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Autore: xAlisx    26/03/2014    2 recensioni
La Grande Battaglia contro il Titano Crono si avvicina sempre di più. Dopo la missione nel Labirinto di Dedalo, Percy Jackson e i suoi amici devono affrontare nuove difficoltà per impedire a Crono di diventare troppo forte. Ad aiutarli arriverà una ragazza misteriosa e con lei il gruppo di amici dovrà affrontare tante nuove avventure.
Storia da collocarsi tra "La battaglia del Labirinto" e "Lo scontro finale". Ovviamente, non tiene contro dei fatti de "L'eroe perduto" e seguiti.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8
Una vecchietta e il suo cane vogliono mangiarci
 
Usciti dal locale delle Muse, decidemmo di allontanarci il più possibile da Denver per evitare un'immediata vendetta da parte di Calliope.
Eravamo stanchi, sporchi e ammaccati, ma non avevamo molto tempo per trovare la falce e salvare Persefone quindi fermarci a riposare non era un'ipotesi contemplata.
L'istinto di Thesis ci direzionò verso Kansas City, così salimmo sul primo treno e viaggiammo verso la nostra nuova meta.
Ci sistemammo in una cuccetta da soli e la prima parte del viaggio la passammo a cercare di capire cosa volesse dire l'indovinello lasciatoci da Calliope.
«“L'oggetto che cerchi, non sarà della forma che ti aspetti.”» recitò Nico, come se fosse una cantilena.
«Beh, sembra fin troppo chiaro.» esclamai, facendo spallucce. «Non dobbiamo cercare una falce anche se è proprio quello che stiamo cercando.» spiegai, rendendomi conto di quanto fosse illogica quella situazione.
«Certo, sarà davvero semplice trovare qualcosa che non stiamo cercando affatto.» sbuffò Annabeth, e non potei che darle ragione.
Avevo ben imparato quanto difficile fosse interpretare le profezie e tutto ciò che riguardasse gli dei. Non avevano nulla di semplice, tutto doveva essere detto per enigmi e tu ti dovevi scervellare per capire. Era uno degli aspetti divini più fastidiosi!
Thesis sembrava pensierosa: probabilmente quell'indovinello non aveva nessun senso logico nemmeno per lei e capivo che potesse sentirsi poco fiduciosa sulla riuscita della missione e preoccupata per sua madre. La capivo, perché anche io ero stato preoccupato di non riuscire a salvare mia madre dagli Inferi.
«Non abbattiamoci. Questo è solo il primo indovinello, appena avremo gli altri due, le cose andranno meglio.» cercò d'incoraggiarci Nico, e prese la mano di sua sorella con fare affettuoso.
Nonostante fosse il più piccolo e avesse passato tante cose nella sua vita, sembrava in grado di dare coraggio a tutti noi. Voleva davvero avere successo nella missione e ce l'avrebbe messa tutta. Ammiravo Nico, soprattutto per essere riuscito a cavarsela da solo dopo aver perso sua sorella.
«Perché tua madre è amica delle Muse?» domandò Annabeth, cambiando argomento, forse per alleggerire la tensione.
«A volte è meglio avere qualcuno come amico che come nemico. Le Muse non sono potentissime, ma sanno essere molto capricciose e stancanti. Mia madre avrà preferito mantenerle buone piuttosto che doverle sopportare.» spiegò Thesis, facendo spallucce.
«Speriamo che gli altri suoi amici siano un po' meno aggressivi.» feci, per niente impaziente di dover rischiare di morire.
Il viaggio sarebbe stato abbastanza lungo, per cui decidemmo di cercare di riposarci e rifocillarci nel vagone ristorante del treno. Non ero sicuro che la foschia coprisse i tagli e lo sporco che avevamo tutti e quattro addosso, ma decidemmo lo stesso di rischiare perché avevamo davvero molta fame.
Il vagone ristorante era quasi vuoto, fatta eccezione per un'anziana signora seduta da sola ad un tavolo, un uomo e una donna che parlavano e si sorridevano e una donna con una bambina che stava divorando un cheeseburger.
Impaziente di imitarla, ci sedemmo ad un tavolo e aspettammo che la cameriera venisse a prendere le nostre ordinazioni.
