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Autore: Alepotterhead    14/03/2014    1 recensioni
Mags è l'adorabile ottantenne che tutti abbiamo conosciuto, ma anche lei è una vincitrice. O meglio una sopravvissuta.
Ecco a voi i Noni Hunger Games. Gli Hunger Games di Mags.
Dal capitolo 9
“Tributi prendete posizione”
La voce mi fa sobbalzare e la pedana si solleva leggermente, le ante del tubo che la circondano si aprono. Guardo il pacificatore alle mie spalle, non si muove di mezzo millimetro. Prendo un respiro profondo e faccio i due passi che mi separano dalla piattaforma, sento le gambe di gelatina. Prendo posizione come mi è stato detto.
“Cinque secondi rimanenti alla partenza”
Conto mentalmente… Cinque… Quattro… Tre… Due… Uno…Ci siamo.
Le porte si chiudono e la piattaforma inizia lentamente a sollevarsi.
Si apre una botola sopra la mi testa e una cascata di luce piove su di me.
Ci siamo davvero.
All’inizio non riesco a distinguere ciò che mi circonda, appena mi abituo alla luce, rimango senza fiato.
È un paesaggio incredibile."
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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“Cosa dovrei spiegarti?”

“Perché mi stavi seguendo”

“Non ti stavo seguendo, sono capitato nella radura al momento giusto” bugiardo per coerenza sempre e comunque.

“Mi credi tanto scema? Quello che hai appeso alla cintura è il mio coltello! Inizia a spiegare dall’inizio forza!” il mio tono non ammette repliche.

Mi guarda di sottecchi come se non sapesse chi ha davanti, come se non fosse lui quello con in mano un’ascia e un arpione, sono io la mina vagante.

“Come sei acida! Allora stavo seguendo Mannaia da un paio di giorni, finché non si è imbattuto in quell’idiota del Sette che era anche messo male, ma invece che scannarsi a vicenda si sono alleati, tutta colpa della lingua biforcuta di Sette, che sarebbe riuscito a vendere carbone al Distretto Dodici, comunque decido di allontanarmi, non volevo attaccarli in inferiorità numerica e non avevo alcun interesse nei loro confronti. Così su una strada presa per evitarli mi imbatto in qualche incauto tributo che invece che guardare dove poggia i piedi continua a borbottare come vecchio a cui hanno rubato il bastone, così che –come era prevedibile- ruzzola giù dalla strada…”

“Ah-ah molto divertente”

“…l’ho già detto che sei acida? Ecco, comunque, stavo dicendo, questo stolto tributo chissà per quale colpo di fortuna non si fa nulla e inizia a camminare bello tranquillo non riconoscendo il pericolo in agguato sopra la sua testa, così, quando viene colpito dalla terribile trappola tesagli dall’Arena, intervengo io, elimino quella grave minaccia e aiuto il tributo, senza farmi avanti a rivendicare il compenso che merito, proprio come un vero cavaliere. Così quando il tributo si riprende inizio a seguirlo e ammetto che non essersi svelato ha portato i suoi frutti, come essere condotto a una splendida fonte d’acqua…e…sai, la prossima volta chiederò a quel tributo se vuole strapparmi i vestiti di dosso per lavarmeli…” mi sorride ammiccante mentre cammina spedito.

“Smettila di fare il cretino! E vai avanti”

“Eh niente, poi hai visto le tracce nel fango e hai iniziato a seguirle, solo che non erano le tracce di Mannaia né dell’Idiota, perché erano troppo piccole, così ho capito che qualcosa non andava che c’era qualcun altro invischiato in questa situazione”

“Ma perché non ti sei semplicemente fatto vedere?”

“Sinceramente non lo so, il mio istinto mi diceva che sarebbe stata una buona idea tenersi nascosti e bisogna sempre seguire l’istinto quando è questione di vita o di morte e ha funzionato, no? Hanno creduto che fossi sola e di avere già praticamente vinto, hanno abbassato la guardia…”

“Si, il problema è che ho creduto anche io di essere sola e sconfitta e sono stati gli attimi peggiori che abbia mai vissuto, perché non sei intervenuto prima?” il mio sguardo è di accusa, ne sono consapevole, ma io ho fatto qualcosa da cui non si torna indietro, per cui non si può chiedere scusa, per cui non posso perdonare nemmeno me stessa, mentre lui stava accucciato dietro un albero?

