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Autore: TaliaAckerman    26/03/2014    4 recensioni
[Revisione in corso]
Il secondo atto della mia personale saga dedicata a Fheriea.
Dal terzo capitolo:
- "Chi hanno mandato?- mormorò Sephirt dopo essersi portata il calice di liquido rossastro alle labbra. – Chi sono i due maghi?
- Nessuno di cui preoccuparsi realmente. Probabilmente due che dovremmo avere difficoltà a riconoscere. Una ragazzo e una ragazza, lei è quasi una bambina da quanto l’infiltrato mi ha riferito. Credo che ormai l’abbiate capito: non devono riuscire a trovarle.
- E come mai avete convocato noi qui? – chiese Mal, anche se ormai entrambi avevano già intuito la risposta.
Theor rispose con voce ferma: - Ho un incarico da affidarvi"
Se volete sapere come continua il secondo ciclo di Fheriea, leggete ^^
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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- Non avrei potuto permettere che ti facessero del male, lo sai... - mormorò Jel sinceramente, sempre tenendo l'amica stretta a sé. Si sentiva decisamente strano. In parte avvertiva un senso di colpa molto simile alla nausea aleggiargli nell'animo - aveva ucciso un uomo dopotutto, aveva ucciso - ma in parte provava anche una sorta di disagio riguardo Gala. Era la prima volta che la vedeva così fragile e vulnerabile, così scoperta; la sua immagine di ragazzina prodigio arrogante pareva essere crollata. Il giovane comprese solo in quel momento che si erano intromessi in una faccenda molto più grande di loro.
Un grugnito e qualche lamento annunciarono loro che i ribelli sopravvissuti dovevano essere in procinto di riprendersi. Jel aiutò Gala a rialzarsi. - Dai, vieni. Dobbiamo sparire, e in fretta; viaggeremo lontani dalla strada.
La strega si asciugò gli occhi alla meglio con il dorso della mano, poi i due si avvicinarono a Ehme e Yin per slegarli e ripartire. La ragazzina ebbe bisogno dell'assistenza del compagno per montare in sella al proprio cavallo, e Jel si chiese se fosse una buona idea continuare a farla cavalcare da sola. Ma scacciò via i dubbi - non potevano permettersi di perdere altro tempo - e salì a cavalcioni di Ehme a sua volta. Assestò alla puledra qualche pacca sulla gola per spronarla, la quale partì senza fare storie. Dopo pochi metri percorsi al trotto, aumentò l'andatura; Jel, che tentava di tenere a bada il sonno da quando erano entrati nella locanda, continuava a sbadigliare vistosamente. Con l'aria notturna che gli sferzava la faccia e gli tirava indietro i capelli, il mago si chiese se gli uomini con i quali avevano combattuto si fossero messi al loro inseguimento e sperò con tutto il cuore che ciò non fosse accaduto. Con Gala, e lui stesso, in quelle condizioni non sarebbero stati in grado di reggere un nuovo scontro. E l'ultima cosa che Jel desiderava in quel momento era macchiarsi nuovamente le mani di sangue.
Passarono molti, interminabili minuti, o forse mezz'ora, o forse più, quando il giovane si rese conto che Gala aveva smesso di parlare, sbuffare o anche solo sbadigliare. Dietro di sé non sentiva più alcun movimento, se non il rumore degli zoccoli di Yin che calpestavano pesantemente il terreno. Dopo aver rallentato l'andatura, si voltò rapidamente per controllare che fosse tutto a posto, ma fece appena in tempo a girare la testa, che vide l'amica - a occhi chiusi - ribaltarsi dalla cavalcatura e cadere sull'erba. - Gal! - esclamò d'istinto, fermando la cavalcata di Ehme. Smontò da cavallo in fretta e furia, e si avvicinò alla ragazzina, sollevandole il capo da terra. Lei aprì gli occhi sonnolenta. - Jel... - mormorò. - Jel... Ma tu che... che ci fai a casa mia? Devi...
- Gala, ma che...?
- ... devi sbrigarti, il maestro Camosh dice che devi essere ad una... una riunione fra... poco... - sembravano i deliri di un'ubriaca; da quanto tempo era in quello stato di dormiveglia? Una cosa era certa: non poteva continuare a cavalcare così. Ma non potevano nemmeno correre il rischio di fermarsi o tantomeno addormentarsi lì: se quei ribelli li avessero trovati non avrebbero avuto riserve con loro. Contando ciò che Jel aveva fatto contro uno di loro, sarebbero stati fortunati a rimanere in vita.
Lottando contro la stanchezza che stava pian piano avvolgendo anche lui, Jel la prese in braccio e la caricò a fatica sulla sella della propria puledra. Barcollando un poco, si apprestò anch'egli a rimontare dietro di lei e dopo essersi assicurato di riuscire a tenerla in bilico per la vita e al contempo brandire le redini di Ehme, guidò lentamente la cavalla fino a Yin, che aveva cominciato a brucare l'erba lì intorno. Facendo attenzione a non perdere l'equilibrio il mago allungò la mano destra per afferrare le briglie del vecchio cavallo, poi colpì i fianchi di Ehme con le staffe e ripartì, tirandosi dietro anche Yin.

