Capitolo
10
TERI
Gregor si era ormai addormentato da un pezzo sulla mia spalla
sinistra. Non potevo biasimarlo: l’atmosfera era davvero paradisiaca, e dopo
una giornata di allenamenti era davvero difficile non chiudere gli occhi. Nico,
invece, si era appena rilassato sulla mia spalla destra, e mi stringeva forte a
sé come se fossi un peluche. Accarezzai delicatamente i suoi capelli neri, e
poco dopo sentii il suo corpo rilassarsi e la sua presa allentarsi appena. Risi
al pensiero che, appena mi aveva conosciuta, stava per prendersi una cotta per
me. Nessuno mi aveva mai desiderata. A scuola tendevo a essere sempre molto
invisibile e ai ragazzi non piaceva il mio stile fatto di vestiti neri, capelli
rasati e molteplici buchi alle orecchie. Immagino che anche il fatto che
sapessi prendere a pugni non contribuiva a farmi avere ammiratori. Tuttavia
essere corteggiata non era qualcosa che mi mancava, anzi. Stavo benissimo così.
Nico si agitò nel sonno. Mormorò un nome: Bianca.
La sera in cui Nico era arrivato al Campo mi ero offerta
volontaria per accompagnarlo in infermeria, per avere una scusa per visitare
Mel. Mi sentivo in dovere nei confronti della figlia di Atena, mi aveva salvato
la vita. Avevo preso Nico e l’avevo trascinato in infermeria, e mi aveva
chiamata “Bianca”. Durante la notte in infermeria (ero rimasta sveglia tutto il
tempo), circa un paio d’ore averlo portato in infermeria, Nico si era svegliato
da un incubo.
«Tutto bene?» gli avevo chiesto. Lui mi aveva guardata per un po’, confuso, poi
aveva sorriso e aveva annuito. Gli avevo chiesto chi fosse Bianca.
«Perché vuoi saperlo?» aveva ribattuto, sulla difensiva.
«Calmo, amico. Mi hai chiamata così mentre ti accompagnavo qui, ma se ti da
così fastidio non voglio saperlo» avevo risposto. Nico aveva scosso la testa e
si era messo a sedere sul letto, guardandomi con i suoi occhi tristi. E mi
aveva raccontato di Bianca, sua sorella, morta pochi anni prima. Aveva pianto
parecchio, e mi ero sentita in difficoltà. Odiavo quando le persone piangevano.
Mi facevano sentire impotente. Ma quando Nico aveva pianto, quella notte,
sembrava un piccolo cucciolo indifeso e spaventato. Così mi ero alzata dalla
sedia accanto al letto di Mel e mi ero seduta sul letto di Nico, dandogli delle
pacche leggere sulle spalle. Il ragazzo si era buttato nelle mie braccia,
piangendo sulla mia spalla e stringendomi forte. Poco dopo si era allontanato,
imbarazzato.
«Scusami, non volevo. Non so nemmeno il tuo nome, la tua età, non so niente e
ti abbraccio. Scusa»
«Se l’hai fatto ne avevi bisogno, non scusarti. Gli abbracci non sono un
crimine» avevo replicato. «Comunque io sono Teri e ad aprile ho compiuto
quindici anni».
Nico si era asciugato le lacrime con le mani e aveva sorriso.
«Piacere di conoscerti. Siamo coetanei. Appena arrivata al Campo?» E poi ci
eravamo messi a chiacchierare del più e del meno, per tutta la notte. Mi aveva
confessato che non si trovava bene tra la gente, preferiva i fantasmi. E gli
avevo detto che io assomigliavo ad un fantasma, visto che ero sempre stata
invisibile. Ridemmo tanto quella notte, nonostante le lacrime con cui era
iniziata.
«Devi essere comoda» disse una voce accanto a me. Mi voltai, trovando un
ragazzo che mi guardava incuriosito. Era magrolino, aveva i capelli ricci, gli
occhi scuri e una cintura per attrezzi attorno al bacino.
«E a te che interessa?» risposi, alzando un sopracciglio.
«Così, ho visto Mister MaiNaGioia dormire e mi sono chiesto se dipendesse da te
che sei comoda o da lui che ha finalmente deciso di curarsi le occhiaie».
Trattenni un sorriso. Quel tipo non sembrava il solito idiota della situazione,
piuttosto un ragazzo davvero simpatico.
«E tu chi saresti?» chiesi.