“Non sapevo se fossi una brava attrice, dovevi avere davvero paura per far cadere in fallo quei due e comunque quando sei scappata credevo volessi seminarli, allontanarli da Keri, non credevo fossi tanto folle da attaccarli, pensa che nemmeno io ho osato, tu hai avuto il coraggio di affrontare una situazione disperata. Sei coraggiosa. Io invece sono rimasto alla radura da Keri che è messa piuttosto male, ma quando ho deciso di raggiungevi, tu avevi appena colpito Sette e credevo volessi colpire anche Mannaia quando ti sei avvicinata a lui. Ho capito che qualcosa non andava solo quando ti sei lasciata cadere a terra”

Sono arrabbiata, perché è intervenuto solo quando gli ha fatto comodo, perché ha sfruttato il mio panico per indebolire gli avversari “Potevi farti vedere! Potevamo ideare un piano assieme, potevamo…”

“Cosa? Potevamo cosa? Evitare di ucciderli? Lasciarli scappare? Diventare amici? Mags piantala! Devi accettare che sei nell’Arena! Perché non puoi semplicemente accettare il fatto che devi uccidere per difenderti? Nell’Arena non puoi salvare tutti, non hai la certezza nemmeno di salvare te stesso!” le sue parole sono crude, secche, sputate quasi con astio, ho fatto arrabbiare anche lui, fantastico. Ma i nostri punti di vista sono completamente divergenti, io non lo capisco, lui non mi capisce, io sono irritata, lui pure.

Provo la forte sensazione di volergli  tirare uno schiaffo e sento quasi un fastidio fisico a vederlo che cammina di fianco a me, mi va il sangue al cervello.

“È questo che dici a te stesso per dormire la notte eh? Come diamine fai a ‘accettare e basta’ una cosa del genere? Come? Perché una persona normale, una con un cuore non ce la fa” sono parole cattive.

“Si vede che sono una persona terribile, un mostro senza coscienza”

“A quanto pare sì” è la rabbia che parla.

Si ferma e mi fissa “Mors tua vita mea*”

Non so cosa abbia appena detto, ma non suona per nulla bene, ci guardiamo in cagnesco per quella che pare un’eternità e poi me lo ritrovo addosso.

Sono a terra, il suo corpo mi schiaccia, mi ha immobilizzato gambe e braccia, mi sento sprofondare nel fango freddo e vischioso, ma soprattutto sento la lama fredda e umida del coltello premuta contro la mia gola tanto forte che se dovessi deglutire mi taglierei di sicuro.

Qualcosa di viscido inizia a colarmi lungo il collo, non penso sia sangue mio, ma nemmeno lo escludo. Considerando la situazione non mi sento in ansia o preoccupata, sono ancora arrabbiata ed è assurdo, non tento di divincolarmi, guardo solo il suo volto, corrucciato dalla rabbia e percorso dalle poche luci della notte.

Si avvicina lentamente al mio volto e sento il respiro delle sue parole che si infrange direttamente sulle mie labbra “Cosa mi impedisce di tagliarti la gola qui e adesso?”

“Niente” non una nota di incertezza trapela dalla mia voce.

Silenzio.

Nessuno movimento, nessun respiro.

Buio.

Silenzio.  

Solo sguardi tanto intensi da bruciare e bucare la pelle, nei suoi si riesce quasi a leggervi la lotta che infuria nella sua testa tra ‘mi alzo’ e ‘le taglio la gola’.

Solo un silenzio tanto profondo da fare riecheggiare parole non dette e paure inespresse.

Solo un ragazzo.

Solo una ragazza.

Solo orrore.

“La compassione non fa vincere” che abbia visto compassione nei miei occhi come ho visto il dubbio nei suoi?

“Chi lo dice?”

“La mia lama sulla tua gola”

“E allora fallo” il mio tono di sfida lo fa vacillare per un secondo e proprio in quel secondo penso che sia davvero in grado di farlo, di far saettare quella lama fredda che sento premere sulla gola.

