Harry
si stiracchiò, piegò il collo a destra e a
sinistra e chiuse gli occhi, premendosi le dita sulle tempie. Erano
appena le
sei di sera ma lui era esausto. Quella settimana era stata infernale,
con il
caso Birkerman che non andava né avanti né
indietro, Ron che campeggiava sul
suo divano dopo l’ennesima litigata con Hermione e Dobby che
si ostinava ad
utilizzare i suoi maglioni preferiti come stracci per il pavimento
–erano
vecchi, d’accordo, forse anche logori, ma erano comunque i
suoi maglioni
preferiti-.
Harry
sollevò stancamente le palpebre e batté un paio
di
volte la punta della piuma sulla pergamena, lasciandovi due quasi
impercettibili tracce d’inchiostro. Aveva la sensazione che
se non avesse
staccato subito gli sarebbe esploso il cervello, eventualità
che era certo
nessun auror desiderava si verificasse perché, a quel punto,
qualcun altro
avrebbe dovuto sopportare Malfoy.
Era
stato Kingsley Shaklebolt, a quel tempo a capo del
Dipartimento Auror, ad assegnarli come partner quando avevano appena
terminato
il corso di formazione. Harry credeva che non gliel’avrebbe
mai perdonato e dentro
di sé l’aveva ingiuriato in qualsiasi modo
conoscesse. Malfoy si era limitato a
rivolgergli quel maledetto ghigno di sfida che riservava a lui soltanto
e non
aveva mostrato alcun segno di irritazione.
Da
quel giorno erano passati quattro anni. Due auror
avevano preso il posto di Kingsley, Hermione e Ron si erano sposati,
Harry
aveva lasciato Ginny, aveva preso in affitto un appartamento a Notting
Hill, si
era trasferito in un monolocale a Soho, si era tatuato un boccino sul
petto,
aveva ritentato con Ginny, era finita un’altra volta,
Hermione e Ron avevano
cominciato a litigare sistematicamente e a riappacificarsi
sistematicamente, ma
Draco era stato sempre lì, il suo insopportabile partner sul
lavoro, intento a
fare le sue solite insopportabili e stravaganti cose a
tutte le ore del giorno e a ricordargli che, in un modo o
nell’altro, quella era pur sempre la vita di Harry, e che
c’era una linea ad
unirne tutti i puntini.
Draco
faceva di tutto per essere irritante ma ad Harry
non era ancora ben chiaro se lo facesse di proposito oppure no. Era
certo,
però, che una vena di follia si nascondesse dentro di lui e
spesso riusciva
perfino a vederla scintillare nei suoi occhi grigi. Non erano solo i
suoi
strani tic o gli sbalzi d’umore a farglielo credere, ma
piuttosto le sue azioni
imprevedibili ed inconcepibili agli occhi di qualsiasi altro essere
umano. Era
capitato, per esempio, che Harry entrasse in ufficio e trovasse Draco
seduto
sul pavimento intento a tracciare sul parquet la mappatura completa
dell’edificio in cui il giorno prima avevano trovato un
cadavere, e quando
aveva provato a chiedergli che cosa fosse stesse facendo, Draco gli
aveva
intimato di fare silenzio. Ancora adesso Harry non aveva idea del
motivo per
cui avesse fatto quel disegno.
Un’altra
volta Draco non si era presentato in ufficio
per tre giorni senza avvertire nessuno. Harry si era preoccupato
perché stavano
seguendo un caso piuttosto importante, per non dire estremamente
pericoloso, e
così era andato a cercarlo a casa. Pansy Parkinson,
coinquilina di Draco, era
andata ad aprirgli con addosso una succinta camicia da notte nonostante
fossero
quasi le due del pomeriggio, e l’aveva guidato in camera di
Draco –ora che ci
faceva caso, quella era stata la prima volta che aveva visto la camera
di
Draco-. Draco era lì, seduto sul letto, gambe e braccia
incrociate, lo sguardo
fisso sulla parete opposta alla porta, dove aveva attaccato tutti gli
indizi
che avevano raccolto sul caso fino a quel momento e una grossa mappa di
Londra
con plurime x verdi e rosse. Quando Harry era entrato, Draco non gli
aveva
rivolto nemmeno un’occhiata.
-Era
ora che arrivassi- gli aveva detto invece con tono
piuttosto irritato, come se Harry avesse dovuto sapere che
Draco lo stava aspettando e correre da lui nel momento
giusto.
Draco
si era alzato, si era avvicinato alla mappa e
aveva puntato il dito su un punto preciso, dicendo
“E’ qui che si nasconde”.
Harry non gli aveva creduto, ma erano andati in quel punto comunque e
avevano
trovato proprio quello che stavano cercando. Da quel giorno Harry smise
di
dubitare delle capacità intuitive di Draco, ma continuava a
chiedersi come
diavolo avesse fatto ad arrivarci. Malfoy, ovviamente, non aveva
nessuna
intenzione di rivelarglielo. Teneva la bocca cucita sui suoi metodi e
lasciava
che Harry si crogiolasse nella curiosità, liquidando ogni
sua domanda con la
stessa frase “E’ che sono il migliore,
Potter”.
In
effetti, quando si trattava di intuito Draco lo era
davvero, il migliore. Harry non lo invidiava affatto per questo,
perché lui era
il migliore in tanti altri campi dove Draco non sarebbe mai riuscito ad
eguagliarlo. Il fiuto per il pericolo, ad esempio, o i riflessi durante
un
combattimento.
Harry
aveva realizzato che unendo le rispettive capacità
formavano una squadra davvero vincente, quasi invincibile. Collaborando
erano
divenuti una squadra davvero efficiente, ed era probabilmente questa la
ragione
per la quale avevano continuato ad essere partner per tutto quel tempo.
Si
completavano a vicenda, compensavano i difetti dell’altro e
lo arricchivano con
i propri punti di forza.
