il biondo stava cercando di toglierle le manette con l’ennesima forcina, ma non sembrava ottenere grandi risultati.
«Un po’ più a sinistra» lo corresse Emma, che seguiva tutti i suoi movimenti con lo sguardo. «E forza un po’! Cos’hai, le mani di ricotta, per caso?»
John sembrò offeso. «Beh, scusami tanto se ero morto solo qualche ora fa!»
A quella risposta Emma non ribatté, ma fece roteare comunque gli occhi e continuò a seguire i suoi movimenti con attenzione.
Michael e Skyler, invece, erano stati rinchiusi in due gabbie appoggiate al muro accanto. Anche le loro erano comunicanti, ma di comunicazione, fra loro, ce n’era ben poca. Erano seduti schiena contro schiena, e sembravano incapaci di rivolgersi la parola. Skyler continuava a tenere lo sguardo basso, rigirandosi qualcosa fra le mani, mentre lui si sforzava di non vomitare.
Michael si guardò intorno, disgustato. Che bella fine, per gli ‘eroi’ del Campo. Quanto tempo sarebbe passato, prima che li avessero uccisi? Sicuramente uno, due se erano fortunati. Giorni, ovviamente.
Quella missione, per il figlio di Poseidone, si stava rivelando un fallimento dopo l’altro. Prima il suo migliore amico veniva ucciso, e la ragazza che gli piaceva finiva per odiarlo. Suo fratello peggiorava di giorno in giorno, e sua sorella aspettava il suo ritorno invano, da sola. Poi, Emma veniva rapita, ed era stato convinto che sarebbero riusciti a salvarla, finché non erano stati rinchiusi lì dentro anche loro. John aveva anche provato a chiederle cosa avesse fatto alla guancia, vedendola incrostata di sangue, ma la bionda aveva preferito non rispondere, e questo non aveva fatto altro che corrodere di rabbia lo stomaco del figlio di Poseidone ancora di più.
Dopo un tempo che parve inesorabile, John riuscì finalmente a liberare Emma, e la ragazza tirò un teatrale sospiro di sollievo, sfregandosi i polsi.
«Fantastico!» esclamò, soddisfatta. «Ora dobbiamo solo trovare un modo per uscire di qui.»
«Non credo ne esista uno» ribatté Skyler, ma così a bassa voce che solo Michael riuscì a sentirla.
Il ragazzo si voltò quel tanto che bastava per poterle squadrare il volto, e per poter finalmente notare che cos’è che si rigirava fra le mani con tanta malinconia. Era la collana che le aveva regalato lo zio, di questo ne era certo, ma in quel momento sembrava solo un semplice ostacolo che la separava ancora di più da lui.
«C’è sempre un modo» le sussurrò lui, con fare rassicurante.
Lei abbozzò un sorriso amaro. «Ne sei proprio sicuro?»
Michael recepì il messaggio. Non c’era speranza, in quegli occhi screziati d’oro. Ma non c’era neanche paura. C’era solo… tristezza. E quella che sembrava tanto rassegnazione.
Sapeva benissimo a cosa stava pensando, ma non gli andava bene. Era stato lui a prometterle che avrebbe riabbracciato di nuovo lo zio, lui che aveva cercato di infonderle coraggio. E ora, non sopportava l’idea che lei lo abbandonasse così.
«Ehi» la chiamò, con tono dolce ma deciso. «Ti ho promesso che rivedrai ancora tu zio e lo farai, chiaro?» le disse, ma lei sembrò esitare. «Ti tirerò fuori di qui» giurò.
Finalmente, Skyler alzò gli occhi, incastrandoli in quelli ora azzurri di lui. «Davvero?» chiese, titubante.
Michael le regalò un sorriso sghembo. «Ho la buona abitudine di mantenere sempre le promesse che faccio» assicurò.
Skyler sorrise. Riportò lo sguardo sulla sua collana, e stavolta la strinse forte nel pugno. «E dimmi, hai qualche idea?»
Michael ci pensò un po’ su, prima di rispondere. Le possibilità a loro favore non erano tante, e tutte comunque molto rischiose. Le loro armi non avrebbero scalfito minimamente le barre della gabbia, e neanche le frecce di John sarebbero servite a qualcosa. Avrebbero potuto usare le chiavi magiche di Ermes, ma erano nello zaino di Emma, dall’altra parte della parete.
Era praticamente impossibile arrivarci. A meno che…
«Si» rispose, voltandosi a guardarla. «In effetti un’idea ce l’ho.»