Però non succede, perché mi trovo d’un tratto libera, infatti si alza, mi volta le spalle e inizia a camminare.
Non ho capito niente di quel che è successo, non so se sono stata più vicina alla morte ora o con Mannaia, e sinceramente non mi importa, mi alzo e ricomincio anche io a camminare, mi vengono i brividi non so se per il fango che sento colarmi giù per la schiena o per altro.

Poco dopo siamo tornati alla radura, dove ancora riversa a terra giace Keri.

Quando mi avvicino mi accorgo che è sveglia, anche se evidentemente troppo debole per alzarsi, ha una ferita alla testa ricoperta da sangue ormai secco, per il resto non sembra avere ferite visibili, ma se nemmeno riesce a mettersi seduta, c’è qualcosa che non va. Così tento di sorriderle, cerco di sopprimere il ricordo di lei che mi ha voltato le spalle nel cuore della notte. Non ci riesco.

Rabbia.

“Aiden sei tornato…”
Poi mette a fuoco anche me e sgrana gli occhi “Mags? Che è successo? Mags sei coperta di fango e…sangue? Mio dio la tua gola, stai bene?”

Si sta davvero preoccupando per me? Perché io davvero non so più cosa pensare, come agire, di chi fidarmi…

Non riesco a dire niente.

“Aiden cos’è successo? Come vi siete trovati? Siete feriti?” non le ha raccontato nulla.

“Ci siamo occupati di un paio di …ehm…problemi, di cui non ti dovrai mai più preoccupare” il sorriso che fa è agghiacciante e io lo odio per questo, perché lui riesce ad accettare qualsiasi azione? Qualsiasi decisione? Non è giusto. Perché non perde il sarcasmo, l’acume e il sorriso? Dov’è il suo senso di colpa?

I miei pensieri sono un vortice confuso, senza capo né coda, senza senso né coerenza, penso a tutto e niente, so solo che sono pensieri guidati dalla paura e dalla rabbia, rabbia verso di lui e di lei.

E soprattutto verso me stessa.

E ho male dappertutto. E ho fame. E mi sento sola. Sola contro il mondo. Mi manca Dave.

Ci sono i tributi de Due e poi ci sono io.

Non c’è un noi.

E questo accresce il mio risentimento.

E mi detesto ancora di più perché mi sento una persona sempre più orribile.

Mi guardo i piedi “Perché lo hai fatto?”

La domanda sembra rivolta a entrambi e proprio per questo non riesco a rivolgere loro lo sguardo.

“Mags….Io…Senti, non…” la sua voce è flebile, sofferente, rotta, ma Keri sta tentando di darmi una risposta.

Aiden invece è un codardo. Sarà anche in grado di uccidere e stare in pace con se stesso, ma non è in grado di affrontare una situazione difficile, perché è complesso relazionarsi con qualcuno se non puoi tagliargli la gola a sangue freddo. Soprattutto se devi spiegare perché hai tentato di tagliare la gola a quel qualcuno.

Ma il punto non è questo.

“Mi hai volontariamente lasciato?”

“Sì”

“Nel cuore della notte?”

“Sì”

“Perché?”

“Perché secondo te?”

“Non avevi più bisogno di me…” queste parole bruciano nella mia gola coperta di sangue, tanto che credo sanguini anche interiormente, sento le lacrime pungermi gli occhi, ma non piangerò davanti a due nemici, mi hanno già visto sufficientemente debole.

“Doc sei un’idiota! Una emerita idiota! Come puoi pensare una cosa del genere? Per aver pensato questo nemmeno ti meriteresti una spiegazione”

Silenzio.

“Me ne sono andata perché mi sono affezionata diamine! E questi sono gli Hunger Games, non possiamo essere amiche”

Dio quanto avevo sperato in una risposta del genere, ma non so se posso fidarmi ancora. Non credo sopporterei un’altra pugnalata alle spalle.

“Come sei finita nelle mani di quei due?”

