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Autore: _Fedra_    12/03/2014    6 recensioni
Parigi, settembre 2013.
Durante una festa a tema, una ragazza dai lunghi capelli biondi abbigliata in maniera incredibilmente realistica fa la sua comparsa tra gli invitati. Sembra molto confusa e spaventata, come se non avesse la minima idea di dove si trovi.
Solo Rosalie Lamorlière, appena arrivata da Francoforte, riuscirà a capire che la giovane in realtà è molto più vecchia di quanto vuole far credere, forse addirittura di un paio di secoli.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bernard Chatelet, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO 6
                   






 
Quando Maria Antonietta riaprì gli occhi, per poco credette di stare sognando per davvero. Un volto bellissimo, simile a quello delle sculture greche, riempiva completamente il suo campo visivo. Era un ragazzo poco più grande di lei, con i lunghi capelli biondo cenere che gli sfioravano le spalle. Un ciuffo spettinato gli nascondeva parte della fronte, mettendo in risalto i profondi occhi blu, in quel momento oscurati da una smorfia carica di preoccupazione.
    –Tutto bene? – le chiese con una voce calda e gentile.
    –Dove sono? – chiese Maria Antonietta confusa.
    –Al Trianon.
    –Come, prego?
    Sperava tanto di aver capito male. Il rumore infernale echeggiava ancora nelle sue orecchie, rimbombando sotto il pavimento.
    –Al Trianon.
    –A Versailles?!
    In tutta risposta, lo sconosciuto le sentì la fronte e il polso con le mani grandi e affusolate. A quel contatto, Maria Antonietta si irrigidì d’istinto: nessuno sconosciuto aveva mai osato tanto!
    –Stai tranquilla, sto solo controllando che sia tutto a posto – la rassicurò il ragazzo con un sorriso. – Hai per caso bevuto?
    –Solo un bicchiere di champagne.
    –Champagne?
    Lo sconosciuto la fissò dritto negli occhi, come se le stesse scandagliando l’anima. Maria Antonietta represse a fatica un brivido. Non aveva mai visto un blu così puro e profondo, intervallato da tante minuscole pagliuzze viola.
    –Mmm, sembra che le iridi siano normali – disse questi ad alta voce.
    –Prego?
    –Non mi sembra che tu abbia assunto droghe.
    –Ci mancherebbe altro! Insomma, volete dirmi dove mi trovo?
    –Te l’ho già detto: sei al Trianon, uno dei locali più in voga di Parigi – per sottolineare il concetto, lo sconosciuto indicò qualcosa alle sue spalle.
    Maria Antonietta seguì il suo dito con lo sguardo e trasalì nel leggere il pannello appeso sulla parete. Prima ancora che il ragazzo potesse fermarla, l’arciduchessa scattò in piedi, scansando la folla e precipitandosi all’esterno. L’insegna luminosa con la scritta Trianon le lampeggiò sfrontatamente in faccia, lasciandola a bocca spalancata per lo sconcerto. Nuovi suoni e rumori agghiaccianti attirarono la sua attenzione. Trasalendo per lo spavento, Maria Antonietta si voltò. Palazzi alti come cattedrali stringevano la via in una morsa, mentre carrozze prive di cavalli sfrecciavano davanti a lei a velocità folle. Una mostruosa costruzione infuocata sovrastava quel panorama infernale come una gigantesca torcia. Le tornarono i capogiri e in meno di un attimo le ginocchia cedettero di nuovo.
    Questa volta, due braccia forti l’afferrarono per la vita, evitando che si accasciasse a terra all’ultimo istante.
    –Questa è Parigi? – domandò l’arciduchessa con un gemito.
    Lo sconosciuto annuì con un sorriso.
    –Credo che tu abbia avuto un piccolo shock – disse con calma. – Vieni dentro: lì sarai al sicuro. In caso, posso accompagnarti all’ospedale.
    –Io lì non ci torno, signore! E, per favore, datemi del voi! – esclamò Maria Antonietta, cercando di recuperare un minimo di contegno.
    –Credo che tu stia davvero male – sentenziò il ragazzo con decisione. – Coraggio, di me puoi fidarti.
    L’arciduchessa tentò di divincolarsi ancora una volta, ma barcollò pericolosamente nel tentativo, ritrovandosi aggrappata agli abiti dello sconosciuto. Con un sospiro rassegnato, si lasciò portare nuovamente nelle viscere di quel posto infernale.
 
