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Autore: JessyR89    20/03/2014    5 recensioni
Una richiesta inaspettata, nuovi legami e amicizie, decisioni difficili.
Quanto possono legarsi due anime?
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Clarissa, Izzy Lightwood, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Spoiler!, Tematiche delicate
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Ed eccomi qua!!! sono in ritardo lo so, è quasi passata una settimana!!!  Il Romanticismo Inglese reclama la mia attenzione al momento, non ho avuto tempo di aggiornare!! questo capitolo non è dei migliori, spero vi piaccia lo stesso!! Grazie per le recensioni, siete dolcissime!!
Buona Lettura! <3



Alec era appoggiato sullo stipite della grande finestra dell’armeria. Lo sguardo perso su New York, sulle luci dei semafori, degli stop delle auto, sui grattacieli imponenti, sui mondani che affollavano i marciapiedi e continuavano la loro vita quotidiana, divisa tra faccende e lavoro, senza sapere del grande pericolo che avevano scampato quel giorno. Come sempre del resto. Shadowhunters avevano perso la vita, si erano distrutti legami, famiglie, cuori.... tutto per non avere mai un ringraziamento, un merito. Era stato un giorno memorabile nella storia degli Shadowhunters. Il loro intero Universo stava per essere rovesciato e distrutto da una mente malata, una mente fortunatamente fermata e sconfitta. Ma a quale prezzo? Sospirò. Si sentiva come in una prigione.
Da quando erano tornati, nonostante la stanchezza, nessuno aveva avuto voglia di riposare. Erano tutti distrutti per la situazione di Clary e Isabelle non faceva che diventare sempre più apatica. Simon continuava a chiamare ogni 20 minuti attendendo notizie sul retro sconsacrato dell’ Istituto. Luke lo teneva aggiornato sulle condizioni di Clarissa che, da quando Magnus aveva fatto il suo incantesimo, più di quattro ore fa, non aveva dato segni di ripresa. Più il tempo passava più le speranze che si risvegliasse diminuivano.
L’ultima volta che Alec era stato in infermeria, la tensione si poteva tagliare con un coltello. Sembrava un luogo macabro, la luce bianca delle stregaluce conferiva ai volti dei presenti un'espressione spettrale, le ombre delle loro sagome sulle pareti parevano sentinelle venute direttamente dal Regno dei Morti in attesa di prendere l'anima di chi era destinato a seguirle.
Jocelyn aveva avuto un crollo, era rimasta seduta a fissare il vuoto per ore, finchè non era scoppiata in un lamento così straziante da costringere Luke a portarla fuori da lì, per condurla in una camera e farla riposare. Aveva pianto cosi tanto da addormentarsi aggrappata alle lenzuola.
Jace non proferiva parola da quando avevano lasciato Alicante: era seduto sul letto, le spalle appoggiate alla testiera su un cuscino, Clarissa sul grembo, e si dondolava accarezzandola e baciandola delicatamente di tanto in tanto. Il suo volto si era trasformato in una maschera di morte. Aveva gli occhi infossati e spenti, i capelli incrostati di fango, la maglia sporca del suo sangue, di quando Sebastian l’aveva ferito, e del sangue della ragazza. Non aveva voluto lasciarla nemmeno per un secondo, si era rifiutato anche di farsi una doccia. Voleva essere li con lei, qualsiasi cosa fosse successa. Non aveva nemmeno più pianto, sembrava come se avesse esaurito oltre alle lacrime anche la forza per farle sgorgare.
Isabelle era in uno stato terribile, Maryse l’aveva aiutata a fare una doccia calda e costretta a mangiare qualcosa, ma aveva rimesso tutto subito. Aveva fatto unire il suo letto a quello di Clary e se ne stata sdraiata con la mano intrecciata a quella della sua parabatai. Ogni tanto le parlava, le diceva che appena si fosse ripresa sarebbero andate a fare lunghe passeggiate a Central Park, a fare shopping, ad allenarsi contro Jace e batterlo. Ma il suo debole tentativo di reagire si smorzava notando che Clary non faceva nessun cenno di cambiamento. I battiti del suo cuore erano impercettibili e il suo respiro era sempre più forzato.
