Capitolo
secondo
A
Jaime non piaceva rimanere a casa: era la prima volta, in sedici anni
di vita,
che era costretto a passare le giornate in camera sua, senza poter
neanche
lasciare il letto e prendersi da bere in cucina.
Un
braccio ingessato, frattura allo sterno e lividi lungo tutto il corpo
– perfino
su quel bel faccino che ora, tumefatto e violaceo, è
così diverso dal volto di
Cersei – ecco qual era stata la conseguenza per avere tentato
di difendere una
ragazza dallo stupro. Se contava anche le ore di incoscienza al termine
di
quella maledetta serata, i debiti che Tarth aveva contratto con lui
diventavano
incredibilmente difficili da ripagare. Ma se l’era cercata,
lo sapeva bene:
avrebbe potuto chiedere subito aiuto agli avventori del
Flea Bottom – perlomeno a quelli che
sembravano avere un po’ di sale in zucca – o
evitare di tirare fuori la solita
tiritera sul suo cognome e sui soldi che uscivano dal culo di Tywin
Lannister.
Era una soluzione perfetta per i problemi scolastici, decisamente meno
per quelli
riguardanti dei teppisti di merda.
Teppisti
che – Jaime si era ripromesso – un giorno avrebbe
ritrovato e fatto pentire di
tutti i calci che aveva ricevuto.
Suo
padre aveva insistito affinché il figlio fosse riportato a
casa dall’ospedale
il prima possibile, in modo che ad assisterlo fossero i migliori
specialisti e
non dottorucoli da strapazzo. Jaime non aveva protestato solo
perché era stufo
degli sguardi curiosi degli altri pazienti, che probabilmente si
chiedevano
come mai il figlio del direttore della banca avesse trovato grane in un
postaccio come il Flea Bottom – non che protestare con Tywin
Lannister avesse
mai fruttato qualcosa.
Durante
la mattina Jaime riceveva la visita di un rinomato medico della
città e di una
vecchia infermiera; altre due si davano il cambio il pomeriggio e la
notte, gustando
perlopiù il televisore a ottantaquattro pollici che era nel
salone ed entrando
di tanto in tanto in camera del malato per controllare le sue
condizioni.
Quando Tyrion rientrava da scuola, portava libri e quaderni in camera
del
fratello e faceva i compiti con lui, così da fargli
compagnia, e Jaime era
felice di poter avere qualcuno con cui scherzare.
Aveva
pensato che le parti peggiori della giornata sarebbero state le ore in
cui
Tyrion era dalla fisioterapista e, eccetto l’andirivieni
dell’infermiera di
turno, tra lui e Cersei si sarebbe stagliata solo una parete rossa e
oro; non
aveva però messo in conto le visite della sorella, che
avvenivano sempre quando
Tyrion non c’era. Cersei sedeva sul bordo del letto di Jaime
e leggeva dal
tablet le ultime notizie inerenti la politica e l’economia,
per poi informalo
dei pettegolezzi che giravano a scuola riguardo la sua disavventura. Un
giorno
gli disse che aveva fatto in modo di metterli a tacere,
perché era stufa di
sentir sussurrare malignità su di lui. A volte restava nella
stanza per un’ora
intera, mettendo da parte temi e compiti e i preparativi per il prom, e
a Jaime
piaceva vederla sorridere, seduta sul letto o sul davanzale della
finestra con
un libro in mano: sembrava che Cersei sapesse che la sua sola presenza
lo
allietava più di qualsiasi altro visitatore, ma non poteva
immaginare quanto al
contempo si sentisse teso e frustrato per un amore che non avrebbe mai
potuto
soddisfare. Quando sua sorella andava via il dualismo delle sue
emozioni
raggiungeva l’apice, perché Cersei lo salutava
sempre con un bacio sulla
guancia, a volte casualmente vicino alle labbra, accarezzandogli i
capelli
biondi.
Ogni
tanto, quando i compiti di capo del Consiglio Studentesco le
permettevano un
pomeriggio di tregua, anche Tarth veniva a fargli visita. Tyrion gli
aveva
raccontato che “quel donnone di due metri” non
aveva voluto lasciare l’ospedale
finché non l’avevano tranquillizzata sulle
condizioni di Jaime; lui non
stentava a credere che potesse essere la verità e non
perché si fidava
cecamente, come sempre, delle parole del fratello minore, ma
perché non si
aspettava niente di meno da una ragazza onorevole come Brienne la Bella.
