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Autore: monalisasmile    04/07/2008    1 recensioni
Il viola è conosciuto come il colore dello spirito. Rappresenta il valore medio tra terra e cielo, tra passione ed intelligenza, tra amore e razionalità. È il colore della volontà di essere diversi, della metamorfosi. È una forza legata alla vitalità del rosso e all'intimo accoglimento dell'azzurro. Ma è anche il colore degli occhi di una ragazza che entrerà a far parte della vita dei digi-prescelti.
La narrazione comincia in toni leggeri: leggerete di nuovi incontri, di battibecchi e amori adolescenziali, di amicizie e piccoli dispiaceri, emozioni che condizioneranno le giornate e si porranno al centro delle loro vite. Almeno inizialmente.
Perché come nella vita spesso accade, arriverà il momento in cui i personaggi verranno posti di fronte a problemi maggiori e difficili decisioni. D’improvviso tutto parrà sfuggirgli tra le dita. Gli eventi si faranno incalzanti e spesso imprevedibili. Più volte si sentiranno impotenti di fronte a una realtà indecifrabile e troppo crudele per essere affrontata.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9

 

Quella sera stessa Sora ricevette una mail sul cellulare e questa volta decise di leggerla.
“Conosco un posticino tranquillo non troppo lontano dalla scuola. Una mia amica ha detto che ci fanno delle ottime cioccolate calde. Se ti va un po’ di compagnia, alle 19.00 io sarò lì. Rumiko.“
Senza perder tempo afferrò il cappotto e uscì di casa.

-      Ciao. –

-      Ciao. Sono felice che tu sia venuta. –

-      Anch’io. –

La rossa si sfilò il cappotto e l’appoggiò ad una sedia vicina. Erano sedute allo stesso tavolo dell’altra volta. Entrambe stringevano le tazze fumanti tra le mani arrossate, nel tentativo di scaldarsele.

-      Mi dispiace. – esordì Sora.

L’altra non disse nulla, limitandosi a guardarla.

-      Non avrei dovuto evitarti in quel modo. Tu mi hai parlato col cuore, ti sei confidata nella speranza di ricevere sostegno, non di essere abbandonata. Mi spiace davvero. –

-      Non devi, dico sul serio. Anch’io avrei dovuto capire quanto la cosa ti avesse scioccata. Sono stata egoista: invece che lasciarti del tempo per riflettere, ti sono stata col fiato sul collo. –

-      No, non sei stata egoista. Ti sei solo preoccupata per me. Le tue attenzioni mi hanno fatto piacere. –

-      Hai… hai parlato con lui ? –

-      No – sospirò – ma presto lo farò. Ho deciso di lasciarlo. –

-      Non voglio che la vostra relazione finisca a causa mia. –

-      Non è colpa tua. Quello che è successo ieri mi ha solo aperto gli occhi. Vedi, quando sono tornata a casa ci ho pensato e ho capito che… non ci ero rimasta tanto male perché Yamato mi aveva tradita, ma per il semplice fatto di esser stata tradita. Non sopportavo di esser stata presa in giro in quel modo, di esser stata rifiutata in quel modo… -

-      Non… -

-      Aspetta, lasciami finire, per favore. Mi sentivo abbattuta, ma poi è subentrata la rabbia. In quel momento non ce l’avevo né con te, né con lui, bensì con me stessa, proprio per essermi lasciata andare in quel modo.. Insomma, si tratterà pur sempre di un ragazzo, ma è solo un ragazzo! Mi ero fatta dominare da quella situazione piatta, continuavo a farmi cullare dalla sicurezza di quel rapporto, che “rapporto” non era più. –

-      Vuoi dire che non provi più nulla per lui? –

-      Gli voglio ancora bene, si capisce, ma come amico… La nostra relazione non aveva più senso perché non avevamo più nulla da dirci, nulla da fare… ci eravamo così abituati a stare insieme, che eravamo diventati ciechi a tutto il resto. Quando l’ho capito ho deciso che avremmo fatto meglio a lasciarci. –

-      Ti piace qualcun altro? –

-      No, non penso. –

-      E Taichi? Lui tiene molto a te. – disse senza malizia.