Alec era uscito da quella stanza arrabbiato, il senso di impotenza lo divorava.
“Alec! Ti disturbo?” Magnus era fermo sulla porta dell’armeria. Per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, lo Stregone era vestito in maniera del tutto sobria. Aveva dei pantaloni scuri con una camicia viola e una lunga giacca di pelle. Forse le scarpe tradirono questa sua sobrietà: delle scarpe a punta bianche, stile cowboy, con degli strass multicolori sui lati.
“No, vieni pure!” Alec si rivoltò a guardare il cielo buio con qualche piccola stella.
“Sono appena stato in infermeria…” esordì lo Stregone. Alec si voltò di scatto, quasi speranzoso, ma l’espressione di Magnus placò tutto.
“Mi dispiace! Come ti senti?” aveva notato la reazione di Alec e si scusò per averlo agitato. Era in pensiero per lui. Non aveva avuto modo di sfogarsi, lo conosceva, si stava tenendo dentro tutta l’agitazione che provava e tutta la sua preoccupazione.
“Come vuoi che stia! Mi fa male vedere Jace e Izzy cosi! Io e Clarissa non abbiamo mai avuto un gran rapporto, abbiamo cominciato ad avvicinarci da poco e se penso che potrebbe non farcela….” Si fermò di colpo. Non aveva ancora fatto mente locale su cosa avrebbe procurato la perdita di Clarissa. Si rattristò sentendo che avrebbe avuto effetti anche su di lui.
“Ho fatto tutto il possibile, avrei voluto fare di più!” Magnus si sentiva come se non avesse fatto abbastanza e tentò di giustificarsi.
“Grazie per tutto!” fu la risposta secca di Alec. Cominciava a innervosirsi. Magnus lo metteva a disagio.
Magnus gli voltò le spalle diretto verso il corridoio fuori dall’armeria.
“Aspetta! Magnus, oggi in battaglia…..non ho fatto altro che pensare a ciò che mi hai detto prima di varcare il Portale. Perché mi hai detto di essere prudente, perché mi hai raccomandato di fare attenzione e hai incaricato quel ragazzo di tenermi d’occhio?” quelle domande gli frullavano in mente da tanto tempo. Voleva delle risposte. Era confuso.
“Perché non lo capisci da solo, Alexander?” lo chiamò con il suo nome per esteso, come faceva sempre.
“Cosa dovrei capire? Tu mi confondi soltanto!” Come sempre Magnus non faceva che aggiungere domande su domande nella sua mente. Gli scoppiava la testa. Cosa doveva capire? Che l’aveva lasciato, ma gli intimava di stare attento. A che pro? A Magnus non importava proprio più niente di lui. Alla festa ne aveva dato dimostrazione. Ora però il suo comportamento era tutto l’opposto.
“Sei tu che ti confondi, io agisco semplicemente in base a ciò che fai tu” rispose enigmatico, passandosi una mano sul viso.
“Non ti seguo” inclinò la testa.
“ti amo è sufficiente?” quella risposta spiazzò Alec.
“Anche io ti amo” ribattè debolmente abbassando lo sguardo.
“Non mi sembra. Alexander in tutti gli anni che ho vissuto, mi sono innamorato diverse volte, e ogni volta è come se fosse la prima. Capisco che questo ti ferisca, che vuoi essere l’unico nella mia vita, ma io vivo da secoli e per altri secoli vivrò ancora. Ogni persona di cui mi sono innamorato mi ha colorato la vita di nuove tinte, sempre diverse, dandomi delle motivazioni per vivere, per non essere schiacciato dal tedio dell’eternità. Ma credi che io dimentichi? No, non dimentico, ogni volta che una di queste persone mi lasciava, nel mio petto si apriva una voragine, che non si chiudeva facilmente, anzi spesso restava anche un po’ aperta” parlò serio, i suoi occhi da felino inchiodavano quelli azzurri di Alec.