Durante
la sua prima visita, Brienne aveva dei punti sopra l’occhio
destro e il braccio
ingessato come il suo, ma quel pomeriggio di metà maggio
almeno la ferita sul
volto sembrava essere guarita. Arrivò mentre Tyrion faceva i
compiti e Cersei
era fuori con le amiche.
«Dunque…
Mi è stato chiesto di fare un tema sulla mia
famiglia.» Suo fratello si grattò
la testa, guardando la pagina bianca del quaderno come assorto in una
profonda
riflessione. «“Mio fratello è ok, mia
sorella è una stronza e mio padre caga
oro.” Che ne dici, può andare?»
Jaime
sghignazzò. «Un’ottima sintesi, ma forse
sarebbe meglio evitare l’ultima parte:
non vorrai che i tuoi compagni vengano a frugare nei nostri
cessi.»
«Per
il Sette Dei, non lo vorrei mai!» si finse scandalizzato
Tyrion. «Ne andrebbe
del buon nome della nostra famiglia… E per di più
papà non avrebbe un posto
dove cagare nel caso gli scappasse qualche lingotto! Che ne dici di
“il mio
amato padre ci delizia ogni giorno col suo olezzo
dorato”?»
«L’oro
è un colore, Tyrion.»
«Ma
ha un suo profumo.»
«Touché.»
In
quel momento una delle infermiere – rugosa e sulla mezza
età, come se Tywin
temesse che suo figlio rimanesse a letto per così tanto
tempo da dover
ripiegare su una donna di un ceto sociale molto più basso
– bussò alla porta e,
all’assenso di Jaime, introdusse un visitatore nella camera.
«Ha
ospiti, signorino.»
“Signorino”:
Tyrion ridacchiò, illustrando perfettamente ciò
che anche Jaime pensava di
quello sciocco appellativo.
«Falla
entrare, grazie.» Con le infermiere Jaime cercava di
mostrarsi gentile, perché
sapeva che trattare bene loro e non i professori avrebbe fatto
infuriare suo
padre – e lui si era appena reso conto di avere una vena
masochista.
Aveva
visto il faccione lentigginoso di Tarth dietro la schiena
dell’infermiera. Il
capo del Consiglio Studentesco entrò nella stanza,
stringendo tra le braccia
una pila di quaderni che Jaime intuì essere gli appunti
delle lezioni che stava
perdendo.
«Buon
pomeriggio, donzella» la accolse. «Posso
presentarti mio fratello Tyrion? Non
credo vi siate mai incrociati nella mia stanza.»
Tyrion
scese dalla sedia e si avvicinò a Tarth per stringerle la
mano. «Ci siamo visti
all’ospedale, ma non mi sono presentato. Tyrion Lannister,
piacere.»
Jaime
fu divertito dall’espressione della ragazza: Tyrion aveva
dieci anni, ma il suo
comportamento spingeva gli sconosciuti a pensare che fosse la sindrome
di
nanismo a farlo apparire, oltre che basso, anche così
giovane. Tarth rispose
comunque alla stretta di mano, parlando al bambino come se fosse in
presenza di
una persona della sua età.
«Il
mio nome è Brienne Tarth e il piacere è
mio.»
Tyrion
parve compiaciuto dal modo in cui gli si era rivolta e rispose con un
sorriso.
«Che
cosa porti, donzella?»
Brienne
si avvicinò al letto e poggiò i quaderni sul
comodino. «Gli appunti delle
materie che non stai seguendo. Gli esami sono vicini e potrebbero anche
permetterti di farli a casa, se…»
«Non
hanno rinunciato a bocciarmi e basta, vero?»
«Non
sapendo che tuo padre potrebbe fare pressioni sul SAC.»
«Divertente
questa» si intromise Tyrion. «Tutti i tuoi
“Lo dirò a mio padre” si sono
dimostrati un’arma a doppio taglio.»