-      Lo so e anche io gli voglio molto bene, ma… oggi è venuto a casa mia. –

-      Ed è successo qualcosa? –

-      Abbiamo litigato. –

-      Avete litigato?! –

-      Già, o meglio io ho litigato e lui ha accusato ogni colpo con pazienza. –

-      Cosa gli hai detto? –

-      Che avevo aperto finalmente gli occhi e che anche lui avrebbe dovuto farlo. –

-      A proposito di cosa? –

-      Di… di lui, della propria vita. Taichi è rimasto un bambino e sembra intenzionato a non voler crescere. –

-      La sindrome di Peter Pan. –

-      Esatto. Ho cercato di fargli capire che le persone cambiano e che anche lui era cambiato. –

-      E Taichi cos’ha detto? –

-      Che lui non sarebbe mai cambiato e che, se volevo parlare con un vecchio amico, avrei potuto rivolgermi a lui. –

Rumiko parve riflettere un attimo.

-      Ho capito. – disse poi – Ma sei sicura di ciò che gli hai detto? –

-      In che senso? –

-      Lui è di sicuro cresciuto, su questo non ci sono dubbi. Tutti prima o poi si sviluppano. Però la trasformazione può essere più o meno evidente, non trovi? Crescere non vuol dire per forza cambiare e Taichi l’ha capito, forse meglio di noi. Probabilmente lui è molto più maturo di quanto tu possa pensare. Tanto maturo da aver volontariamente deciso di non cambiare interiormente. –

-      Ma perché non dovrebbe? –

-      E perché sì? Alla gente lui piace così com’è e se questa sua condizione gli permette di aiutare gli altri e di essere al contempo onesto con se stesso… -

-      Forse hai ragione tu, ma sta di fatto che avevo bisogno di una pausa. È sempre stato così premuroso nei miei riguardi, così presente in ogni momento… -

-      Che hai avuto bisogno di stare un po’ per conto tuo. –

La rossa annuì e Rumiko le sorrise.

-      Ti capisco, sai? Questi uomini vogliono fare tanto i protettivi, ma dopo un po’ diventano assillanti. – le strizzò un occhio con fare complice.

-      Secondo me hanno quasi bisogno di starci addosso in questo modo. Pensano di essere indispensabili! – scherzò Sora.

-      E poi finiamo noi a far loro da balie! – sospirò l’altra.

Sora rise e le afferrò una mano.

-      Sono felice di poter di nuovo parlare con te. Non avrei mai permesso ad un ragazzo di dividermi dalla mia nuova amica. –

-      Grazie, anch’io ne sono felice. –

-      Per un po’ niente più uomini. –

Era il 13 di Dicembre, una data che segnò l’inizio di una lunga serie di cambiamenti. Quel giorno Rumiko e Sora si presentarono a scuola insieme, cosa che non passò inosservata agli studenti dell’istituto. Si sa, infatti, che le voci circolano in fretta, specialmente se si tratta di un idolo delle teenagers: secondo i pettegolezzi il biondino aveva tradito la rossa con la vicina. Cos’era successo poi era un mistero, si sapeva solo che nessuna delle due si era presentata alle lezioni il giorno seguente, cosa che aveva alimentato le voci di corridoio.
Quando le ragazze attraversarono il cancello principale, si ritrovarono alcune centinaia di occhi curiosi puntati addosso.
“Che schifo di situazione!” sbuffò Rumiko, una volta raggiunto il proprio banco.

-      Mi dispiace. – le sussurrò la rossa – Le voce peggiori sono tutte rivolte a te. –

-      Lo so. Non che me ne importi qualcosa di quel che pensano questo branco di pettegoli, ma non mi piace che mi si sparli alle spalle… mentre sono in ascolto. –

-      Vedrai, presto questa storia verrà archiviata. – cercò di tirarla su di morale.

-      Lo spero proprio. – poi si volse a guardarla negli occhi – Ma non sentirti obbligata a fare quella cosa per me, chiaro? –

-      Non ti preoccupare, l’avrei fatto comunque. –

-      E… quando? Quando glielo dirai? –

-      Al primo intervallo lo prenderò da parte. –

-      Ho capito… -

-      Non ti sentirai ancora in colpa, vero? –

-      No, tranquilla. –

Ma sapeva di non esser totalmente sincera.