Alec serrò la mascella “mi stai dicendo che devo convivere con le tue fiamme del passato?” sbottò indignato.
“Ti sto solo dicendo che ogni persona nella mia vita è stata unica. Tu sarai unico per me, nessuno riuscirà a prendere mai il tuo posto nel mio cuore” sembrava quasi vulnerabile ammettendo quei sentimenti cosi forti.
“Ho paura che mi dimenticherai!” le lacrime pizzicavano gli occhi di Alec.
“Non lo farò Alexander, se dovessi morire domani, sarei felice di averti vissuto” fece parecchi passi verso di lui. Adesso erano uno di fronte all’altro.  
“Sono patetico, uno stupido geloso” ammise più a sé stesso.
“Non è vero. Non ho mai sopportato la gelosia eccessiva, ma nei giusti limiti l’ho sempre vista in maniera positiva. Vuol dire che qualcuno tiene a una persona” gli sorrise alzandogli il viso con due dita sotto al mento.
“Perché allora hai rotto con me?” chiese con voce flebile. 
“Alec, guarda Jace e Clarissa: anche lui ha avuto molte avventure prima, ma non mi sembra che per lei sia mai stato un problema, il loro amore va oltre tutto, lei si fida di lui e dei suoi sentimenti. Tu invece non hai fiducia in me, o meglio, credo che tu non abbia fiducia in te stesso per avere un rapporto maturo. Se alla festa sono andato via è perché voglio lasciarti libero di capire. Vuoi sul serio stare con me?” Magnus fu la schiettezza in persona.
“Si, ma Camille…” era ossessionato da lei, dal suo passato con Magnus, dalle sue false promesse.
“Oh basta Alexander!!” Disse esasperato. Era stanco di tornare sempre sulla stessa storia. Si voltò, e come alla festa, si diresse verso l’uscita dell’armeria.
Alec fissava le sue spalle mentre ancora una volta lo stava perdendo. Ma Magnus si arrestò davanti alla porta, si passò una mano sul viso, si girò e, a larghe falcate, lo raggiuse e lo baciò. Posò le sue labbra su quelle di Alec che, per lo stupore di quel gesto, rimasero immobili qualche secondo.
Gli erano mancate cosi tanto quelle labbra e dopo aver superato lo stupore e aver collegato il cervello, Alec si rese conto di ciò che stava accadendo. Rilassò tutti i muscoli, chiuse gli occhi, afferrò la nuca di Magnus e ricambiò il bacio. Fu un bacio inizialmente lento, dolce, ma ben presto la passione prese il sopravvento, la nostalgia, la rabbia, la paura sfociarono tutta in quel bacio. Le loro lingue si intrecciarono, le loro mani esploravano le loro schiene sentendo i muscoli sotto le dita. Alec si sentiva in Paradiso.
“Non sai quanto sono stato in pena oggi” Magnus si staccò un momento da lui. Riprese fiato pochi attimi ma Alec l’aveva già riafferrato e aveva annullato la piccola distanza tra loro. Non voleva più smettere di baciarlo.
Un piccolo colpo di tosse li fece voltare verso la porta. Alec aveva le guance in fiamme e i capelli tutti disordinati sulla nuca. Rimase di sasso quando sulla porta vide Maryse che li osservava con uno sguardo sorpreso.
“Scusate l’interruzione……Clarissa si è svegliata!” disse.
Magnus scambiò uno sguardo con Alec carico di parole non dette e si avviò all’infermeria. Alec lo seguì, ma non appena passò davanti a sua madre, questa lo fermò: “sono felice per te Alexander!” Gli sorrise orgogliosa di lui.