***
 
“Come sarebbe a dire hai ballato con André?”, domandò Oscar per l’ennesima volta, gli occhi sgranati per lo stupore.
“Ѐ così!”, rispose Rosalie sulla difensiva. “Se non lo fermavo, rischiava di rifilarmi addirittura un superalcolico!”.
“Ma che stai dicendo? André non farebbe mai una cosa simile!”.
“Non faceva altro che parlare della gara di domenica prossima…”.
A quelle parole, Oscar si immobilizzò come se fosse stata fulminata.
“La gara?”, il suo cervello stava galoppando.
“Continuava a parlare del Saint-Germain”.
“Aha!”, esclamò la ragazza picchiandosi il palmo della mano. “Allora è tutto chiaro!”.
Furiosa come una belva in gabbia, Oscar raggiunse a grandi passi un altro dei suoi allievi, un ragazzo alto dai lunghi riccioli castani, che stava chiacchierando con delle ragazze.
“Basta giocare, Victor”, gli disse in tono sbrigativo. “Pare che abbiamo degli infiltrati del Saint-Germain”.
A quella notizia, il giovane strabuzzò i grandi occhi verdi.
“Come, prego?”, esclamò.
“Non c’è tempo da perdere. Non mi va di avere casini stasera, okay? Dov’è Axel?”.
“Non lo so. Sono appena arrivato”.
Perché quell’idiota sparisce sempre quando ho bisogno di lui?, imprecò Oscar tra sé e sé.
“Aiutami a fare ordine”, disse rivolta a Victor. “Rosalie, vieni anche tu”.
I tre si defilarono tra la folla, lanciando occhiate sospettose ai presenti.
“Eccolo!”, esclamò a un certo punto Rosalie, indicando il falso André, che in quel momento stava chiacchierando con un ragazzone dalle spalle larghe e i folti capelli neri che gli uscivano da sotto il cappello da pirata.
“Chatelet e Soisson”, disse Oscar riconoscendoli. “Ora mi sentono”.
Prima che i suoi allievi avessero potuto fermarla, la ragazza si era avviata a passo di marcia verso gli infiltrati, fermandosi davanti al bancone e ordinando qualcosa da bere.
“Posso vedere il vostro invito?”, chiese mentre aspettava, rivolgendosi ai due in tono di sfida.
Sentendosi presi in castagna, entrambi si lanciarono occhiate inorridite.
“Come mai da queste parti?”, continuò Oscar prendendo a sorseggiare rumorosamente il suo cocktail. “Le feste esclusive del Saint-Germain non vi entusiasmano più come una volta?”.
“Noi lavoriamo qui!”, si difese il ragazzo moro.
“Ma davvero, Soisson? Ti credevo impegnato nell’ufficio di tuo padre”.
“Non parlarmi in questo modo, Jarjayes!”.
“Avanti, non raccontatemi balle. Siete qui per la gara di domenica, giusto?”.
I due non risposero.
“Vi do un consiglio da amica”, disse Oscar stringendo gli occhi a due fessure. “Uscite immediatamente dal locale e io non vi farò cacciare fuori a calci dall’addetto alla sicurezza. Quello che avete combinato l’anno scorso insieme ai vostri amici non mi è affatto piaciuto. Vorrei sapere solo chi ha avuto la geniale idea di nascondere delle pasticche sospette nel giaccone di André. Per colpa vostra, si è giocato il campionato”.
A quelle parole, Soisson si strinse nervosamente nelle spalle.
“Vigliacco”, commentò la ragazza svuotando il bicchiere con un sorso. “Ah, una cosa. Credo che anche Etienne vi abbia notati”.
I due si voltarono di scatto.
In effetti, Etienne li stava fissando con aria guardinga dall’altra parte della sala.
“Bene, credo che la nostra presenza non sia gradita, qui”, si affrettò ad aggiungere Chatelet. “Togliamo il disturbo, madamigella”.
“Ci vediamo domenica. E che vinca il migliore”, rispose lei laconica, continuando a tenerli d’occhio mentre si allontanavano con una sottile punta di soddisfazione che le risaliva gorgogliando lungo la gola.
Rosalie aveva osservato la scena con un misto di ammirazione e incredulità.
“Solo tu potevi distinguere il vero André da quell’impostore”, disse a Oscar non appena tornò da loro.
“Non si somigliano poi così tanto”, si schermì l’altra. “Diciamo che stasera la maschera ha aiutato”.
“Ѐ davvero del Saint- Germain?”.
“Sì. Bernard Chatelet è uno dei suoi migliori allievi. Sicuramente era qui per piantare grane, approfittandone della sua somiglianza con André. Non sarebbe la prima volta”.
“Sono degli esseri disgustosi, tutti quanti”, commentò Victor furioso.
“Basta, non voglio più sentir parlare di loro fino a domenica prossima”, tagliò corto Oscar con decisone. “Questa è la nostra festa. Volete qualcosa da bere?”.
Rosalie non rispose.
La sua attenzione era stata attirata da una figura alta e dinoccolata che vagava senza meta tra la folla.
Non appena la raggiunse, Louis chinò la testa e vomitò sul pavimento di linoleum.
 