Yamato era rimasto un attimo sorpreso nel ritrovarsele davanti così… allegre. Conversavano tranquillamente, come due buone amiche. Poi lo stupore aveva lasciato il posto ad un sorriso. D’altronde che altro avrebbe potuto aspettarsi da una ragazza come Sora? Non per niente era la prescelta dell’Amore! Sembrava quasi che le due ragazze fossero più vicine di prima e la cosa non poteva che fargli piacere. Ma non si faceva illusioni sul futuro che avrebbe avuto il suo legame con le due ragazze. Bastava ascoltare le voci di corridoio.

Non gli importava delle insinuazioni sul suo conto, ma non sopportava che le due diciottenni venissero beffeggiate: Sora era considerata una “povera sfigata” e Rumiko una “rovina-famiglie” e pure peggio.
Al solo udire quelle parole, aveva sentito la rabbia montargli dentro e aveva dovuto fare appello a tutto il suo autocontrollo per riuscire a contenerla. La colpa di tutto ciò era solo ed esclusivamente sua, perciò si era ripromesso di porvi rimedio al più presto. Non sapeva ancora come, ma avrebbe trovato il modo di farsi perdonare.

Accanto al cantante sedeva Taichi, anche lui pensieroso. A quanto pareva Sora e Rumiko si erano riappacificate e il loro rapporto sembrava più profondo che mai. Il giorno prima era passato a casa Kitamura ma non aveva trovato nessuno: a quanto pareva la ragazza era uscita. Poi era venuto a sapere dalla sorella che Daisuke l’aveva preceduto, con l’intento di portare l’amica a fare un giro. Subito si era preoccupato: ci mancava solo che quel casinista ci si mettesse in mezzo a far precipitare del tutto la situazione! Poi aveva sollevato le spalle sconfitto: infondo le cose non potevano degenerare più di così!
Tuttavia quella mattina si era dovuto ricredere. Ovviamente non poteva essere sicuro che si trattasse dell’operato del ragazzo, ma stava di fatto che le due giovani si erano riappacificate e che stavano chiacchierando come non avevano mai fatto.
“Forse non tutto il mal vien per nuocere!” pensò speranzoso. Ma gli bastò voltarsi verso il suo compagno per ricordarsi che c’erano ancora delle cose in sospeso che andavano chiarite.

Finalmente suonò il tanto atteso intervallo e Rumiko lanciò una rapida occhiata alla compagna. Sora sembrava tranquilla e le sorrise dolcemente, allentando un po’ la sua tensione. Possibile che fosse lei a sentirsi agitata?! Il pensiero la spinse a serrare la mascella stizzita.
Non si voltò neanche quando l’amica si alzò e si avvicinò al biondo. Solo quando uscirono dall’aula si azzardò a guardarli con la coda dell’occhio. Fu allora che incrociò un identico sguardo nocciola.

Erano in terrazza e, dopo essersi accertati di non avere ascoltatori indesiderati, Yamato si sedette a terra, appoggiando la schiena contro la cancellata di sicurezza. Non guardava lei, in piedi davanti a lui. I suoi occhi celesti scrutavano il cielo lontano, come se vi potesse scorgere qualcosa di inaspettato.
Sora si sedette accanto a lui e sospirò.

-      Hai sempre guardato il cielo con quello sguardo, come a frugarlo in cerca di qualcosa. E mi sono sempre chiesta cosa fosse quel qualcosa. Sai, ne sono sempre stata un po’ gelosa. –

-      Di cosa? –

-      Del tuo cielo. Del tuo mondo. –

Silenzio.

-      Mi dispiace. – sbiascicò lui, grattandosi il capo imbarazzato.

-      No, tu sei fatto così. In fondo questo tuo lato enigmatico mi piaceva. – gli sorrise.