***

ROSARK, ARIADOR SUD-ORIENTALE

Mal e Sephirt erano in viaggio ormai da quasi una settimana. Theor li aveva informati che, secondo ciò che il suo informatore aveva riferito, i giovani Consiglieri avrebbero iniziato la missione con il prelievo della Pietra d'Haryar, essendo la sua ubicazione la più relativamente vicina a Grimal. In quei giorni, i due maghi avevano attraversato la striscia di terra che divideva le Terre del Nord dall'Ariador, e gran parte di quella grande nazione occidentali fino a spingersi ai margini di Rosark, la seconda città Ariadoriana dopo la capitale Tamithia.
Cercando di non dare troppo nell'occhio erano riusciti a trovare una locanda in cui passare la notte, ed era lì che si trovavano in quel momento.
- Stando ai miei calcoli... dovremmo averli raggiunti entro, beh... una ventina di giorni minimo. Sempre che riusciamo a batterli sull'andatura... - stava constatando Mal con la fronte aggrottata, chino su delle carte. Sephirt tamburellò pigramente con le dita sul mogano del tavolo, placidamente accomodata su di una poltroncina, e alzò un sopracciglio - Una ventina di giorni? - ripeté. - E tu hai idea di quante cosse possano succedere in una ventina di giorni?
Mal sembrò far finta di non aver capito. - Ad esempio? - chiese freddamente. La donna si rigirò sulla poltrona mettendo su un cipiglio imbronciato, poi insinuò:- Beh... i nostri due Consiglieri potrebbero aver già raccolto tutte le pietre. Oppure aver scoperto di essere seguiti.
- E come, di grazia?
Stavolta Sephirt andò dritta al punto. - Avanti, sai che non mi fido di lui - sbottò riferendosi all'informatore di Theor. - Dirà anche di essersi unito alla nostra causa, ma rimane sempre uno straniero.
- Anche noi lo siamo - la risposta decisa di Mal la zittì almeno per un attimo. Era vero, in effetti. Mal era appartenente alla razza degli Uomini Reali mentre lei.. lei era una Mezzosangue. Sua madre, una Thariana, si era perdutamente innamorata di Uomo Reale decenni prima e per i primi anni della sua vita la giovane poteva dire di aver vissuto felicemente, questo almeno finché la Magia non aveva trovato il modo di esternarsi violentemente da lei, mostrando alla gente di che cosa fosse capace. Sephirt ricordava ancora troppo bene il giorno che aveva cambiato la sua vita per evitare di soffrirne. Immagini sfocate si disegnarono nella sua mente, ancora una volta, identiche a quelle che da sempre la tormentavano... Una bambina fragile dai grandi occhi rossi. Il fiume, i ciottoli... Le risate che si trasformavano in espressioni di terrore...
- Sephirt...?
La visione si dissolse in fretta così come era apparsa, e Sephirt si ritrovò a fissare il volto impaziente del suo compagno. Cercò di riprendere il filo della conversazione, e dopo qualche secondo insistette:- Sai che è diverso. Noi... noi siamo... Le Terre del Nord sono la nostra patria... Raek che motivi ha per seguirci?
Mal Ennon assunse un'espressione di superiorità e rispose:- Pensavo che fosse chiaro: l'Isola Grande, Sephirt, non ti dice niente? Lui potrà anche essere il lord di quell'inutile terra, ma finché sarà annessa allo Stato dei Re il Gran Consiglio non gli assicurerà mai pieni poteri...
- Che gran motivazione... Com'è possibile che gli uomini siano così ripetitivi? - scherzò lei alzando gli occhi al cielo, anche se doveva ammettere che Mal aveva ragione. In verità, non c'era motivo di non fidarsi di Astapor Raek. Il controllo dei territori di confine di Fheriea pareva essere una questione estremamente interessante per i politici del tempo, ergo anche per lui - una delle persone più venali e terra a terra del pianeta, probabilmente. Ma la tendenza di Sephirt a non riporre la fiducia del prossimo era parte integrante del suo modo di pensare, e tenendo conto di ciò che le era capitato da piccola, non c'era poi tanto da stupirsene.
