12.
La primavera era giunta con i suoi colori, i suoi
profumi, le giornate splendenti e un nuovo desiderio di passare lunghe ore
all’aperto, ad ammirare la natura crescere e prosperare.
A scuola, le cose erano un po’ migliorate.
Da quando Rena aveva sotterrato l’ascia di guerra con
Candice, i dispetti erano un po’ calati e, anche se Yvette ancora la trattava
come un paria, non era più così
difficoltoso studiare alla SMH.
Coleen, come tutti loro avevano ipotizzato, si era
dimostrata una cavallerizza degna di tale nome e, dopo quella prima lezione al
Club, ne erano seguite molte altre.
I suoi genitori si erano premurati di telefonarle per
ringraziarla, non solo per l’offerta riguardante l’avvocato, ma anche per le
lezioni di equitazione.
Rena non aveva rifiutato i soldi che Candice le aveva
portato dopo qualche giorno, sapendo bene quanto fosse importante, per le
persone, l’onore e la dignità.
Però aveva gioito, quando la ragazza le aveva detto
che avrebbero accettato l’offerta di sua madre per la difesa d’ufficio in
tribunale.
Con Beau, inoltre, tutto andava alla grande.
Si vedevano spesso e volentieri il pomeriggio per
studiare, oppure passavano ore e ore a chiacchierare in angoli appartati, o nei
parchi giochi che sorgevano lungo la Ocean Front.
Rena non poteva negare che stare con il ragazzo fosse
piacevole, ma non aveva ancora ben chiaro in mente cosa provasse per lui.
Era innegabilmente bello, solo un cieco non l’avrebbe
notato, ed era maledettamente gentile e cortese con lei, addirittura protettivo
fino all’eccesso.
Le sorrideva sempre, aveva una battuta pronta per ogni
argomento, e non smetteva mai di dirle quanto le fosse grato per suo padre.
Dal giorno della mostra all’aperto, Colton aveva
ricevuto diverse richieste da privati e, dopo aver consegnato una statua di
Ercole in tenuta da combattimento per l’ufficio di Grace, si era ritrovato
subissato di ordini.
Bethany e Beau erano rimasti strabiliati dalla
progressiva rinascita dell’uomo e, a distanza di più di due mesi da
quell’evento, potevano dichiararsi abbastanza certi che non avrebbe avuto
ricadute.
Seduto all’interno di uno dei tubi di cemento
utilizzati dagli skaters per le loro evoluzioni, Beau mormorò a Rena: “Candice
mi ha detto che l’insegnante di Coleen l’ha iscritta alla prossima gara. Non è
un po’ presto?”
“Se la vedessi a cavallo, non me lo chiederesti”
ironizzò lei, ammiccando.
Intrecciando le dita dietro la nuca, Beau si appoggiò
alla superficie fredda di cemento e sospirò.
“Vorrei davvero che tu potessi camminare assieme a me
e Candy, a scuola. Trovo assurdo dover continuare a nascondermi come un ladro.”
“Abbiamo stabilito che, finché Yvette ce l’ha così
tanto con me, non possiamo fare altrimenti, non te lo ricordi?” gli rammentò
lei, pur trovandosi pienamente d’accordo con il ragazzo.
Per quanto le piacesse tutta quella segretezza, che
creava inevitabilmente una buona dose di intimità, trovava davvero sciocco non
poter salutare Candice né tantomeno Beau, a scuola.
“Dovresti spingere Yvette a trasferirsi in un’altra
scuola” le propose Beau, strizzandole l’occhio. “Non puoi chiedere a tuo padre
di forzare la mano al direttore?”
Sgranando gli occhi per la sorpresa e il divertimento,
lei esalò: “Ma… Beau! Vorresti davvero che usassi la mia influenza per farla sbattere
fuori? Allora sì che avrebbero ragione di odiarmi!”
“Giusto, sarebbe da stronzi, e tu non la sei di
sicuro” assentì di malavoglia lui.
“Meno male che lo pensi” sospirò di sollievo Rena,
facendolo ridere.
