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Autore: Nischino    14/03/2014    13 recensioni
Harry è solamente bi-curioso, o almeno così pensa Draco. Forse
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Be Curious

Harry si stiracchiò, piegò il collo a destra e a sinistra e chiuse gli occhi, premendosi le dita sulle tempie. Erano appena le sei di sera ma lui era esausto. Quella settimana era stata infernale, con il caso Birkerman che non andava né avanti né indietro, Ron che campeggiava sul suo divano dopo l’ennesima litigata con Hermione e Dobby che si ostinava ad utilizzare i suoi maglioni preferiti come stracci per il pavimento –erano vecchi, d’accordo, forse anche logori, ma erano comunque i suoi maglioni preferiti-.

Harry sollevò stancamente le palpebre e batté un paio di volte la punta della piuma sulla pergamena, lasciandovi due quasi impercettibili tracce d’inchiostro. Aveva la sensazione che se non avesse staccato subito gli sarebbe esploso il cervello, eventualità che era certo nessun auror desiderava si verificasse perché, a quel punto, qualcun altro avrebbe dovuto sopportare Malfoy.

Era stato Kingsley Shaklebolt, a quel tempo a capo del Dipartimento Auror, ad assegnarli come partner quando avevano appena terminato il corso di formazione. Harry credeva che non gliel’avrebbe mai perdonato e dentro di sé l’aveva ingiuriato in qualsiasi modo conoscesse. Malfoy si era limitato a rivolgergli quel maledetto ghigno di sfida che riservava a lui soltanto e non aveva mostrato alcun segno di irritazione.

Da quel giorno erano passati quattro anni. Due auror avevano preso il posto di Kingsley, Hermione e Ron si erano sposati, Harry aveva lasciato Ginny, aveva preso in affitto un appartamento a Notting Hill, si era trasferito in un monolocale a Soho, si era tatuato un boccino sul petto, aveva ritentato con Ginny, era finita un’altra volta, Hermione e Ron avevano cominciato a litigare sistematicamente e a riappacificarsi sistematicamente, ma Draco era stato sempre lì, il suo insopportabile partner sul lavoro, intento a fare le sue solite insopportabili e stravaganti cose a tutte le ore del giorno e a ricordargli che, in un modo o nell’altro, quella era pur sempre la vita di Harry, e che c’era una linea ad unirne tutti i puntini.

Draco faceva di tutto per essere irritante ma ad Harry non era ancora ben chiaro se lo facesse di proposito oppure no. Era certo, però, che una vena di follia si nascondesse dentro di lui e spesso riusciva perfino a vederla scintillare nei suoi occhi grigi. Non erano solo i suoi strani tic o gli sbalzi d’umore a farglielo credere, ma piuttosto le sue azioni imprevedibili ed inconcepibili agli occhi di qualsiasi altro essere umano. Era capitato, per esempio, che Harry entrasse in ufficio e trovasse Draco seduto sul pavimento intento a tracciare sul parquet la mappatura completa dell’edificio in cui il giorno prima avevano trovato un cadavere, e quando aveva provato a chiedergli che cosa fosse stesse facendo, Draco gli aveva intimato di fare silenzio. Ancora adesso Harry non aveva idea del motivo per cui avesse fatto quel disegno.

Un’altra volta Draco non si era presentato in ufficio per tre giorni senza avvertire nessuno. Harry si era preoccupato perché stavano seguendo un caso piuttosto importante, per non dire estremamente pericoloso, e così era andato a cercarlo a casa. Pansy Parkinson, coinquilina di Draco, era andata ad aprirgli con addosso una succinta camicia da notte nonostante fossero quasi le due del pomeriggio, e l’aveva guidato in camera di Draco –ora che ci faceva caso, quella era stata la prima volta che aveva visto la camera di Draco-. Draco era lì, seduto sul letto, gambe e braccia incrociate, lo sguardo fisso sulla parete opposta alla porta, dove aveva attaccato tutti gli indizi che avevano raccolto sul caso fino a quel momento e una grossa mappa di Londra con plurime x verdi e rosse. Quando Harry era entrato, Draco non gli aveva rivolto nemmeno un’occhiata.

-Era ora che arrivassi- gli aveva detto invece con tono piuttosto irritato, come se Harry avesse dovuto sapere che Draco lo stava aspettando e correre da lui nel momento giusto.

Draco si era alzato, si era avvicinato alla mappa e aveva puntato il dito su un punto preciso, dicendo “E’ qui che si nasconde”. Harry non gli aveva creduto, ma erano andati in quel punto comunque e avevano trovato proprio quello che stavano cercando. Da quel giorno Harry smise di dubitare delle capacità intuitive di Draco, ma continuava a chiedersi come diavolo avesse fatto ad arrivarci. Malfoy, ovviamente, non aveva nessuna intenzione di rivelarglielo. Teneva la bocca cucita sui suoi metodi e lasciava che Harry si crogiolasse nella curiosità, liquidando ogni sua domanda con la stessa frase “E’ che sono il migliore, Potter”.

In effetti, quando si trattava di intuito Draco lo era davvero, il migliore. Harry non lo invidiava affatto per questo, perché lui era il migliore in tanti altri campi dove Draco non sarebbe mai riuscito ad eguagliarlo. Il fiuto per il pericolo, ad esempio, o i riflessi durante un combattimento.

Harry aveva realizzato che unendo le rispettive capacità formavano una squadra davvero vincente, quasi invincibile. Collaborando erano divenuti una squadra davvero efficiente, ed era probabilmente questa la ragione per la quale avevano continuato ad essere partner per tutto quel tempo. Si completavano a vicenda, compensavano i difetti dell’altro e lo arricchivano con i propri punti di forza.