***
 
Maria Antonietta seguiva lo sconosciuto all’interno del locale, lanciandogli di tanto in tanto delle lunghe occhiate intimorite. Non riusciva a capire a che gioco stesse giocando, lui e tutti gli altri. Non era possibile: quella non era la sua Parigi! Le sembrava davvero di essere finita all’interno di un girone infernale, come quelli che aveva visto più di una volta negli affreschi delle chiese nelle sue rare uscite fuori Versailles. Avrebbe tanto voluto scappare, ma le sue gambe sembravano non rispondere più alla sua volontà, muovendosi meccanicamente come se fossero guidate da fili invisibili.
    –Come ti chiami? – le chiese a un certo punto il ragazzo, volgendosi verso di lei.
    –Come, non mi riconoscete? – rispose lei stizzita.
    –Scusami, non mi sembra di averti mai visto, anche se hai un’aria vagamente familiare.
    –Sono Maria Antonietta…
   –Piacere, Axel Von Fersen – disse lui con un sorriso prima che l’altra potesse finire le presentazioni. – Sei anche tu della palestra, giusto? Che cosa fai? Zumba, pesi, bokwa?
    –Eh?!
    Axel sembrava sorpreso.
    –Non sei della palestra? – chiese perplesso.
    –Non so di che cosa parlate! Io fino a un attimo fa ero a una festa al Trianon, a Versailles. Avete presente Versailles, no?
    –Come non potrei?
    –Io vengo da lì. C’era una festa in onore della contessa Du Barry e di colpo mi sono trovata in questo posto infernale.
    –Aspetta, hai detto Du Barry? – domandò Axel fermandosi di colpo e fissandola con gli occhi sgranati.
    –Certo. La conoscete anche voi, immagino.
    –Ovvio! Stai parlando dell’amante di Luigi XV, per caso?
    –Quante Du Barry ci sono a Parigi?
    –Perdonami, è che mi sono laureato in Storia Moderna, quindi sono molto ferrato su questo argomento. Eri per caso a una rievocazione, non è vero?
    –Ma che rievocazione, io sto parlando della vera Du Barry! Si può sapere in quale epoca vivete?
    –Nel Ventunesimo secolo, ovvio.
    A quell’affermazione, fu Maria Antonietta a sgranare gli occhi per la sorpresa.
    –Vi state prendendo gioco di me? – domandò con voce rotta.
    –Non approfitterei mai di una ragazza in questo stato – rispose Axel con determinazione.
    –Che giorno è oggi? – chiese l’arciduchessa, prendendo di nuovo a sudare freddo.
    –Il 30 settembre 2013. Perché?
    Maria Antonietta non rispose. In un attimo, si era di nuovo accasciata al suolo priva di sensi.
 