«Se
mi promuovono o mi rimandano non mi cambia niente.» Jaime
sollevò l’unica
spalla libera. «Basta che mi lascino in pace.»
«Stai
diventando un cliché, fratellone.»
Notò
che Tarth stava trattenendo un sorriso e si chiese se avrebbe chiesto
ripetizioni a Tyrion per riuscire a chiudergli la bocca. Poi lei si
voltò verso
di lui e studiò i lividi che aveva ancora sotto gli occhi e
sul collo.
«Come
stai?»
«Potrebbe
andare meglio, ma sto tornando a essere bello come prima. Non voglio
rischiare
di farmi vedere a scuola con te e costringere i nostri compagni a
chiedersi chi
dei due sia il bello e chi la bestia.»
«Tornerai
a scuola prima della fine dell’anno, quindi?»
«Non
ne ho idea, ma a settembre sarò di nuovo lì per
farti dannare.»
«Studia»
fu l’unica cosa che parve venire in mente a Tarth.
Già, Tyrion doveva proprio
darle delle ripetizioni. «Biologia ha spiegato molto, ma ho
fatto degli
schemi…» Nella fretta di prendere il quaderno
dalla pila sul comodino, Tarth
fece cadere una cornice. La raccolse e la scrutò.
«È
la prima volta che ti vedo insieme a tua sorella. Siete quasi
identici.»
Con
il braccio ancora funzionante, Jaime le strappò la cornice
dalle mani. Si
accorse che Tyrion aveva aggrottato le sopracciglia, sorpreso.
«Ci
credo, siamo gemelli. E ora sei
pregata di tenere le mani a posto.»
Non
avrebbe voluto essere scortese, ma era stufo di sentirsi dire quanto si
somigliassero lui e Cersei. La gente pensava che fosse un complimento,
ma per
Jaime il motivo di quella straordinaria somiglianza era solo una
dannazione.
*****
«Hai
visto com’era figo Loras oggi?»
«L’ho
visto mentre si allenava con la squadra, è
così… sexy.»
«Oooh,
quanto vorrei che mi invitasse al ballo!»
Cersei
sospirò. Probabilmente suo padre, per ottenere gli agganci
che avevano fatto di
lui l’uomo più potente di King’s
Landing, aveva dovuto fin da giovane sorbirsi
pranzi d’affari e partite di golf con gente con la quale non
avrebbe neppure
parlato, se non fosse appartenuta al suo ceto sociale, ma Cersei
credeva che
non poteva in alcun modo avere incontrato persone più noiose
e scoccianti di
Lysa e Walda. Passavano il tempo a cianciare sui belloni della scuola,
fantasticando su quali di loro le avrebbero invitate al ballo e quale
abito
avrebbero indossato.
Sfogliò
distrattamente la rivista che stava tentando di leggere.
«È gay.»
Walda
si interruppe, l’espressione sognante distrutta da un paio di
parole lapidarie.
«Scusa?»
«Loras
Tyrell è gay, lo sa tutta la scuola.»
Lysa
ridacchiò e Cersei si chiese se fosse più stupida
di quanto pensasse – e la
riteneva più stupida della cameriera di Casterly Rock che
lei stessa aveva
fatto licenziare, perché quell’idiota non si era
presa neanche la briga di
attendere che una Cersei di otto anni fosse uscita dalla sala da pranzo
prima
di mettersi a frugare tra l’argenteria.
«Sei
una forza, Ce!»
“Cersei.
Mi chiamo Cersei. E tu farai meglio a ricordartelo, se non vuoi che ti
faccia
tagliare la testa e la appenda sulle punte del cancello di Casterly
Rock.”
«Non
era una battuta, Lysa.»
«Ma
dai, Cersei. È solo la voce messa in giro da qualche
maligno» commentò Walda,
sistemandosi sulla testa un anello di carta come se fosse una corona.
Cersei
la fulminò con i suoi occhi verdi. «Pensi di avere
qualche possibilità di
essere nominata reginetta?»
Walda
avvampò vistosamente e si tolse la finta corona, per poi
chinare imbarazzata il
capo. «N-no, scusa… Volevo solo vedere che
ef-effetto avrebbe…»
«Goditi
quella tiara di carta, perché non ne vedrai
altre.» Cersei scavallò le gambe e
si alzò dalla sedia. «Dov’è
la vodka?»