“Ok, basta. Questo stupido siparietto è durato a sufficienza, sei cieca o cosa? Non vedi che ha bisogno di cure? Di riposare? Smettila di tartassarla di domande” Aiden mi fissa come fossi una bambina troppo stupida per capire qualsiasi cosa. Questo mi manda di nuovo il sangue al cervello, io NON sono una bambina e NON sono stupida. Adesso sono io che scatto verso di lui, lo spintono e gli strappo il mio arpione dalle mani. Mentre è pietrificato per la mia reazione, faccio scivolare la lama sporca lungo la sua guancia, non premendo tanto da ferirlo, ma sufficiente da lasciargli una scia di sangue, ho i nervi a fior di pelle e non deve più avere l’ardire di provocarmi.

“Questo gioco si può fare in due” la mia voce è bassa e cerco di suonare minacciosa, ma non risulto proprio convincente.

Dopo il primo momento di sconcerto  una mano scatta a stritolarmi il polso costringendomi ad allontanare l’arma dal suo volto, mentre l’altra mi ghermisce l’altro braccio. Mi ritrovo di nuovo a una vicinanza spaventosa dal suo volto.

“Stai attenta, non si gioca col fuoco…” brividi.

“Ma al fuoco piace giocare” i suoi occhi sembrano quasi liquefarsi alle mie parole, in perfetto contrasto con il fuoco delle parole, due perfette pozze d’acqua in cui puoi benissimo annegare senza difficoltà. Si crea uno di quei silenzi tanto densi da poter essere affettato, uno di quei silenzi tanto cupi in cui si sentono urlare cose non dette, paura, morte, oppressione, dolore e io mi sento bruciare dai capelli alla punta dei piedi, non so se è il caldo dell’Arena o la rabbia, ma sento come se nelle vene mi scorresse lava incandescente.

“Ma che vi prende?” Keri tenta di sollevarsi, ma rovina a terra.

La situazione si spezza, mi libero dalla presa e mi accuccio vicino a Keri aiutandola a stendersi, i suoi occhi castani mi fissano sinceri e addolorati, ma il tarlo del dubbio mi rode ancora il cervello.

“Che ti hanno fatto?” Aiden anticipa la domanda che stavo per porre io.

“Pestaggio alla vecchia maniera direi, calci, pugni… non volevano uccidermi subito, stavano usando me e la ragazza del Cinque come trappola per Mags, perché avevano paura di lei, volevano toglierla di mezzo.”

Aiden digrigna i denti, io trattengo il fiato. È una cosa orribile, in genere ci si uccide subito, non ci si picchia come dei bruti, perché è inutile. Gli altri devono morire per farti vincere, a che scopo aumentare l’agonia degli altri picchiandoli? Questa non può definirsi strategia, è puro sadismo. E anche stupidità, come facevano ad avere paura di me?

“Adesso stai ferma” vado a recuperare lo zaino che avevo nascosto tra i cespugli e inizio a mettere in pratica le lezioni di medicina e primo soccorso, facendole di tanto in tanto qualche domanda.

È stata colpita alla testa dal manico dell’ascia di Sette, ma fortunatamente si è svegliata quindi forse non ha causato danni eccessivi,  inoltre da quello che capisco deve avere le costole incrinate, causate da calci poderosi e probabilmente ha una caviglia slogata, senza contare la serie di macchie violacee che iniziano a comparire sulla sua pelle.

Sono disgustata.

Disgustata da me stessa, dal fatto che inizio a non sentirmi più in colpa per quello che ho fatto.

Disgustata dai ragazzi che le hanno fatto questo.

Disinfetto la ferita superficiale, Aiden mi aiuta a steccarle la caviglia, le offro un po’ d’acqua, ma non c’è molto altro che posso fare, almeno non conoscendo l’entità dei danni interni.

“Riposati un po’” non può fare molto altro.

“Grazie Doc” non mi viene da ridere dal nomignolo, anzi adesso che la rabbia inizia a scemare, inizio a provare l’istinto di piangere, piangere disperatamente, per calmarmi la guardo finché il suo respiro non diventa regolare e quieto.

È ancora buio, in quel punto imprecisato della notte in cui tutto tace e se stai fermo a occhi chiusi senti di poter sparire, purtroppo io non ho questo privilegio, non posso semplicemente annullarmi nel buio, così fisso la figura che seduta  dall’altra parte del piccolo spiazzo ripulisce l’ascia, faccio qualche passo nella sua direzione, poi mi blocco quando solleva lo sguardo e mi coglie in pieno mentre lo fisso.