Era stato più o meno un anno prima che i sentimenti di Harry erano cambiati. Lui e Draco non erano mai stati amici, non nel vero senso della parola, non amici come lo era con Hermione, Neville o Seamus, però, costretti a vedersi ogni giorno e ad affrontare pericolose missioni guardandosi le spalle a vicenda, tra di loro aveva finito coll’instaurarsi qualcosa di assimilabile all’amicizia. A volte uscivano a bere qualcosa, ma accadeva di rado. La maggior parte delle loro interazioni si svolgeva in ufficio, tra un caffè e l’altro, la pausa pranzo, e le interminabili discussioni su come avrebbero dovuto procedere durante quelle indagini, ma questo non aveva impedito ad Harry si cambiare radicalmente opinione su Draco. Aveva cominciato col trovarlo intrigante. Più lo conosceva, più voleva conoscerlo. Aveva la sensazione che Draco nascondesse volutamente delle parti di sé solo per rendere Harry più curioso, e ci riusciva benissimo.

Poi Harry aveva cominciato a pensare che fosse sexy. Undici mesi prima, nella stanza d’albergo che avevano affittato per tenere d’occhio un potenziale seguace di Birkerman, Draco si era passato la lingua sulle labbra un paio di volte, in un gesto che non voleva assolutamente essere provocatorio, ma col quale si era semplicemente bagnato le labbra secche per il caldo, e Harry non era più riuscito a distogliere gli occhi dalla sua bocca, almeno finché Draco non si era voltato verso di lui, aveva alzato un sopracciglio e aveva detto

-C’è qualcosa che non va, Potter?-.

L’avvenimento non aveva turbato Harry eccessivamente. Nonostante le immagini vivide della bocca di Draco e di cosa Harry aveva immaginato con precisione gli sarebbe piaciuto facesse continuassero a tornargli in mente costantemente, Harry non aveva attribuito loro molta importanza. Era stato un caso, il caldo o lo stress, di certo non attrazione sessuale.

Una settimana dopo sognò di essere in ufficio, con la schiena appoggiata contro alla parete, la luce delle luna che penetrava fiocamente dalla finestra semiaperta. Draco era seduto alla scrivania di Harry e i suoi occhi erano quelli di un gatto affamato che ha intrappolato un topo. Harry era il topo e non aveva scampo. Draco si alzava e si avvicinava lentamente, trascinando leggermente i piedi sul pavimento. Poggiava una mano sul muro a fianco alla testa di Harry, si sporgeva e lo baciava sulla bocca.

Harry si era svegliato con il corpo completamente sudato, la sensazione della lingua di Draco nella sua bocca ben impressa nella testa, un’erezione e un migliaio di emozioni e sensazioni diverse che si mescolavano nel suo stomaco. Quella fu la prima volta che si masturbò pensando a lui.

Ne parlò con Hermione perché aveva imparato, dopo la seconda rottura con Ginny, che starla a sentire era meglio che non farlo. Lei l’aveva ascoltato in silenzio, annuendo di tanto in tanto, come se stesse prendendo dei minuziosi appunti mentali con una penna immaginaria. Quando Harry ebbe terminato il suo resoconto, tralasciando dettagli privati che sicuro  Hermione non avrebbe voluto sapere comunque, lei emise il suo verdetto.

-E’ complicato, Harry. Non posso sapere cosa senti, solo tu puoi. Credo che in questi casi rimuginarci sopra non serva proprio a niente, devi solo aspettare e vedere come vanno a finire le cose. La tua attrazione per Malfoy potrebbe essere dovuta a tutto il tempo che passate insieme e al fatto che da quando hai rotto con Ginny non ha più avuto nessuna relazione, se non quella storiella con Anita. Forse è solamente una fase passeggera e appena incontrerai qualcun altro finirà com’è cominciato. Oppure potrebbe essere qualcosa di più profondo e duraturo, magari la vicinanza di Malfoy ha fatto emergere lati di te che fino ad oggi non erano mai saltati fuori-

-Non sono mai stato attratto da un uomo- aveva ribattuto Harry

-E’ quello che intendo. Potresti essere bisessuale e non essertene mai accorto-.

Harry aveva riflettuto a lungo sulle parole di Hermione, ma alla fine aveva deciso di seguire il suo consiglio. Aveva deciso di lasciare che il tempo facesse il suo corso e di scoprire che cosa sarebbe successo al momento opportuno. Trascorsero due mesi e l’attrazione per Draco non scemò, anzi, divenne più intensa. Era come se quel giorno in albergo avesse fatto scattare qualcosa nel corpo di  Harry, un interruttore nascosto a cui non aveva mai fatto caso, e quell’interruttore avesse acceso una serie di sensazioni che Harry non aveva mai provato prima. Erano sensazioni spaventose per la loro intensità, feroci e voraci, avevano cominciato a divorarlo senza dargli tregua.

Nel tentativo di scacciarle, Harry aveva provato ad uscire con delle ragazze. Le aveva portate a cena, erano andati a bere qualcosa, con due ci era andato a letto, ma Draco era sempre lì, ogni volta che chiudeva gli occhi o lasciava che i suoi pensieri vagassero senza guinzaglio.

Dopo due mesi Harry si arrese all’idea che desiderava un altro uomo e, nello specifico, desiderava Draco. Più ci pensava più si convinceva che l’attrazione che provava nei suoi confronti non fosse solamente fisica, ma piuttosto mentale. Gli occhi di Draco lo seducevano, i suoi comportamenti bizzarri lo intrigavano, i suoi gesti lo ipnotizzavano, il suo scadente senso dello humour lo divertiva e quello che aveva da dire lo faceva riflettere e lo interessava –la maggior parte delle volte-.

La sua vicinanza lo faceva sentire a proprio agio e agitato insieme, gli faceva desiderare di averlo più vicino e pensare che comunque “vicino” non sarebbe stato abbastanza. Voleva toccarlo, non necessariamente in senso sessuale, percepire la durezza dei suoi muscoli e il calore della sua pelle sotto ai palmi delle mani, stringere tra le dita la sua carne e assaggiare il sapore della sua bocca.