“Figuriamoci se penso che sei un tipo del genere.
Tutt’altro!” ironizzò Beau, dandole un colpetto con la spalla.
Un refolo di vento umido e freddo penetrò nel tubo e,
subito dopo, il rombo lontano di un tuono li avvisò dell’approssimarsi di un
temporale proveniente dall’oceano. Mettendo fuori la testa, Rena fissò
preoccupata l’oscurarsi del cielo all’orizzonte e, rivolgendosi a Beau,
mormorò: “Si sta avvicinando un temporale. Ti conviene andare a casa, prima che
si scateni un diluvio.”
“E tu? Non ho visto Jay, in giro” si informò lui,
restio a lasciarla da sola.
“Mi fermo alla V.B. 2000. Stasera vado con Andrea
perché ceno a casa loro” gli spiegò Rena, sbucando dal tubo assieme a Beau.
Spazzolandosi i pantaloni prima di afferrare la sua
bicicletta, lui allora le disse ironico: “Cos’è, una cenetta tra innamorati?”
“Dovrei spaccarti la testa per averlo anche solo
pensato” ridacchiò lei, dandogli un colpetto sul braccio. “Cenerò con tutta la
famiglia Van Berger, e i miei si uniranno al gruppo più tardi. Ora sono a
Sacramento per affari.”
“Hanno una vita ben indaffarata” chiosò Beau,
ripensando ai genitori di Rena.
Gli erano piaciuti, e li aveva trovati davvero delle
brave persone. Non faceva specie che avessero una figlia così speciale.
“Abbastanza” ammise lei, rabbrividendo quando un altro
tuono rombò nel cielo, lampeggiando minaccioso.
“Paura dei temporali?” le domandò lui, avvicinandosi
di un passo.
Serena fu costretta a levare lo sguardo per scrutarlo
in viso e, quando si ritrovò ad affondare in quelle chiare profondità, avvertì
un imbarazzante rossore avvolgerle il viso.
Non ci poteva fare niente. Quando Beau si avvicinava
troppo, lei andava in tilt.
Lui le sorrise sornione, come avendo compreso alla
perfezione il suo problema e, piegatosi un poco su di lei, le sfiorò la fronte
con un bacio, mormorando: “A domani, allora.”
Rena riuscì unicamente ad annuire ed il ragazzo, con
un risolino soddisfatto, inforcò la bicicletta e si allontanò, lasciandola sola
nel parco giochi.
Yvette, nascosta dietro alla struttura di una delle
altalene, si allontanò soddisfatta, avendo visto più che a sufficienza.
Avrebbe tolto ben presto quel sorriso sognante dal
viso acqua e sapone di Serena Ingleton. Molto presto.
§§§
“… e a quel punto interverrai tu, Candice” terminò di
dire Yvette, sorridendo malignamente all’amica, che si ritrovò addosso le
occhiate divertite di tutte le presenti.
“Ma sei sicura che sia davvero il caso?” mormorò
l’altra, dubbiosa.
Stavolta stava veramente esagerando ma, a parte
mettersi dichiaratamente contro di lei e contro tutta la scuola, non avrebbe saputo
cos’altro fare per fermarla.
Rubarle i vestiti durante l’ora di ginnastica, quando
Serena si trovava sotto la doccia.
Le pareva davvero uno scherzo esagerato, e non solo di
pessimo gusto.
Beau, giungendo in quel momento dal corridoio, si
preoccupò immediatamente nel vedere quel capannello di ragazze, capitanate da
Yvette.
“Ehi, ragazze! State progettando un piano per
impadronirvi del mondo?”
Tutte risero, lanciandogli occhiate deliziate – non
esisteva ragazza, a scuola, che non gli facesse gli occhi dolci – ma fu Yvette
a parlare.
“Abbiamo pensato di fare uno scherzo alla Ingleton.
Vuoi partecipare?”
“Di che genere, scusa?” si informò lui, cercando di
non lasciar trapelare la sua ansia. Cos’aveva in mente? Perché pareva così
soddisfatta?