«Cersei,
non dovremmo bere così presto…»
«Non
vuoi essere una ragazza cattiva?»
La
smorfia maliziosa sul suo volto convinse Lysa e Walda a scambiarsi
un’occhiata
complice, per poi correre a estrarre dall’armadio una
fiaschetta argentata
molto capiente. Ne versarono mezzo bicchiere per ciascuna di loro, ma
Cersei
fece segno di volerne ancora, così Walda fu costretta a
svuotare la fiaschetta.
In un attimo la reginetta della scuola fece scomparire gran parte della
vodka.
«Cos’hai,
Cersei?» le chiese Walda, che fingeva di apprezzare quel
liquido trasparente
sorseggiandolo lentamente. «Oggi sembri piuttosto
tesa.»
Cersei
fece ondeggiare la vodka nel bicchiere, in silenzio, e Lysa ne
approfittò per
rispondere al posto suo. «Mia sorella ha visto Rhaegar ieri!
Non voleva
dircelo, faceva tutta la misteriosa, ma l’abbiamo sentita
parlare con Ned al
tel-»
«BASTA!»
Lysa
si interruppe, spaventata dal rumore del vetro che sbatté
sulla sua scrivania.
«Le
stavo solo dicendo…»
«Se
avessi voluto che Walda sapesse questa storia, le avrei
risposto.»
«Perché
non potevo saperlo?»
«Già,
perché?»
La
lingua di Lysa stava diventando un problema: parlava troppo e le
rivolgeva
spesso frecciatine condite da uno sguardo indagatore e vagamente
appagato.
Credeva che fosse così facile trovare un punto di cedimento
in Cersei? Non
gliene avrebbe data la soddisfazione.
Rhaegar
Targaryen e Lyanna Stark si erano fatti vedere in città.
Dopo tre mesi dalla
loro fuga, si erano deciso a comparire a casa del vecchio preside della
King’s
Landing High; Hoster Tully era a cena da Aerys e Rhaella Targaryen per
informare
il suo amico delle novità apportate al sistema scolastico e
Catelyn, la sua
figlia maggiore, lo aveva accompagnato – Lysa non aveva
voluto andarci, si
annoiava in occasioni del genere e Cersei si era chiesta se non sarebbe
stato
meglio, per lei, avvicinare Catelyn al posto di quell’idiota
della sorella
minore. Poco prima che venisse servito il dessert, la cameriera aveva
annunciato, visibilmente agitata, che i signori avevano altri due
visitatori.
Catelyn
aveva appena accennato alle urla di Aerys, che aveva spinto lei e il
padre a
congedarsi in fretta, ma si era soffermata sul particolare che credeva
fosse
più importante per Ned Stark: il pancione di sua sorella.
Cersei
non sapeva che Lyanna fosse incinta; non lo sapeva nessuno, neppure
Catelyn a
giudicare dalla preoccupazione che Lysa aveva sentito nella sua voce
– Lysa era
così stupida da poter scambiare un tono euforico con del
nervosismo, ma Cersei
pensava che questa volta avesse ragione. Quella notizia
l’aveva fatta andare su
tutte le furie: Rhaegar era il suo
fidanzato, il loro matrimonio era già stato deciso quando,
da un giorno
all’altro, quel bastardo era fuggito con Lyanna Stark! Jaime
si era preso il
merito di aver fatto andare via dalla King’s Landing High il
preside Aerys, ma probabilmente
Tywin non avrebbe compiuto un atto così decisivo contro
quello che avrebbe
dovuto diventare suo suocero se il nome dei Lannister non fosse stato
infangato
con un fidanzamento rotto all’improvviso.
Rhaegar
era il ragazzo più popolare della scuola – bello,
intelligente, eccelso in
tutti gli sport che aveva praticato – e stare con lui era per
Cersei la cosa giusta; quando si
era vista
rifiutata per una ragazzina insulsa come Lyanna non aveva perso tempo a
piangere, ma aveva subito indirizzato la propria rabbia verso Robert
Baratheon,
che a sua volta aveva sperato di avere qualche possibilità
con la sorella del
suo migliore amico, della quale era innamorato da anni.