«Leo Valdez, figlio di Efesto. Al tuo servizio, baby. Io invece ti conosco. Sei
Teri, la figlia di Ade che ha fatto sprofondare quel topo gigante, l’altro
giorno»
«Già, sono proprio io» mormorai.
«Senti, non è che potresti liberarti dai tuoi fratellini e chiacchierare un po’
con me?»
«Se mi liberassi dai miei fratellini, come li chiami tu, sarebbe solo per darti
un pugno»
«Immaginavo che avresti accettato» replicò il ragazzo, rivolgendomi un
sorrisetto furbo.
Aprii bocca per rispondergli per le rime, ma non ce ne fu bisogno.
Rachel, la ragazza dai capelli rossi che era appena arrivata al Campo, si alzò
in piedi e mi fissò. I suoi occhi divennero vitrei e verdi, mentre dalla sua
bocca uscì un fumo dello stesso colore. La sua postura era rigida ed
innaturale. Tutti quanti sembrarono porre molta attenzione. Tutte le
chiacchiere si smorzarono e anche i figli di Apollo smisero di suonare.
La sua voce rimbombava, e mi sembrava come se venisse direttamente dalla mia
testa. Nico e Gregor sobbalzarono, svegliandosi. Rachel parlò.
Uno con il molle cerchio, uno con la
borsa,
e uno con il sole chiuso in
una morsa,
con il Prescelto partiranno
per il posto da cui parte il
Tormento.
Pioggia e freddo troveranno,
ma non il fallimento
solo uno si sa orientare,
solo uno può la difesa
organizzare,
uno diventerà l’obiettivo,
del grande e straordinario
arrivo
La luce verde si spense, e la ragazza svenne. Capii che aveva
appena pronunciato una profezia. I campeggiatori cominciarono a parlottare tra
loro, stupiti e il falò rifletteva con una luce più forte e alta il loro umore.
Scorsi Mel alzarsi in piedi.
«Si riferiva al Tormento di Ade, no? Al Tormento che c’è negli Inferi!»
esclamò.
Chirone annuì, silenzioso.
«Chi è il Prescelto?» chiese Percy.
«O la Prescelta» aggiunse Annabeth. «Non è così difficile da interpretare. Il
molle cerchio è chiaramente un elastico. L’arma di Mel è un elastico.»
proseguì, guardando la sorella.
Mel raddrizzò le spalle e assunse un’aria soddisfatta e onorata.
«Il sole chiuso in una morsa. Eles ha l’arco di Apollo.» disse Will Solace.
Eles corrugò la fronte, poi abbassò lo sguardo e si portò una mano alla testa,
riflettendo su qualcosa.
«Per borsa si riferisce alla Borsa delle Vendette di Ria.» continuò Arika, la
figlia di Zeus. Ria, che era seduta accanto a lei, fece indugiare lo sguardo
prima sulla sua borsa, poi su Arika e infine guardò Mel e Eles.
«E per Prescelta si riferisce a Teri.» concluse Nico, con i
capelli spettinati dal lato su cui si era appoggiato per dormire. Strabuzzai
gli occhi. Se non fossi già stata seduta, sarei caduta per terra.
«Perché proprio io?» domandai, con la voce più acuta del solito.
«Gregor e Nico sono rientrati da poco da un’impresa, e Rachel guardava proprio
te» disse Chirone.
Annabeth e Piper, il capogruppo dei figli di Afrodite stavano cercando di
rianimare Rachel.
Sentii, nel profondo del mio cuore e a malavoglia, che Chirone aveva ragione.
Ero io la Prescelta. Suonava così strano. Ero arrivata in quel
mondo da così pochi giorni ed ero molto in vista, non solo come figlia di uno
dei Tre Pezzi Grossi, ma anche come Prescelta per combattere il Tormento degli
Inferi. Non ci ero abituata e non volevo abituarmici.
Incrociai lo sguardo di Leo, che mi sorrise, solare. Accennai un sorriso, per
poi chinare la testa e coprirmi con i capelli.
«Direi che è il caso di andare a dormire, eroi. Domani ne riparliamo, ragazze.»
disse, per poi rivolgere a Ria, a Mel, a Eles e a me un’occhiata di intesa.
Rientrare nella Cabina Tredici fu un sollievo. Ludkar e Kolor non erano ancora
rientrati ed c’eravamo solo io, Nico e Gregor.
Mi sedetti sul letto, sentendo come un peso che mi si piantava sulle spalle. Io
avrei dovuto affrontare l’impresa e come aiuto avevo tre ragazze appena più
piccole di me. Certo, due erano brave con l’arco e una era una furia con il
coltello, ma che speranze avevano quelle armi in confronto a dei mostri capaci
di scuotere l’equilibrio degli Inferi?