“Vogliamo rubare gli abiti della riccona mentre fa la
doccia. Così non saprà come fare per uscire dagli spogliatoi e, casualmente, uno dei ragazzi entrerà per
fotografarla. Sarà epico!” ridacchiò
la ragazza, subito seguita a ruota dalle altre.
L’unica a non ridere – assieme all’amico – fu Candice,
che scrutò disperata Beau in cerca di aiuto.
La prima cosa a cui pensò il ragazzo fu di colpire
Yvette con un pugno, la seconda fu di darsi una calmata.
Non serviva a nulla farsi sbattere fuori dalla scuola
con la nomea del violento o, peggio, finire in riformatorio per aver picchiato
una ragazza.
Se voleva veramente dare una mano a Rena, proteggerla, doveva pensare alla svelta
a un modo per evitare quel disastro immane.
“Pensaci bene, Yvy. Ci sareste solo voi ragazze, negli
spogliatoi. Capiranno subito chi è stato, visto che sanno tutti che ce l’hai a
morte con lei. Far entrare un ragazzo negli spogliatoi, poi, sarebbe la goccia
che fa traboccare il vaso. Stavolta non la passeresti liscia. I professori non
ci passerebbero di certo sopra” replicò serafico Beau, faticando non poco a
urlarle contro tutta la sua rabbia.
“Nessuno avrebbe il coraggio di denunciarmi al
direttore!” sbottò Yvette, inferocita dal suo apparente diniego.
“E ti baseresti soltanto su una mera congettura? Il
gruppo dei nerd non vede l’ora che tu commetta un errore, così da poterti
sputtanare dal direttore. Io opterei per un’altra cosa, se mi permetti” le
ritorse contro lui, vedendola accigliarsi non poco.
“Che cos’hai in mente?” sibilò lei, fissandolo con i
suoi occhi chiari.
“Gomma da masticare nei capelli. Andiamo, non hai mai
notato quante arie si da? La vanità è donna, dovresti saperlo, e qual è la
parte migliore di cui si può vantare lei? I capelli. Li porta lunghissimi, e
sempre agghindati come una principessina. Ne rimarrà distrutta!” le spiegò lui, sogghignando soddisfatto.
Sperò soltanto che gli credesse.
Le altre ragazze furono d’aiuto, perché trovarono quel
piano molto più divertente e, di sicuro, meno pericoloso per la loro media in
condotta.
Anche Candice rafforzò la proposta di Beau dandogli
man forte e, nel contempo, sperando con tutta se stessa che Yvette si
convincesse a cambiare idea.
“E come pensi di piazzargliela nei capelli, scusa?
Gliela lanceresti addosso?” borbottò la ragazza, non ancora del tutto convinta.
Beau, a quel punto, sfoderò un sorriso strafottente e
pregò di essere abbastanza convincente nella sua interpretazione.
“Scusa, ma non vedi la mia faccia? Pensi davvero che
non mi farebbe avvicinare? Scommetto quello che vuoi che, se mi mostrassi per
un momento gentile con la tipa, le potrei fare qualsiasi cosa.”
“Chi mi dice che lo farai? Che non stai solo cercando
di proteggerla?” gli ritorse contro Yvette, raggelandolo.
Possibile
che sappia? Che ci abbia visto?, pensò lui terrorizzato, notando anche il profondo
turbamento di Candice.
Pensava di essere stato abbastanza in gamba, di aver
evitato tutti i posti in cui avrebbero potuto trovare qualcuno in grado di
smascherarli.
Ugualmente, mantenne un contegno stoico e replicò:
“Vaneggi. Sarò così bravo che dovrai applaudire la mia interpretazione.”
“Su, dai, lascialo fare!” esclamarono le ragazze, scrutando
Yvette speranzose.
Beau rimase impassibile pur fremendo dentro di sé e,
quando finalmente Yvette accettò la sua proposta, si sentì morire.
Rena l’avrebbe odiato, ma la sua reputazione sarebbe
stata salva.
Nessuno l’avrebbe presa in giro per uno scherzo atroce
e distruttivo quale avrebbe potuto essere quello dello spogliatoio.