-      Ti piaceva? –

-      Mi piace ancora, ma ho capito che non mi basta. Vedi, tu sei sempre stato così assorto… però sapevo che non ero io l’oggetto dei tuoi pensieri. E io merito di più. Merito un ragazzo che pensi a me costantemente, che mi sussurri frasi dolci, che mi coccoli, che mi porti a vedere il tramonto in riva alla spiaggia… –

-      Io non credo di esser fatto per queste cose… –

-      Lo so. E so che possono sembrarti sciocchezze per gente sdolcinata, ma è ciò che vorrei dal mio ragazzo. –

-      Perciò hai deciso di lasciarmi per cercare il tuo principe azzurro, giusto? –

-      Sì. – pausa – Quattro anni fa ero convinta di averlo trovato in te. Ma mi sbagliavo. Tu sei un bravo ragazzo, gentile e pieno di riguardi verso le persone a te più importanti, onesto con tutti… -

-      Non mi pare di esserlo stato, negli ultimi tempi. – fece con amarezza.

-      Non sono arrabbiata con te, se è questo che pensi, o almeno non più. In fondo era inevitabile che prima o poi succedesse. Potevi essere tu come potevo esserlo io. –

-      No, tu non l’avresti mai fatto. –

-      Avete tutti un’opinione troppo alta di me! – sorrise divertita – Guardate che sono anch’io un essere umano, soggetto alle leggi della natura! –

-      Ed è naturale tradire la propria ragazza? –

-      Yamato, - disse dolcemente – la natura ci insegna che non si può comandare i sentimenti. E te lo dice una prescelta dell’Amore! –

Ancora silenzio.

-      La verità è che pensi sempre agli altri prima che a te stessa. Anche ora, sei disposta a perdonarmi nonostante abbia fatto una cosa orribile! –

-      È così orribile ciò che hai fatto? In fondo il tuo scopo non era ferirmi e umiliarmi… -

-      …Come sono riuscito a fare comunque! – sbottò lui.

-      Seguire il proprio cuore non può essere un crimine. – proseguì senza dar peso alle sue parole – E se lo fosse, penso che dovrebbero macchiarsene molte persone. –

-      Non so cosa ho seguito io, ma di sicuro non dovevo farlo. –

-      Hai solo fatto un errore… non vorrai abbatterti per così poco! –

-      Però le ho detto delle cose terribili, l’ho giudicata senza averne alcun diritto. Lei si è fidata di me e io l’ho rifiutata. Ho persino cercato di cambiarla, ti rendi conto?! Ho tentato di farla tornare la persona che era, quando è evidente che lei non ne avesse la minima intenzione! –

-      Yamato… -

-      Da quando l’ho conosciuta non faccio altro che ferirla! Dico sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato, riesco a farla infuriare almeno una volta al giorno… il che non è normale! Non mi sono mai comportato così e giuro che non lo faccio apposta! – buttò la testa all’indietro – Ogni volta mi riprometto di non farlo più, ma poi succede di nuovo. Non so perché, so solo che mi manda fuori di testa, che riesce a far emergere i miei aspetti peggiori come non ci riesce nessun altro! Però mi piacerebbe che tornasse a sorridermi, lo vorrei sul serio… – si volse a guardarla – Pensi che sia possibile? –

-      Non lo so, ora dipende solo da te. –

-      È questo che mi spaventa di più. –

-      Yamato Ishida saventato ?! Questo sì che ha dello straordinario! – rise la rossa.

-      Sono serio. –

-      Beh, se sei così spaventato significa che ci tieni davvero a lei… Perciò, se quella ragazza è tanto importante per te, ti consiglio di non darti per vinto. –

Lui annuì e la giovane si alzò. Il ragazzo la trattenne per un braccio.

-      Grazie, per avermi ascoltato. E… scusami, se puoi. –

Lei si limitò a sorridergli. Stava per lasciare la terrazza, quando venne richiamata ancora dalla sua voce.

-      Come hai detto? –

-      Ho detto che mi dispiace, che la nostra relazione non abbia funzionato come avrebbe dovuto. Sono stato bene con te. Te ne sono grato. –

-      È stato un piacere. – e scomparve oltre la porta.