Gregor appoggiò una mano sulla mia spalla.
Mi voltai di scatto verso di lui.
«Stai bene?» chiese, guardandomi dritta negli occhi.
«Certo» risposi, raddrizzando la schiena e fingendo un’aria tranquilla. Gregor
scosse la testa e si sedette accanto a me.
«Ti trema la voce. Non puoi nasconderti sempre dietro l’aria da dura». Non mi
ero nemmeno accorta del tremolio della voce. Sentirmi vulnerabile non mi
piaceva e quando era un ragazzo più piccolo di me a notarlo era ancora peggio.
Sospirai e mi strinsi nelle spalle.
«Non sono pronta, ma devo farlo per il Campo e per mio padre» replicai. Gregor
strinse le braccia intorno al mio corpo. I suoi capelli ricci mi solleticavano
il viso. Fu come se quel gesto mi riscaldasse. Era strano, però. Non ero
abituata ad abbracciare. Mia zia non mi aveva fatto mancare l’affetto ma quando
avevo raggiunto i quattordici anni aveva cominciato ad educarmi più al lavoro
nei campi e allo studio. Ero riuscita a convincerla a mandarmi in palestra proprio
dicendo che i muscoli mi sarebbero tornati utili per aiutarla nei campi. La
sera eravamo stanche e non c’era tempo per troppe coccole, anche perché io non
le accettavo molto.
Il gesto di Gregor, però, mi fu di conforto e mi accorsi di quanto mi era
mancato quel contatto fisico da parte di qualcuno che ti vuole bene.
Ricambiai l’abbraccio prima che potessi accorgermene.
«Non li deluderai» sussurrò Gregor, poi sciolse l’abbraccio e mi guardò con i
suoi occhi color cioccolata.
«Lo so che non lo farai».
Incredibile, ma quella notte presi subito sonno. Quando mi ero infilata il
pigiama mi ero già preparata mentalmente ad una notte insonne, ma non appena
appoggiai la testa sul cuscino mi addormentai. E sognai.
Mi dolevano le braccia e sentivo freddo. Ero circondata dal verde, mentre
sentivo l’acqua che non faceva altro che infreddolirmi di più. Il vento mi
fischiava forte nelle orecchie, e vedevo una casa in lontananza. Cercai di
avvicinarmi, ma il mio istinto diceva che era sbagliato, che era meglio morire
di polmonite. La porta si spalancò, ma prima che potessi vedere chi ci fosse
sull’uscio, mi risvegliai nel mio letto.
Kolor, il Nocturno, era accanto a me.
Per poco non urlai dallo spavento.
«Scusami, Teri, ma mi stavi preoccupando. Ti agitavi molto.» disse, abbassando
lo sguardo.
«Ho parlato nel sonno?» domandai.
«Solo parole che non sono riuscito a capire, ma sembravi molto scossa.»
“Ci credo.” Pensai. Sentivo ancora
l’orrenda sensazione di freddo addosso, nonostante fossimo a metà giugno.
«Capisco. È ora di colazione?» domandai, cambiando argomento.
«No, è ancora presto. Riposati.» Mi sistemò il lenzuolo e me lo rimboccò come
se fosse il padre che non avevo mai avuto. Chissà se un giorno avrei incontrato
il Signore degli Inferi. I miei fratelli l’avevano fatto, ma non avevo mai
aperto l’argomento e, conoscendoli, non l’avrebbero mica fatto loro.
Mi girai dall’altro lato per riaddormentarmi. Kolor si era già allontanato da
un pezzo, quando Gregor si avvicinò al mio letto.
«Teri?» chiese, sottovoce. Sembrava un po’ intimidito.
Mi voltai verso di lui.
«Hey.» gli sorrisi. Con lui sorridere non era difficile, lo sentivo come mio
fratello. «Incubo?» domandai.
Mio fratello annuì, abbassando un po’ lo sguardo. Scostai il lenzuolo e gli
feci spazio nel mio letto. Le labbra di Gregor si allargarono in un sorriso che
gli illuminò il volto. Si infilò sotto il lenzuolo, e si aggrappò a me. Quel
ruolo della sorella maggiore mi faceva uno strano ma piacevole effetto.
«Cosa hai sognato?» domandai, accarezzandogli i capelli ricci.
«Te. E faceva tanto freddo.» rispose, stringendosi ancora di più a me. Sentii
un brivido percorrere la sua schiena.
