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Autore: skippingstone    13/03/2014    1 recensioni
"Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare. Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido, almeno potremmo stare vicino. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te.
Se, invece, riuscirò ad uscire da questa Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell'interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da questa Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!"
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Presidente Snow, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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11. Un buon motivo per combattere

Sai, Livius, qui senza di te è difficile. Non è sostenibile una cosa del genere. Se tu fossi vivo, avrei almeno un buon motivo per poter tornare a casa, ma tu non ci sei e non ci sono nemmeno altri veri buoni motivi per farlo. 
Non riesco a prender sonno perché, come già sai, ho una stupida malattia: sono sempre vittima dei miei pensieri. Anche oggi, di fatti, questi non smettono di essere i miei criminali. A giorni sarò io stesso un criminale. 
Non riesco a pensare alla vita di coloro che sono usciti "indenni" da quest'Arena, di coloro che sono i vincitori del Gioco. 
No, Livius, nessuno esce senza ferite! Lo leggo negli occhi di Victor che qualcosa non va mai bene. Il suo modo di porsi verso le cose è complicato: si guarda sempre accanto, è sulla difensiva ogni qual volta succeda qualcosa, si estranea dagli eventi per poter controllare tutto. Lui indossa sempre questa corazza perché, appena qualcuno vede delle debolezze, crede lo attaccheranno.  Io conosco un po' il peso di questa corazza dura. La indosso anche io e tu lo sai.
Però poi ho visto, in un solo attimo, un po' di te: Victor, infatti, si preoccupa per me, cerca di aiutarmi sempre. Credo lo faccia non solo perché è suo obbligo farlo ma perché... perché c'è qualcosa che ci rende uguali. È come se lui riesca a capirmi completamente ed è strano. O forse si comporta così perché sa cosa sto passando.
D'altronde lui non ha mai lasciato davvero quell'Arena, crede che tutta Panem sia l'Arena. E mica ha torto? 
Riflettendoci bene: ha ragione Morse (anche se lo odio come quelli del distretto). Il nemico principale non è lui ma tutti questi distretti, tutto il popolo. Perché non muovono un dito? Perché non fanno qualcosa per combattere questo sistema che non va? Aspettano noi, ragazzi dagli 11 ai 18 anni, per salvare questo mondo? Io non riesco a salvarlo da solo.
Nessuno si salva da solo. Me lo hai sempre detto tu. Nessuno si salva da solo. Eppure l'unica persona che potrebbe salvarmi ora sono io. 
Non sono sicuro di potermi salvare, ancora.
Però mi vendicherò Livius, ad ogni costo. 
Anche se ho detto che il Presidente ha ragione, anche se ti ho detto che odio il nostro distretto, ho riflettuto. Il mio nemico non è solo il Presidente Morse o il distretto 2. I miei nemici sono il distretto 2 e il Presidente Morse perché il primo ti ha mandato a morire e il secondo ha creato questi giochi che sarebbero esistenti se non ci fosse lui a mandarli avanti. La mia vendetta sarà atroce.
Sarò l'artefice dei miei Giochi. Io giocherò usando solo il mio cervello, il mio cuore senza pensare alle varie strategie consigliatemi da Morse o chi altro.
Mi vendicherò, Livius, lo farò... secondo le mie di regole.
Per ora conto solo su Victor. Spero che almeno lui non scelga di suicidarsi, come hai fatto tu.
Ps. Solo ora mi accorgo di un'altra differenza tra me e te. Io ho reagito quando mi hanno detto di provare a tagliarmi. Tu hai dovuto affrontare l'Arena, ma hai avuto la brillante idea di non farlo perché hai sempre odiato batterti, hai sempre lasciato passare.
Io, però, non ti riesco a far passare.
Tuo, C. Snow
Ti regalo, nei miei pensieri, una rosa bianca.