Era
stato più o meno un anno prima che i sentimenti di
Harry erano cambiati. Lui e Draco non erano mai stati amici, non nel
vero senso
della parola, non amici come lo era con Hermione, Neville o Seamus,
però,
costretti a vedersi ogni giorno e ad affrontare pericolose missioni
guardandosi
le spalle a vicenda, tra di loro aveva finito
coll’instaurarsi qualcosa di
assimilabile all’amicizia. A volte uscivano a bere qualcosa,
ma accadeva di
rado. La maggior parte delle loro interazioni si svolgeva in ufficio,
tra un
caffè e l’altro, la pausa pranzo, e le
interminabili discussioni su come
avrebbero dovuto procedere durante quelle indagini, ma questo non aveva
impedito ad Harry si cambiare radicalmente opinione su Draco. Aveva
cominciato
col trovarlo intrigante. Più lo conosceva, più
voleva conoscerlo. Aveva la
sensazione che Draco nascondesse volutamente delle parti di
sé solo per rendere
Harry più curioso, e ci riusciva benissimo.
Poi
Harry aveva cominciato a pensare che fosse sexy. Undici
mesi prima, nella stanza d’albergo che avevano affittato per
tenere d’occhio un
potenziale seguace di Birkerman, Draco si era passato la lingua sulle
labbra un
paio di volte, in un gesto che non voleva assolutamente essere
provocatorio, ma
col quale si era semplicemente bagnato le labbra secche per il caldo, e
Harry
non era più riuscito a distogliere gli occhi dalla sua
bocca, almeno finché
Draco non si era voltato verso di lui, aveva alzato un sopracciglio e
aveva
detto
-C’è
qualcosa che non va, Potter?-.
L’avvenimento
non aveva turbato Harry eccessivamente. Nonostante
le immagini vivide della bocca di Draco e di cosa Harry aveva
immaginato con
precisione gli sarebbe piaciuto facesse continuassero a tornargli in
mente
costantemente, Harry non aveva attribuito loro molta importanza. Era
stato un
caso, il caldo o lo stress, di certo non attrazione sessuale.
Una
settimana dopo sognò di essere in ufficio, con la
schiena appoggiata contro alla parete, la luce delle luna che penetrava
fiocamente dalla finestra semiaperta. Draco era seduto alla scrivania
di Harry
e i suoi occhi erano quelli di un gatto affamato che ha intrappolato un
topo.
Harry era il topo e non aveva scampo. Draco si alzava e si avvicinava
lentamente, trascinando leggermente i piedi sul pavimento. Poggiava una
mano sul
muro a fianco alla testa di Harry, si sporgeva e lo baciava sulla
bocca.
Harry
si era svegliato con il corpo completamente
sudato, la sensazione della lingua di Draco nella sua bocca ben
impressa nella
testa, un’erezione e un migliaio di emozioni e sensazioni
diverse che si
mescolavano nel suo stomaco. Quella fu la prima volta che si
masturbò pensando
a lui.
Ne
parlò con Hermione perché aveva imparato, dopo la
seconda rottura con Ginny, che starla a sentire era meglio che non
farlo. Lei
l’aveva ascoltato in silenzio, annuendo di tanto in tanto,
come se stesse
prendendo dei minuziosi appunti mentali con una penna immaginaria.
Quando Harry
ebbe terminato il suo resoconto, tralasciando dettagli privati che
sicuro
Hermione non avrebbe voluto
sapere comunque,
lei emise il suo verdetto.
-E’
complicato, Harry. Non posso sapere cosa senti, solo
tu puoi. Credo che in questi casi rimuginarci sopra non serva proprio a
niente,
devi solo aspettare e vedere come vanno a finire le cose. La tua
attrazione per
Malfoy potrebbe essere dovuta a tutto il tempo che passate insieme e al
fatto
che da quando hai rotto con Ginny non ha più avuto nessuna
relazione, se non
quella storiella con Anita. Forse è solamente una fase
passeggera e appena
incontrerai qualcun altro finirà com’è
cominciato. Oppure potrebbe essere
qualcosa di più profondo e duraturo, magari la vicinanza di
Malfoy ha fatto
emergere lati di te che fino ad oggi non erano mai saltati fuori-
-Non
sono mai stato attratto da un uomo- aveva ribattuto
Harry
-E’
quello che intendo. Potresti essere bisessuale e non
essertene mai accorto-.
Harry
aveva riflettuto a lungo sulle parole di Hermione,
ma alla fine aveva deciso di seguire il suo consiglio. Aveva deciso di
lasciare
che il tempo facesse il suo corso e di scoprire che cosa sarebbe
successo al
momento opportuno. Trascorsero due mesi e l’attrazione per
Draco non scemò,
anzi, divenne più intensa. Era come se quel giorno in
albergo avesse fatto
scattare qualcosa nel corpo di
Harry, un
interruttore nascosto a cui non aveva mai fatto caso, e
quell’interruttore
avesse acceso una serie di sensazioni che Harry non aveva mai provato
prima. Erano
sensazioni spaventose per la loro intensità, feroci e
voraci, avevano
cominciato a divorarlo senza dargli tregua.
Nel
tentativo di scacciarle, Harry aveva provato ad
uscire con delle ragazze. Le aveva portate a cena, erano andati a bere
qualcosa, con due ci era andato a letto, ma Draco era sempre
lì, ogni volta che
chiudeva gli occhi o lasciava che i suoi pensieri vagassero senza
guinzaglio.
Dopo
due mesi Harry si arrese all’idea che desiderava un
altro uomo e, nello specifico, desiderava Draco. Più ci
pensava più si
convinceva che l’attrazione che provava nei suoi confronti
non fosse solamente
fisica, ma piuttosto mentale. Gli occhi di Draco lo seducevano, i suoi
comportamenti bizzarri lo intrigavano, i suoi gesti lo ipnotizzavano,
il suo
scadente senso dello humour
lo
divertiva e quello che aveva da dire lo faceva riflettere e lo
interessava –la
maggior parte delle volte-.
La
sua vicinanza lo faceva sentire a proprio agio e
agitato insieme, gli faceva desiderare di averlo più vicino
e pensare che
comunque “vicino” non sarebbe stato abbastanza.
Voleva toccarlo, non
necessariamente in senso sessuale, percepire la durezza dei suoi
muscoli e il
calore della sua pelle sotto ai palmi delle mani, stringere tra le dita
la sua
carne e assaggiare il sapore della sua bocca.
Sette
mesi prima Harry aveva accettato definitivamente
l’unica verità possibile: si era innamorato di
Draco e non poteva fare niente
per combatterlo.