«Tranquillo. È stato solo un brutto sogno.»
Vidi Nico agitarsi nel sonno, nell’altro letto. Che stesse sognando la stessa
cosa?
Mi ero quasi assopita di nuovo, quando Nico gridò, svegliando tutta la cabina
Tredici.
«BIANCA!» gridò, con tutto il fiato che aveva in gola. Scattai in piedi, accesi
la luce e corsi al suo letto.
Era madido di sudore e visibilmente agitato.
«Nico, hey, calmo.» dissi, abbracciandolo. Gregor si stropicciò gli occhi e si
avvicinò. Avvolse le sue braccia intorno a Nico, mentre io abbracciavo
entrambi.
Nico cominciò a piangere silenziosamente sulla mia spalla, senza farsi pregare.
«Non la rivedrò più» mormorò contro la mia spalla. Non riuscii a trovare
nessuna parola che potesse essergli di conforto. Non se ne faceva niente del
mio dispiacere, seppur grande, perché non avrebbe rimpiazzato la sorella.
«Tutto bene?» chiese Kolor.
In quel momento mi sentii come se avesse interrotto qualcosa di speciale.
Volevo che fossimo solo noi tre, io e la mia famiglia.
Ma Kolor non era niente in confronto a Ludkar.
Davvero niente.
Ludkar saltò giù dal letto lasciandosi sfuggire un’ imprecazione.
«Ludkar, datti una calmata.» disse Kolor.
«Ho il diritto di rilassarmi o no?» sbottò l’altro. Avvertii immediatamente
l’irrigidirsi del mio corpo, ma lasciai che le mie braccia circondassero i miei
fratelli ancora per un po’.
«Abbiamo finito con questo piagnisteo?!» sbraitò Ludkar.
Mi staccai dai miei fratelli e mi posizionai davanti a loro. Ludkar mi guardò
scocciato.
Cercai i suoi occhi e indirizzai la rabbia nel mio sguardo. Ludkar sembrò
turbarsi appena, ma mantenne la sua solita faccia di bronzo.
«Non guardarmi così, ragazzina. Non mi fai paura».
«Ah no?» Afferrai la spada di Nico e la feci roteare fendendo l’aria. Per
essere una ragazza solitaria e solitamente invisibile ero abbastanza teatrale.
«Ti abbiamo accolto in questa casa per farti un favore. Così come ti abbiamo accolto,
così ti cacciamo. E per cacciarti, intendo molto giù. Non ti piace come
prospettiva di eternità, vero? Quindi se preferisci questa Cabina dovrai
sopportare anche i piagnistei di due ragazzi che in quindici e tredici anni
hanno sopportato e fatto molto più di te» replicai. Ludkar si rabbuiò in viso,
e fece un passo indietro, tornando nel suo letto. Avevo colto nel segno. Teri
2, Ludkar 0.
Kolor sorrise ammirato, poi si avvicinò al suo letto. Ebbi l’impressione che mi
avesse fatto l’occhiolino, ma non ne fui sicura.
Spostai il mio letto accanto a quello di Nico, e mettendomi al centro, lasciai
che i miei fratelli mi abbracciassero in un letto matrimoniale improvvisato.
Nico mi sorrise e mi stampò un bacio sulla guancia, per poi accucciarsi accanto
a me. Gregor avvolse le sue braccia intorno al mio corpo, sorridendo.
«Sei la sorella maggiore migliore del mondo» mormorò. Sorrisi, per l’ennesima
volta in quella giornata. I muscoli delle mie guance non erano abituati, e
tanto meno io stessa, ma immagino che è questo ciò che significa famiglia. Gli
baciai la fronte.
«Voi i fratelli migliori che potessi mai desiderare» risposi.
E così arrivammo alla mattina successiva senza altri incubi.
Spazio autrice
Non lanciatemi i pomodori, questo capitolo è solo di passaggio
ed è noioso, ne sono cosciente. Volevo solo inserire un po’ del rapporto che si
crea tra Teri e i suoi fratelli, visto che non mi sembrava di averne parlato
molto e la rivalità tra Teri e Ludkar è importante per la trama, anche se per
ora non sembra. Comunque, qualcosa c’è in questo capitolo! L’Oracolo di Delfi
ha parlato, yay!
Ringrazio per le recensioni, come sempre siete gentilissimi, soprattutto Kalyma
P Jackson, e vi consiglio la sua storia stupenda!
Spero di ricevere altre recensioni, anche critiche.
Un bacione e a presto!