Sette mesi prima Harry aveva accettato definitivamente l’unica verità possibile: si era innamorato di Draco e non poteva fare niente per combatterlo.

Draco era gay, ed era la persona più gay che Harry avesse mai conosciuto. Non era effeminato o qualcosa del genere, ma era andato a letto con più uomini di quante volte Harry avesse mai detto “pene”. Tutti i venerdì sera usciva dall’ufficio alle sei e mezza, tornava nell’appartamento che divideva con la Parkinson nel Mayfair e si preparava per la serata al Venom, il locale gay più in voga a Soho. Harry l’aveva incontrato solo una volta mentre tornava a casa da una serata passata da Ron e Hermione. La notte era calda e gli era venuta voglia di fare una passeggiata. Le strade di Soho pullulavano di vita a quell’ora e ad Harry piaceva, perché poteva camminare tranquillamente senza dare nell’occhio. Poi, ad un tratto, l’aveva visto, con un cocktail nella mano destra e quella sinistra mollemente poggiata sulla spalla di un uomo alto e muscoloso. Accanto a lui la Parkinson rideva civettuola in un attillato vestitino verde.

Harry si era fermato istintivamente a guardarlo. Era il periodo in cui stava lasciando che il tempo facesse il suo corso, quello in cui non aveva ancora ben chiari i sentimenti che lo legavano a Draco, eppure non aveva potuto fare a meno di chiedersi che genere di relazione ci fosse tra Draco e quell’uomo, se a Draco piacesse e se ci sarebbe andato a letto. La sola idea gli rivoltò lo stomaco.

Draco l’aveva visto e aveva allungato le labbra in un sorriso sornione, alzando il cocktail nella sua direzione per brindare con Harry a qualcosa di oscuro. Indossava abiti completamente diversi da quelli tradizionali che utilizzava per andare in ufficio. Entrambi erano di ottima fattura, ma se la tunica gli si addiceva sicuramente di più in circostanze ufficiali, di certo gli stretti pantaloni neri e la camicia bianca erano perfetti per quelle circostanze in cui mescolarsi con i babbani era fondamentale. Anche se il Venom era un club riservato esclusivamente ai maghi, tutti gli altri locali del quartiere erano aperti a chiunque e Draco gli aveva spiegato diverse volte che spesso era proprio lì che dovevi andare per trovare meno complicazioni possibili.

Harry l’aveva guardato nella sua camicia bianca e i pantaloni neri attillati e aveva pensato che non conosceva Draco per niente. Si incontravano tutti i giorni in ufficio da più di tre anni, avevano rischiato la pelle l’uno per l’altro almeno una decina di volte, se gliel’avessero chiesto Harry sarebbe stato in grado di elencare per filo e per segno le frasi preferite di Draco quando era stanco, irritato, arrabbiato o preoccupato, ma al di fuori dell’ambiente lavorativo, quando la tunica veniva minuziosamente ripiegata e riposta nell’armadio, Harry non aveva idea di che persona fosse, di che genere di musica ascoltasse, di che cocktail bevesse o da che tipo d’uomo fosse attratto.

Quella sera avrebbe potuto andare da lui, parlargli, accettare l’invito che Draco gli aveva offerto quando aveva sollevato il bicchiere, ma Harry tornò a casa. Solo quando si sedette sul divano e poggiò la nuca contro alla parete fresca, ebbe il coraggio di chiedersi che cosa gli fosse preso. Aveva agito da codardo e non sapeva spiegarsi il perché. Forse quello che provava per Draco gli faceva più paura di quanto fosse disposto ad ammettere o forse, più semplicemente, era Draco a fargli paura. Non solo le viscere gli si contorcevano nello stomaco ogni volta che pensava a quello che avrebbe voluto fargli ma il vero problema era che non poteva evitare di pensarci –e le sue viscere si contorcevano-.

Draco a modo suo lo intimidiva. Lo intimidiva la consapevolezza della sua esperienza, della sua sicurezza di sé e del suo essere folle ed intellegibile. I suoi modi aristocratici gli facevano prudere le mani per l’irritazione ma al contempo gli asciugavano la bocca e gli mozzavano il respiro, e le sue battute taglienti, il suo tono sarcastico, le sopracciglia inarcate e le labbra sottili piegate in un ghigno gli ricordavano costantemente quanto disperatamente lo desiderasse.

Il lunedì seguente Draco era arrivato in ufficio con i suoi consueti dieci minuti di ritardo e si era accomodato elegantemente dietro alla sua scrivania, accavallando la gamba sinistra con nonchalance ed intrecciando le mani poggiate davanti a sé. Aveva rivolto ad Harry un lungo sguardo, l’aveva scrutato da cima e fondo con la stessa minuziosa analiticità con cui avrebbe studiato uno strano animale esotico. Harry aveva avuto la sensazione che Draco lo stesse vivisezionando, e che ben presto avrebbe scoperto che cosa si agitava furiosamente dentro di lui.

Però Draco non era arrivato così in fondo, ma si era fermato giusto in tempo. Aveva posato il bisturi e aveva sentenziato –Non sarai mica bicurioso, eh, Potty?-

-Che cosa?- aveva ribattuto Harry troppo velocemente per risultare credibile

-Ti ho chiesto se sei bicurioso. Sai, se ti piacerebbe sapere com’è farlo con un uomo- aveva risposto Draco.

Il volto di Harry aveva cambiato repentinamente colore –o almeno Harry l’aveva percepito accadere- ed era divenuto rosso accesso, bollente e ridicolo. Gli angoli della bocca di Draco si erano sollevati lentamente verso l’alto e la sua lingua aveva fatto clock.

-Pansy ci aveva visto giusto, allora- aveva detto –E io che ti ho difeso per tutto il tempo. Potter vive a Soho, Pansy. Potter non frequenta postacci del genere. A Potter piacciono le brave ragazze con scadenti gonne di tweed. Dovrei darle più credito, ha intuito per queste cose-.