Draco
era gay, ed era la persona più gay che Harry
avesse mai conosciuto. Non era effeminato o qualcosa del genere, ma era
andato
a letto con più uomini di quante volte Harry avesse mai
detto “pene”. Tutti i
venerdì sera usciva dall’ufficio alle sei e mezza,
tornava nell’appartamento
che divideva con la Parkinson nel Mayfair e si preparava per la serata
al Venom, il
locale gay più in voga a Soho.
Harry l’aveva incontrato solo una volta mentre tornava a casa
da una serata
passata da Ron e Hermione. La notte era calda e gli era venuta voglia
di fare
una passeggiata. Le strade di Soho pullulavano di vita a
quell’ora e ad Harry
piaceva, perché poteva camminare tranquillamente senza dare
nell’occhio. Poi,
ad un tratto, l’aveva visto, con un cocktail nella mano
destra e quella
sinistra mollemente poggiata sulla spalla di un uomo alto e muscoloso.
Accanto
a lui la Parkinson rideva civettuola in un attillato vestitino verde.
Harry
si era fermato istintivamente a guardarlo. Era il
periodo in cui stava lasciando che il tempo facesse il suo corso,
quello in cui
non aveva ancora ben chiari i sentimenti che lo legavano a Draco,
eppure non
aveva potuto fare a meno di chiedersi che genere di relazione ci fosse
tra
Draco e quell’uomo, se a Draco piacesse e se ci sarebbe
andato a letto. La sola
idea gli rivoltò lo stomaco.
Draco
l’aveva visto e aveva allungato le labbra in un
sorriso sornione, alzando il cocktail nella sua direzione per brindare
con
Harry a qualcosa di oscuro. Indossava abiti completamente diversi da
quelli
tradizionali che utilizzava per andare in ufficio. Entrambi erano di
ottima
fattura, ma se la tunica gli si addiceva sicuramente di più
in circostanze
ufficiali, di certo gli stretti pantaloni neri e la camicia bianca
erano
perfetti per quelle circostanze in cui mescolarsi con i babbani era
fondamentale. Anche se il Venom
era
un club riservato esclusivamente ai maghi, tutti gli altri locali del
quartiere
erano aperti a chiunque e Draco gli aveva spiegato diverse volte che
spesso era
proprio lì che dovevi andare per trovare meno complicazioni
possibili.
Harry
l’aveva guardato nella sua camicia bianca e i
pantaloni neri attillati e aveva pensato che non conosceva Draco per
niente. Si
incontravano tutti i giorni in ufficio da più di tre anni,
avevano rischiato la
pelle l’uno per l’altro almeno una decina di volte,
se gliel’avessero chiesto
Harry sarebbe stato in grado di elencare per filo e per segno le frasi
preferite di Draco quando era stanco, irritato, arrabbiato o
preoccupato, ma al
di fuori dell’ambiente lavorativo, quando la tunica veniva
minuziosamente
ripiegata e riposta nell’armadio, Harry non aveva idea di che
persona fosse, di
che genere di musica ascoltasse, di che cocktail bevesse o da che tipo
d’uomo
fosse attratto.
Quella
sera avrebbe potuto andare da lui, parlargli,
accettare l’invito che Draco gli aveva offerto quando aveva
sollevato il
bicchiere, ma Harry tornò a casa. Solo quando si sedette sul
divano e poggiò la
nuca contro alla parete fresca, ebbe il coraggio di chiedersi che cosa
gli
fosse preso. Aveva agito da codardo e non sapeva spiegarsi il
perché. Forse
quello che provava per Draco gli faceva più paura di quanto
fosse disposto ad
ammettere o forse, più semplicemente, era Draco a fargli
paura. Non solo le viscere
gli si contorcevano nello stomaco ogni volta che pensava a quello che
avrebbe
voluto fargli ma il vero problema era che non poteva evitare di
pensarci –e le
sue viscere si contorcevano-.
Draco
a modo suo lo intimidiva. Lo intimidiva la
consapevolezza della sua esperienza, della sua sicurezza di
sé e del suo essere
folle ed intellegibile. I suoi modi aristocratici gli facevano prudere
le mani
per l’irritazione ma al contempo gli asciugavano la bocca e
gli mozzavano il
respiro, e le sue battute taglienti, il suo tono sarcastico, le
sopracciglia
inarcate e le labbra sottili piegate in un ghigno gli ricordavano
costantemente
quanto disperatamente lo desiderasse.
Il
lunedì seguente Draco era arrivato in ufficio con i
suoi consueti dieci minuti di ritardo e si era accomodato elegantemente
dietro
alla sua scrivania, accavallando la gamba sinistra con nonchalance
ed intrecciando le mani poggiate davanti a sé. Aveva rivolto
ad Harry un lungo sguardo, l’aveva scrutato da cima e fondo
con la stessa
minuziosa analiticità con cui avrebbe studiato uno strano
animale esotico.
Harry aveva avuto la sensazione che Draco lo stesse vivisezionando, e
che ben
presto avrebbe scoperto che cosa si agitava furiosamente dentro di lui.
Però
Draco non era arrivato così in fondo, ma si era
fermato giusto in tempo. Aveva posato il bisturi e aveva sentenziato
–Non sarai
mica bicurioso, eh, Potty?-
-Che
cosa?- aveva ribattuto Harry troppo velocemente per
risultare credibile
-Ti
ho chiesto se sei bicurioso.
Sai, se ti piacerebbe sapere com’è farlo con un
uomo-
aveva risposto Draco.
Il
volto di Harry aveva cambiato repentinamente colore
–o almeno Harry l’aveva percepito accadere- ed era
divenuto rosso accesso,
bollente e ridicolo. Gli angoli della bocca di Draco si erano sollevati
lentamente verso l’alto e la sua lingua aveva fatto clock.
-Pansy
ci aveva visto giusto, allora- aveva detto –E io
che ti ho difeso per tutto il tempo. Potter
vive a Soho, Pansy. Potter non frequenta postacci del genere. A Potter
piacciono le brave ragazze con scadenti gonne di tweed. Dovrei
darle più
credito, ha intuito per queste cose-.