Ω Ω Ω

Nella stanza, era tutto tranquillo.
L’unico rumore che faceva compagnia ai ragazzi era quel fastidioso gocciolare di qualche tubo rotto. Perfino Emma, nella disperazione più totale, aveva cominciato a giocherellare con le sue vecchie catene, facendole tintinnare.
Sembrava tutto orribilmente calmo e silenzioso, quando, ad un certo punto, la nave si inclinò, facendo scivolare i ragazzi sul lato destro delle loro gabbie.
«Ma che cavolo…» cominciò Emma, ma fu interrotta dall’esclamazione di Skyler.
«Michael, un po’ più a destra!»
Il figlio di Poseidone obbedì. La sua idea, ovviamente, era semplice, ma quantomeno efficace. Per attuarla, però, aveva bisogno di tutta la sua concentrazione.
Non aveva mai controllato qualcosa di grande come il mare. C’era bisogno di uno sforzo immane, che, ad essere sinceri, non aveva immaginato. Ma se volevano avere una minima possibilità di uscire vivi di lì, quella era avere quelle dannate chiavi. E se loro non avessero potuto raggiungere le chiavi, allora, beh, le chiavi sarebbero arrivate da loro.
La nave si inclinò un’altra volta, facendo sbandare tutti a sinistra.
«Dannazione!» imprecò Emma, massaggiandosi un braccio dolorante. Il suo zaino oscillava ancora appeso al muro, ma sembrava non volerne sapere di scendere.
«Michael, un po’ di più!» lo incitò Skyler, mentre allungava il braccio oltre le sbarre pronta ad afferrarlo.
Il ragazzo chiuse gli occhi e si concentrò.
«Ma che sta succedendo?» chiese Emma, confusa.
I ragazzi vennero proiettati in avanti, e sbatterono contro le sbarre di metallo.
John fece una smorfia. «Michael sta cercando di ucciderci.»
Finalmente, lo zaino si staccò dalla parete, ed iniziò a scivolare verso di loro. Era ancora troppo lontano, però.
«Più a destra! Più a destra!»
I ragazzi vennero strattonati un’altra volta, e ringraziando gli dei Skyler riuscì ad afferrarlo con un sorriso soddisfatto.
Mentre Michael si accasciava a terra con la fronte imperlata di sudore, la figlia di Efesto vi frugò dentro con furia e appoggiò la carta alla serratura della sua gabbia. Questa si modellò un secondo fra le sue mani, poi prese la forma di una chiave, e la serratura scattò. Con orgoglio e un’adrenalina pazzesca che le pompava nelle vene, Skyler liberò anche gli altri.
«Andiamocene!» li incitò John, l’ultimo ad uscire dalla propria gabbia.
Gli altri annuirono e corsero fuori. Si trovavano in uno strano corridoio, stretto e lercio. Nelle altre stanza, variavano le cose più strane e inquietanti. Da cassette piene di quelle che sembravano armi di tortura ad una gabbia con un mostro simile ad una piovra gigante, che sembrava non mangiare da giorni. Skyler non seppe dire quale delle due le facesse più paura.
Mentre continuavano a correre, l’assordante allarme della nave suonò. Il suo ronzio snervante era così acuto da otturargli le orecchie, per questo si accorsero degli uomini che li raggiungevano solo quando se li ritrovarono di fronte.
«Di qua!» gridò John, cercando di sovrastare quel rumore. Svoltò a destra e gli altri lo seguirono. Skyler non aveva idea di come facesse a sapere dove andare, ma decise di non fare domande quando sbucarono sul ponte. Molto probabilmente aveva studiato il percorso quando li avevano trascinati lì, si disse, ma faceva fatica a pensare con il cuore che le chiudeva la gola.
Quasi immediatamente, degli uomini cercarono di bloccargli la strada, ma Emma ne abbatté velocemente uno con il suo coltello, mentre l’altro veniva colpito da una freccia di John. Il biondo, però, si affrettò a raccogliere il suo dardo.
«Prendiamo una scialuppa!» esclamò Emma, e gli altri acconsentirono senza neanche il bisogno di parlare. Si precipitarono verso una di quelle, abbattendo tutti coloro che tentavano di fermarli.
Non appena l’ebbero raggiunta, Emma si affrettò a tagliarne i fili, lasciandone uno libero mentre gli altri vi saltavano sopra.