***
 
“Sta’ calmo, Louis, va tutto bene”, ripeté Lucile per l’ennesima volta, sorreggendo a fatica la testa del ragazzo chino su una tazza del gabinetto.
Ibrahim osservava la scena appoggiato alle mattonelle del bagno, le braccia incrociate e un’espressione disgustata dipinta sul volto.
“Ha bevuto?”, domandò a un certo punto.
Lucile gli lanciò un triste cenno di assenso, mentre Louis vomitava di nuovo.
“Porca puttana, ma è disgustoso!”, esclamò l’altro distogliendo lo sguardo.
“Se ti dà tanto fastidio, puoi anche uscire”, tagliò corto la ragazza.
“Ti chiamo quando mi servirà qualcuno a reggermi la testa”, rispose lui uscendo dal bagno il più rapidamente possibile.
Stronzo, pensò Rosalie con rabbia.
Lei e Lucile erano rimaste accanto il ragazzo per un buon quarto d’ora, cercando inutilmente di farlo smettere di vomitare.
A quanto pareva, aveva alzato un po’ troppo il gomito con i cocktail.
Per Rosalie non fu difficile indovinare la causa di quel colpo di genio.
“Tutto bene, Louis?”, domandò la ragazza non appena l’altro riuscì a staccare la faccia dal water.
Il ragazzo non rispose.
Aveva lo sguardo fisso e un colorito orribile.
Lucile gli pulì un angolo della bocca e si sforzò di sorridere.
“Non posso vederti così”, gli disse sull’orlo delle lacrime. “Non proprio tu”.
“Dobbiamo portarlo subito a casa”, intervenne Rosalie.
“Ci pensi tu a chiamare Christine?”.
“Sì, giusto il tempo di andare fuori”.
“Se vuoi, per te ci penso io, a riaccompagnarti a casa”.
“Nessun problema, tranquilla”.
Rosalie si voltò e uscì dal bagno, esultando dentro di sé per quei preziosi attimi di intimità che Lucile stava concedendo finalmente a Louis, alla faccia di quell’egoista di Ibrahim.
Stava giusto per imboccare l’uscita del locale, quando per poco non inciampò in Axel, che stava cercando disperatamente di rianimare una ragazza bionda stramazzata sul pavimento.
“Tutte stasera, eh?”, domandò in tono sarcastico.
“Perché, ce ne sono altri?”, chiese Axel disperato.
“Un mio amico sta vomitando da venti minuti”.
“Splendido”.
“Chi è?”, domandò Rosalie inginocchiandosi accanto a lui.
“Non lo so. Crede di essere Maria Antonietta”.
“Stai scherzando, vero?”.
“No. Credo che sia la pena del contrappasso per gli studenti di Lettere”.
In quel momento, la ragazza stesa sul pavimento si mosse, aprendo lentamente gli occhi.
“Sto ancora sognando, non è vero?”, chiese con la voce impastata.
“No, mi dispiace”, rispose Axel in tono rassegnato.
“Possiamo fare qualcosa per te?”, domandò Rosalie sorridendo.
“Voglio andare a casa”, rispose la ragazza.
“Sicura che non serve passare al pronto soccorso? Hai davvero una brutta cera”, osservò Axel.
“Voglio andare a casa, a Versailles!”, ripeté l’altra con maggiore decisione.
“Abiti a Versailles?”, chiese Rosalie.
“Per l’ultima volta, sì!”.
“Qualcuno di noi abita da quelle parti?”, domandò ancora Rosalie, questa volta rivolgendosi ad Axel.
“Che io sappia, siamo tutti di Parigi”, rispose lui.
“Ma non possiamo lasciarla andare in giro da sola, per di più in queste condizioni!”.
Rosalie si morse nervosamente il labbro.
“Mi date il tempo di una telefonata?”, chiese un attimo dopo.
 



Buonasera, gente! :)
Come accennato, questa settimana gli aggiornamenti sono stati tutti anticipati di un giorno.
Mi piacerebbe riuscire ad aggiornare più spesso, ma con l'università il tempo per scrivere si sta riducendo agli spostamenti in treno e alle ore di buco tra una lezione e l'altra.
Spero che mi capiate!

Come nell'anime, anche qui vi è uno scambio tra André e Bernard, maschera inclusa * vi prego, signore, contenetevi *
Che ne pensate della reazione di Fersen e Rosalie?
Certo, non potevano credere subito all'identità di Maria Antonietta, giusto?
Sinceramente, se vi capitasse di incontrare una che afferma di essere l'erede al trono di Francia, voi le credereste?

Come sempre, vi lascio l'indirizzo della mia pagina facebook, con tutti gli aggiornamenti e le novità:
 https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra

A presto! :)

F. 
 

 

 

 
 


 
   
 
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