A
Harry non era venuto in mente niente di intelligente
da dire –in verità, non gli era venuto in mente
nemmeno qualcosa che non fosse
intelligente- e si era limitato a fissare Draco boccheggiando, come un
pesce
rosso che agogna sul pavimento dopo essere caduto fuori dalla sua bella
vasca
d’acqua pulita.
Draco
si era sporto verso di lui e quando aveva ripreso
a parlare la sua voce si era fatta languida.
-Cos’è,
Potty, sei curioso di sapere com’è il corpo di
un altro uomo? I muscoli tesi e duri, le mani grandi, le cosce sode.
Nessuna
paura di farsi male o di ferirsi, di mordere o graffiare, solo tu e lui
che
fate sesso come se non ci fosse un domani. Le sue labbra sulle tue, sul
tuo
collo, sul tuo stomaco, e poi più in basso…-
sussurrò, spalancando leggermente
le labbra lasciando che Harry immaginasse che cosa sarebbe successo dopo.
Harry
aveva provato a deglutire ma nella sua bocca non
c’era più nemmeno una traccia di saliva. Draco
aveva serrato le labbra
all’improvviso e si era tirato indietro, cadendo con la
schiena contro alla
propria poltrona, ed era scoppiato a ridere. Aveva riso a lungo ma
Harry non
era riuscito a sentirsi offeso.
Le
parole di Draco e la sua voce seducente gli si erano
impresse a fuoco nella memoria.
Da
quel giorno Draco aveva cominciato a provocarlo
costantemente, mettendo a dura prova la pazienza e i limiti di
sopportazione di
Harry. Alludeva alla sua “bicuriosità”
nei momenti meno opportuni, gli
sussurrava sconcezze all’orecchie quando Harry meno se
l’aspettava e lo
sfiorava in punti che qualunque persona normale avrebbe ritenuto off limits. Ma
non Draco.
Harry
aveva provato svariate volte a spiegargli che non
si trattava di bicuriosità, ma piuttosto di
bisessualità, ma Draco aveva
liquidato le sue proteste con distratti cenni d’assenso. Non
ci voleva Hermione
per capire che Draco non gli credeva –né sulla
storia della bicuriosità e
tantomeno su quella della bisessualità- e si comportava in
modo tanto
provocatorio solo per infastidire Harry e ridere a crepapelle ogni
volta che
arrossiva. Solo che la linea di demarcazione tra pazienza ed impazienza
si
faceva sempre più sottile e Harry stava per esplodere. Fu
per questo -prima che
l’esplosione ci fosse sul serio- che Harry aveva deciso di
prendere in mano la
situazione e di mettere fine a quel gioco una volta per tutte.
Quel
venerdì era il giorno giusto.
L’orologio
appeso al muro alle spalle di Draco segnò le
sei e mezza. Lui si voltò a guardarlo proprio in
quell’istante, come se avesse
sentito la lancetta dei minuti allinearsi perfettamente con quella
delle ore.
Ripose la piuma, chiuse nel cassetto le pergamene su cui stava
lavorando e si
alzò.
-Vai
al Venom anche sta sera, Malfoy?-
-La
vita è fatta di queste piccole gioie, Potty. Se ci
fosse Pansy, direbbe che non varrebbe nemmeno la pena di stare al mondo
se non
ci fossero Madonna, i mojito e i grossi uccelli. Che dici, sei
d’accordo con
lei?-
-
Tu?- chiese Harry, premendo con troppa energia la
punta della piuma sulla pergamena. La spezzò.
-Se
non avesse tirato in ballo Madonna, sarebbe anche la
mia filosofia di vita- ghignò Draco.
Prese
il mantello nero, lo allacciò e lo ravvivò un
po’
con le mani.
-Ci
vediamo lunedì, Golden Boy- lo salutò, ma Harry
lo
fermò prima che potesse smaterializzarsi
-Pensavo
di venire con voi al Venom, questa sera-
affermò –Sempre che per voi non sia un problema-.
Come
un pointer che rizza la coda e tende il collo
quando fiuta la preda, Draco sollevò il sopracciglio destro
verso l’alto.
-Ancora
con questa storia della bicuriosità, Potter?-
-Piuttosto
della bisessualità- bofonchiò Harry, conscio che
il suo commento sarebbe stato ignorato per l’ennesima volta.
Draco
lasciò perdere la smaterializzazione e si
avvicinò
a gran passi alla sua scrivania, poggiandoci sopra le mani ed
allungandosi
verso di lui.
-Ci
saranno decine di ragazzi sudati, ubriachi, a torso
nudo che sono lì soltanto per scopare. Non ti lasciano
scampo, sono peggio
delle zecche. Una volta che sei lì dentro, soprattutto se
sei Harry Potter e
hai l’attrezzatura che hai tu, non puoi pensare di uscirne
indenne. Non è il
posto per un etero curioso-
-Quale
sarebbe la mia attrezzatura?-.
Draco
corrugò la fronte. Era irritato, forse perché
pensava che Harry non avesse prestato attenzione al resto del suo
discorso –e
in effetti era così- o forse perché pensava di
essersi lasciato sfuggire
qualcosa che non avrebbe voluto. Harry sperava si trattasse della
seconda
ipotesi.
-Se
vuoi venire sei libero di farlo, ma non pretendere
che ti faccia da balia. Quando saremo lì, ognuno per la sua
strada. Non venire
a piangere da me quando ti renderai conto di essere entrato
all’inferno-
-Mi
piace il pericolo-.
Harry
si era aspettato che Draco ridesse della sua
battuta e gli desse dell’imbecille, ma l’unica
reazione che ottenne fu uno
sguardo rassegnato.
-A
mezzanotte davanti al Shadow Lounge. Pansy detesta
aspettare, quindi vedi di non fare tardi- disse e si
smaterializzò.
****
Harry
non si era mai preoccupato del suo abbigliamento,
non troppo almeno. Quando doveva partecipare ad una serata formale era
sempre
Hermione a scegliere gli abiti che avrebbe dovuto indossare e lui si
limitava a
cercare di portarli decentemente, nonostante le tuniche da cerimonia lo
facessero sentire ridicolo. Per andare a lavoro utilizzava sempre gli
stessi
abiti e quando usciva con Ron e Hermione si metteva addosso un paio di
jeans,
una T-shirt e un maglione se faceva particolarmente freddo.