E, di sicuro, avrebbe potuto continuare a frequentare
la scuola senza avere nella mente la visione di se stessa, immortalata a
tradimento da un idiota.
Sperava soltanto di riuscire a mettere in pratica
quello che si era ripromesso di fare, perché altrimenti nessuno avrebbe più
fermato Yvette.
Ancora troppe persone, a scuola, le davano retta, e se
anche si fosse messo apertamente contro di lei, non sarebbe servito a nulla.
Era lei a comandare, a scuola, non lui. Lo sapeva fin
troppo bene.
Se si fosse messo dalla parte di Serena, lo scherzo
dello spogliatoio sarebbe stato un bon bon, in confronto a quello che avrebbe
potuto fare Yvette.
§§§
Più tardi, durante la pausa pranzo, con gli studenti
che si riversavano nei corridoi e il caos portato alle stelle, Beau incrociò lo
sguardo di Rena, ferma accanto ad una bacheca, e le sorrise.
Lei accennò appena una risposta, e lui desiderò
sprofondare, scavarsi una fossa e morire.
Ma non poteva. La scelta dei capelli gli era parsa la
più ovvia.
Avrebbero potuto ricrescere dopo quel maledetto
trattamento, ma sarebbe stato uno scherzo abbastanza umiliante da soddisfare la
sete di sangue di Yvette.
Accettando di interporsi tra lei e Rena, però, stava
decretando la fine della loro amicizia.
Ma, per difenderla dalle angherie di Yvette, avrebbe
sopportato ben di più.
Con passo deciso, si mosse quindi verso di lei e, dopo
aver oltrepassato la fiumana di studenti in movimento, si fermò ad un passo da
Rena e, senza alcun preavviso, si chinò per baciarla.
Sapeva di doverle dire addio, perciò preferì
strapparle quel bacio, piuttosto che parlarle.
Assaporò le sue labbra mielate, la loro morbida
pienezza, il tocco delicato e timido della punta della sua lingua e, morendo
dentro, le infilò una mano tra i capelli.
La gomma da masticare si appiccicò immediatamente alla
massa fluente delle sue morbide chiome e, quando lui si scostò per l’ultima
volta da Rena, desiderò piangere.
Lei gli apparve stordita, frastornata, con gli occhi
smeraldini colmi di stelle. Esattamente come avrebbe desiderato, se le cose
fossero state maledettamente diverse.
Quando però le risate degli studenti si riversarono
come pioggia su di loro, Rena si riprese, iniziò a comprendere cosa fosse
successo e, portandosi le mani ai capelli, lo fissò al colmo dell’ira.
E con le iridi di smeraldo velate di lacrime e di
dolore profondo.
Beau non disse nulla, si infilò semplicemente le mani
in tasca mentre lei cercava di balbettare qualcosa.
Le risate aumentarono, le prime lacrime corsero sulle
sue gote pallide e, tra il caos generale, Serena fuggì.
“Addio” mormorò Beau, reclinando il capo.
“Avrei preferito tu evitassi quel bacio, ma alla fine
è andata bene anche così. Anzi, lo shock è stato doppio. Non pensavo l’avresti
fatto” dichiarò dietro di lui Yvette, avvolgendogli la vita con un braccio.
Beau si scostò, disgustato dal suo tocco e, piano,
asserì: “Doveva essere un gesto forte, no?”
“E lo è stato!” assentì Yvette, ridacchiando.
Ancora, il ragazzo desiderò ucciderla, ma si trattenne
per ovvi motivi.
Voleva finire il liceo senza macchie sul suo
curriculum e, soprattutto, non voleva dare ulteriori scuse a Yvette per
avercela con Rena. Forse, a quel punto, avrebbe smesso di darle fastidio.
O almeno così sperava.
§§§
Pareva inconsolabile ma, quel che era peggio, Grace
non riusciva a comprendere chi fosse stato a compiere un gesto così meschino
come appiccicarle della gomma da masticare tra i capelli.