Non si accorse che l'uomo di fronte a lei era tornato a guardarla, anche se con un'espressione assai diversa a quella che aveva mantenuto fino a pochi istanti prima; stava sorridendole quasi scherzosamente.
- Lo so - replicò. - Non tutti i servi sono devoti e puri come te, Sephirt - l'ilarità nella sua voce era palpabile, ma lei apprezzò comunque il complimento. I due maghi rimasero a scrutarsi per qualche momento, come assorti in pensieri tutti loro, poi
Mal si rialzò e sbadigliò sonoramente. - Dai, vieni a dormire ora. - disse mentre si sfilava la casacca. - Domani dovremo ripartire al più presto... sempre se vogliamo raggiungere i due maghetti in meno di "venti giorni"... - le strizzò l'occhio in modo affascinante, e Sephirt si rese conto solo in quel momento che avrebbe dato qualunque cosa pur di poter passare la notte con lui.
Pochi secondi dopo si chiese se fosse davvero ammattita.
Mentre si slacciava il mantello e lo lasciava scivolare sulla sedia e con discrezione si apriva i primo bottoni della camicia rifletté fra sé e sé: doveva smetterla di rivolgersi al passato con quella sorta di timore indicibile. Il suo passato non era cancellabile in alcun modo e, nonostante il dolore che aveva dovuto sopportare, si poteva dire che senza di esso Sephirt non avrebbe potuto diventare ciò che era ora. Erano passati anni, ormai; il tempo doveva cancellare anche gli ultimi frammenti del senso di colpa. Ma forse "senso di colpa" non era il termine più adeguato: l'aspetto più doloroso di ciò che le era accaduto non era tanto il rimpianto per il delitto da lei commesso, quanto piuttosto le conseguenze che esso aveva comportato. Da quando la giovane si era unita alla causa di Theor aveva dovuto usare la Magia per uccidere numerose volte, ma il dolore che l'esilio impostole aveva provocato il lei... quello, sì, era ancora vivido nella sua mente e nel suo cuore.
E poi naturalmente c'era Mal.
Mal, che conosceva da anni. Mal, per il quale sarebbe stata disposta a tutto. Mal che, anche se non era piacevole ammetterlo, si era trasformato in un ulteriore problema. Che la donna lo ammettesse o no, i sentimenti che provava per il mago non avevano fatto altro ad intensificarsi. Non era ancora in grado di valutare se ne fosse realmente innamorata; ma sapeva che ogni volta che si trovava con lui, sperava di non doversene più separare. Il che era un guaio per una persona come lei: nei durissimi quattro anni di esilio che l'avevano formata Sephirt aveva giurato a se stessa che mai più si sarebbe potuta permettere di amare una persona come aveva amato la sua famiglia, la stessa famiglia che l'aveva ripudiata nello scoprire di cosa fosse capace la ragazzina. Per quel tempo, se l'era cavata mantenendosi passiva, non affezionandosi a nulla e a nessuno, e anche nel momento del suo arrivo ad Amaria la propria indole solitaria e intraprendente - insieme al proprio talento con la Magia - le aveva permesso di scalare il successo rapidamente. Aveva goduto dell'indipendenza che le proprie doti le avevano procurato per anni. Lei era così: una creatura libera e fiera, ribelle come le scintille di fuoco ma resistente come le radici di un albero centenario. Nessun legame, nessun vincolo, nessun amore. Eppure, da quando aveva incontrato Mal, qualcosa nel suo cuore era cambiato irrimediabilmente. Con lui Sephirt non riusciva mai a sfoderare al meglio il proprio sarcasmo pungente, con lui era difficile non dare vinta una battaglia. L'uomo era suo padre, suo fratello, ma da sempre era stato anche qualcosa di più. E i sentimenti che provava - solo lievi inizialmente - erano inequivocabili. Che lo ammettesse o no, lo strano potere che aveva su di lei assomigliava molto all'amore.
La strega serrò gli occhi di colpo. Idiota, si disse irritata, anche se un vago rossore si era appena impadronito delle sue guance. Non è il momento di pensare ai sentimentalismi. Concentrati solo sulla missione.
Non poteva permettersi di divagare. Lei e Mal avevano un lavoretto da sbrigare, e il più in fretta possibile.