Però
questa serata era diversa. Se si fosse presentato
con un paio di jeans scoloriti e una maglietta di Bruce Spreasting,
Draco
l’avrebbe guardato male per tutta la sera o, peggio, avrebbe
finto perfino di
non conoscerlo (e probabilmente si sarebbe addirittura offeso
perché Harry
aveva osato indossare una maglietta babbana), così Harry
passò quasi un’ora a
rovistare nel proprio armadio, alla ricerca di qualcosa di decente da
indossare. Alla fine si arrese all’evidenza che non avrebbe
potuto trovarci
niente di meglio che dei jeans meno rovinati degli altri e la camicia
bianca
che aveva comprato per quel pranzo di Natale a casa dei genitori di
Hermione. Sotto
ai jeans indossò le sneakers, principalmente
perché non aveva altre scarpe che
si addicessero all’occasione, dal momento che aveva prestato
quelle eleganti a
Ron.
Quando
mancava ancora un’ora a mezzanotte, Harry era
pronto per uscire. Si rifiutò di guardarsi allo specchio,
perché sapeva che se
l’avesse fatto avrebbe finito col cominciare a rimuginare sul
genere di uomo
che piaceva a Draco e se lui avrebbe potuto o meno rientrare in quella
categoria. Sapeva di non essere quello che comunemente viene definito
“una
bellezza”, però era cosciente di avere un certo
fascino. Un gran numero di
donne l’avevano persino definito attraente, ma Harry non
aveva abbastanza
esperienza per sapere se quello che è
“attraente” per una donna lo è anche per
un uomo.
Passò
il tempo che gli restava seduto sul letto a
chiedersi come diavolo gli fosse venuto in mente di chiedere a Draco se
poteva
andare insieme a lui al Venom.
Era
stata l’idea più stupida che potesse avere e,
Merlino, avrebbe solamente voluto
mandargli un gufo per avvertirlo che aveva mangiato qualcosa di
avariato a cena
e adesso non faceva altro che vomitare. Eppure non si decideva a
scrivergli.
Farlo avrebbe significato agire da codardo e lui l’aveva
già fatto una volta,
quando aveva incontrato Draco a Soho mesi prima.
Inoltre
se non avesse fatto qualcosa per tutto
quell’agitarsi di cose
nel suo
stomaco, probabilmente sarebbe morto.
Mezzanotte
meno cinque arrivò e Harry si decise ad
alzarsi in piedi e darsi un’occhiata allo specchio. Tutto era
al suo posto: la
camicia bianca un po’ spiegazzata che sapeva di naftalina, i
jeans rovinati
sulle ginocchia e le sneakers verde scuro. Con un sospiro, Harry spense
la luce
e si materializzò davanti al Shadow Lounge.
Circa
quindici minuti dopo arrivarono Draco e Pansy.
Harry non si era preoccupato troppo del loro ritardo, anzi si era
chiesto
perché avesse dato retta al suo partner quando gli aveva
chiesto di essere puntuale,
dal momento che Draco sembrava essere allergico alla
puntualità.
Pansy,
che indossava un paio di scarpe con un tacco
vertiginosamente alto e un abitino nero dal profondo
décolleté e l’orlo
estremamente corto, gli schioccò un bacio sulle labbra non
appena lo vide,
sporcandolo di rossetto rosso acceso. Aveva le guance arrossate e
quando disse
–Ciao, Potty- con voce strascicata ed allegra, Harry si rese
conto che era
decisamente ubriaca.
-Emozionato?-
chiese tagliente Draco, puntando i suoi
occhi glaciali in quelli di Harry. Anche il suo viso era arrossato e i
suoi
capelli leggermente in disordine. Lui e Pansy dovevano essere stati in
qualche
altro locale prima di incontrarlo e lì si erano ubriacati.
Harry non perse
tempo a chiedersi perché non Draco non l’avesse
invitato e si limitò a
rispondere alla sua domanda.
-Abbastanza-.
Draco,
con una Pansy tutta risolini attaccata al
braccio, gli fece cenno di seguirlo e si diresse verso una via
secondaria. Non
appena ebbero svoltato l’angolo, Draco si
fermò e poggiò una mano sul muro di pietra scura.
-Dens Draconis-
scandì.
La
pietra sotto alla sua mano si illuminò di un tenue
bagliore rossastro, seguito da un tremito. Draco si ritrasse ed attese,
mentre
Pansy intonava una canzone che Harry non aveva mai sentito ma che
parlava di un
paio di ragazzi che si davano da fare nella casa di campagna della
nonna –o
almeno questo diceva la versione di Pansy-.
Nella
parete si formò una breccia dello stesso colore
del bagliore, breccia che si allungò e allargò
fino ad assumere le dimensioni
di una porta. Una musica vibrante invase il viottolo. Draco si
voltò verso
Harry.
-Benvenuto
al Venom, Golden Boy- disse, prima di
varcarne la porta.
Harry
entrò subito dopo di lui e si ritrovò su un
balcone che dava su una gigantesca sala oscura, illuminata solamente da
fasci
di luce colorati che guizzavano da una parte all’altra senza
sosta, brillando
nel buio come scintille. A destra e a sinistra del balcone
c’erano due
scalinate che conducevano sulla pista da ballo, sopra alla quale,
sospeso
insieme alla sua console, il dj proponeva un remix di una vecchia
canzone dei
Queen.
Draco
si accostò al suo orecchio e il suo fiato bollente
strisciò sulla pelle nuda di Harry come un serpente.
-Vieni
con me- urlò.
Scese
la scalinata di destra e si diresse verso un
angolo appartato dove, attorno ad un tavolo solitario, erano sedute una
decina
di persone, tra cui ad Harry parve di riconoscere Zabini. Quando
raggiunsero il
tavolo, diverse grida di saluto si levarono al di sopra della musica.
Un ragazzo
che doveva avere più o meno la loro età porse a
Draco due bicchieri colmi di un
liquido verdastro e gli fece l’occhiolino.
Draco
prese i bicchieri e ne diede uno ad Harry.
In
quell’angolo della sala, probabilmente grazie ad un
incantesimo, la musica arrivava leggermente attutita e parlare non era
impossibile.
