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Autore: Tinkerbell92    12/03/2014    5 recensioni
(DA REVISIONARE)
Seguito della fanfiction "Il Pegno della Luna".
Leila Swift, figlia di Artemide, in seguito alla sconfitta di Crono, decide di compiere un viaggio per ritrovare l'amato Luke, il quale, nel frattempo, si è già reincarnato ed ha cominciato una nuova vita, senza aver memoria degli eventi precedenti.
Quasi in contemporanea, Nico Di Angelo, in seguito ad un sogno premonitore, decide di partire per l'Ade, per salvare l'anima di sua sorella Bianca, tenuta prigioniera da una dea molto pericolosa.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nel segno della Luna'
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-Leila-

Il sorriso che mi rivolse Jake Milligan m'infastidì più di una ditata in un occhio.
- Leila, sei venuta alla fine!- trillò con aria allegra – Ne sono felice!
Provai a scorgere una punta di malizia nella parola “venuta” – Luke non riusciva mai a star serio pronunciandola - ma, con somma delusione, constatai che Jake non era in vena di doppi sensi. Probabilmente nemmeno sapeva cosa fosse un doppio senso.
- Ne sei felice?- ripetei, con una punta di sarcasmo – Non so se la tua fidanzata sarà dello stesso parere…
- Te la presento subito!- rispose eccitato lui, senza cancellarsi dalla faccia quel sorrisino idiota – Come mai sei vestita così?
- E’ un problema?- soffiai sulla difensiva, pronta a piazzargli una scenata.
Lui scosse la testa e mi prese per mano, conducendomi dai suoi adorati parenti. Non so se fece più male la vista della sua amichetta oppure il fatto di non provare assolutamente nulla quando le sue dita incontrarono le mie.
I signori Milligan non parevano cattive persone: lui alto e dinoccolato, coi capelli brizzolati e l’aria sveglia; lei di media altezza e un po’ rotondina, con i capelli color caramello ed un sorriso molto dolce.
- La signorina Leila, immagino – sorrise il signor Milligan, tendendomi la mano – Dave Milligan, molto piacere.
- Ehm… sì, il piacere è mio – balbettai, gettando occhiate nervose qua e là.
- Io sono Mara- soggiunse la donna – Da dove vieni, cara? Non mi pare tu sia del Nevada…
- Georgia… sono di Atlanta…
- Ci sono stato due anni fa- si intromise il tipo dai capelli biondi pieni di gel che intuii essere il signor Kingston – Paesino grazioso…
- In realtà è una città, non un paesino- lo interruppi in modo brusco, leggermente punta nell’orgoglio – Ed è pure più grande di Las Vegas.
La ragazza bionda, che doveva essere Caroline, emise una leggera risatina: - La tua amica è suscettibile, Jackie. Beh, un po’ di patriottismo non fa mai male, no?
Mi rivolse un ampio sorriso, mettendo in mostra una dentatura leggermente cavallina.
Jake mi posò una mano sulla spalla e mi indicò i genitori di lei: - Il signor e la signora Kingston, proprietari del Mirage. E lei è la mia fidanzata Caroline…
- Sì, l’avevo capito- risposi annoiata, aggrottando la fronte non appena Caroline si sporse verso di me, prendendomi la mano e sorridendo ancora più apertamente.
Per la prima volta riuscii a guardarla bene in faccia: dimostrava circa venticinque anni, aveva il naso aquilino, gli occhi di un bel marrone intenso –anche se ero sicura indossasse delle lenti a contatto colorate – ed uno strato di fondotinta parecchio scuro spalmato sul viso, che metteva ancora più in risalto il suo collo color yogurt.
Indossava un abito grigio-azzurro in stile Anni Cinquanta, con la gonna tagliata sopra il ginocchio, ed i suoi capelli color platino erano palesemente tinti.