Sora si fermò a metà della gradinata, un’espressione indecifrabile sul viso.
Si erano lasciati, eppure non era stato affatto doloroso, forse perché entrambi stavano già guardando al futuro. Era stata sorpresa nel sentire Yamato parlare in quel modo dell’amica: era chiaro che la sua mente era molto confusa, ma il suo cuore? Possibile che non si rendesse conto di ciò che provava? Una cosa era certa: nei suoi confronti non aveva mai avvertito nulla di simile. Stranamente, però, non aveva provato risentimento. Ora che la loro relazione era stata troncata, si sentiva quasi… sollevata?
Ritornò con la mente alle due versioni che aveva sentito e corrugò un poco la fronte. Di sicuro quei ragazzi avrebbero finito per far pace, ma era difficile dire quanto ci sarebbe voluto. Si augurava solo che il biondo riuscisse a porre rimedio al danno fatto.

Ormai mancava poco più di una settimana alla fine delle scuole e lo spirito del Natale sembrava vivo in ogni cittadino che si avventurasse per le vie affollate della città. Rumiko era seduta su un muretto, vicino al grande abete che era stato addobbato nella piazza del centro. I locali erano tutti ultra affollati ed era stato impossibile trovare un tavolo. Perciò il suo compagno di shopping estremo si era offerto di prendere delle bevande calde da bere all’aria fresca. Peccato che l’aria in questione fosse un paio di gradi sotto zero e che le avesse fatto arrossire il naso e le gote, cosa che lei non poteva sopportare.
Sospirò, sconsolata. In fondo di cosa si lamentava, visto che era stata lei stessa a concedere al quindicenne delle altre uscite? Però non poteva negare di divertirsi molto in sua compagnia. A pensarci bene, dunque, quegli ultimi giorni non erano stati affatto male. Dopo aver troncato la sua relazione, Sora sembrava essere più felice che mai, come se si fosse tolta un peso. Anche le voci di corridoio stavano diminuendo. L’unica macchia nera ora sembrava essere il rapporto tra la rossa e Taichi. Dalla loro discussione non avevano affrontato più l’argomento e quasi non si parlavano. Non che uno dei due serbasse rancore per quelle parole, ma piuttosto a causa dell’imbarazzo. Comunque la cosa non la preoccupava più di tanto: di sicuro si sarebbero riconciliati molto presto.
E poi c’era lui, che più che un problema era un pensiero costante. D’altro canto era difficile che fosse altrimenti, dato che si vedevano tutti i giorni. Non si parlavano, non ci provavano nemmeno, come se improvvisamente fossero diventati due perfetti sconosciuti. Però… nonostante mantenesse accuratamente le distanze, lui… la guardava. La osservava costantemente, sia che si trovassero a lezione, che si incrociassero sul pianerottolo, che si trovassero sullo stesso bus. Non la spiava, semplicemente la guardava in ogni momento, tanto che anche nei suoi sogni si era ritrovata di fronte a quelle silenziose iridi azzurre. Quello sguardo era così indecifrabile che qualche volta si era ritrovata ad arrossire fino alla punta delle orecchie. Il che era assurdo, visto che lo detestava. Non gli avrebbe mai perdonato le sue azioni e tuttavia…

-      Ecco la tua cioccolata! Bevila calda, così ti riscaldi! – la raggiunse di corsa Daisuke.

-      Difficile, visto che sono completamente assiderata. – sbuffò lei, accettando comunque la bevanda e borbottando un “grazie”.

Daisuke si sedette accanto a lei e sorseggiò la sua cioccolata.

-      Sai, nonostante tu sia tanto scontrosa, mi piaci molto! – disse sorridente.

-      Grazie del complimento. –

Lui le si appoggiò ad una spalla. Lei lo lasciò fare. Poi lui cominciò a strusciarsi e lei gli diede una piccola spinta per scollarselo di dosso.

-      A momenti mi facevi rovesciare tutto! – si lagnò Daisuke.

-      Ti sta bene! Così impari ad approfittare della mia gentilezza. –

-      Ma perché sei così cattiva? – piagnucolò il quindicenne.

-      Se sono così cattiva puoi anche a fare a meno di me, no? – e fece l’atto di alzarsi.