A Harry non era venuto in mente niente di intelligente da dire –in verità, non gli era venuto in mente nemmeno qualcosa che non fosse intelligente- e si era limitato a fissare Draco boccheggiando, come un pesce rosso che agogna sul pavimento dopo essere caduto fuori dalla sua bella vasca d’acqua pulita.

Draco si era sporto verso di lui e quando aveva ripreso a parlare la sua voce si era fatta languida.

-Cos’è, Potty, sei curioso di sapere com’è il corpo di un altro uomo? I muscoli tesi e duri, le mani grandi, le cosce sode. Nessuna paura di farsi male o di ferirsi, di mordere o graffiare, solo tu e lui che fate sesso come se non ci fosse un domani. Le sue labbra sulle tue, sul tuo collo, sul tuo stomaco, e poi più in basso…- sussurrò, spalancando leggermente le labbra lasciando che Harry immaginasse che cosa sarebbe successo dopo.

Harry aveva provato a deglutire ma nella sua bocca non c’era più nemmeno una traccia di saliva. Draco aveva serrato le labbra all’improvviso e si era tirato indietro, cadendo con la schiena contro alla propria poltrona, ed era scoppiato a ridere. Aveva riso a lungo ma Harry non era riuscito a sentirsi offeso.

Le parole di Draco e la sua voce seducente gli si erano impresse a fuoco nella memoria.

Da quel giorno Draco aveva cominciato a provocarlo costantemente, mettendo a dura prova la pazienza e i limiti di sopportazione di Harry. Alludeva alla sua “bicuriosità” nei momenti meno opportuni, gli sussurrava sconcezze all’orecchie quando Harry meno se l’aspettava e lo sfiorava in punti che qualunque persona normale avrebbe ritenuto off limits. Ma non Draco.

Harry aveva provato svariate volte a spiegargli che non si trattava di bicuriosità, ma piuttosto di bisessualità, ma Draco aveva liquidato le sue proteste con distratti cenni d’assenso. Non ci voleva Hermione per capire che Draco non gli credeva –né sulla storia della bicuriosità e tantomeno su quella della bisessualità- e si comportava in modo tanto provocatorio solo per infastidire Harry e ridere a crepapelle ogni volta che arrossiva. Solo che la linea di demarcazione tra pazienza ed impazienza si faceva sempre più sottile e Harry stava per esplodere. Fu per questo -prima che l’esplosione ci fosse sul serio- che Harry aveva deciso di prendere in mano la situazione e di mettere fine a quel gioco una volta per tutte.

Quel venerdì era il giorno giusto.  

L’orologio appeso al muro alle spalle di Draco segnò le sei e mezza. Lui si voltò a guardarlo proprio in quell’istante, come se avesse sentito la lancetta dei minuti allinearsi perfettamente con quella delle ore. Ripose la piuma, chiuse nel cassetto le pergamene su cui stava lavorando e si alzò.

-Vai al Venom anche sta sera, Malfoy?-

-La vita è fatta di queste piccole gioie, Potty. Se ci fosse Pansy, direbbe che non varrebbe nemmeno la pena di stare al mondo se non ci fossero Madonna, i mojito e i grossi uccelli. Che dici, sei d’accordo con lei?-

- Tu?- chiese Harry, premendo con troppa energia la punta della piuma sulla pergamena. La spezzò.

-Se non avesse tirato in ballo Madonna, sarebbe anche la mia filosofia di vita- ghignò Draco.

Prese il mantello nero, lo allacciò e lo ravvivò un po’ con le mani.

-Ci vediamo lunedì, Golden Boy- lo salutò, ma Harry lo fermò prima che potesse smaterializzarsi

-Pensavo di venire con voi al Venom, questa sera- affermò –Sempre che per voi non sia un problema-.

Come un pointer che rizza la coda e tende il collo quando fiuta la preda, Draco sollevò il sopracciglio destro verso l’alto.

-Ancora con questa storia della bicuriosità, Potter?-

-Piuttosto della bisessualità- bofonchiò Harry, conscio che il suo commento sarebbe stato ignorato per l’ennesima volta.

Draco lasciò perdere la smaterializzazione e si avvicinò a gran passi alla sua scrivania, poggiandoci sopra le mani ed allungandosi verso di lui.

-Ci saranno decine di ragazzi sudati, ubriachi, a torso nudo che sono lì soltanto per scopare. Non ti lasciano scampo, sono peggio delle zecche. Una volta che sei lì dentro, soprattutto se sei Harry Potter e hai l’attrezzatura che hai tu, non puoi pensare di uscirne indenne. Non è il posto per un etero curioso-

-Quale sarebbe la mia attrezzatura?-.

Draco corrugò la fronte. Era irritato, forse perché pensava che Harry non avesse prestato attenzione al resto del suo discorso –e in effetti era così- o forse perché pensava di essersi lasciato sfuggire qualcosa che non avrebbe voluto. Harry sperava si trattasse della seconda ipotesi.

-Se vuoi venire sei libero di farlo, ma non pretendere che ti faccia da balia. Quando saremo lì, ognuno per la sua strada. Non venire a piangere da me quando ti renderai conto di essere entrato all’inferno-

-Mi piace il pericolo-.

Harry si era aspettato che Draco ridesse della sua battuta e gli desse dell’imbecille, ma l’unica reazione che ottenne fu uno sguardo rassegnato.

-A mezzanotte davanti al Shadow Lounge. Pansy detesta aspettare, quindi vedi di non fare tardi- disse e si smaterializzò.

****

Harry non si era mai preoccupato del suo abbigliamento, non troppo almeno. Quando doveva partecipare ad una serata formale era sempre Hermione a scegliere gli abiti che avrebbe dovuto indossare e lui si limitava a cercare di portarli decentemente, nonostante le tuniche da cerimonia lo facessero sentire ridicolo. Per andare a lavoro utilizzava sempre gli stessi abiti e quando usciva con Ron e Hermione si metteva addosso un paio di jeans, una T-shirt e un maglione se faceva particolarmente freddo.