Erano tutti lì, tranne Skyler. Lei aveva un’altra cosa da fare prima di andare. Si rigirò il regalo di Ermes fra le mani.
Affonderebbe il Titanic in pochi minuti, eh?, pensò fra se e se. Vediamo davvero che cosa è il grado di fare.
Lo attivò, e questo cominciò un rapido conto alla rovescia. Lo lanciò contro il timone e scappò via.
Michael la vide arrivare, e si preparò a rompere l’ultima fune della scialuppa. Skyler salì sulla ringhiera, pronta a lanciarsi, quando qualcuno la strattonò da dietro, riportandola sul ponte. Ma Michael aveva già tagliato la corda.
«Skyler!» esclamò John, mentre la scialuppa scompariva dalla sua vista e cadeva in mare.
Skyler cadde supina a terra con un tonfo, e le si smorzò il fiato in gola. Per un attimo la sua vista fu appannata, ma poi mise a fuoco, e tutto fu più chiaro.
Il Capitano aveva alzato minaccioso la sua spada su di lei, ed era pronto a conficcargliela nel petto.
Skyler fece appena in tempo a spostarsi, che la lama affondò con una forza brutale nel pavimento di legno, incastrandovisi. La ragazza approfittò di quel momento, e gli lasciò un calcio sulla mano, facendogli perdere la presa sull’elsa. Lui provò a colpirle la mascella con un pugno, ma lei glielo bloccò a mezzaria e colpì con il gomito il braccio teso dell’uomo. Questo si piegò dal dolore, e lei gli sbatté il suo zaino sull’orecchio, disorientandolo.
Skyler scappò via. Riuscì appena a sentire un «Non lasciatela scappare!» urlato a squarciagola che saltò giù dalla ringhiera. E la nave esplose.
Un fuoco enorme divampò nell’aria, alimentando il panico generale. Skyler cadde in acqua con un tonfo, e si affrettò a nuotare il più velocemente possibile per allontanarsi da quel posto.
Dopo un po’, quando ormai i suoi muscoli minacciavano di cedere alla forza del mare, sentì una voce chiamarla.
«Skyler!»
La ragazza si voltò, e vide la scialuppa dei suoi amici avvicinarsi attraverso le ciglia bagnate. Vi andò incontro, stanca morta, e non appena fu abbastanza vicina, John le tese una mano.
«Ce la faccio» rispose lei, con il fiatone. Si aggrappò al bordo della barca, e fece per issarsi su, quando qualcosa le avvolse i fianchi e la trascinò sott’acqua.
«Skyler!» urlò Michael, mentre si tuffava per salvarla.
All’inizio, non la vide distintamente, ma poi i capelli rossi di Skyler entrarono nel suo campo visivo. Si dimenava e si dibatteva, mentre qualcosa continuava a trascinarla verso il fondo.
Era il mostro a forma di piovra che avevano visto sulla nave, e sembrava intenzionato a non lasciarla. Michael nuotò il più velocemente possibile, incurante della pressione che gli schiacciava il cervello man mano che scendeva. Se avesse avuto i poteri di tutti gli altri figli di Poseidone, sarebbe stato più facile. Ma lui non poteva respirare sott’acqua, per cui doveva cercare di trattenere il fiato il più a lungo possibile.
Avvicinandosi ancora di più, vide il mostro-piovra trascinare Skyler in quelli che sembravano i relitti di una vecchia nave da crociera. Michael li seguì, con l’adrenalina che gli pompava nel cervello, e si avvicinò a loro appena in tempo per vedere il mostro lanciare Skyler in una stanza ormai colma d’acqua e chiudere la porta metallica con un tonfo. La ragazza batté con forza i pugni, cercando di uscire, ma lui la ignorò.
Molto probabilmente si starà preparando per un pranzetto, pensò, infuriato. Non avrebbe mai permesso che quel mostro le facesse del male, neanche se era molto più grande di ciò che ricordava. Sguainò la sua spada, e, nonostante fossero sott’acqua, il mostro marino sembrò avvertirla, perché si voltò verso di lui e ruggì.
Michael avrebbe di sicuro deglutito, se avesse avuto ancora la salivazione.
Senza che trovasse il tempo di ragionare, il mostro si scagliò contro di lui, e il figlio di Poseidone fece appena in tempo a scansarsi, che un suo tentacolo fendette il mare con un sibilo.
Michael alzò la spada con entrambe le mani, che sembrava più pesante a causa dell’acqua, e, stringendo i denti, lo tagliò di netto. Il mostro urlò di dolore e indietreggiò, mentre un liquido nero si disperdeva nel mare.