“Non sono stanco”

“Nemmeno io”.

Poi mi rendo conto che non voglio stare vicino a lui, non voglio vederlo, non voglio nemmeno sentirlo, faccio dietrofront e mi sistemo all’estremità opposta rispetto a lui, gli lancio un’occhiata prima di sedermi, c’è buio, ma mi sembra stia ridendo.
Che situazione assurda, mi lascio scivolare contro la solida corteccia di un albero, perché all’improvviso sento il bisogno di avere qualcosa di stabile contro cui poggiarmi, perché per il resto non mi rimane niente, assolutamente niente a cui aggrapparmi.

Vengo sopraffatta di nuovo da tutto quello che è successo, come un’ondata e provo un dolore quasi fisico che mi fa mancare il fiato. Tutto l’astio che provavo fino a poco fa sembra defluito dal mio corpo, lasciandosi dietro un grande vuoto e una grande stanchezza. Mi stringo forte le ginocchia al petto e vi affondo la testa, poi le lacrime iniziano a scorrere, non ne posso fare a meno, sono patetica, me ne rendo conto da sola, ma non riesco a controllarmi.

Patetica, patetica, patetica.

Come posso sopportare tutto questo? Il peso dell’Arena mi sta schiacciando, mi sta facendo cadere a pezzi, fisicamente e psicologicamente. Di questo passo non posso reggere ancora a lungo.
Mi sento una ragazzina, una spaurita ragazzina di quindici anni. Voglio tornare a casa. Voglio solo preoccuparmi di andare a scuola e a nuotare, di andare in giro coi miei amici e con mia sorella.

E invece non posso farlo.

In questo momento non mi sento in grado di fare niente.

E non faccio niente. Rimango accoccolata a terra e il tempo passa .

Poi sento un rumore, sollevo la testa dalle gambe e lui è in piedi di fronte a me, mentre il buio inizia a scemare e a schiarirsi.
Mi guarda, apre la bocca e la richiude senza aver emesso un solo suono.
Mi guarda. Lo guardo.

Riabbasso la testa, non ho voglia di stare a sentire niente.
Dopo un po’ alzo lo sguardo e vedo che è sparito, o meglio, è tornato dov’era prima, dall’altro lato dello spiazzo, tanto che forse mi sono immaginata tutto.

Rimango a tormentarmi sulla mia sanità mentale finché ormai la luce si irradia e penetra attraverso le nubi che continuano ad oscurare il sole, ormai il cielo coperto e i tuoni  sono una condizione costante, tanto che nemmeno ci faccio più caso.

Mi alzo svogliatamente da terra, cerco di ricompormi alla meglio, ma sono certa di avere occhi rossi e occhiaie non indifferenti, senza contare il fatto che sono ancora ricoperta di fango, bevo e mangio un paio di biscotti perché ho come la sensazione che il mio stomaco sia tanto vuoto che potrebbe benissimo iniziare a mangiarsi da solo e mi accorgo che mi sono rimaste pochissime scorte, urge trovare una fonte di cibo e al più presto, anche a Keri non avrebbe fatto male avere qualcosa nello stomaco per riprendersi. Forte della convinzione di avere un obiettivo mi metto lo zaino, raccolgo l’arpione e mi dirigo da Keri, o per lo meno tento di andare da lei, perché vengo intercettata.

“Cosa credi di fare?”

“Vado da Keri a discutere il piano del giorno”

“Tu non discuti proprio niente, meno che mai con lei in queste condizioni”

“Ah e immagino che me lo impedirai tu?”

“Ovviamente…  Non la lascerò in mezzo ai tuoi piani strampalati”

Digrigno i denti “Disse quello che mi ha sfruttato come una pedina”

Ah che bel modo di iniziare la mattinata.

“Se non ti piace come agisco puoi anche prendere e andare, grazie” mi sta forse cacciando? Come osa?

“Puoi pendere e andartene tu, che dici?”

“Lei è la mia compagna di Distretto, vattene a cercare il tuo!”

“Si, però sono io che l’ho tirata fuori dalle sabbie mobili alla cornucopia e sei stato tu a proporre un’alleanza o sbaglio? È già finita l’idea del ‘insieme siamo più forti, possiamo aiutarci, resistere all’Arena’ e tutto il resto?”