Però questa serata era diversa. Se si fosse presentato con un paio di jeans scoloriti e una maglietta di Bruce Spreasting, Draco l’avrebbe guardato male per tutta la sera o, peggio, avrebbe finto perfino di non conoscerlo (e probabilmente si sarebbe addirittura offeso perché Harry aveva osato indossare una maglietta babbana), così Harry passò quasi un’ora a rovistare nel proprio armadio, alla ricerca di qualcosa di decente da indossare. Alla fine si arrese all’evidenza che non avrebbe potuto trovarci niente di meglio che dei jeans meno rovinati degli altri e la camicia bianca che aveva comprato per quel pranzo di Natale a casa dei genitori di Hermione. Sotto ai jeans indossò le sneakers, principalmente perché non aveva altre scarpe che si addicessero all’occasione, dal momento che aveva prestato quelle eleganti a Ron.

Quando mancava ancora un’ora a mezzanotte, Harry era pronto per uscire. Si rifiutò di guardarsi allo specchio, perché sapeva che se l’avesse fatto avrebbe finito col cominciare a rimuginare sul genere di uomo che piaceva a Draco e se lui avrebbe potuto o meno rientrare in quella categoria. Sapeva di non essere quello che comunemente viene definito “una bellezza”, però era cosciente di avere un certo fascino. Un gran numero di donne l’avevano persino definito attraente, ma Harry non aveva abbastanza esperienza per sapere se quello che è “attraente” per una donna lo è anche per un uomo.

Passò il tempo che gli restava seduto sul letto a chiedersi come diavolo gli fosse venuto in mente di chiedere a Draco se poteva andare insieme a lui al Venom. Era stata l’idea più stupida che potesse avere e, Merlino, avrebbe solamente voluto mandargli un gufo per avvertirlo che aveva mangiato qualcosa di avariato a cena e adesso non faceva altro che vomitare. Eppure non si decideva a scrivergli. Farlo avrebbe significato agire da codardo e lui l’aveva già fatto una volta, quando aveva incontrato Draco a Soho mesi prima.

Inoltre se non avesse fatto qualcosa per tutto quell’agitarsi di cose nel suo stomaco, probabilmente sarebbe morto.

Mezzanotte meno cinque arrivò e Harry si decise ad alzarsi in piedi e darsi un’occhiata allo specchio. Tutto era al suo posto: la camicia bianca un po’ spiegazzata che sapeva di naftalina, i jeans rovinati sulle ginocchia e le sneakers verde scuro. Con un sospiro, Harry spense la luce e si materializzò davanti al Shadow Lounge.

Circa quindici minuti dopo arrivarono Draco e Pansy. Harry non si era preoccupato troppo del loro ritardo, anzi si era chiesto perché avesse dato retta al suo partner quando gli aveva chiesto di essere puntuale, dal momento che Draco sembrava essere allergico alla puntualità.

Pansy, che indossava un paio di scarpe con un tacco vertiginosamente alto e un abitino nero dal profondo décolleté e l’orlo estremamente corto, gli schioccò un bacio sulle labbra non appena lo vide, sporcandolo di rossetto rosso acceso. Aveva le guance arrossate e quando disse –Ciao, Potty- con voce strascicata ed allegra, Harry si rese conto che era decisamente ubriaca.

-Emozionato?- chiese tagliente Draco, puntando i suoi occhi glaciali in quelli di Harry. Anche il suo viso era arrossato e i suoi capelli leggermente in disordine. Lui e Pansy dovevano essere stati in qualche altro locale prima di incontrarlo e lì si erano ubriacati. Harry non perse tempo a chiedersi perché non Draco non l’avesse invitato e si limitò a rispondere alla sua domanda.

-Abbastanza-.

Draco, con una Pansy tutta risolini attaccata al braccio, gli fece cenno di seguirlo e si diresse verso una via secondaria.  Non appena ebbero svoltato l’angolo, Draco si fermò e poggiò una mano sul muro di pietra scura.

-Dens Draconis- scandì.

La pietra sotto alla sua mano si illuminò di un tenue bagliore rossastro, seguito da un tremito. Draco si ritrasse ed attese, mentre Pansy intonava una canzone che Harry non aveva mai sentito ma che parlava di un paio di ragazzi che si davano da fare nella casa di campagna della nonna –o almeno questo diceva la versione di Pansy-.

Nella parete si formò una breccia dello stesso colore del bagliore, breccia che si allungò e allargò fino ad assumere le dimensioni di una porta. Una musica vibrante invase il viottolo. Draco si voltò verso Harry.

-Benvenuto al Venom, Golden Boy- disse, prima di varcarne la porta.

Harry entrò subito dopo di lui e si ritrovò su un balcone che dava su una gigantesca sala oscura, illuminata solamente da fasci di luce colorati che guizzavano da una parte all’altra senza sosta, brillando nel buio come scintille. A destra e a sinistra del balcone c’erano due scalinate che conducevano sulla pista da ballo, sopra alla quale, sospeso insieme alla sua console, il dj proponeva un remix di una vecchia canzone dei Queen.

Draco si accostò al suo orecchio e il suo fiato bollente strisciò sulla pelle nuda di Harry come un serpente.

-Vieni con me- urlò.

Scese la scalinata di destra e si diresse verso un angolo appartato dove, attorno ad un tavolo solitario, erano sedute una decina di persone, tra cui ad Harry parve di riconoscere Zabini. Quando raggiunsero il tavolo, diverse grida di saluto si levarono al di sopra della musica. Un ragazzo che doveva avere più o meno la loro età porse a Draco due bicchieri colmi di un liquido verdastro e gli fece l’occhiolino.

Draco prese i bicchieri e ne diede uno ad Harry.

In quell’angolo della sala, probabilmente grazie ad un incantesimo, la musica arrivava leggermente attutita e parlare non era impossibile.