Una ragazza bionda con indosso una divisa elegante si avvicinò al nostro tavolo armata di blocchetto. «Cosa vi posso portare?» domandò con fare cordiale, guardandoci un po' male.
Non la biasimavo: avevamo un aspetto orribile!
Comunque, prese le nostre ordinazioni – quattro cheeseburger, patatine, succo di mela e quattro frullati – e si allontanò verso la cucina.
Mi guardai intorno e notai che la vecchia signora ci fissava. Immaginai che fosse per i vari tagli, ma era uno sguardo più minaccioso che curioso.
«Conoscete quella signora?» provai a chiedere agli altri.
Thesis, Nico e Annabeth la guardarono, ma nessuno la riconobbe. D'altro canto, lei sembrava conoscere noi. Si alzò dal suo posto e solo in quel momento mi resi conto che con lei c'era un cagnolino tutto nero che la seguiva fedele. La nonnina e il cagnolino si avvicinarono al nostro tavolo.
Okay, se voi provate ad immaginare una vecchia nonnina tutta rughe e acciacchi e un piccolo cagnolino che non farebbe male ad una mosca non ci trovate nulla di inquietante, ovviamente. Nemmeno noi ci trovammo nulla di pauroso in lei, finché non prese a diventare più alta e con lei il cane. I vestiti le si strapparono di dosso e rivelarono un corpo completamente ricoperto di peluria. Il viso le si allungò e prese le sembianze di un muso. Gli occhi divennero rossi come il sangue e le unghie si allungarono fino a diventare terribili artigli. Il cane era altrettanto brutto e altrettanto spaventoso: dalla schiena le uscirono due ali, troppo spesse per volare, ma abbastanza acuminate e pesanti da fare parecchio male. Divenne alto fino al soffitto del treno e anche i suoi occhi divennero rossi.
«Dammi la falce...» ringhiò la donna con voce gracchiante.
Prima che lei potesse tranciarci in due con i suoi artigli, tutte e quattro rotolammo sotto al tavolo e scampammo l'attacco.
«Chi diavolo è questa?» chiese Nico.
Annabeth, Thesis ed io scuotemmo la testa.
«Chiunque sia, non è amichevole!» affermò Thesis, richiamando a sé la sua spada.
La imitammo e ci armammo con le nostre armi, pronti ad attaccare.
Ci dividemmo: Nico ed io rotolammo verso destra, mentre Thesis ed Annabeth andarono a sinistra. Quando ci alzammo in piedi, pronti ad attaccare, i nostri due nemici erano pronti alla carica. Il cane puntò il suo muso verso le ragazze e ringhiò. La nonnina si voltò verso di noi e sogghignò, mostrando una fila di denti grigi e storti.
«Mi darete quella falce.» fece con sicurezza la donna-scimmia. «Vi ucciderò uno alla volta fino a che uno di voi non mi dirà dove trovare quell'arma.» aggiunse, convinta che il suo piano avrebbe funzionato.
«Non sappiamo dove si trova l'arma.» gridò Annabeth, menando un fendente alla zampa del segugio che stava provando ad afferrarla.
«Chi diavolo sei?» urlò Thesis puntandole contro la sua spada con fare minaccioso.
Il mostro si voltò verso di lei e rise di gusto. «Chiunque io sia non t'importa.» rispose con voce gracchiante. «Vi farò fuori e prenderò la falce!» aggiunse, gettandosi contro me e Nico.
Anche il cane si gettò contro Annabeth e Thesis e ci ritrovammo in una lotta uno contro due in due parti diverse del vagone. La donna-scimmia ci attaccò ripetutamente, cercando di non lasciarci riposo. Menò qualche colpo con gli artigli e tentò anche di morderci. Quasi mi azzannò una spalla, ma Nico fu veloce tanto da riuscire ad infilzarle la spada in un occhio. La donna ringhiò e urlò per il dolore, dimenandosi, ma non smise di tentare di azzannarci e colpirci. Anche Annabeth e Thesis non avevano un attimo di respiro: il cane le teneva sotto tiro con gli artigli, le ali e la coda. Sembrava perfettamente addestrato alla coordinazione dei movimenti, e quando una delle due provava a colpirlo, lui contrattaccava senza però perdere di vista l'altra. Thesis tentò di attaccarlo alle spalle, ma un'ala la colpì violentemente scaraventandola a terra. Annabeth cercò di approfittare della situazione e riuscì ad infilzare il suo coltello nella zampa del mostro, senza però fargli tanto male.