A prima vista non pareva una di quelle ochette vanitose e stupide con cui avevo avuto a che fare a scuola, eppure una strana sensazione mi tormentava, una sensazione di “sbagliato”, che non aveva minimamente a che fare col fatto che fosse la fidanzata del padre di mia figlia. Non riuscivo però a capire di cosa si trattasse…
- Signorina, Jake non l’aveva avvertita che questo sarebbe stato un Ballo di Gala?- domandò la signora Kingston, una tipa bassa  dai capelli a caschetto nerissimi – I suoi abiti non mi sembrano… appropriati…
- Non sono nuda, signora- replicai acida – Perciò non trovo un senso nella parola “inappropriati”.
La donna sgranò gli occhi stupita, ma, prima che potesse svenire o farsi prendere da una crisi isterica, il signor Milligan indicò il lungo tavolo apparecchiato che si trovava alle nostre spalle: - Jake, perché tu e Caroline non portate Leila a bere qualcosa?
- Oh, sì, servono ottimi spritz, io me ne sono già scolati due!- rise la signora Milligan, facendo arricciare il naso ai signori Kingston.
- E’ un’ottima idea!- sorrise Caroline, prendendomi sottobraccio a tradimento – Vieni, Leila.
L’accompagnai al tavolo un po’ riluttante, con Jake che ci tallonava con sguardo inebetito. Pareva tanto un cagnolino sottomesso e mi morsi la lingua per non farmi sfuggire un commento simile.
- Hai almeno vent’un anni, giusto?- mi domandò Caroline, mentre faceva cenno ad un inserviente di preparare tre spritz.
- Sì, ne ho ventidue, Caroline – risposi annoiata, afferrando il bicchierino di cristallo che mi porgeva, contenente un liquido gassoso color rosso corallo.
Bevvi qualche sorso, facendo scorrere lo sguardo distrattamente da una parte all’altra del salone. Mi sentivo a disagio quando Caroline mi fissava, perciò evitai il più possibile di incontrare il suo sguardo, almeno nei momenti in cui parlava con Jake.
Per qualche secondo, i miei occhi si soffermarono su un ragazzo dai capelli neri appoggiato a una parete con aria annoiata, leggermente scostato dal resto degli invitati.
Esattamente come me, sembrava parecchio fuori posto: indossava dei jeans strappati ed una giacca in pelle nera con le borchie. Immaginai che fosse il figlio ribelle di un qualche riccone amico dei Kingston, ma non riuscii a pormi altre domande poiché distolsi lo sguardo imbarazzata non appena lui, accorgendosi di me, mi strizzò l’occhio.
- Leila?
Sussultai non appena mi trovai il volto di Caroline a pochi centimetri dal mio: - Che vuoi?
Lei sorrise, indietreggiando di un passo: - Ti ho chiesto di cosa ti occupi. So che alloggi al Caesar, quindi devi essere ricca di famiglia o svolgere un lavoro che ti permetta una vacanza simile.
- Non sono in vacanza – sibilai, cercando di inventare su due piedi una scusa plausibile – Io… sono qui per lavoro… sì, scrivo recensioni sugli alberghi per l’Olympus Express, una rivista abbastanza nota ad Atlanta.
-Uh, interessante! – trillò Caroline, allargando il sorriso equino – Ma i due ragazzini che hanno preso il tè con noi sono tuoi parenti?
- No, sono stagisti – mi affrettai a rispondere, pestando il piede a Jake che aveva appena aperto la bocca per dire qualcosa – Forse Annabeth verrà anche assunta a fine anno. E’ una ragazzina piuttosto sveglia.
- Sì, l’ho notato – asserì mielosa Caroline, appoggiando poi la mano sulla mia spalla – Perché continui a distrarti? Cosa stai guardando?
Una morsa mi serrò lo stomaco, ma cercai di non perdere la calma.
- Quel ragazzo appoggiato al muro – risposi incerta, indicando con un cenno il tipo dai capelli neri – Lo conosci?
Lei lo osservò per qualche secondo, poi fece una smorfia: - Oh, è Ian St Mark, i suoi parenti gestiscono il Venetian Hotel. E’ un tipo parecchio strano, sembra sempre arrabbiato col mondo… sinceramente non ne capisco il motivo – concluse, prendendo un ultimo sorso di spritz.
Aprii la bocca per rispondere, quando un movimento sospetto oltre le grandi finestre della sala attirò la mia attenzione.
