-Io ci vado invece.-
-Tu non ci vai, Katniss. Pensa se cadessi. E con
quella
pancia non è una possibilità esattamente remota.-
-Mi stai dicendo che sono grassa?-
-Ti sto dicendo che sei moooolto incinta. Oggi ci
hai messo
dieci minuti solo per allacciarti le scarpe.-
-Ma ci sono riuscita.- replico io, sorridendo
orgogliosa.
Mio marito mi osserva con uno sguardo divertito ma
so che
non mollerà: non mi lascerà mai andare a caccia e
io non so che fare. Sono
annoiata. Terribilmente annoiata. Ormai sono passati quattro mesi dal
matrimonio e ciò significa che sono all’ottavo
mese di gravidanza e sono
davvero enorme. Cioè il mio corpo è rimasto
più o meno quello di sempre ma
i miei poveri
piedi, il mio sedere e la
mia pancia sono diventati mastodontici: l’ostetrica che io e
Peeta abbiamo
scelto, Miss Optkins, ha detto che è normale, che i miei
fianchi si allargano
per prepararsi al parto. Peeta non può far altro che essere
entusiasta per le
dimensioni che il mio seno ha raggiunto. Pervertito.
-Kat, per favore, promettimi che non andrai a
caccia, ok?
Sennò rimango qui a controllarti. Sai che so marcare
benissimo.-
Sospiro, alzando gli occhi al cielo: Peeta
è diventato una
chioccia da quando, per la prima volta, abbiamo sentito il bambino, o
la
bambina come pensiamo noi, calciare.
A
parte non aver tolto quel sorriso da ebete dalla faccia per gli ultimi
due
mesi, ha iniziato a girarmi intorno per controllare ogni mio minimo
movimento:
era ovvio che desse di matto per il fatto della caccia.
-Ok, va bene. Non andrò.- mormoro,
indispettita.
-Bravissima, tesoro. Vengo a prenderti
più tardi per
l’ecografia, ok?-
Sorrido e gli do un bacio mentre lui mi accarezza
dolcemente
la pancia prominente e poi corre via in panetteria. Mi abbandono
goffamente sul
divano.
Noia.
Noia.
Noia.
Ho voglia di patatine. Prendo un pacco dal ripiano
della
cucina e inizio a strafogarmi come se non ci fosse un domani: ti prego,
piccola,
nasci presto perché davvero diventerò obesa.
Improvvisamente la porta si apre
ed entra Haymitch che mi guarda divertito.
-Cofa c’è?- borbotto io, con
la bocca piena.
-Dio, dolcezza, dovresti controllarti un minimo.
Sei una
donna sposata ora.-
Non rispondo ad Haymitch, sapendo benissimo che
dovrei
mantenere una parvenza di femminilità, ma quando Peeta non
c’è tanto vale
abbandonare le buone maniere.
-Comunque ho visto che la Chioccia ha lasciato il
nido.-
Haymitch adora prendere in giro Peeta per il suo comportamento alquanto
protettivo. – Quindi, che ne diresti di andare a fare una
passeggiata? Potresti
anche portarti l’arco.-
-Tu sei un bravissimo uomo, lo sai?- esclamo
balzando giù
dalla sedia e subito “il capo” lì dentro
si fa sentire, dandomi un calcio. Hai
ragione, piccolo, scusami.
-Beh non penso che ci sia nulla di male se esci
ogni tanto e
fai scappare i conigli con il tuo passo che, credimi dolcezza, di
silenzioso
non ha più nulla.-
-Sai che se Peeta lo scopre ti uccide?-
-Resisterò: che poi vi ho fatti uscire
vivi da due arene,
non si dovrebbe preoccupare così tanto! Che poi ti manca
ancora più di un mese,
giusto?-
-Giusto. E devo muovermi e fare qualcosa
perché sennò,
davvero, temo di impazzire.-
Ondeggio verso la porta e cerco di prendere
l’arco: peccato
che non riesca a piegarmi a sufficienza. Per mettermi le scarpe avevo
messo il
piede sul letto e per questo ero riuscita, dopo vari tentativi, ad
infilarmi
quei maledetti stivaletti in pelle.
-Aiutino?- chiedo io, piuttosto imbarazzata.
-Mi hai appena fatto cambiare idea, sai?- mi dice
il mio
mentore, trattenendosi dalle risate.
-Oh dai Haymitch! Sino a cinque secondi fa eri
pronto a
portarmi nel bosco, felice di disubbidire a Peeta e adesso..-
-Adesso ho cambiato idea perché ho
visto che non riesci
neanche a chinarti per prendere il tuo arco.-
Sto per replicare quando un dolore alquanto
fastidioso mi fa
digrignare i denti: devo essere le famose false contrazioni di cui
aveva
parlato l’ostetrica qualche tempo prima. Porto una mano sulla
pancia e la trovo
incredibilmente dura: ma è normale, Katniss. Il bimbo sta
iniziando a stare
stretto lì dentro.