Era un comportamento crudele da tenere con una
ragazza, e ammetteva senza remore che non se lo sarebbe davvero aspettato.
Pensava che le cose stessero migliorando. Rena non si
lamentava più da mesi, e il suo sorriso era diventato più ampio, più felice.
Non aveva davvero idea che avrebbe potuto succedere
una cosa simile.
Quando l’aveva vista piombare a casa in lacrime, e
durante l’orario di scuola, si era subito domandata cosa fosse successo e, non
appena aveva scoperto la verità, l’aveva stretta al petto per consolarla.
Dopo aver fatto intervenire la loro parrucchiera
personale, per aggiustare il taglio in modo tale da eliminare ogni residuo di
gomma, Grace si era chiusa in camera con la figlia e, da quel momento, non
erano più uscite.
Barthemius era stato avvisato da Martha e,
immediatamente, aveva lasciato l’azienda per tornare a casa, ma Rena non si era
voluta neppure presentare alla porta della sua stanza.
Ora, suo padre se ne stava rintanato nello studio,
attendendo impaziente di poter abbracciare a sua volta la figlia.
Non accettava che la facessero soffrire a quel modo e,
quant’era vero Iddio, questa volta sarebbe intervenuto con tutto il peso del
suo nome!
Un bussare quieto alla porta dello studio lo fece
sobbalzare e, a sorpresa, Martha entrò e gli disse: “Ci sono due amici di
Serena alla porta. Vorrebbero parlarle, Mr Ingleton.”
“Arrivo subito” assentì l’uomo, balzando dallo scranno
in fretta e furia.
Con la speranza che fossero giunti lì per dirgli chi
fosse il colpevole di tale misfatto, Barthemius giunse nel salottino degli
ospiti a passo lesto e, non appena vide Candice e Beau, si tranquillizzò.
“Ragazzi, buon pomeriggio. Ebbene?” esordì l’uomo,
cercando di darsi una calmata. Farsi vedere con un diavolo per capello non
avrebbe messo a proprio agio nessuno, e i due giovani sembravano già debitamente
nervosi.
“Come sta, Rena?” domandò Candice, le mani intrecciate
in grembo.
“Non bene” ammise Bart, lanciando un’occhiata
significativa a entrambi.
Beau appariva addirittura distrutto.
Candice sospirò, e a quel punto il ragazzo al suo
fianco levò lo sguardo per incrociare quello di Barthemius.
Dopo essersi alzato in piedi, mormorò: “E’ colpa mia.
E’ successo per causa mia.”
L’uomo si oscurò immediatamente in viso, già pronto a
prendere per il collo Beau ma Candice, balzando in piedi, lo afferrò ad un
braccio e aggiunse: “Non aveva altra scelta!”
“Spiegatevi in fretta, prima che perda la pazienza”
sibilò Bart, reclinando il braccio, ma solo a fatica.
Le lacrime negli occhi chiari, Beau cercò in qualche modo
di spiegarsi, ma dovette presto intervenire Candice, perché le parole gli
morirono in gola, soffocate dai suoi singhiozzi strazianti.
Barthemius ascoltò con attenzione tutta la storia, si
accigliò diverse volte ma, quando scrutò nuovamente il volto del ragazzo e
della sua amica, vi lesse solo la verità.
Sospirando, l’uomo crollò su una delle poltrone in
broccato italiano e mormorò: “Non pensavo si potesse arrivare a tanto.”
“E’ stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Se
avessi avuto più tempo, avrei potuto fare diversamente… evitare che…” balbettò
incoerentemente Beau, scoppiando in lacrime.
Coprendosi il viso, cercò di soffocare i singhiozzi
colmi di colpa e rimpianto e, uno dopo l’altro, i pezzi del suo cuore
sprofondarono nell’abisso.
Candice gli massaggiò la schiena con colpetti
comprensivi, sapendo bene come potesse sentirsi in quel momento.
“Yvette non si sarebbe fermata dinanzi a niente, pur
di farla pagare in qualche modo a Rena. Beau non poteva fare diversamente. Se
non avesse accontentato la sua sete di vendetta, sarebbe andata molto peggio.”