***

A OVEST DELLA GRANDE VIA, HARYAR

Dopo aver percorso abbastanza strada da essere sicuro che i possibili inseguitori avessero perso le loro tracce, Jel si decise finalmente a rallentare l'andatura di Ehme fino a fermarsi. Gala, che era ancora accomodata fra le sue braccia, non dava cenno di volersi svegliare, per cui il giovane impiegò la massima attenzione mentre smontava da cavallo sorreggendola; depose delicatamente l'amica sull'erba e le slacciò il mantello, per poi sistemarglielo addosso riparandola dalla brezza che, al confine con lo stato di Tharia, si era fatta notevolmente più fresca. Legò le briglie dei due cavalli ad un albero lì vicino e poi, finalmente, si lasciò scivolare a terra, appoggiato ad un liscio masso. Era stremato: in vita sua non ricordava di aver mai cavalcato tanto. Eppure, anche in quel momento c'era qualcosa che ancora non lo faceva riposare come avrebbe voluto, un ricordo così prossimo da essere palpabile, un delitto compiuto per salvarsi la vita, ma che tale rimaneva.
Quando era partito da Grimal aveva messo in conto che ci sarebbe stata l'eventualità di precipitare in situazioni estremamente scomode e pericolose, magari anche al limite di essere in pericolo di vita, ma ora che ciò era accaduto sul serio, ora che aveva ucciso ogni aspetto di quel viaggio era cambiato. Turbato, il mago affondò il volto tra le mani; nulla sarebbe più stato come prima, se lo sentiva. E la cosa peggiore era la consapevolezza di aver trascinato Gala, una ragazzina, in quel vortice inarrestabile. Piantala di darti la colpa. Ci si è trascinata da sola! È lei che ha deciso di seguirti!
Avrei dovuto spiegarle. Convincerla a rimanere.
Neanche tu sapevi a cosa saresti andato incontro.

Era vero. E se quella volta si era trattato di semplici Ribelli, male armati e facili da battere, magari la volta successiva avrebbero potuto trovarsi faccia a faccia con nordici veramente pericolosi, maghi adulti molto più capaci ed esperti di loro. Era solo un'ipotesi, ovviamente, ma maledettamente tormentosa e realizzabile. Ora stai calmo. Presto raggiungerete Sasha, vi rivolgerete ad un Consigliere e troverete protezione. Andrà tutto bene.
Ma nonostante cercasse in tutti i modi di rassicurarsi, Jel riuscì ad addormentarsi solo verso le prime luci dell'alba.




Note dell'autrice: eh-eh-ehm... lo so, è da quasi un mese che non aggiornavo... Ma la verità è che tipo una settimana fa avevo già quasi tutto il capitolo pronto, solo che poi mi sono incasinata con la parte finale... Sono un disastro, I know. Pubblicherò al più presto il continuo, inizio a scrivere appena posso. Nel frattempo, spero che l'aggiornamento sia stato di vostro gradimento :D
A presto, la vostra Talia :3
  
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