“Ma tu non collabori! Ti arrabbi, vuoi fare quello che vuoi e non pensi alle conseguenze!”

“COSA? Sei tu che mi fai arrabbiare, tu che vuoi fare quello che vuoi, tu che non pensi alle conseguenze!”

“Hai ragione, tu pensi troppo alle conseguenze, ti addossi tutto il peso del mondo, questo non fa di te una martire, fa di te un’idiota!”

“Certo, qui sono proprio io l’idiota… ma per piacere!”

“Se avete finito forse possiamo iniziare a decidere qualcosa, insieme” Keri è seduta, pallidissima, ma sveglia.

“Non volevo svegliarti, ma qualcuno non è in grado di controllare il proprio tono di voce” mi lancia un’occhiata eloquente, come se non potessi vederlo.

Faccio per rispondergli malamente, ma Keri è più rapida.

“Aiden, non preoccuparti, ho riposato, adesso è più importante decidere cosa fare”

“Io avrei una proposta”

“Oh questa è nuova”

“Aiden…” il diretto interessato sbuffa all’ammonimento della propria compagna di Distretto, ma tace.

Da persona matura quale sono mi limito a guardarlo con sufficienza prima di proseguire.

“Secondo me sarebbe buona cosa tornare al lago con la cascata, è una fonte d’acqua, è a solo un giorno di cammino, è una possibile fonte di cibo ed è una posizione privilegiata per controllare gli spostamenti degli altri. Si, insomma, potremmo stare li finché non ti sei rimessa e poi decidere come spostarci.”

“Mi sembra un buon piano” Keri sorride.

“A me no, l’acqua attira molti tributi, dovremmo stare sempre all’erta, è difficile nascondersi e Keri fa fatica a stare seduta, come pretendi che riesca a camminare un giorno intero?”

“Possiamo procedere con calma, siamo probabilmente il gruppo più numeroso presente nell’Arena, siamo armati… comunque se non ti sta bene, ascoltiamo la tua di proposta che sarà di sicuro migliore”

Silenzio.

“Ah che eloquente silenzio” ghigno trionfante e Aiden mi sta praticamente uccidendo con lo sguardo.

“Mags…” Keri ammonisce anche me, ma io continuo a ghignare.

“Che c’è? Ha detto per mezz’ora che sono un’incompetente! Lasciami gongolare un po’”

“Rimane comunque il fatto che ci sono parecchi rischi e problemi non indifferenti…”

“Vero, ma possono essere superati, possiamo farcela. Adesso dammi il coltello e aiuta Keri ad alzarsi”

“Ah adesso inizi anche a dare ordini?”

“Esattamente”

“Oh ma smettetela! Aiden fa come dice, Mags finisci di stuzzicarlo… Sembrate avere cinque anni, anzi peggio sembrate i miei nonni.”

Riluttante Aiden mi allunga il suo coltello, che in realtà sarebbe il mio, e mi allontano alla ricerca dell’ausilio che ci serve, appena torno vedo Keri in piedi appoggiata a Aiden, bianca come un cadavere, ma in piedi.

“Era ora eh”

Lo ignoro.

“Tieni, ti ho fatto queste, non sono il massimo, ma di sicuro aiutano. Comunque quando sei stanca ci fermiamo, cerca di non poggiare il piede altrimenti non guarisce più”

Le allungo due rami aggiustati alla maniera di stampelle.

Le prova e riesce a muoversi, anche se con difficoltà a causa delle altre contusioni e de terreno poco agevole, però meglio di niente.

“Grazie” ha gli occhi velati di lacrime, non so se per il dolore o per il fatto che la stiamo aiutando ad andare avanti.

“Bene adesso possiamo andare”

E accompagnati dal un tuono più rumoroso che abbia mai sentito ci mettiamo in marcia.

È circa mezzogiorno quando inizia a piovere.
Il problema è che non è pioggia.






 


 
 


 



 
 






*‘Mors tua, vita mea’= la tua morte è la mia vita. Ci può essere un solo vincitore: il fallimento di uno costituisce il successo di un altro. Mai frase fu più azzeccata per gli Hunger Games.

  
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