-Tutto ok, dolcezza?-
-Sì, Haymitch, non farti venire un
collasso, sono solo
piccole contrazioni. E’ normale, ormai ci siamo quasi.-
-Vuoi che rimanga qui?-
-Mmm no, vai via prima che ti prenda a pugni per
avermi
illuso terribilmente.-
Sento la sua risata rauca e lo sento mentre mi da
un bacio
sulla guancia, salutandomi con un “sei radiosa,
oggi”. Radiosa un cacchio,
Abernathy. Forse sarà meglio andare a farsi una doccia nel
frattempo ma uno
strano presentimento si insinua dentro di me: non provare a nascere
oggi
piccoletto. Avevo promesso a mia madre che l’avrei chiamata
poco prima del
parto e mancavano ancora tre settimane alla data prevista. Riesco
lentamente a
spogliarmi e mi infilo sotto il getto di acqua fresca ma la situazione
non
migliora per niente: anzi.
I dolori si
fanno sempre più lunghi e frequenti. Appena uscita dalla
doccia sento la porta
d’ingresso aprirsi. Peeta.
-Kat? Amore, dove sei?-
-Sono su!- gli grido in risposta e dopo pochi
secondi vedo
mio marito sulla soglia del bagno.
-Come stai? Non sei ancora pronta? Tra
mezz’ora abbiamo la
visita.- mi dice lui, baciandomi il collo.
-Mmm, sono quasi pronta. Dobbiamo proprio uscire?-
-Disse la ragazza che sino a due ore fa smaniava
per andare
a caccia.-
Non rispondo, rivolgendogli un’occhiata
piuttosto eloquente
e togliendomi l’asciugamano di dosso. E poi, senza quasi
accorgermene, vedo una
cascata rossastra, simile a pipì, scendere dalle mie gambe.
Arrossisco immediatamente.
Mi sono fatta la pipì addosso davanti a mio marito. Mio
marito. La persona con
cui ho rapporti sessuali. Sto per sotterrarmi.
-Oddio. Peeta vai via! Non guardare, pulisco tutto
io.-
-Kat… non penso che quella sia
pipì.- mi dice lui,
emozionato.
So che cosa intende dire ma io scuoto la testa,
risoluta. Mancano
ancora tre settimane. E’ troppo presto, è piccolo
ancora.
-Certo che lo è. Andiamo a questa
maledetta visit…. Aua!-
esclamo tenendomi la mano sulla pancia. Ok, forse non era
pipì.
-Ok, ok. Calma. Calma, calma, calma. Devo chiamare
l’ostetrica,
miss… miss…-
-Optkins , Peeta! Optkins! E giuro che ti uccido
se ora
perdi la testa… giuro che ti farò rimpiangere di
avermi messo questo bambino in
pancia per tutta a vita: chiaro?! Concentrati!-
Peeta fa dei respiri profondi e mi aiuta ad
infilarmi una
semplice camicia da notte mentre mi stende sul letto. Lo sento correre
giù per
le scale per chiamare l’ostetrica, Haymitch e mia madre. Nel
mentre, io cerco
di respirare lentamente, come mi aveva mostrato la Optkins qualche
settimana
fa. Ma sono così dannatamente scomoda. E fa male, fa davvero
male. Per questo
quando rivedo Peeta gli tengo le braccia per farlo avvicinare a me.
Sentire il
suo odore di pane e cannella mi tranquillizza.
-Ho paura- mormoro al suo orecchio.
-Andrà bene, ci sono io con te. Ci
credi? Ancora poche ore e
vedremo il nostro bambino.-
-E’ presto…- sussurro io, le
lacrime agli occhi per il
dolore e la preoccupazione. –Non ho mangiato bene, non ho
dormito abbastanza. Come
può star bene?-
-Hai fatto tutto quello che dovevi, Kat.
E’ solo curioso di
vedere la sua bellissima mamma, andrà benissimo.-
La Optkins se la prende con calma
perché, effettivamente le
mie contrazioni sono appena cominciate. Mia madre è salita
sul primo treno
disponibile ma dubito che riuscirà ad assistere al parto:
forse è meglio così perché
quando Haymitch prova ad entrare in camera, gli urlo tutti gli
improperi
peggiori del Giacimento. Voglio solo Peeta. E la dannata ostetrica.
Quando finalmente quell’idiota si decide
ad arrivare, mi
controlla, infilando il dito nella mia intimità e
strappandomi un urlo di
dolore. Penso che la mano di Peeta sarà rotta, alla fine di
questo dannatissimo
parto.