 
Jace continuava a guardare Clarissa immobile su di lui. Era stanco, i suoi occhi a mala pena riuscivano a rimanere aperti, ma lui si sforzava di guardarla. Isabelle ogni tanto farfugliava qualcosa, ma lui non la sentiva. Pregava con tutto il cuore, chiunque ci fosse lassù, di salvarla, di farla tornare da lui, non era sicuro di riuscire ad andare avanti se lei non ce l’avesse fatta.
Chiuse un attimo gli occhi, gli bruciavano. Qualcosa si mosse. Li riaprì di scatto sentendo Izzy gridare il suo nome e vide Clary muovere la testa, stringere la mano di Isabelle e infine aprire lentamente gli occhi.
“Jace” mormorò con la voce impastata, le labbra secchissime e screpolate.
“Sono qui, amore mio, ti sei svegliata” la sollevò e la abbracciò forte prima di tempestarla di baci. Lei rideva sulle sue labbra.
“Ehiii non monopolizzare la mia parabatai”. Izzy era pimpante, come se avesse ricevuto una botta di vita: il colorito roseo, gli occhi lucidi e un sorrisone stampato in faccia.
“Isabelle” Clary era felicissima di vederla, l’abbracciò stretta chiudendo gli occhi “Mi dispiace per tutto”
“Il coccolone che ci hai fatto prendere è incluso?” la prese in giro. Clary rise ma un colpo di tosse le mozzò il respiro.
“ Hai bisogno di qualcosa?” Jace non smetteva di guardarla, di toccarle i capelli, di posare il naso nell’incavo del suo collo e respirare il suo profumo.
“Vado ad avvertire Simon e gli altri” Isabelle con un balzò saltò giù dal letto e corse fuori dall’infermeria, lasciandoli da soli.
Jace riprese Clary e la riadagiò sulle sue gambe “Ho temuto di perderti, ti amo Clary” quasi singhiozzava.
“Mi dispiace Jace per come mi sono comportata, per aver lasciato che Jonathan ti ferisse e per aver...…” era scoppiata in lacrime, aveva un peso sul cuore che le impediva di respirare. Jace le mise due dita sulle labbra.
 “Non ha importanza. Ti amo” la baciò delicatamente.
Le porte dell’infermeria si spalancarono e la prima ad entrare fu Jocelyn che si lanciò sulla figlia stritolandola in un abbraccio. Non disse nulla, solo lacrime.
 
Simon era seduto su una piccola panchina di pietra sul retro dall’Istituto, nel campo sconsacrato adiacente alla struttura, dove avevano simulato l’attacco qualche settimana fa. Sembrava essere passata un’eternità. Continuava a rigirarsi il telefono tra le mani, aspettando che Luke gli desse buone notizie, ma ogni volta era sempre la stessa frase: “ancora niente”.
Sbuffò, l’attesa lo stava distruggendo. Odiava restarsene li fuori, come un cane messo alla porta, sapendo che dentro le due persone più importanti per lui si trovavano in una situazione delicata. Voleva stare vicino a Isabelle, darle conforto, aiutarla. Voleva vedere Clary, farle sentire che lui era li, non voleva perderla.
Guardò verso la finestra dell’infermeria. La luce al suo interno era ombreggiata. La stanza doveva essere piena di gente. Non era possibile. Il cellulare di Luke squillava a vuoto. Nessuno gli diceva cosa stava succedendo. Poi la porta si aprì e Luke ne uscì seguito da Isabelle e Jace, che sorreggeva Clary avvolta in una coperta, che appena lo vide si aprì in un sorriso. Simon lanciò il telefono per terra, corse verso di lei, la strinse tra le braccia. Sentire il suo calore lo ricompensò di tutte quelle ore di angoscia “Ti voglio bene” gli sussurrò.
“Anch’io, per sempre!”





Note: momento Malec, Climon, Clace ce n’è per tutti!! 
  
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