Con una scusa, mi allontanai da Jake e Caroline – cosa che non sembrò infastidirli particolarmente – e mi affacciai ad una delle enormi vetrate.
Il “giardino polinesiano” del Mirage, illuminato da una miriade di piccole fiaccole, sembrava piuttosto tranquillo. Non potei fare a meno di osservare che, nonostante i proprietari dell’albergo fossero degli insopportabili snob, la cura quasi maniacale dei dettagli non stonava affatto in un contesto simile. Dovetti riconoscere che il Mirage era davvero un hotel stupendo.
All’improvviso, una mano gelida sul collo mi fece sobbalzare e a stento trattenni un grido.
Mi voltai, pronta ad afferrare il piccolo pugnale legato al polpaccio che avevo nascosto sotto i jeans, quando mi ritrovai davanti ad un paio di iridi color ghiaccio che, nonostante dessero un po’ i brividi, parevano decisamente umane.
- Nervosa?
Indietreggia di un passo, fissando un po’ guardinga Ian St Mark che, come se niente fosse, stava mangiando una mela dalla buccia rossa, sorridendo appena con fare quasi furbo.
Colsi per qualche secondo l’occasione per osservarlo meglio: dimostrava più o meno vent’anni, era abbastanza alto e la sua carnagione pallida creava un contrasto parecchio spettrale con gli abiti scuri che indossava. Un filo leggero di eye-liner evidenziava il contorno un po’ allungato dei suoi occhi azzurri, mentre i suoi capelli, neri e lucidi, erano leggermente disordinati e pieni di gel.
Era sicuramente un bel ragazzo, nonostante i suoi lineamenti fossero un po’ aguzzi, ma, per un’ignota ragione, il suo aspetto mi inquietava.
- Che intendi dire? – domandai, restando sulla difensiva.
Ian diede un altro morso alla mela, poi alzò le spalle: - Appena ti ho toccata hai sobbalzato come se ti avessi punta con uno spillone. Mi sembra un atteggiamento da persona nervosa.
- Non hai pensato che potesse esser colpa della tua mano congelata? – replicai ironica, appoggiando le mani sui fianchi – Se mi avessi appoggiato un cubetto di ghiaccio sul collo forse avrei avuto una reazione più tranquilla…
Il ragazzo mi fissò per un po’ senza parlare, poi alzò il lato sinistro delle labbra verso l’alto: - Non ci posso fare nulla, io ho sempre le mani fredde. L’importante è che tu non sia sempre nervosa, ho sentito dire che lo stress non fa bene.
Ma che cavolo di problemi aveva? Tra tutte le persone presenti in sala aveva deciso di importunare proprio me?
- Non hai qualcun altro con cui chiacchierare, Ian? – sbuffai, serrando le mani nelle tasche dei jeans – Che ne so, uno dei tuoi parenti, o…
- Sei l’unica ad indossare abiti informali oltre a me, qui dentro – mi interruppe con fare impassibile – E’ una cosa che mi incuriosisce. Sarei tentato di chiederti come fai a conoscere il mio nome, ma visto che prima parlavi con Caroline Kingston credo non sia necessario. Comunque, come mai sei vestita così? E’ un gesto di ribellione o non ti senti a tuo agio in abiti formali?
Il mio sguardo cadde istintivamente sulla maglietta colorata che indossavo. Arrossii leggermente: - Mi andava di vestirmi così.
- Perfetto, atto di ribellione quindi – concluse lui, porgendomi la mela prima che potessi protestare – Vuoi un morso?
Qualsiasi parola stesse per uscire dalle mie labbra morì immediatamente sulla punta della lingua. Sbarrai gli occhi, facendoli scorrere da Ian alla mela rossa, cercando di capire se stesse scherzando o meno.
Ero sul punto di scuotere la testa e allontanarmi, quando notai Caroline Kingston guardarsi attorno, molto probabilmente in mia ricerca, così, senza pensarci due volte, afferrai il pomo mezzo mangiato e ne staccai un morso dalla parte ancora intatta.
- Grazie – biascicai, mandando giù un po’ a fatica e restituendo il frutto al legittimo proprietario.