Anche la donna-scimmia si riprese e tornò all'attacco. Diede una zampata talmente improvvisa che mi ritrovai a gambe all'aria prima di riuscire anche solo a pensare. Nico mi coprì mentre mi rialzavo, ma anche lui non riusciva più a reggere la battaglia. Quei due mostri ci stavano facendo stancare. Forse il loro scopo era quello di farci tirare fuori la falce. Ma non potevamo tirare fuori qualcosa che non avevamo, maledizione!
Presi fiato e poi dovetti evitare un'altra manata della nonna. Riuscii a scivolarle alle spalle e prima che lei potesse vedermi, con tutta la forza possibile, le infilzai la spada dritta nella schiena, più in fondo che potei.
Lei si voltò verso di me, con una rotazione del collo da far paura. All'inizio rimase immune al colpo e mi guardò con uno sguardo omicida. Poi iniziò a fumare e sgretolarsi fino a che di lei non rimase solo un mucchio di cenere. Il cane guardò prima il mucchio di polvere poi noi e senza che potessimo attaccarlo, squarciò la parete destra del treno e si tuffò fuori lasciando solo un gran crepaccio.
Annabeth, Nico, Thesis ed io ci guardammo e poi ci accasciammo a terra, sfiniti. La cameriera entrò proprio in quel momento e fece un salto dallo spavento per il gran caos che c'era in quello che era stato il vagone ristorante. Non so cosa vedesse lei, ma doveva essere qualcosa di molto preoccupante data la sua espressione.
«È tutto a posto. Non è successo nulla.» tentò di tranquillizzarla Annabeth, senza però ottenere risultati.
La ragazza la guardò terrorizzata e poi corse via, verso la cabina del ferroviere.
«Okay, credo che dovremmo scendere da questo treno prima che si fermi e che la polizia ci arresti.» proposi.
Gli altri annuirono e ci dirigemmo alla nostra cabina per prendere le nostre cose. Riappropriatici di tutto, tornammo nella cabina ristorante e ci posizionammo davanti allo squarcio lasciato dal mostro.
Il vento ci arrivava dritto in faccia e quasi ci toglieva il respiro. Il paesaggio intorno era deserto: davanti avevamo una distesa gialla e più in fondo un grande bosco.
«Siete pronti?» chiese Thesis.
Ci scambiammo degli sguardi, ci prendemmo tutti e quattro per mano e, prima che qualcuno di noi potesse cambiare idea, prendemmo la rincorsa e ci lanciammo fuori, dritti nel campo giallo.
L'atterraggio fu abbastanza doloroso: l'impatto con il terreno mi fece vibrare tutta la spina dorsale fino ad arrivarmi alla testa. In più, i graffi e le ferite che mi aveva lasciato quella vecchia iniziavano a bruciare. Anche gli altri non erano messi bene: Thesis aveva una brutta ferita al braccio destro e grondava sangue ininterrottamente, Annabeth sembrava essere caduta male e si teneva la caviglia con un'espressione molto sofferente, Nico invece era quello messo meglio, ma dagli occhi si vedeva quanto fosse sfinito e debole. Per di più, non eravamo nemmeno riusciti a mangiare i cheesburger ed eravamo affamati.
«Non siamo al sicuro qui in vista, è meglio se ci nascondiamo in quel bosco.» dissi, alzandomi e aiutando Annabeth.
Lei si sorresse a me, mentre Nico aiutò la sorella a placare il sangue dalla sua ferita.
«Non è un bene che si sia sparsa in giro la voce che stiamo cercando la falce di mio padre. Tutti i mostri che ancora non hanno scelto da che parte stare, ci staranno addosso per rubarla.» fece Thesis, demoralizzata.
Quella giornata non era stata per niente positiva quindi potevo capire il suo sconforto. Stavamo svolgendo un'impressa pericolosissima e in più dovevamo anche stare attenti ai mostri che agognavano la falce. Era impossibile essere positivi in una situazione del genere.