-Bevi-
disse, e più che un invito, ad Harry sembrò un
ordine.
Pansy,
nel frattempo, si era gettata sul divanetto e
aveva cominciato a ridacchiare all’orecchio di Zabini.
Harry
guardò con aria diffidente il proprio cocktail
magico, dal quale saliva una leggera nebbiolina rosa
dall’odore di menta. Ne
prese un sorso.
Solitamente
l’alcol non gli faceva un grande effetto, ma
gli bastò quell’unico assaggio perché
la testa facesse un giro su se stessa. Per
non fare la figura dell’idiota, Harry si sedette accanto a
Pansy e allora si
accorse che tutti lo fissavano curiosi. Quelli dovevano essere gli
amici
di
Draco o qualcosa del genere e
Harry
non poté fare a meno di chiedersi con quanti di loro fosse
andato a letto.
C’erano in tutto undici persone, compresi lui, Draco e Pansy,
tra cui due
ragazze e nove ragazzi. A parte gli ex Serpeverde, Harry non conosceva
nessun
altro, ma più o meno dovevano avere tutti la sua
età. Forse erano stati a
scuola con lui solo che non ci aveva mai fatto caso, perché
erano in anni
differenti. In effetti, alcuni di loro avevano un’aria
vagamente famigliare.
Harry
li osservò uno ad uno. Fisicamente erano
estremamente diversi, ma Harry notò che si assomigliavano
tutti nel modo di
vestire. Gli abiti che uno solo di loro portava in quel momento
probabilmente
costavano più di tutti quelli ammassati
nell’armadio di Harry.
-Harry
Potter seduto al nostro tavolo, che onore!- disse
uno dei ragazzi seduti di fronte ad Harry, facendogli
l’occhiolino. Era
abbastanza bello, con i lineamenti del volto regolari e la frangia
scura che
gli ricadeva elegantemente sulla fronte larga. –Carne fresca
a portata di mano-
-Vacci
piano, Lou- intimò Draco bruscamente
-Ma
dolcezza, se volevi tenerlo tutto per te non avresti
dovuto portarlo qui- lo blandì canzonatorio un ragazzo con i
capelli biondi e
il naso adunco –Adesso è nella terra dei lupi, e i
lupi sono molto affamati-
rise.
Draco
rivolse ad Harry un’occhiata glaciale.
-Io
ti avevo avvertito- disse.
Prima
che Harry potesse ribattere, Draco gli diede le
spalle e sparì tra la folla che animava la pista da ballo.
Non appena si fu
allontanato, il ragazzo biondo dal naso adunco cominciò a
ridere più forte,
seguito a ruota da tutto il gruppo.
-Oh,
come siete cattivi. Soprattutto tu, Kevin- li sgridò
Pansy affatto seriamente
-Non
ho mai visto la nostra ragazza così gelosa-
esclamò
Lou –Avete visto come ha tirato fuori gli artigli? Vacci piano, Lou-
disse, scimmiottando Draco –Non osare mettere le mani sul mio prezioso
Potter-
-Ah,
Harry. Se ti avessi tra le mani non sai che ti
farei- ringhiò il ragazzo asiatico seduto accanto a Kevin e,
per rendere più
convincente la sua dichiarazione, ringhiò sul serio.
Harry
cominciava a sentirsi davvero a disagio e aveva
come l’impressione che l’intera situazione gli
stesse sfuggendo di mano. Bevve
un altro sorso dal suo cocktail verde e la sua testa fece un altro
giro.
-Su,
smettetela, lo state spaventando!- rise Pansy,
poggiando amorevolmente una mano sulla coscia destra di Harry
–Non
preoccuparti, dolcezza, sono bravi ragazzi. E anche se non lo fossero
non
oserebbero torcerti un capello. Hanno tutti paura della fine che
potrebbero
fare le loro palle se osassero provarci-.
Harry
non sapeva come rispondere, così bevve ancora un
po’.
-E’
che Draco si è fatto ognuno di noi senza tanti
scrupoli. E’ così che ci siamo conosciuti. Un paio
di cocktail e una scopata.
Zabini escluso, ovviamente- spiegò il ragazzo asiatico
-Quello
che Draco vuole, se lo prende. Non si fa troppi
problemi quando si tratta di portarsi a letto qualcuno-
continuò Kevin
–Merlino, se ripenso al modo in cui mi ha succhiato
l’uccello, mi vengono i
brividi. Anche adesso, guarda!- disse e allungò il braccio
verso Harry, che non
lo sfiorò.
-Ma
con te è diverso- borbottò una voce nasale
–Se la fa
sotto ogni volta che si parla di te-
-Lo
capisco, Harry è davvero sexy- cinguettò la sola
ragazza oltre a Pansy –Hai un culo da infarto- aggiunse e gli
mandò un bacio
-Nah,
non è solo che è sexy. Anche noi siamo sexy-
ribatté la voce nasale -C’è qualcosa in
te, Harry, che manda a puttane la
fiducia di Draco. Quando si tratta di te diventa tutto un
“non lo so” e “non
dire stronzate”. Se fossi un etero qualunque, ti avrebbe
già lasciato perdere.
Se fossi un gay qualunque, ti avrebbe già scopato-
-Io
sono bisessuale- tentò miserabilmente Harry, ma
venne ignorato come al solito
-Ma
tu non sei un gay o un etero qualunque, e non è
nemmeno per il fatto che hai salvato il Mondo Magico, anche se
l’idea di
scoparmi un eroe lo fa venire duro anche a me…-
esalò Lou, mordendosi il labbro
inferiore
-Tu
gli fai qualcosa, Harry, qualcosa che non so se sia
buono o cattivo, ma di sicuro gli fai qualcosa.
Ha perso la testa per te da secoli ormai. Secondo me si è
addirittura
dimenticato dove l’ha messa-
-Tra
i pantaloni di Armani e la giacca di Jean Paul
Gaultier probabilmente- ghignò Pansy.
La
testa di Harry girava vorticosamente. Di sicuro era
anche colpa dell’alcool, ma Harry era convinto che per la
maggior parte dipendesse
da tutta quella massa di informazioni più o meno sconce ma
senza dubbio coerenti
che gli aveva invaso il
cervello. Probabilmente si stavano prendendo gioco di lui, facendogli
credere
che interessava a Draco almeno quanto Draco interessasse a lui. Sarebbe
stato
uno scherzo crudele, ma quelli erano pur sempre gli amici di Draco e
con lui
potevano condividere quell’accenno di sadismo che
l’aveva sempre
caratterizzato.