«Non
possiamo permetterci di essere messi da parte» gli aveva
detto e Robert, seppur
riluttante, aveva infine accettato la sua proposta.
Cersei
sapeva che il suo ragazzo passava gran parte del tempo a destreggiarsi
tra
altre donne, nella speranza di togliersi dalla testa Lyanna, ma
l’unica cosa
che contava per lei erano le apparenze. I Baratheon erano un importante
partito
e dal momento che Stannis studiava ad Asshai e che Renly sembrava
più che
convinto dei propri gusti sessuali – qualunque fossero le
dicerie su lui e
Loras che Lysa e Walda consideravano solo come diffamazioni –
l’unica scelta
disponibile era Robert, che al contempo era anche il più
popolare tra i tre
fratelli. Non l’avrebbe mai amata come amava Lyanna, allo
stesso modo in cui
Cersei non lo avrebbe amato come Rhaegar – che l’aveva
tradita, aveva messo incinta un’altra mentre erano
ancora
insieme – ma l’amore non era essenziale nella sua
scalata al successo.
«Cersei?»
Si
riscosse dai propri pensieri. «Non voglio parlare di
loro.»
Walda
si sporse verso di lei, sinceramente preoccupata. «Sei ancora
innamorata di
Rhaegar?»
«Innamorata?»
Cersei la scansò con un movimento secco del braccio.
«Come ti viene in mente?»
«Già»
si inserì Lysa. «Non potrebbe stare con Robert, se
amasse ancora un altro.»
Il
suo orgoglio ricevette un colpo affilato come l’affondo di
una spada. Non
voleva che qualcuno pensasse che lei fosse ancora innamorata di Rhaegar
– non lo era, non lo era, non lo era
– ma
neanche che fosse così volubile da averlo dimenticato tanto
in fretta. L’amore
non era importante per lei, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa senza
pensare ai
sentimenti dell’altra persona.
«Qualsiasi
cosa» rifletté ad alta voce.
«Come?»
Cersei
scosse la testa e sollevò il mento, cercando di riparare
quell’orgoglio ferito.
«L’amore non guida le mie azioni. Potrei fare
qualsiasi cosa e farla passare
per amore.»
«Qualsiasi?
Allora bacia il professor Pycelle!» la sfidò
Walda, ridacchiando divertita.
«No,
aspetta.» Il lampo che balenò negli occhi di Lysa
non prometteva niente di
buono. «Ho un’idea migliore.»
*****
«…e
l’organizzazione del prom spetta a Petyr Baelish.»
Alle
parole di Brienne, Petyr si alzò e si portò una
mano al petto, sorridendo in
quel modo mellifluo che a lei dava il voltastomaco.
«Cercherò di svolgere al
meglio il mio ruolo. Spero solo che alcuni di voi possano darmi una
mano… Cat,
cosa ne dici? Posso contare su di te?»
Catelyn
raccolse le fotocopie che aveva fatto per la riunione e
aggrottò la fronte. «A
cosa posso esserti utile?»
«Il
menù della serata ha bisogno di essere esaminato da un
occhio femminile. Se
vuoi, posso portartelo stasera a casa…»
«Stasera
ceno da Ned, ma puoi lasciarlo a Lysa. Ti aiuterò
volentieri.»
«Oh.»
Petyr si attorcigliò il pizzetto. La sua esclamazione era
apparsa come un suono
deluso, ma il volto ancora sorridente non lasciava trasparire nulla di
simile.
«D’accordo, lo affiderò a Lysa. Sono
certo che sarà felice di vedermi.» Disse
l’ultima frase a bassa voce, tanto piano da poter essere
udita solo da Brienne
che era in piedi accanto a lui e stava raccogliendo le sue cose;
sembrava
parlare tra sé e sé.