-Bevi- disse, e più che un invito, ad Harry sembrò un ordine.

Pansy, nel frattempo, si era gettata sul divanetto e aveva cominciato a ridacchiare all’orecchio di Zabini.

Harry guardò con aria diffidente il proprio cocktail magico, dal quale saliva una leggera nebbiolina rosa dall’odore di menta. Ne prese un sorso.

Solitamente l’alcol non gli faceva un grande effetto, ma gli bastò quell’unico assaggio perché la testa facesse un giro su se stessa. Per non fare la figura dell’idiota, Harry si sedette accanto a Pansy e allora si accorse che tutti lo fissavano curiosi. Quelli dovevano essere gli amici di  Draco o qualcosa del genere e Harry non poté fare a meno di chiedersi con quanti di loro fosse andato a letto. C’erano in tutto undici persone, compresi lui, Draco e Pansy, tra cui due ragazze e nove ragazzi. A parte gli ex Serpeverde, Harry non conosceva nessun altro, ma più o meno dovevano avere tutti la sua età. Forse erano stati a scuola con lui solo che non ci aveva mai fatto caso, perché erano in anni differenti. In effetti, alcuni di loro avevano un’aria vagamente famigliare.

Harry li osservò uno ad uno. Fisicamente erano estremamente diversi, ma Harry notò che si assomigliavano tutti nel modo di vestire. Gli abiti che uno solo di loro portava in quel momento probabilmente costavano più di tutti quelli ammassati nell’armadio di Harry.

-Harry Potter seduto al nostro tavolo, che onore!- disse uno dei ragazzi seduti di fronte ad Harry, facendogli l’occhiolino. Era abbastanza bello, con i lineamenti del volto regolari e la frangia scura che gli ricadeva elegantemente sulla fronte larga. –Carne fresca a portata di mano-

-Vacci piano, Lou- intimò Draco bruscamente

-Ma dolcezza, se volevi tenerlo tutto per te non avresti dovuto portarlo qui- lo blandì canzonatorio un ragazzo con i capelli biondi e il naso adunco –Adesso è nella terra dei lupi, e i lupi sono molto affamati- rise.

Draco rivolse ad Harry un’occhiata glaciale.

-Io ti avevo avvertito- disse.

Prima che Harry potesse ribattere, Draco gli diede le spalle e sparì tra la folla che animava la pista da ballo. Non appena si fu allontanato, il ragazzo biondo dal naso adunco cominciò a ridere più forte, seguito a ruota da tutto il gruppo.

-Oh, come siete cattivi. Soprattutto tu, Kevin- li sgridò Pansy affatto seriamente

-Non ho mai visto la nostra ragazza così gelosa- esclamò Lou –Avete visto come ha tirato fuori gli artigli? Vacci piano, Lou- disse, scimmiottando Draco –Non osare mettere le mani sul mio prezioso Potter-

-Ah, Harry. Se ti avessi tra le mani non sai che ti farei- ringhiò il ragazzo asiatico seduto accanto a Kevin e, per rendere più convincente la sua dichiarazione, ringhiò sul serio.

Harry cominciava a sentirsi davvero a disagio e aveva come l’impressione che l’intera situazione gli stesse sfuggendo di mano. Bevve un altro sorso dal suo cocktail verde e la sua testa fece un altro giro.

-Su, smettetela, lo state spaventando!- rise Pansy, poggiando amorevolmente una mano sulla coscia destra di Harry –Non preoccuparti, dolcezza, sono bravi ragazzi. E anche se non lo fossero non oserebbero torcerti un capello. Hanno tutti paura della fine che potrebbero fare le loro palle se osassero provarci-.

Harry non sapeva come rispondere, così bevve ancora un po’.

-E’ che Draco si è fatto ognuno di noi senza tanti scrupoli. E’ così che ci siamo conosciuti. Un paio di cocktail e una scopata. Zabini escluso, ovviamente- spiegò il ragazzo asiatico

-Quello che Draco vuole, se lo prende. Non si fa troppi problemi quando si tratta di portarsi a letto qualcuno- continuò Kevin –Merlino, se ripenso al modo in cui mi ha succhiato l’uccello, mi vengono i brividi. Anche adesso, guarda!- disse e allungò il braccio verso Harry, che non lo sfiorò.

-Ma con te è diverso- borbottò una voce nasale –Se la fa sotto ogni volta che si parla di te-

-Lo capisco, Harry è davvero sexy- cinguettò la sola ragazza oltre a Pansy –Hai un culo da infarto- aggiunse e gli mandò un bacio

-Nah, non è solo che è sexy. Anche noi siamo sexy- ribatté la voce nasale -C’è qualcosa in te, Harry, che manda a puttane la fiducia di Draco. Quando si tratta di te diventa tutto un “non lo so” e “non dire stronzate”. Se fossi un etero qualunque, ti avrebbe già lasciato perdere. Se fossi un gay qualunque, ti avrebbe già scopato-

-Io sono bisessuale- tentò miserabilmente Harry, ma venne ignorato come al solito

-Ma tu non sei un gay o un etero qualunque, e non è nemmeno per il fatto che hai salvato il Mondo Magico, anche se l’idea di scoparmi un eroe lo fa venire duro anche a me…- esalò Lou, mordendosi il labbro inferiore

-Tu gli fai qualcosa, Harry, qualcosa che non so se sia buono o cattivo, ma di sicuro gli fai qualcosa. Ha perso la testa per te da secoli ormai. Secondo me si è addirittura dimenticato dove l’ha messa-

-Tra i pantaloni di Armani e la giacca di Jean Paul Gaultier probabilmente- ghignò Pansy.

La testa di Harry girava vorticosamente. Di sicuro era anche colpa dell’alcool, ma Harry era convinto che per la maggior parte dipendesse da tutta quella massa di informazioni più o meno sconce ma senza dubbio coerenti che gli aveva invaso il cervello. Probabilmente si stavano prendendo gioco di lui, facendogli credere che interessava a Draco almeno quanto Draco interessasse a lui. Sarebbe stato uno scherzo crudele, ma quelli erano pur sempre gli amici di Draco e con lui potevano condividere quell’accenno di sadismo che l’aveva sempre caratterizzato.