Il ragazzo approfittò di quel momento di distrazione per correre verso la stanza di Skyler. La ragazza aveva smesso di battere i pugni sulla porta, e, per un attimo, il ragazzo temette il peggio. Provò ad aprirla, ma non ci riuscì. Gli serviva un maggiore urto. Nuotò fino all’altro muro dello stretto corridoio, e vi piantò i piedi contro. Si diede una forte spinta, e cozzò con la spalla contro la porta di metallo. E così una, due, tre volte. Dopo un po’, il vecchio cardine arrugginito cedette, e la porta di aprì.
Skyler era ancora viva, per fortuna, ma non sembrava averne per molto. Gli occhi le fuoriuscivano dalle orbite, e Michael giurò non avesse molta aria nei polmoni.
Mentre i due ragazzi nuotavano il più velocemente possibile fuori dalla nave, il mostro ruggì. Michael si voltò a fronteggiarlo. Allargò le braccia, chiuse gli occhi, e fece ciò che mai si sarebbe immaginato di fare. Chiese aiuto all’acqua. Con sua grande sorpresa, questa gli rispose. Sembrava davvero pronta a fare qualunque cosa, pur di aiutarlo. Qualunque cosa lui le avesse ordinato. Immaginò quel mostro schiacciato dalla sua pressione. Era quella la fine che si meritava. Quando non lo sentì più uggiolare, capì di averlo in pugno. Era come se avvertisse la sua pelle viscida sotto i polpastrelli, il suo cranio comprimersi fino a scoppiare.
E poi, la piovra esplose in una nube nera. Una forte scossa fece tremare il relitto della nave, che cominciò a sgretolarsi pezzo dopo pezzo.
I ragazzi nuotarono fuori, con il cuore in gola, ma sarebbero dovuti uscire al più presto, se non volevano rimanere sepolti lì.
Quando vide il ponte in lontananza, Michael sentì il soffitto crollare alle sue spalle. Terrorizzato, tese una mano verso Skyler, e una forte pressione dell’acqua spinse la ragazza fuori di lì.
Michael si affrettò a nuotare fuori, e fece appena in tempo a raggiungere il ponte, che la nave crollò.
Skyler si voltò a guardarlo, mentre il panico di non trovarlo le formava un macigno sulla bocca dello stomaco. Ma poi lo vide. Eccolo, era lì, sano e salvo. Ma allora perché non la raggiungeva?
Nuotando verso di lui, solo quando gli fu abbastanza vicino Skyler capì. La sua gamba era rimasta incastrata sotto le macerie della nave, e anche lui sembrava un po’ a corto di fiato.
Sgranando gli occhi, Skyler si precipitò verso di lui. Cercò di spostare le macerie, di allontanarle, di aiutarlo. Ma sembrava tutto inutile, e lei non aveva neanche le forze per farlo.
Dopo alcuni secondi interminabili, Michael sentì bruciare i polmoni. Guardò Skyler, terrorizzato, che disperata si sforzava in tutti i modi di aiutarlo, e capì che anche lei doveva essere al limite delle sue possibilità.
Quelle macerie erano troppo pesanti per essere spostate, e forse alla fine sarebbe anche riuscito a salvarsi, ma lei no. Lei non ce l’avrebbe fatta. Non era abituata a trattenere il fiato così a lungo, di sicuro non quanto poteva esserlo lui.
Non potevano salvarsi entrambi. O lui. O lei. Doveva fare una scelta.
Fu impressionante la facilità con la quale decise.
Afferrò Skyler per un polso e la tirò via dalle macerie, mentre lei si ribellava. Le prese il viso fra le mani e la costrinse ad incontrare le sue iridi blu.
Il suo sguardo era intenso, e molto calmo. All’inizio, Skyler non capì. Ma quando le fu chiaro quello che aveva in mente di fare sgranò gli occhi e scosse con violenza la testa. Lui le accarezzò una guancia, con delicatezza, e questo non fece che spaventarla ancora di più.
Si dimenò, ma invano.
Lui posò dolcemente le labbra su quelle schiuse di lei.
E vi soffiò dentro tutta l’aria che gli restava nei polmoni.
Skyler continuò a dimenarsi, cercando di allontanarsi o quantomeno di fermarlo, ma stranamente sembrava non avere le forze di fare più niente.