Ian diede una seconda alzata di spalle ed aprì la bocca per rispondere, quando il suo sguardo si posò su qualcosa che si trovava dietro di me: - E quello cos’è?
Mi voltai di scatto, scorgendo un rapido movimento fuori dalla finestra.
- Sembrava una donna – mormorò Ian, dando distrattamente l’ultimo morso al suo torsolo di mela – Anche se aveva una pelle orribile. Sembrava quasi un serpente. Boh, forse lo spritz che ho bevuto era più forte del solito…
- Io non credo – lo interruppi preoccupata, appoggiando le mani contro la vetrata fredda – Non penso proprio che…
- Leila!
La voce acuta di Caroline mi fece sobbalzare di brutto tanto che, voltandomi di scatto, rischiai di rompere il vetro della finestra con una gomitata.
La biondina lanciò un’occhiata scettica a Ian, poi mi sorrise: - Non dovresti appoggiare le mani alle vetrate, rischi di rovinarle.
- Mi dispiace – bofonchiai, ficcando i pugni in tasca ed evitando di guardare negli occhi lei e Jake, che sorrideva come un idiota.
Caroline mi diede una leggera pacca sulla spalla: - Fà attenzione, mi raccomando! Senti, perché non ti unisci a noi per il brindisi? Mio padre ha già dato l’ordine ai camerieri di portare lo champagne.
- Uh, d’accordo – balbettai, lanciando d’istinto un’occhiata verso Ian, che piegò le labbra in un sorrisetto. Non so perché, ma quello sguardo mi ricordava qualcosa…
- Se non vi dispiace, io vado fuori a fumare – sospirò con flemma, pienamente consapevole dello sguardo disgustato che Caroline gli stava rivolgendo – Magari anche la Donna Serpente sarà felice di farsi un tiro…
Mise il torsolo di mela in mano alla figlia dei Kingston e, come se nulla fosse, tirò fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto di sigarette e si avviò verso l’uscita principale.
A quel punto, sia io sia Caroline ci trovammo in uno stato di imbarazzatissimo mutismo: lei fissava ad occhi sbarrati il frutto mangiucchiato che giaceva sul proprio palmo, mentre io avevo rivolto lo sguardo alle punte delle mie scarpe che, in qualche modo, mi sembravano la cosa più rassicurante all’interno di quella sala.
Non sapevo perché, ma in qualche modo mi sentivo indirettamente responsabile, come se io ed Ian St Mark ci fossimo messi d’accordo per fare un dispetto alla giovane ereditiera.
Finalmente, Caroline aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu interrotta da un singulto di Jake. Lo scricchiolio alle mie spalle non mi diede tempo di ragionare sul da farsi: sguainai il coltello e mi voltai di scatto, giusto in tempo per vedere la vetrata della finestra infrangersi in mille pezzi.
Alzai il braccio per ripararmi il viso, venendo sfiorata appena da qualche scheggia, mentre Jake e Caroline inciamparono all’indietro per la sorpresa, piantando il culo a terra.
Qualcuno degli invitati gridò: una dracena dai capelli neri e unti sibilava ferocemente, strappandosi dalla pelle squamosa frammenti di vetro appuntiti.
- Maledizione! – imprecai, indietreggiando in posizione di guardia.
Udii la signora Kingston gridare qualcosa al marito, ma non ci feci molto caso. Non avevo idea di come potesse apparire la Donna Serpente che stavo fronteggiando agli occhi dei mortali, ma di certo non doveva avere un aspetto carino.
- Mi sono stancata di voi rettili umanoidi! – gridai, facendo un passo verso la creatura, che mi soffiò contro furiosa – Il primo incontro che ho avuto con una della tua razza mi ha dato gli incubi per mesi!
- Fatti da parte, ssssemidea! – sibilò la dracena – Non mi interessssi tu, oggi! Non cossstringermi ad ucciderti!
- E chi ti interesserebbe allora? – domandai con aria di sfida, parandomi istintivamente davanti a Jake e Caroline, che boccheggiavano terrorizzati. Non che m’importasse chissà cosa di lei, ma volevo evitare a tutti i costi che il padre di mia figlia venisse fatto a pezzi, in caso fosse stato lui il bersaglio della creatura.