“Posso immaginare che, difenderla apertamente, avrebbe
scatenato ancor di più la sua ira” assentì suo malgrado Barthemius.
Candice annuì.
“Yvette ha troppo seguito, a scuola, e se io o Beau
fossimo intervenuti apertamente, Rena avrebbe subito conseguenze molto
peggiori. Mi spiace solo che, per evitarle un danno peggiore, si sia dovuti
arrivare a tanto.”
L’uomo annuì e, allungando una mano per passarla tra i
capelli di Beau, mormorò: “Non piangere, Beau. Ho capito cosa volevi fare.”
“Ha dei capelli così belli, ed io… io…” singhiozzò
lui, scuotendo il capo nervosamente.
“Come hai giustamente immaginato, i capelli
ricrescono, perciò il danno si sarebbe presto annullato. Non potevi fare in
altro modo, a quanto pare, ed io ti ringrazio per aver pensato di risparmiarle
una pena ben peggiore, oltre a un’umiliazione che non avrebbe mai potuto
superare” replicò l’uomo, conciliante.
“Non le dica niente, però” si premurò di dirgli a quel
punto Beau, sorprendendo sia Bart che Candice.
“Ma… perché portare una colpa che non è tua?” esalò
l’uomo, confuso.
Sospirando, il ragazzo ammise controvoglia: “E’
possibile che questo sfoggio d’ira da parte di Yvette sia dipeso da un mio
errore. Vede, io e Serena siamo diventati amici e, spesso e volentieri, ci
siamo fermati fuori dalla scuola per chiacchierare. Ho sempre pensato di essere
stato abbastanza abile da scegliere posti in cui Yvette o altre sue amiche non
potessero vederci, ma evidentemente mi sbagliavo. Se Serena penserà che io
l’abbia ingannata fino ad ora, non si avvicinerà più a me, e Yvette si
calmerà.”
“Ma non potrete più parlarvi” gli fece notare
Barthemius, spiacente.
Reclinando il viso, Beau si passò una mano tra i
capelli, mormorando: “Preferisco saperla lontana e al sicuro, che in pericolo a
causa dell’amicizia che ci lega. Non so cosa potrebbe escogitare la prossima
volta, Yvette, pur di allontanarla da me. E non è detto che potrei intervenire
per tempo.”
“Beau…” esalò Candice, mordendosi il labbro inferiore per
il dispiacere.
Bart sospirò pesantemente, apprezzando il coraggio del
ragazzo e l’assoluta validità delle sue argomentazioni ma, ugualmente, disse:
“Se Rena sapesse, sono sicuro che sarebbe lieta di trovare un altro modo per
mantenere la sua amicizia con te.”
“La ritiri dalla scuola” replicò a quel punto Beau,
facendo sobbalzare l’uomo per la sorpresa. “Non voglio sapere perché l’abbia
mandata alla SMH, ma penso che il suo esperimento sia andato troppo oltre. Non
potrei sopportare di vederla subire ancora le angherie di Yvette, e a quel
punto non saprei più come proteggerla.”
“Ne parlerò con lei, va bene?” dichiarò allora l’uomo,
sorridendogli comprensivo.
Beau annuì, ritenendosi soddisfatto e, nel rialzarsi
assieme a Candice, disse: “Scusi ancora per quel che è successo.”
“Avete fatto quello che avete potuto, per proteggerla
ed esserle amici. Non c’è nulla da scusare” ribadì Bart, accompagnandoli alla
porta con sguardo mesto.
Fu molto tempo dopo quella visita a sorpresa che
Barthemius vide comparire sua moglie.
Appariva stanca e oppressa, e una rabbia focosa le
illuminava gli occhi.
Scelse quel momento per raccontarle la verità e, alla
fine di quell’illuminante discorso, dichiarò: “La ritirerò dalla scuola. Non ha
senso che rischi qualcosa di peggio.”
“Non ci pensare neppure, papà” replicò sulla porta
Rena, sorprendendo entrambi i genitori.