Tuttavia
l’istinto di Harry gli imponeva di credere a
quello che gli avevano detto. Il desiderio che fosse la
verità era talmente
forte da impedire al suo cervello di ragionare razionalmente e di
distinguere
la realtà dalla finzione.
Se
davvero Draco lo voleva, perché non aveva mai fatto
niente per farglielo capire? Forse le sue provocazioni erano
più serie di
quanto Harry avesse immaginato ed erano il suo modo di fargli capire
che era
interessato senza dirlo ad alta voce. Draco era gay, lo era
dichiaratamente.
Harry non lo era. Aveva detto a Draco di essere bisessuale e lui non
gli aveva
creduto, o almeno questo aveva pensato Harry. E se si fosse sbagliato?
Forse
Draco gli aveva creduto e proprio per questo aveva cominciato a
provocarlo.
Però non poteva provarci esplicitamente. Erano partner,
andavano d’accordo, e
se qualcosa non fosse andato secondo i piani, se Harry
l’avesse rifiutato, se
avesse cambiato idea, il loro rapporto sarebbe stato rovinato
irrimediabilmente.
Questo doveva aver pensato Draco.
E
allora perché non gli aveva proposto di andare al Venom?
Avrebbe potuto chiarire i dubbi
sulla sessualità di Harry e provarci una volta che fosse
stato sicuro di avere
delle concrete possibilità. Harry non aveva una risposta a
quest’ultima domanda,
ma non aveva importanza.
Si
alzò e per poco non cadde a terra a causa di
un’improvvisa vertigine. Fortunatamente riuscì ad
aggrapparsi allo schienale
del divanetto prima che accadesse. Doveva trovare Draco.
-Vai
già a casa, Harry?- gli chiese preoccupata Pansy
–Non ti stai divertendo?-
-Devo
trovare Draco- spiegò Harry –Gli devo parlare-
-Ah,
d’accordo allora- cinguettò lei –Buona
fortuna!-.
Harry
raggiunse la pista da ballo dove la musica era
nuovamente assordante e cominciò a cercare Draco. Corpi
sudati e seminudi gli
si incollavano addosso mentre cercava di avanzare verso il centro della
pista,
e scollarseli di dosso era incredibilmente difficile. Cercare Draco tra
tutti
quegli uomini era difficile quanto cercare un ago in un pagliaio e
Harry sapeva
che avrebbe fatto meglio ad arrendersi e a presentarsi a casa sua la
mattina
dopo. Però temeva che se avesse lasciato che quel momento
passasse, avrebbe
perso tutto il coraggio e non sarebbe più riuscito a dire a
Draco quello che
doveva.
Quando
finalmente lo intravide pensò si trattasse di un
miraggio. Draco ballava un po’ da solo un po’ con
chiunque gli ronzasse
attorno. Gli occhi chiusi, il capo riverso indietro, il corpo snello
mosso
sinuosamente a ritmo della musica incalzante. Harry lo raggiunse
rapidamente e lo
afferrò per un braccio. Draco aprì gli occhi
sorpreso e incrociò quelli di
Harry.
-Ti
devo parlare- gridò
-Adesso?-
Harry
non poteva aspettare nemmeno un altro istante.
-Adesso!-.
Draco
acconsentì fin troppo docilmente e seguì Harry
fuori dalla pista da ballo, su per le scale e infine nel viottolo di
Soho che
nascondeva l’accesso al Venom.
L’aria
della notte era più fredda di quanto Harry
ricordasse. Attorno a loro non c’era anima viva, forse
perché era molto tardi o
troppo presto. Draco si strinse le braccia attorno alla vita, per
ripararsi dal
freddo o da qualcos’altro e rivolse ad Harry il suo miglior
sguardo impaziente.
-Quindi?-
chiese –Che cosa c’è di così
importante?-.
Harry
avrebbe voluto baciarlo. Gli sembrava più veloce e
decisamente più indolore, ma l’esperienza gli
aveva insegnato che la maggior
parte delle volte la strada più facile non si rivela quella
giusta, e in questo
caso particolare Harry non poteva permettersi di prendere una
scorciatoia.
-I
tuoi amici…- cominciò Harry, ma Draco
l’interruppe
-Dovevo
immaginarlo che c’entravano i miei amici.
Portarti qui è stata un’idea davvero stupida-
sibilò Draco, distogliendo gli occhi da quelli di Harry per
puntarli in un
punto imprecisato tra la sua vita e il suo collo.
-Hanno
detto…- tentò nuovamente Harry, ma ancora una
volta venne interrotto
-Lo
so cos’hanno detto- ringhiò Draco –E non
ho bisogno
di sapere in che termini l’hanno fatto-
-Erano
piuttosto coloriti, in effetti- rise Harry,
cercando di alleggerire l’atmosfera. Non ci
riuscì.
-Posso
immaginarlo- soffiò Draco e poi, ad un tratto,
abbassò le spalle e scosse il capo, e persino un leggero
sorriso gli increspò
le labbra –Tanto prima o poi doveva succedere. Te ne dovevi
accorgere. Non
potevamo andare avanti all’infinito-
-Avanti
con cosa?-
-Oh,
Harry, smettila di fare l’idiota- lo minacciò
senza
tuttavia guardarlo negli occhi o muoversi dalla sua posizione
trincerata –Lo
sappiamo entrambi che cosa stava succedendo-
-No,
no che non lo sappiamo!- esclamò Harry allarmato
perché lui –onestamente- non ne aveva la
benché minima idea. Finalmente Draco
alzò lo sguardo.
-Oh,
andiamo! Parlo di te che sei attratto da me-
affermò Draco con la stessa enfasi e convinzione con cui
avrebbe sostenuto che
la terra è rotonda o che gli auror sono schiavizzati dal
Ministero.
Harry
rimase senza parole. Di nuovo.
Draco
l’aveva saputo, l’aveva saputo per tutto il tempo,
l’aveva provocato deliberatamente e adesso pretendeva che
Harry non solo ne
fosse consapevole, ma addirittura che smettesse.