-      No, no, stavo scherzando! –

-      D’accordo, ma scherzi a parte, mi spieghi perché ci tieni tanto a uscire con me? –

-      Perché mi piaci! –

-      Ho detto: scherzi a parte. –

-      Davvero! Tu sei al secondo posto dopo la mia Hikaruccia. –

-      Daisuke… -

-      Ok, bene, ho capito. – sospirò – C’è una ragazza della mia scuola che mi sta rendendo la vita infernale… –

-      Non posso credere che proprio tu possa dire una cosa simile! – scherzò lei.

-      Ridi pure, ma è una cosa seria! Non so come sia successo, ma un giorno me la sono trovata davanti alla classe e mi ha fatto una dichiarazione davanti a tutti. Da quella volta non riesco a levarmela di torno. –

-      Hai fatto conquiste… – ghignò.

-      Ma quali conquiste?! È una pazza del mio anno che non mi da tregua! –

-      E questa pazza… è carina? –

-      Ehm… non lo so, io non la sopporto! – arrossì in maniera eloquente lui.

-      E così, per sfuggirle, hai deciso di frequentarmi. –

-      Non prendertela, tu mi piaci davvero, non ho mai voluto usarti… –

-      Lo so, tu sei un bravo ragazzo. – gli sorrise dolcemente.

Lui arrossì.

-      Senti… ti va di venire con me ad una festa? –

-      Ehi, ora non montarti la testa! –

-      Per favore! Devi accettare! –

-      Perché devo ?! –

-      Beh, perché ci sarà anche lei e se ci vedrà insieme… -

-      Vorresti farmi passare per la tua ragazza? Stai scherzando, vero? Non ci cascherebbe nessuno. –

-      Non dobbiamo per forza essere fidanzati! Diciamo la verità, no? Che tu sei mia amica e che usciamo insieme… –

“Astuto… ecco il perché di tutti questi appuntamenti!” sorrise tra sé e sé.

-      Non mi piace per niente. E alla mia reputazione non ci pensi? –

-      Ma tu vieni in qualità di mia amica… Io sarò il tuo cavaliere per una sera, tutto qua! –

-      E che festa sarebbe? –

-      La festa di Natale della mia scuola, il 23 sera. Anche Tai ci sarà, perché l’ha invitato Hikari. –

-      Non saprei… -

-      Ti prego! Con te farei un figurone… Non posso lasciare che Takeru mi rubi tutta la scena! –

-      E lui cosa c’entra? –

-      Ha chiesto a suo fratello di suonare alla festa, così si è procurato la band… Capisci? Lui porta uno dei gruppi più famosi del Giappone e farà da cavaliere alla mia Hikarina! E io non voglio fare la figura dello… - probabilmente gli riusciva troppo difficile dirlo, perché non proseguì.

Lei ci pensò un attimo. Non che l’entusiasmasse l’idea di andare ad una festa di ragazzini e di avere come sottofondo la voce che meno desiderava sentire, ma come poteva dire di no a quel ragazzo che l’aveva tirata su di morale del momento del bisogno?

-      D’accordo. – disse infine.

-      Davvero? –

-      Davvero. –

-      Sul serio? –

-      Sul serio. –

-      Non mi stai prendendo in giro, vero? –

-      No, ma se me lo richiedi cambio idea. –

-      Va bene, non dico più nulla! –

-      Perfetto, allora, per farti sdebitare, ora mi accompagni a comprare una cosa. – sentenziò alzandosi e cominciando ad incamminarsi.

-      È un regalo? – le corse dietro lui.

-      Sì. –

-      È per me? –

-      No. –

-      E perché no? –

-      Perché ti ho appena fatto un regalo. –

-      Ma Natale è periodo di generosità! – piagnucolò.

-      Sono già stata fin troppo generosa. –

Ma dentro di sé stava prendendo nota: comprare regalo a Daisuke.

Quella sera Rumiko tornò a casa carica di pacchi e pacchetti, tanto che a fatica riuscì ad infilarsi nell’ascensore. Raggiunto il quarto piano si fermò un attimo davanti alla porta 18, come se fosse combattuta. Poi annotò qualcosa a mente ed entrò a casa sua. Il Natale era davvero alle porte…

 


Continua…

 

  
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