Brienne
non lo degnò di un secondo sguardo, consapevole che
Ditocorto era in grado di
mascherare qualsiasi emozione, e dopo aver salutato gli altri membri
del
Consiglio Scolastico si diresse verso l’ufficio del
counselor. Controllò
l’orologio e decise che, quel pomeriggio, non sarebbe andata
a trovare
Lannister. Si era recata spesso da lui per un misto di sensi di colpa e
rispetto verso la persona che l’aveva salvata da… non voleva neanche pensarci. E ora, al
termine della scuola e con
l’esame finale alle porte, avrebbe dovuto rendere quelle
visite meno frequenti,
ma ancora non se la sentiva: Lannister giaceva nel suo letto e di certo non passava le giornate a
studiare, e lei che era in debito nei suoi confronti doveva aiutarlo a
prepararsi per gli esami nonostante il poco tempo disponibile a
entrambi. Però
quel giorno aveva avuto la riunione del Consiglio Scolastico e doveva
ancora
andare a parlare con Jon, quindi era costretta a rimandare. Quel
pensiero le
strinse inspiegabilmente lo stomaco.
Bussò
alla porta del counselor e si portò una mano alla ferita
sopra l’occhio, che le
doleva ancora a tratti. Lannister aveva rischiato la vita per correre
in suo
soccorso… Con i suoi modi stupidi e insolenti, certo,
però l’aveva tratta di
impaccio quando lei ne aveva avuto bisogno. E, ancora una volta,
ricordò di
essergli debitrice.
«Avanti.»
Brienne
entrò nell’ufficio e attese di fronte alla
scrivania, mentre Jon le dava le spalle,
intento a sistemare qualcosa sugli scaffali.
«Ah,
Brienne, sei tu.» Jon le sorrise, affabile. «La
riunione è andata avanti per le
lunghe?»
«Sì.
Gli ultimi giorni sono i più impegnativi.»
«Siediti,
siediti!» Raccolse le mani sotto il mento e la
guardò attentamente. A Brienne
parve che si soffermasse sulla ferita che si stava cicatrizzando.
«Come va il
braccio?»
«È
guarito, non era una frattura grave.»
«Brutta
storia, gran brutta storia… Stai bene adesso?»
«Sì.»
Era
strano il modo in cui Jon la stava fissando, come se attendesse
un’ulteriore
risposta; alla fine, il counselor si sistemò gli occhiali
sul naso e aprì la cartellina
che aveva poggiato sulla scrivania. «Allora… sei
interessata alla Law School, a
quanto vedo. Qui a King’s Landing ne abbiamo una molto
valida.»
«Non
punto a quella.»
«Già,
lo immaginavo. Il tuo sogno è la Sunspear di Dorne, non
è vero?»
Brienne
annuì. «È la più
valida.»
«Ti
ci vedo, sai, a studiare legge. Sei inflessibile, una persona su cui si
può
sempre contare.» Jon attese ancora che lei parlasse, ma non
lo fece. «E tu ce
l’hai, qualcuno su cui contare?»
«Come?»
Brienne aggrottò la fronte, sorpresa, e Jon le rivolse un
sorriso di
incoraggiamento.
«Gli
studenti contano su due persone: te e Renly Baratheon. Ma lui
– non so se hai
saputo – è intenzionato a frequentare
l’ultimo anno in un’altra
scuola…»
Deglutì
e annuì un’altra volta. Quel pensiero le dava la
nausea, la faceva sentire
spaesata.
«Certo
che lo sapevi, era ovvio… Sai anche di essere la studentessa
più quotata per
prendere il suo posto? Dovrai lasciare il Consiglio Scolastico per
entrare nel
SAC, ma questo non significa un impegno di meno conto; al contrario,
oltre gli
studenti anche il personale della King’s Landing High
conterà su di te.»
«Lo
fanno già» disse, pensando al ruolo di
spaventapasseri che svolgeva per il
preside.
«Senza
contare la tua media, che è inferiore solo a quella di pochi
altri… La scuola
ti porta come un esempio. Sei – ripeto – una
persona su cui si può contare per
qualsiasi cosa. Ma è difficile sopportare una tale pressione
da sola. Hai
qualcuno con cui confidarti? Qualcuno con cui parlare delle tue
aspettative, dei
tuoi sogni? Del tuo futuro?»
«Tu
sei qui per questo.»
Jon
scosse la testa, sorridendo ancora. «No, Brienne, io sono qui
per guidarti
nella scelta del college. Sto parlando di un amico. Sei così
impegnata con lo
studio e il Consiglio Scolastico da farmi chiedere –
permettimi la
sfacciataggine – se tu abbia qualcuno con cui passare il
tempo libero.»