Quando lui si staccò da lei, il suo sguardo non sembrava pentito, o rammaricato. Era solo… pieno di speranza. La speranza che lei si salvasse, la speranza che potesse tornare al campo e riabbracciare poi suo zio.
Solo speranza.
Skyler provò ad avvicinarsi di nuovo a lui, per restituirgli quell’aria che le aveva donato, ma lui la fermò. Mentre lei lo fissava, terrorizzata, qualcosa cominciò a vorticarle intorno, allontanandola. L’acqua cercava di separarla da lui. O era lui che voleva mandarla via?
La ragazza tese una mano e afferrò la sua, come a volersi ancorare a lui, ma quella corrente era troppo forte per poter essere combattuta.
Lentamente, le dita del ragazzo scivolarono via dalle due, e Michael le regalò un sorriso rassicurante. Con orrore, Skyler capì che era lui stesso ad allontanarla, e solo quando la sua sagoma fu inghiottita dal buio degli abissi la ragazza si rese conto di aver raggiunto la superficie.
La sua testa emerse a fatica dal pelo dell’acqua, mentre l’impatto improvviso con il mondo esterno le faceva bruciare i polmoni. Boccheggiò, alla ricerca disperata di un po’ d’aria, e solo quando l’acqua ebbe abbandonato i suoi timpani riuscì a sentir chiamare il suo nome.
«Skyler!»
Prima che riuscisse a trovare la forza di voltarsi, qualcuno la issò sulla barca, e la figlia di Efesto svenne.
John le fece una rapida respirazione bocca a bocca. Una, due, tre volte. Poi, Skyler tossì, sgranando gli occhi. Il ragazzo la fece girare di fianco, e lei vomitò tutta l’acqua ingerita, per poi cominciare a tremare.
Emma si precipitò immediatamente da lei e le avvolse una coperta che avevano trovato sulla scialuppa attorno alle spalle.
Nel frattempo, John si era voltato verso il mare, cercando Michael con lo sguardo. Ma lui non c’era.
«Skyler?» chiese, cauto. «Dov’è Michael?»
Skyler iniziò a piangere, disperata, mentre una lama crudele le lacerava lentamente il petto.
Emma se la strinse al petto, per consolarla, e fu a quel punto che i ragazzi capirono. Le lacrime salirono anche ai loro occhi.
«Maledizione!» imprecò John, calciando con forza il fianco dell’imbarcazione mentre si sforzava di non piangere. Anche Emma iniziò a singhiozzare piano.
Per un sacrificio nel blu sprofonderai.
Skyler si strinse le braccia attorno allo stomaco, emettendo un lamento strozzato. Era un suono disperato, triste, doloroso. E lei sembrava sul punto si crollare da un momento all’altro.
Nessuno ebbe il coraggio di parlare, e un silenzio carico di tensione calò sui tre ragazzi che piangevano affranti.
Mentre le due amiche si stringevano l’una all’altra, per darsi forza, John continuava a scrutare il mare, incapace di trattenere ancora a lungo quelle emozioni.
E poi, ad un tratto, le vide.
Delle bollicine. Danzavano sul pelo dell’acqua per poi disperdersi informemente nel mare. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, sporgendosi un po’. Per poi rischiare di ricadere all’indietro per la troppa sorpresa.
Michael emerse all’improvviso dall’acqua, tossendo e boccheggiando il cerca di ossigeno.
«Michael!» esclamò John, aiutandolo a salire sulla scialuppa. Il moro si piegò sulle ginocchia, sputacchiando un po’, mentre il biondo lo guardava stupito. Sembrava stesse bene. Anzi, sembrava in gran forma. Di sicuro non era morto.
«Che cosa è successo?» gli chiese, sconvolto, mentre gli menava delle pacche sulla schiena per aiutarlo a tossire.
Michael fece un sorriso sghembo. «A quanto pare non sono più l’unico figlio di Poseidone a non saper respirare sott’acqua.»
John rise, sollevato, e solo quando lo abbracciò Emma si rese conto di ciò che stava succedendo.
«Michael!» esultò, correndogli incontro e buttandogli le braccia al collo. «Sei vivo!»
Il ragazzo rise, mentre lei si asciugava gli occhi con i palmi delle mani. Poi, il suo sguardo si spostò su Skyler. Sorrise, rincuorato nel vederla sana e salva, e le andò incontro. Ma, poco prima che potesse abbracciarla, la ragazza gli lasciò uno schiaffo così forte sulla guancia che lui fu costretto a voltare il capo.
Michael la guardò, senza capire.