Attraversammo i campi gialli e arrivammo al bosco. Ormai stava calando la notte, così decidemmo di accamparci in una radura apparentemente silenziosa e calma. Ci sistemammo a cerchio con i sacchi a pelo e accendemmo un lieve fuocherello. Annabeth tirò fuori l'ambrosia dalla borsa e ne distribuì un po' a ciascuno per rimetterci in forma. Io invece tirai fuori qualche barretta energetica che avevo preso nel treno e ne diedi una a testa. Mangiammo in silenzio e altrettanto in silenzio ci sistemammo le ferite. Annabeth ebbe bisogno di una stecca alla caviglia, mentre Thesis fu costretta a legarsi un panno intorno al braccio per far rimarginare la ferita. Nico ed io ci sistemammo i tagli, ma eravamo più in forma rispetto alle ragazze perché la nonnina non aveva grosse ali che ti colpivano ripetutamente. Alla fine decidemmo di dormire a turno. Thesis si offrì per fare la prima guardia, così mi accasciai per terra, nel freddo sacco a pelo e mi addormentai all'istante.
 
Quando mi svegliai per il mio turno di guardia, Thesis aveva lo sguardo fisso davanti a sé e sembrava entrata in una profonda trance. Non si accorse di me nemmeno quando le scossi la mano davanti agli occhi, così dovetti chiamarla per farla riprendere. Per tutta risposta, mi afferrò il polso e mi puntò un coltello alla cola.
«Ehi, ehi, sono io.» dissi, cercando di liberarmi.
Lei mi guardò più profondamente, come se mi stesse mettendo a fuoco e mollò la presa. «Scusa.» disse solo.
Mi sedetti accanto a lei. «Puoi andare a dormire, se vuoi.» feci, anche se ero convinto che dormire non le piacesse molto.
Anche quando mi ero svegliato il giorno prima, in albergo, sembrava che lei non avesse chiuso occhio.
«Non dormo da molto tempo, ormai. Non ne ho bisogno, ma soprattutto non voglio.» sussurrò lei, senza che io la forzassi a dire nulla.
Non chiesi niente, lasciai che fosse lei a parlare liberamente, se se la sentiva.
Passarono pochi minuti e poi continuò. «Gli Inferi non sono un bel posto, ovviamente. Io abito nell'Elisio, ma ho visitato anche i Campi della Pena e ho visto cose tremende in quei luoghi. Cose talmente tremende che posso ancora vederle se chiudo gli occhi. Cose che mi fanno mancare il respiro. Come dea del Tartaro tutte quelle cose non dovrebbero farmi così male, ma è terribile ciò che accade lì. Non dormo per questo, per non rivivere nemmeno uno di quei momenti.» concluse con una nota di tristezza nella voce.
Mi sentii molto in pena per lei, ma non lo diedi a vedere perché sapevo che non era quello che lei voleva. Invece, senza dire nulla, posai la mano sulla sua e restammo entrambi in silenzio ad ascoltare i rumori della notte.









SPAZIO ALIS: *squillano le trombe e suonano i tamburi* SONO TORNATA!!!
Eccomi di nuovo qui, dopo ventordici secoli, con un nuovo capitolo di questa long.
Perché ci ho messo tanto? Il tempo, in primo luogo. Poi perchého cambiato la storia in corso di stesura, e ciò ha portato a qualche difficoltà. Che poi, come noterete, questo capitolo è anche più corto di tutti gli altri. Perdonatemi, è un capitolo di transizione e che, alla fine, non racconta nemmeno nulla D:
Vorrei fare qualche precisazione generale: non so se esista un treno da Denver a Kansas City, ma voi fate finta che esista XD
La vecchietta e il suo cane non sono mostri mitologici, ma li ho inventati di sana pianta.
E poi, mi sono dimenticata cosa volevo scrivere, quindi vi lascio così.
Spero che il capitolo - seppur corto e "inutile" - vi piaccia.
Non so quando tornerò a scrivere e postare...siate fiduciosi, comunque XD
Alla prossima,
Alis
   
 
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