Lascio andare la penna.
È tardi anche questa sera. Invece di sfogarmi uscendo fuori, decido di scrivere una lettera al mio amico morto, a colui che mi sta dando il motivo per poter vincere. Ripenso all'Addestramento di oggi.
Durante la prima parte, sono rimasto lì, fermo a guardare tutti. Cercavo di guardarli tutti per apprendere il loro modo di battersi, le loro specialità, le loro abilità. Più li vedevo combattere, più mi scoraggiavo quando pensavo a un combattimento corpo a corpo con uno di loro.
Poi è arrivata ora di pranzo e Victor, sapendo da Level che ho fatto lo stoccafisso guardando gli altri, mi ha rimproverato. Devo sfruttare questo tempo quando le acque sono calme.
Ritornato nella piramide, ho recuperato il tempo perso fermandomi a ben tre spazi. Prima ho provato a tirare con l'arco, ma ho fatto pena; poi ho provato a ricordare come accendere un fuoco (io l'ho imparato grazie a Livius così come ho imparato a riconoscere dell'acqua pulita o delle piante velenose); infine, ho seguito il corso di combattimento. C'è stata, poi, la cena. 
Ora sono uscito dalla mia stanza, sono diretto da Victor. Busso delicatamente alla sua porta cercando di non farmi vedere da nessuno. Lui mi apre ed entro.
«Tu proprio non riesci a dormire, eh?»
Sorrido pensando che è vero: ho dormito davvero poco in questo periodo e la stessa cosa sta facendo lui a causa mia.
«Dormirò quando sarò morto... Tra cent'anni.»
«Cos'è, la notte porta consiglio?»
«No, Victor porta consiglio.»
«Vieni, ho del thè.»

Mi risveglio.
La sala attorno a me gira del tutto. Ho gli stessi sintomi di quando ho avuto la botta alla testa durante la Mietitura.
Apro la bocca e ne esce un liquido rosso: il mio sangue. Macchio di rosso il parquet. 
Mi sposto un po', voglio sollevarmi ma vado a terra perché le mie gambe non si muovono. Non riesco ad alzarmi per provare a scappare, a capire dove sono. Cerco di fare forza sulle braccia ma la mano scivola sul mio stesso sangue e sbatto con la testa sul pavimento.
È come sentirsi colpire più volte alla testa perché sento il ripetersi di forti rumori. Riprovo di nuovo ad alzarmi ma non riesco a fare niente: proprio le forze mancano. Chiudo gli occhi, anche loro non hanno la forza di restare aperti. All'improvviso sento delle mani toccarmi il viso. Apro più volte gli occhi, con grande fatica, ma non riesco a distinguere il viso di chi mi è accanto. Riesco perfettamente a sentire delle dita toccarmi all'interno della bocca. Riesco a percepire perfettamente dei tagli che bruciano maledettamente. Chiudo, dunque, violentemente la bocca perché non voglio provare questo dolore e mordo quelle dita che cercano di uscire fuori. Con grande forza, mi riaprono la bocca e ci buttano qualcosa dentro, qualcosa di liquido. Ha un sapore orribile e provo a sputarlo ma mi richiede troppa fatica. Butto, allora, giù ciò che, mischiatosi con il mio sangue, è rimasto in bocca.
Le poche forze che ho vengono meno.

Mi risveglio sobbalzando come un pazzo.
Mi tocco le gambe, le braccia, la fronte e tutto funziona. Vedo in modo chiaro quello che mi è accanto e so di essere nella stanza di Victor. Deve essere stato un brutto sogno, un incubo. Mi tranquillizzo.
Mi alzo e, anche se all'inizio sento uno strano torpore in tutto il mio corpo, cammino. Mi sento pieno di energie, carismatico.
«Victor.»
Lo chiamo, lo cerco nella stanza da letto, nel bagno e nel salotto ma lui non c'è. Sarà andato da qualche parte.
Controllo l'orario per capire cosa debba fare in questa nuova giornata e mi vien da sbadigliare. È mio solito sbadigliare a bocca chiusa ma, quando sono solo, spalanco la bocca. Così faccio anche adesso, ma qualcosa si apre dentro la bocca e sento mille dolori. Subito corro in bagno e inizio a sputare sangue. 
Forse il mio non è stato un incubo. Sento la porta aprirsi e, poi, chiudersi. Mi sciacquo la bocca, ma sento ancora dolore. Sputo e decido di non provare a risciacquare la bocca perché non riesco a sopportare tutto questo.
Corro nell'altra stanza mentre mi pulisco con la manica della maglia.
«Victor! Cosa cavolo mi sta succedendo?»
«Snow, vieni a sederti.»
Voglio sapere cosa mi sta succedendo e quel suo essere così tranquillo mi fa credere che lui sappia qualcosa.
«Io non mi siedo! Voglio sapere cosa mi è successo.»
  
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