La dracena scosse l’orrenda testa deforme e si lanciò rabbiosa contro di me. A quanto pare doveva avere una memoria piuttosto scarsa, visto che solo pochi secondi prima aveva espressamente detto che non le interessavo affatto.
Mi scansai di lato, rischiando di urtare gli eleganti tavolini bianchi su cui erano stati disposti ordinatamente cibo e bevande vari. Alcuni invitati cominciarono a correre scompostamente verso l’uscita, altri, come i signori Milligan, restarono a guardare imbambolati, incapaci di reagire.
- Dov’è? – gridò la creatura, guardandosi attorno – Dove ssssì nasssconde?
- Tu hai seri problemi, bella mia – commentai, facendo un passo indietro.
Quella si voltò di scatto verso di me, mi studiò come se mi avesse vista per la prima volta e compì un secondo balzo.
Puntai il pugnale all’altezza del suo petto, trafiggendola non appena mi fu addosso, ma l’impeto della sua carica mi sbilanciò, facendomi finire contro un tavolino sul quale era stata posta una gigantesca ciotola di cristallo colma di punch. Udii un grido maschile piuttosto scocciato, ma non riuscii a capire a chi appartenesse, perché piombai a terra di brutto, procurandomi dei bei lividi sul lato destro del corpo.
La dracena si dissolse e l’orrenda polvere delle sue ceneri si depositò sui miei vestiti.
Per un attimo, un opprimente ed imbarazzante silenzio piombò all’interno della sala, poi, con fare un po’ incerto, la signora Milligan si avvicinò a me e mi offrì la mano per farmi alzare.
- Dove… dove hai imparato quelle mosse, cara? – mi domandò con un filo di voce, cercando goffamente di spazzare via la cenere di mostro dalla mia maglietta.
Prima che potessi trovare una scusa, udii un sibilo stizzito e, voltandomi, vidi il signor Kingston seduto a  terra, gli abiti fradici e la scodella di punch rovesciata in testa. Evidentemente aveva cercato di salvare la preziosa terrina e, in un certo senso, c’era riuscito: la superficie di cristallo non presentava nemmeno un graffio.
- Wow – esclamò Jake, ignaro delle occhiatacce che mi stavano rivolgendo i genitori della sua ragazza – Non si vedono tutti i giorni spettacoli del genere! Che diavolo era quella cosa?
Prima che potessi replicare, mi scattò una foto col suo cellulare e lo porse a Caroline, che mi fissava a bocca aperta: - Twittala per me, per favore…
La biondina non mosse un muscolo, ma io, in compenso, mi diressi a falcate verso di loro, afferrai il cellulare e lo spensi con rabbia.
- Continua a tenerlo acceso – sibilai minacciosa – E stai pur certo che prima o poi ti farai davvero molto male.
Era il secondo mostro che si tirava addosso da quando l’avevo ritrovato. Non mi importava che non sapesse di essere un semidio e che il suo cellulare fosse peggio di un razzo di segnalazione per i mostri, ero così arrabbiata per il fatto che fosse davvero così cambiato –e probabilmente irrecuperabile – che mi venne molto facile incolparlo silenziosamente di tutto.
A testa alta, mi avviai verso l’uscita, senza nemmeno degnare di un saluto lui, Caroline e compagnia bella.
Mentre stavo per varcare la soglia, però, notai con la coda dell’occhio che Ian St Mark mi fissava in modo strano.


***
Angolo dell’Autrice: Capitolo pubblicato dopo secoli e pure un po’ deludente forse (io non me ne sento pienamente convinta). Spero che i prossimi siano migliori.
Comunque, mi sono imposta di aggiornare oggi perché, secondo i miei calcoli pazzoidi, è il compleanno della nostra piccola Artemis!
Ancora non è sicuro, ma, appena finirò Find Me, potrei pubblicare una sorta di spin-off su di lei più grandicella.
Perciò, auguri Missy!
Per domandarvi perdono, vi allego una piccola immagine di lei, collegata ovviamente all’ipotetico spin-off!
Grazie per aver letto e scusate per il ritardo e la scarsa qualità del capitolo.
A presto!
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