Ma che smettesse di fare cosa,
esattamente? Di essere attratto da lui? Non
era qualcosa che aveva scelto e che poteva decidere di togliersi di
dosso come
un vecchio e logoro maglione che Dobby avrebbe usato per pulire il
pavimento.
Qui si trattava dei suoi sentimenti.
-E
come faccio a smettere?-.
Fu
la volta fu Draco a restare senza parole. Aprì la
bocca per dire qualcosa ma non ne uscì che un breve
“eh” prima che si decidesse
a richiuderla. Si fissarono in silenzio, ostilmente, per diverso tempo,
e ad
Harry parve di essere tornato a scuola, quando si odiavano e non aveva
idea di
quanto Malfoy fosse pazzo e fantastico. Quei giorni erano
più facili: per lo
meno Draco non gli aveva mai chiesto di smettere di odiarlo.
-Che
cosa vuoi da me, Harry?- chiese infine Draco –Hai
sentito cosa hanno detto i miei amici. Quello che faccio è
andare a letto
chiunque-
-Con
me non sei ancora andato a letto- gli fece notare
Harry –Eppure sapevi che ero attratto da te-
-Con
te è diverso- tagliò corto Draco
-Diverso
come?-
-Non
lo so- rispose in fretta –Diverso e basta-
-Invece
secondo me lo sai come è diverso-.
Harry
non era affatto sicuro di sé. Anzi, se avesse provato
a riflettere prima di parlare avrebbe finito col non dire proprio
niente tanto
era terrorizzato. Però era riuscito a chiudere a chiave la
ragione e agire
seguendo solamente l’istinto.
-Certo
che lo so- sibilò Draco –E’
perché sei
bicurioso-.
Questa
volta Harry non provò nemmeno a contraddirlo.
-E
anche se fosse?- chiese invece –Sono comunque
interessato a te-
-E’
proprio questo il punto- si arrese Draco –Lo sarai
ancora, domani?-.
Lo
sguardo di Draco era disarmante e il suo fiato, corto
come dopo una lunga corsa, tradiva tutta la fatica che quella
confessione gli
era costata. Era di quello che aveva paura: non che Harry non lo
desiderasse,
ma che Harry non lo desiderasse
più.
-Se
non proviamo non puoi saperlo-
-E’
facile dirlo per te. Tu sei quello che domani si
alzerà dal letto e non ci penserà più.
Io sono quello che resterà col cuore
spezzato-.
Harry
si avvicinò e Draco non provò nemmeno a scappare.
Quando Harry poggiò le mani sui suoi fianchi, quelle di
Draco si infilarono tra
i suoi capelli e ne strinsero le ciocche fino a fargli male. I loro
fiati si
mischiarono e così i loro respiri. L’odore di
Draco –bagnoschiuma al muschio,
caffè e Egoist
Platinum- invase le
narici di Harry.
Draco
fremette quando la bocca di Harry si avvicinò alla
sua.
-Spezzami
il cuore e io ti ammazzo- bisbigliò
-Non
lo farò- promise Harry.
Allora
fu Draco a baciarlo.
****
Quella
mattina il primo pensiero di Harry riguardava la
propria nudità. Se n’era reso conto prima ancora
di aprire gli occhi e aveva
verificato quella constatazione toccandosi le parti intime. Gli ci
volle
qualche istante per ricordare quello che era successo la sera prima. Il
Venom,
gli amici di Draco, la
discussione in strada. Quello che era successo dopo Harry lo ricordava
vividamente e aveva la sensazione che non l’avrebbe scordato
più. Aveva passato
la notte più sensazionale della propria vita.
Aprì
gli occhi e quelli di Draco erano lì, spalancati
nei suoi, vigili e guardinghi.
-Era
ora che ti svegliassi, Potter- sussurrò Draco. Il
suo tono era divertito, eppure Harry vi scorse una certa diffidenza.
Harry
lanciò una veloce occhiata all’orologio sul
comodino:
non erano nemmeno le dieci.
-Pensavo
ti piacesse dormire il sabato mattina-
-Mi
sono svegliato e non riesco a riprendere sonno-
borbottò Draco –Il tuo letto è scomodo-.
Harry
non gli diede retta –sapeva
che Draco stava mentendo, quel
letto era stato incantato
affinché si adattasse alle esigenze di chiunque vi dormisse-
ma passò un
braccio attorno alle sue spalle e se lo tirò più
vicino.
-Io
ho ancora sonno- sbadigliò –Che ne dici se
provassimo a dormire ancora un paio d’ore?-
-D’accordo-
concesse Draco, sistemandosi contro al suo
petto –Però non ti garantisco che
riuscirò a prendere sonno. E se anche ci
riuscissi, spesso la mattina faccio degli incubi e mi agito-
-Non
è un problema- lo rincuorò Harry
-Quando
mi agito divento violento- continuò Draco
-Me
ne farò una ragione- mormorò Harry, sbadigliando
ancora.
Draco
non disse più niente per un po’. Eppure Harry lo
sapeva che in sospeso restava ancora una domanda.
-Harry?-
-Cosa?-.
Draco
si schiarì la gola e puntò il mento ossuto sulla
sua scapola, in modo da poterlo guardare in faccia.
-Sei
ancora bisessuale?-.
Harry
sorrise.
-Credo
di esserlo più di ieri, Draco-.
eHm…
Dopo
una lunghissima pausa ecco un’altra shot =)
La
verità è che ogni tanto ho bisogno di scrivere
qualcosa su Harry Potter (per me le Drarry sono come le sigarette, se
non ne
scrivo per un po’ comincio a sudare, mi tremano le mani,
divento irritabile e
prossima alla follia), ma questo non è un ritorno
perché, come già sanno coloro
che mi seguono, in questo momento sto scrivendo un libro, quindi non ho
molto
tempo da dedicare alle ff (nonostante Harry Potter rimane sempre il mio
primo e
grande amore). Spero che la storia vi sia piaciuta e, se vi fa piacere,
lasciate qualche commento.
Baci,
Nischino
Ps: ho raccolto tutte le mie storie (tra cui alcune che non sono su EFP) in un livejournal. Questo è il link: n_ishino.livejournal.com