«Non
ho… non ho spesso tempo libero.»
«Questo
lo so, ma ne va sempre ritagliato un po’.»
Brienne
si agitò sulla sedia. Pensava che avrebbe parlato con Jon
della Law School, che
lui avrebbe saputo indirizzarla alla scelta delle materie
dell’ultimo anno che
le sarebbero stata più utili per il futuro, non che avrebbe
cercato di
psicanalizzarla. Non era il momento giusto: doveva tornare a casa per
finire i
compiti e… Interruppe i propri pensieri. Già,
nelle sua vita c’era solo la
scuola, ma era fatta così, non poteva mettere tutto da parte
per…
«Torni
sempre a casa dopo le lezioni e le riunioni?» Fu come se Jon
le avesse letto
nel pensiero.
«S-sì…
No, non sempre. Ultimamente faccio visita a Jaime Lannister. Gli porto
gli
appunti.»
«Ah.»
Sembrava interessato a quella notizia, ma non sorpreso. «E
cosa fate? Gli dai
solo gli appunti o parlate anche?»
«Beh…
A volte ci capita di parlare.»
«Della
scuola?»
«Sì.
E dalla sua guarigione.»
«Dimenticavo,
era con te quella sera.»
«Mi
ha salvato la vita.»
«Quindi
vai da lui perché gliene sei grata.»
«Sì,
esatto.»
«Ma
quella sera perché eravate insieme?»
Brienne
si torse le mani, irrequieta. Non le piaceva quel tono da
interrogatorio né lo
sguardo indagatore di Jon. «Dovevo farlo, mi
aveva… ricattata. Niente di serio»
aggiunse subito, con un improvviso senso di colpa per non avere fatto
il
proprio dovere quel pomeriggio di alcune settimane prima. «Ma
ero obbligata a
uscire con lui.»
«Per
quanto tempo?»
«Solo
quella volta.»
«No,
volevo sapere per quanto tempo eri costretta a stare con lui, quella
sera.»
Aggrottò
ancora la fronte. «Non c’era un orario
prestabilito.»
«E
quanto siete rimasti insieme?»
«Due
ore… due ore e mezza, forse. Era molto buio quando sono
andata via.»
«Avresti
potuto tornare a casa prima?»
«Sì,
immagino di sì.»
«Ma
non l’hai fatto. E non gli dovevi ancora niente.»
Ora il sorriso di Jon era
aperto. Il counselor sembrava soddisfatto mentre si alzava e
l’accompagnava
alla porta dell’ufficio. «Ti ho già
preparato un piano di studi per il prossimo
anno, eccolo qui.»
Brienne
afferrò il foglio che le stava tendendo. «Credevo
ne avremmo parlato insieme…»
«Penso
che approverai le mie scelte, e penso anche che un po’ di
tempo libero ti farà
bene. Va’ a trovare il giovane Jaime Lannister, anche se non
dovessi avere
appunti da dargli. Fatevi una chiacchierata, parla del tuo
futuro.»
«Non
mi sembra la persona adatta per un discorso del
genere…»
«È
un perditempo, è vero, e onestamente io
non sceglierei lui per parlare di questioni serie. Ma tu
l’hai già scelto.» Con
un ultimo sorriso enigmatico, Jon la congedò.
«Buona serata, Brienne, e in
bocca al lupo per gli esami finali.»
*****
Si
svegliò verso sera, quando il sole oltre la finestra stava
tramontando.
Avvertiva un peso sul letto e credeva che fosse Tyrion, ma non appena
aprì gli
occhi scoprì che a sedere al suo fianco era Cersei. Era la
prima volta che sua
sorella gli faceva visita mentre dormiva.
«Ehi»
mugugnò Jaime con la voce ancora impastata dal sonno. Si
tirò a sedere per
guardarla meglio: ormai le sue condizioni stavano migliorando ed era
anche
libero di muoversi per casa, di tanto in tanto e con l’aiuto
di una delle infermiere.