Tuttavia l’istinto di Harry gli imponeva di credere a quello che gli avevano detto. Il desiderio che fosse la verità era talmente forte da impedire al suo cervello di ragionare razionalmente e di distinguere la realtà dalla finzione.

Se davvero Draco lo voleva, perché non aveva mai fatto niente per farglielo capire? Forse le sue provocazioni erano più serie di quanto Harry avesse immaginato ed erano il suo modo di fargli capire che era interessato senza dirlo ad alta voce. Draco era gay, lo era dichiaratamente. Harry non lo era. Aveva detto a Draco di essere bisessuale e lui non gli aveva creduto, o almeno questo aveva pensato Harry. E se si fosse sbagliato? Forse Draco gli aveva creduto e proprio per questo aveva cominciato a provocarlo. Però non poteva provarci esplicitamente. Erano partner, andavano d’accordo, e se qualcosa non fosse andato secondo i piani, se Harry l’avesse rifiutato, se avesse cambiato idea, il loro rapporto sarebbe stato rovinato irrimediabilmente. Questo doveva aver pensato Draco.

E allora perché non gli aveva proposto di andare al Venom? Avrebbe potuto chiarire i dubbi sulla sessualità di Harry e provarci una volta che fosse stato sicuro di avere delle concrete possibilità. Harry non aveva una risposta a quest’ultima domanda, ma non aveva importanza.

Si alzò e per poco non cadde a terra a causa di un’improvvisa vertigine. Fortunatamente riuscì ad aggrapparsi allo schienale del divanetto prima che accadesse. Doveva trovare Draco.

-Vai già a casa, Harry?- gli chiese preoccupata Pansy –Non ti stai divertendo?-

-Devo trovare Draco- spiegò Harry –Gli devo parlare-

-Ah, d’accordo allora- cinguettò lei –Buona fortuna!-.

Harry raggiunse la pista da ballo dove la musica era nuovamente assordante e cominciò a cercare Draco. Corpi sudati e seminudi gli si incollavano addosso mentre cercava di avanzare verso il centro della pista, e scollarseli di dosso era incredibilmente difficile. Cercare Draco tra tutti quegli uomini era difficile quanto cercare un ago in un pagliaio e Harry sapeva che avrebbe fatto meglio ad arrendersi e a presentarsi a casa sua la mattina dopo. Però temeva che se avesse lasciato che quel momento passasse, avrebbe perso tutto il coraggio e non sarebbe più riuscito a dire a Draco quello che doveva.

Quando finalmente lo intravide pensò si trattasse di un miraggio. Draco ballava un po’ da solo un po’ con chiunque gli ronzasse attorno. Gli occhi chiusi, il capo riverso indietro, il corpo snello mosso sinuosamente a ritmo della musica incalzante. Harry lo raggiunse rapidamente e lo afferrò per un braccio. Draco aprì gli occhi sorpreso e incrociò quelli di Harry.

-Ti devo parlare- gridò

-Adesso?-

Harry non poteva aspettare nemmeno un altro istante.

-Adesso!-.

Draco acconsentì fin troppo docilmente e seguì Harry fuori dalla pista da ballo, su per le scale e infine nel viottolo di Soho che nascondeva l’accesso al Venom.

L’aria della notte era più fredda di quanto Harry ricordasse. Attorno a loro non c’era anima viva, forse perché era molto tardi o troppo presto. Draco si strinse le braccia attorno alla vita, per ripararsi dal freddo o da qualcos’altro e rivolse ad Harry il suo miglior sguardo impaziente.

-Quindi?- chiese –Che cosa c’è di così importante?-.

Harry avrebbe voluto baciarlo. Gli sembrava più veloce e decisamente più indolore, ma l’esperienza gli aveva insegnato che la maggior parte delle volte la strada più facile non si rivela quella giusta, e in questo caso particolare Harry non poteva permettersi di prendere una scorciatoia.

-I tuoi amici…- cominciò Harry, ma Draco l’interruppe

-Dovevo immaginarlo che c’entravano i miei amici. Portarti qui è stata un’idea davvero stupida- sibilò Draco, distogliendo gli occhi da quelli di Harry per puntarli in un punto imprecisato tra la sua vita e il suo collo.

-Hanno detto…- tentò nuovamente Harry, ma ancora una volta venne interrotto

-Lo so cos’hanno detto- ringhiò Draco –E non ho bisogno di sapere in che termini l’hanno fatto-

-Erano piuttosto coloriti, in effetti- rise Harry, cercando di alleggerire l’atmosfera. Non ci riuscì.

-Posso immaginarlo- soffiò Draco e poi, ad un tratto, abbassò le spalle e scosse il capo, e persino un leggero sorriso gli increspò le labbra –Tanto prima o poi doveva succedere. Te ne dovevi accorgere. Non potevamo andare avanti all’infinito-

-Avanti con cosa?-

-Oh, Harry, smettila di fare l’idiota- lo minacciò senza tuttavia guardarlo negli occhi o muoversi dalla sua posizione trincerata –Lo sappiamo entrambi che cosa stava succedendo-

-No, no che non lo sappiamo!- esclamò Harry allarmato perché lui –onestamente- non ne aveva la benché minima idea. Finalmente Draco alzò lo sguardo.

-Oh, andiamo! Parlo di te che sei attratto da me- affermò Draco con la stessa enfasi e convinzione con cui avrebbe sostenuto che la terra è rotonda o che gli auror sono schiavizzati dal Ministero.

Harry rimase senza parole. Di nuovo.