-Oh beh, ha fretta il piccoletto, giusto? Non
penso che ci
saranno problemi, dall’ecografie precedenti era comunque
molto grande. Nel caso,
ho già avvertito l’ambulanza e sono di sotto in
caso ci siano problemi. –Brava Optkins,
così mi piaci. – comunque sei già
dilatata di 8 centimetri. Ancora qualche ora
e dovrebbe nascere, ok?-
-Ok..- mormoro io mentre sento Peeta baciarmi la
spalla nuda
da dietro di me.
Ma velocemente mio marito cambia posizione e, ogni
volta che
ho una contrazione, mi piego su di lui che ora è davanti a
me. Non si lamenta
neanche una volta, anche se continuo a chiedergli scusa
perché mi rendo conto
che gli sto stritolando le mani.
-Scusa, scusa, scusa.- mormoro.
-Kat… penso che questo sia il minimo
dopo quello che stai
passando, che dici?-
-Primo e ultimo, ok?- urlo io, quando
un’altra contrazione
arriva, mentre lo sento ridacchiare e annuire. C’è
ben poco da ridere, Mellark.
Quando la Optkins entra e mi dice che sono pronta
finalmente
posso spingere. Pensavo che mi avrebbe dato sollievo invece fa ancora
più male
e io sono davvero, davvero esausta.
-Su, Katniss, ancora un’altra spinta, ce
la puoi fare.-
-No, no, no.- mormoro io, esausta mentre Peeta mi
asciuga la
fronte con un fazzoletto bagnato.
-Dai, Katniss, dieci minuti massimo e
sarà tutto finito.-
Guardo Peeta e lui mi annuisce fiducioso e
guardando quei
maledetti e bellissimi occhi azzurri capisco che ce la posso fare: cosa
sarà
mai un bambino, in confronto alle arene e alla guerra? In confronto
alle morti
e alle rinascite che abbiamo passato, incontrato nel nostro cammino?
Inizio ad urlare come una forsennata mentre spingo
con tutte
le forze che ho nel corpo: Peeta inizia a urlare che si vede la testa.
Che ha i
miei capelli. Ne ha tanti. Mi concentro solo sul suo viso
perché è quello che
mi da forza, è per quel viso che sono riuscita a superare il
terrore di quando
ho sentito il bambino muoversi, è per quel viso che sono qui
adesso.
E poi, con l’ultima spinta, sento delle
urla che non sono le
mie. Sento la risata di Peeta e le sue lacrime mi cadono sulle braccia
o almeno
così mi sembra perché è tutto
totalmente offuscato, ovattato. Non capisco quasi
cosa sia successo.
-E’ femmina.- dice Miss Optkins ,
sorridendo e avvolgendo
MIA FIGLIA, alla fine avevamo entrambi ragione, in una copertina bianca
e
porgendomela in braccio.
Non pensavo che avrei potuto amare qualcuno, un
qualcosa di
così piccolo, così tanto. E appena vedo il suo
faccino grinzoso nella mente mi
passa subito questo pensiero: “Ma certo che sei
tu”. Osservo incantata i pochi
riccioli scuri sulla sua testolina bianca e osservo incantata le sue
labbra,
uguali a quelle di Peeta. Il suo ditino mi stringe forte il mignolo e
io
sorrido incantata: lei è forte.
Mia figlia è forte come quel dente di
leone che ho visto all’uscita
di scuola, millenni fa. E’ forte come la speranza che quel
piccolo fiore ha
rappresentato per me in tutti questi anni, lei è nata dal
mio amore con Peeta,
il mio simbolo della rinascita. Lei è la mia Dandelion.
-Ciao Dandy…- mormoro io, baciandole la
piccola manina.
Guardo Peeta che ci osserva incantato e capisco,
guardando
il suo viso felice, che ho recuperato tutti i miei debiti con il
ragazzo del
pane, dando vita a nostra figlia.
-Che ne dici di Dandelion, come nome?-
-Lo trovo magnifico.- mormora lui, baciandomi i
capelli.
Mai avrei creduto di amare qualcuno
così tanto.
Perché io amo.
E mia figlia me l'ha fatto finalmente capire.
Ooooook:) Questo capitolo non era nato per essere quello decisivo, quello del parto. E state tranquille perchè sono sarà comunque l'ultimo: ci saranno altri due capitoli almeno e comunque avevo intenzione di fare una raccolta di One Shot sulla vita di Peeta e Katniss dopo "Living again". Non vi libererete di me così facilmente:D
Vi devo delle spiegazioni, sopratutto riguardanti il nome della bimba: non potevo chiamarla Prim. Ad un certo un punto ho pensato di farlo ma poi mi sono detta: "Davvero, dopo tutto quello che hanno passato, chiamerebbero la bambina con il nome di un fantasma?" Non penso proprio. Ed ecco perché Dandelion, dente di leone, mi è sembrato il nome perfetto per la pargola. Non mi uccidete pleaseeeee|!
Grazie a chi commenta, chi mi segue e mi supporta, siete fantastici. Tutti!