«Ciao.» Lo disse con più dolcezza di
quanto avrebbe voluto e sperò che Cersei
interpretasse quella inaspettata tenerezza come la confusione data da
un sonno
interrotto.
Sua
sorella stava sfogliando uno dei quaderni che Tarth gli aveva lasciato;
non
appena udì la voce di Jaime, lasciò andare gli
appunti per concentrarsi su di
lui.
«Come
stai?»
«Voglio
fumare.»
Cersei
gli rivolse una smorfia divertita. «Alzati e cerca le tue
sigarette… Se nostro
padre non le ha già trovate e confiscate.»
«Vorrei,
ma» Jaime si indicò le gambe «da solo
non posso fare niente. Puoi prendermele
tu? Ti do qualcosa in cambio.»
«Come
siamo gentili oggi» notò Cersei, alzandosi. Senza
aspettare ulteriori
istruzioni, aprì il primo cassetto della scrivania.
«È
il sonno.»
«Ecco
qua.»
Jaime
estrasse una sigaretta e se la portò alla bocca, poi ne
porse una a sua
sorella. «Ed ecco a te la tua ricompensa.» Le
accese entrambe e osservò Cersei
aspirare il fumo, cercando di non pensare alle sue gambe accavallate e
coperte
solo da un filo di calze. Erano più vicine di quanto fosse
in grado di sopportare
e dovette fare ricorso a tutta la sua forza di volontà per
evitare di posarvi
una mano.
«Solo
questo? Speravo in un bacio del mio dolce fratello.»
Lo
disse senza malizia apparente, ma Jaime dovette cercare in fretta un
altro
argomento, preoccupato dal battito accelerato e frastornante del suo
cuore.
«Allora,
dov’è Tyrion?»
«Con
la tata, l’ha portato dalla fisioterapista. È
passata anche una tua amica.»
Sollevo
un sopracciglio. «Un’amica?»
«Brienne
la Bella. La Vergine Tarth. O come vuoi chiamarla» rispose
Cersei, fissandolo
intensamente negli occhi verdi. «Le ho detto che stavi
dormendo.»
«Gentile
da parte tua.»
Si
limitò a stringersi nelle spalle, continuando a tenere lo
sguardo sul suo.
«Che
c’è?»
Imprevedibilmente,
sua sorella sussultò e si voltò, agitata.
«Niente.»
«Cersei?»
Sembrava
imbarazzata e si ostinava a non dire cosa la rendesse così
nervosa: di Cersei
Lannister manteneva solo l’aspetto fisico, in quel momento.
Alla fine tornò a
guardarlo e gli posò una mano sui capelli, come faceva ogni
volta che andava
via. Jaime avrebbe desiderato che restasse ancora un po’
– ancora una vita, ancora
un’eternità.
«La
cena è quasi pronta» lo avvertì Cersei.
Lasciò scorrere la mano sulla sua
guancia e il suo tocco scaldò il cuore di Jaime allo stesso
modo in cui gli
strinse lo stomaco; senza riflettere, posò una mano sulle
dita di sua sorella e
strinse le palpebre, assaporando il calore di quel tocco.
Un
istante dopo, un paio di labbra morbide e umide si posarono sulle sue.
Buonciao dopo tanti mesi!
Mi dispiace avervi fatto attendere, ma sappiate che i prossimi capitoli sono pronti: aggiornerò domenica prossima!
Allora, prima di tutto ringrazio la mia beta A g n e che è bellissima e bravissima e levubì ♥ Poooi... Vi è piaciuto il personaggio di bimbo!Tyrion? È quello di cui mi ha divertito più scrivere! Il riferimento a Rhaegar e Lyanna era d'obbligo, ma soprattutto perché non ci riesco proprio, a non infilare Rhaegar da qualche parte. Non ci sono citazioni telefilmiche, ma le troverete nei prossimi capitoli; qui posso solo parlare delle ferite riportate da Jaime, che mi sono sembrate essere il sostitutivo migliore a un taglio della mano.
Non uccidetemi per il finale. E non uccidetemi per ciò che accadrà nel prossimo capitolo, perché scriverlo è stato dolorosissimo.
Con quest'ultima nota allegra vi saluto e vi ringrazio per la lettura ♥
Medusa, a Lannister