Draco l’aveva saputo, l’aveva saputo per tutto il tempo, l’aveva provocato deliberatamente e adesso pretendeva che Harry non solo ne fosse consapevole, ma addirittura che smettesse. Ma che smettesse di fare cosa, esattamente? Di essere attratto da lui? Non era qualcosa che aveva scelto e che poteva decidere di togliersi di dosso come un vecchio e logoro maglione che Dobby avrebbe usato per pulire il pavimento. Qui si trattava dei suoi sentimenti.

-E come faccio a smettere?-.

Fu la volta fu Draco a restare senza parole. Aprì la bocca per dire qualcosa ma non ne uscì che un breve “eh” prima che si decidesse a richiuderla. Si fissarono in silenzio, ostilmente, per diverso tempo, e ad Harry parve di essere tornato a scuola, quando si odiavano e non aveva idea di quanto Malfoy fosse pazzo e fantastico. Quei giorni erano più facili: per lo meno Draco non gli aveva mai chiesto di smettere di odiarlo.

-Che cosa vuoi da me, Harry?- chiese infine Draco –Hai sentito cosa hanno detto i miei amici. Quello che faccio è andare a letto chiunque-

-Con me non sei ancora andato a letto- gli fece notare Harry –Eppure sapevi che ero attratto da te-

-Con te è diverso- tagliò corto Draco

-Diverso come?-

-Non lo so- rispose in fretta –Diverso e basta-

-Invece secondo me lo sai come è diverso-.

Harry non era affatto sicuro di sé. Anzi, se avesse provato a riflettere prima di parlare avrebbe finito col non dire proprio niente tanto era terrorizzato. Però era riuscito a chiudere a chiave la ragione e agire seguendo solamente l’istinto.

-Certo che lo so- sibilò Draco –E’ perché sei bicurioso-.

Questa volta Harry non provò nemmeno a contraddirlo.

-E anche se fosse?- chiese invece –Sono comunque interessato a te-

-E’ proprio questo il punto- si arrese Draco –Lo sarai ancora, domani?-.

Lo sguardo di Draco era disarmante e il suo fiato, corto come dopo una lunga corsa, tradiva tutta la fatica che quella confessione gli era costata. Era di quello che aveva paura: non che Harry non lo desiderasse, ma che Harry non lo desiderasse più.

-Se non proviamo non puoi saperlo-

-E’ facile dirlo per te. Tu sei quello che domani si alzerà dal letto e non ci penserà più. Io sono quello che resterà col cuore spezzato-.

Harry si avvicinò e Draco non provò nemmeno a scappare. Quando Harry poggiò le mani sui suoi fianchi, quelle di Draco si infilarono tra i suoi capelli e ne strinsero le ciocche fino a fargli male. I loro fiati si mischiarono e così i loro respiri. L’odore di Draco –bagnoschiuma al muschio, caffè e Egoist Platinum- invase le narici di Harry.

Draco fremette quando la bocca di Harry si avvicinò alla sua.

-Spezzami il cuore e io ti ammazzo- bisbigliò

-Non lo farò- promise Harry.

Allora fu Draco a baciarlo.

****

Quella mattina il primo pensiero di Harry riguardava la propria nudità. Se n’era reso conto prima ancora di aprire gli occhi e aveva verificato quella constatazione toccandosi le parti intime. Gli ci volle qualche istante per ricordare quello che era successo la sera prima. Il Venom, gli amici di Draco, la discussione in strada. Quello che era successo dopo Harry lo ricordava vividamente e aveva la sensazione che non l’avrebbe scordato più. Aveva passato la notte più sensazionale della propria vita.

Aprì gli occhi e quelli di Draco erano lì, spalancati nei suoi, vigili e guardinghi.

-Era ora che ti svegliassi, Potter- sussurrò Draco. Il suo tono era divertito, eppure Harry vi scorse una certa diffidenza.

Harry lanciò una veloce occhiata all’orologio sul comodino: non erano nemmeno le dieci.

-Pensavo ti piacesse dormire il sabato mattina-

-Mi sono svegliato e non riesco a riprendere sonno- borbottò Draco –Il tuo letto è scomodo-.

Harry non gli diede retta –sapeva che Draco stava mentendo, quel letto era stato incantato affinché si adattasse alle esigenze di chiunque vi dormisse- ma passò un braccio attorno alle sue spalle e se lo tirò più vicino.

-Io ho ancora sonno- sbadigliò –Che ne dici se provassimo a dormire ancora un paio d’ore?-

-D’accordo- concesse Draco, sistemandosi contro al suo petto –Però non ti garantisco che riuscirò a prendere sonno. E se anche ci riuscissi, spesso la mattina faccio degli incubi e mi agito-

-Non è un problema- lo rincuorò Harry

-Quando mi agito divento violento- continuò Draco

-Me ne farò una ragione- mormorò Harry, sbadigliando ancora.

Draco non disse più niente per un po’. Eppure Harry lo sapeva che in sospeso restava ancora una domanda.

-Harry?-

-Cosa?-.

Draco si schiarì la gola e puntò il mento ossuto sulla sua scapola, in modo da poterlo guardare in faccia.

-Sei ancora bisessuale?-.

Harry sorrise.

-Credo di esserlo più di ieri, Draco-.

 

eHm…

Dopo una lunghissima pausa ecco un’altra shot =)

La verità è che ogni tanto ho bisogno di scrivere qualcosa su Harry Potter (per me le Drarry sono come le sigarette, se non ne scrivo per un po’ comincio a sudare, mi tremano le mani, divento irritabile e prossima alla follia), ma questo non è un ritorno perché, come già sanno coloro che mi seguono, in questo momento sto scrivendo un libro, quindi non ho molto tempo da dedicare alle ff (nonostante Harry Potter rimane sempre il mio primo e grande amore). Spero che la storia vi sia piaciuta e, se vi fa piacere, lasciate qualche commento.

Baci,

Nischino

Ps: ho raccolto tutte le mie storie (tra cui alcune che non sono su EFP) in un livejournal. Questo è il link: n_ishino.livejournal.com

   
 
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