La corta chioma bruna della ragazza le cingeva il viso
con ciocche scalate e tagliate alla perfezione, conferendole un’aria sbarazzina
e alla moda.
Nessuno, ignaro di quel che era successo, avrebbe
detto che quello era stato un taglio d’emergenza.
“Rena, tesoro…” esalò Bart, levandosi in piedi per
abbracciarla.
La ragazza si lasciò stringere dalle braccia forti del
padre ma, perentoria, asserì: “Non voglio dargliela vinta, a nessuno di loro.
Sono stata una sciocca a credere alle favole, mentre avrei dovuto semplicemente
capire che il mondo non è fatto di fiocchi rosa e belle parole. Ma ho imparato,
e sarò un’avversaria che Yvette imparerà presto a temere.”
“Cara, non credi che sarebbe meglio evitare di creare
una guerra intestina alla scuola?” le consigliò Grace, conciliante.
Con occhi che sprizzavano scintille, lei scosse il
capo, cocciuta.
“Non mi si mette i piedi in testa, questo è poco ma
sicuro.”
Ciò detto, si alzò in punta di piedi per baciare le
guance del padre e, in silenzio, si diresse verso la cucina, lasciando che il
suo dolore le facesse da mantello e da corazza difensiva.
Non avrebbe perdonato, e nessuno le avrebbe mai più
messo i piedi in testa.
E, soprattutto, nessun altro le avrebbe spezzato il
cuore come solo Beaurigard Shaw era stato in grado di fare.
§§§
In piedi di fronte all’entrata della scuola, Rena
osservò risoluta le porte di vetro prima di sobbalzare per la sorpresa quando,
una dopo l’altra, sette ragazze si disposero a ventaglio attorno a lei.
Tutte e sette con i capelli tagliati alla paggetto, o
ancor più corti.
E, in testa al gruppetto appena formatosi, Candice si
fece avanti con la sua nuova pettinatura scalata e dai riflessi ramati, dichiarando:
“Ora dovrà vedersela con tutte noi.
Non ti lasceremo sola.”
“Yvette l’ha giocata davvero sporca, e anche Beau”
assentì un’altra, annuendo con foga.
“Non ce la facevo più a tacere e così, quando mi ha
chiamata Candice per dirci la sua idea, ho accettato subito.”
Anche le altre ragazze annuirono e Rena, sorridendo
loro, dichiarò: “Deve solo provarci, a fare qualcosa a una di noi. Si ritroverà
a fare i conti con la nostra rabbia.”
Come un gruppo coeso, si indirizzarono perciò
all’interno dell’istituto e, simili ad un rompighiaccio, oltrepassarono lo
sbarramento umano creato dagli studenti, senza che nessuno trovasse il coraggio
di aprire bocca.
Sulle scale che conducevano al primo piano, il gruppo
di Yvette le irrise con lo sguardo, ma Rena non si diede per vinta.
Percorse a due a due i gradini e, dopo essersi
bloccata dinanzi a lei con nero cipiglio, le intimò rabbiosa: “Tocca una
soltanto di noi, e vedrai cosa è in grado di inventarsi una riccona come me.”
Yvette fece per parlare, ma le ragazze in compagnia di
Rena avanzarono all’unisono, costringendo il suo gruppo a indietreggiare.
A quel punto alcuni ragazzi ridacchiarono, e a lei non
restò altro che battere in ritirata, almeno per il momento.
Più che mai soddisfatta, Rena strinse le braccia sotto
i seni e, con aria di sfida, frizzò Beau sul posto, a poco meno di una decina
di metri dal suo nuovo gruppo.
Senza dire una parola, si mossero verso di lui e,
altezzose e col mento sollevato, lo ignorarono bellamente.
Solo Rena, però, percepì il proprio cuore frantumarsi
in mille piccoli pezzettini sanguinanti e, nel chiudersi la porta dell’aula
alle spalle, esso perse completamente ogni desiderio di battere.
Ma ormai aveva imparato anche quella lezione.
Dopotutto, era una brava allieva.
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