«Non provare mai più a fare una cosa del genere. Mi hai capito?» sibilò Skyler a denti stretti, puntandogli un dito contro. Poi, dopo aver tirato su col naso, gli buttò le braccia al collo, e cominciò a singhiozzare. «Temevo di averti perso» sussurrò, con voce strozzata.
Michael le avvolse le braccia attorno ai fianchi, stringendola a se in un abbraccio. Le posò un dolce bacio sul collo, per poi sorridere. «Non è così facile liberarsi di me» sussurrò di rimando.
Rimasero così per quelle che a lui sembrarono ore, ma che in realtà erano solo pochi secondi.
Poi, John si sgranchì la voce, e i due ragazzi si separarono, arrossendo leggermente.
Solo in quel momento, Skyler si rese conto che Emma aveva tirato fuori la Mappa dei Sette Mari, e che la stava scrutando con attenzione. Si asciugò le guance con il dorso della mano e corrucciò le sopracciglia. «Che stai facendo?» chiese.
Emma esibì un sorriso storto. «Non crederete mica che rimanga in mezzo al mare per sempre, vero?»
«Ma che cosa stai cercando?» domandò allora Michael.
«L’ultimo ingrediente» rispose lei, guardandolo. «Si trova a Niihau, un’isola disabitata della Hawaii.»
«La lacrima di una fenice» bisbigliò Michael, senza fiato.
Lei annuì. «Esatto.»
«Si, ma come ci arriviamo?» chiese John, alludendo al fatto che non avessero né uno scafo, né dei remi.
Michael si sporse leggermente fuori dalla barca, sfiorando le dita con il pelo dell’acqua. Stranamente, non si sentì terrorizzato, ma solo incredibilmente forte e rilassato. Sorrise.
«Posso pensarci io.»

Angolo Scrittrice.
Bounjour!
Eccomi qui, finalmente pronto. Allora, innanzi tutto voglio scusarmi per l'imperdonabile gaff (?) di ieri. Rileggendo, ho notato tanti di quegli errori che non mi sorprende che molti di voi hanno deciso di abbandonare la storia. Che poi, diciamocelo, fa solo leggermente, minimamente un po' schifo. 
Ma va beh, tralasciando la storia in se, parliamo di questo capitolo. Perchè? Perchè tutti quelli più importanti vengono fuori una schifezza? D: vi giuro, nella mia mente era molto più carino. Forse dovrei darmi all'ippica -.-
Nonostante sia... quello che è, spero comunque che vi sia piaciuto. Sono successe un po' di cose: 1) Emma è stata ritrovata. 2) Sanno dove cercare il prossimo (non che ultimo) ingrediente (Hawaii, baby!). 3) La profezia si sta avverando. Mancano solo due versi (muahahah). 4) Michael si è sacrificato per Skyler.
Quanti di voi pensavano che fosse morto? *rotola una balla di fieno* Immaginavo... ma comunque, l'idea era quella. Che lui si sacrificasse per Skyler, donandole tutta l'aria che aveva nei polmoni per permetterle di tornare in superficie. Che rischiasse di morire (o morisse, come volete) perchè era l'unico figlio di Poseidone a non saper respirare sott'acqua, e che infine scoprisse che non è così e superasse la sua paura dell'acqua. Il tutto, condito con un po' di fluff. (
heartbeat_F_ molto probabilmente ora mi starà odiando, ma è stato più forte di me **)
Ook, basta chiacchiere, è il momento di ringraziare i miei Valery's Angels, che nonostante tutto sono sempre qui <3, e cioè:
bigpercyfourjackson, Fred Halliwell, Greg Heffley, Kalyma P Jackson, kiara00, heartbeat_F_, Ema_Joey, giascali, saaaraneedsoreo, Luce_ombra00, FoxFace00 e Ciacinski.
Non so cosa farei senza di voi, davvero. Siete la mia forza!
Credo sia il momento di andare, perchè vi sto rompendo un po' troppo. Prima, però, voglio ringraziare anche le 45 persone che hanno messo la storia fra le preferite, le 52 che l'hanno messa fra le seguite e le 7 che l'hanno messa fra le ricordate. E poi tutti i lettori silenziosi e tutte voi, anime pie, che ora state leggendo questa parte in grassetto. Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie! Siete davvero fantastici, tutti quanti.
E mi scuso ancora per questo capitolo che va oltre il deludente.
Un bacione a tutti voi!
Sempre vostra,
ValeryJackson
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: ValeryJackson