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Autore: Sabry_Narumaki89    28/03/2014    2 recensioni
Tom Orvoloson Riddle ha sedicanni, già dopo cinque anni alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts è diventato tra i migliori e splendidi studenti di tutti i tempi. Ma nessuno sa cosa questo ambizioso ragazzo dall'aspetto affascinante tiene nascosto dentro di sè. Nessuno sa quanto è oscuro e malvagio il suo cuore. Nessuno, tranne i suoi fedeli compagni che sono per lui come dei ammiratori che provano per lui inestimabile rispetto e approvazione, arrivando fino ad amarlo e temerlo allo stesso tempo.
Cosa sarà mai successo, nella fantasia di qualcuno, in quei giorni quando il fatidico Lord Voldemort aveva appena sedicanni?
In questi capitoli racconterò secondo la mia fantasia, le giornate, i pensieri, i sentimenti stessi che forse il vero Tom Riddle non avrà mai provato... ma chi lo sa? Potrebbe anche esistere un amore segreto che nessuno ha mai scoperto.
ps:Tom Orvoloson Riddle Alias Frank Dillane
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tom O. Riddle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Eh... whalà!!!! Eccomi qua con il settimo capitolo! Devo ammettere che ha fatto una faticaccia a scrivere questo pezzo... ci ho messo tutta me stessa.. risultato??? STANCA MORTA! Però spero di attirare un pochetto della vostra attenzione! Non sapendo che altro dire "prosciugata di parole"... vi auguro buona lettura raga Banda EFP! ^_^







Le sue mani ripugnanti cercarono di riversarsi contro di lui. << Tom! Ti prego non lo fare!>>

<< Stai lontano da me! Tieni quelle manacce luride e sporche lontane!>> L’odio usciva dalla sua bocca come un rettile avvelenato, pronto ad affondare i suoi denti pericolosi nel corpo impaurito della vittima. Rabbia. C’era tanta rabbia in quella stanza, tanto da volerlo fare a pezzi solo con l’uso delle parole. << Come puoi chiamarmi per nome!? Se non sai nemmeno chi sono!>>

L’uomo si inginocchiò a terra, come se le gambe non reggessero più il suo peso. << Non è vero! Io so chi sei! Sei mio figlio!>>

Tom rabbrividì. << Tuo figlio??>> Sputò a terra disgustato. << Non potrei mai essere il figlio di un lurido mezzosangue!>> Gli assestò un calcio in faccia. << Non osare!>> Gli girò intorno trafiggendolo con i suoi occhi lampeggianti di rosso. << Tu! E tutta la tua specie siete il cancro che ancora adesso rovina e uccide la stirpe dei Purosangue!>>

L’uomo che ora era disteso sulla schiena, fece leva sul gomito per tirarsi su. << Tua madre mi ha ingannato! Perdonami se vi ho abbandonato! Ma come avrei potuto amarvi??! Lei mi ha incantato con la magia!>>

Tom si serrò i pugni, si abbassò su di lui quasi gentilmente; come se fosse un ragazzo dalle buone maniere. << Non mi interessa chiederti perdono! Ti avrei ucciso ugualmente, anche se non te ne fossi andato al diavolo.>> Sibilò come un serpente in preda al delirio di uccidere. Quell’uomo a lui sconosciuto non faceva una minima pena. Gli sputava addosso quelle menzogne solo perché voleva appiopparsi il diritto di rendere salva la sua vita; lo sapeva, lo capiva da quegli occhi terrorizzati, in grado di usare qualunque meschinità pur di non essere ucciso dalle più terribili maledizioni. Si rigettò in tutta la sua altezza, levò la bacchetta nell’aria, facendo scintillare quell’osso affilato. << Quella cagna non avrebbe mai dovuto chiamarmi con il tuo stesso nome disonorevole! E’ colpa tua se…>> Si morse la lingua odiando anche se stesso. Se non sono un purosangue! << Tom Riddle >> !!!!!!!!

 

<< Tom!>>

Uscì da quella falsa dimensione con occhi trepidanti e squartatori. Dalla poltrona su cui si era evidentemente addormentato la sera prima, si lanciò sulle gambe, afferrando con forza la sagoma che un attimo fa stava piegata sul suo sonno; il sonno che bandiva il segreto dei suoi tormenti. La vittima era così leggera che per lui non ci volle un’esagerata energia, per farla catapultare sulla vasta tavolata quadrangolare in marmo; adempita con vari oggetti grezzi e accessori dorati costosi. Mollò la presa quando il corpo di Bellatrix si issò su esso, e per poco non capitolò dall’altra parte del pavimento. La mora dai capelli sconvolti rimase a bocca spalancata; semisdraiata e impaurita osservò Riddle dalle gambe fino al suo volto contorto, come se stesse esaminando il suo interno con gli infrarossi.

Tom alzò la mano con cui l’aveva aggredita, tremava; quasi si sentì rammaricato. Non era sua intenzione stravolgerla in quel modo… ma quel sogno… Non avrebbe garantito pietà a nessuno in quel risveglio burrascoso.

<< Bellatrix, che stavi facendo?>> Tentò di controllare i suo sospiri.

La ragazza spostò frettolosa la ciocca di capelli che le era caduta a coprirle metà viso. Fece forza sulle braccia e si mise seduta ancora in balia del timore. << Nulla, ero venuta lì per svegliarti…>> Deglutì visibilmente. << Parlavi nel sonno.>>

Tom si avvicinò al bordo del tavolo, le cinse il polpaccio con un solo palmo della mano e l’attirò a sé con un gesto selvaggio; facendo così premere contro il suo stomaco il ginocchio sottile di lei. << Che cosa dicevo?>> La calma timbrava le sue parole, al contrario del corpo che esprimeva vulnerabilità.

Bellatrix trovandosi così dannatamente vicino a lui, avvicinò la punta del naso a quello del ragazzo che tanto adorava; nei suoi occhi scuri la lucidezza sparì trasformandosi in pazzia. << “Non potrei mai essere il figlio di un lurido Mezzosangue”, sibilavi soffusamente…>> Si morse il labbro inferiore; la bocca carnosa di Tom, invocava quella impertinenza che solo con lui riusciva a dominare. << “Ti avrei ucciso”…>> Scoprì la fessura tra le sue labbra, mentre tra le cosce il richiamo di quel viso affascinante, la rendeva sommersa da folli prospettive. << E’ colpa tua…>> La lingua uscì dalla sua bocca per finire sulla punta di quel mento irresistibile. << “Tom Riddle”…>> La mano si ancorò senza fretta dietro al suo collo; le unghie punzecchiarono la sua pelle bianco latte. Al tocco si accorse del corpo maschile che tremava, sotto al palmo della sua mano. << Perché tremi? Con chi parlavi nel tuo sogno?>> Fece forza avvicinandoselo a sé, e quando il suo fiato la riscaldò, strofinò il naso tra il suo labbro superiore e quello inferiore, eccitandosi, ardendo come fuoco.

Tom chiuse gli occhi, ingessato dalle gesta di quella ragazza, si lasciò toccare; un gemito scappò dalla sua bocca senza il suo consenso. << Bellatrix…>>

Bellatrix gli leccò il labbro superiore, tastando con piacere il suo odore. << Chi vuoi uccidere?>>

Tom Riddle il Mezzosangue che ha rovinato la mia esistenza! Le arpionò le spalle e se la staccò di dosso. << Ferma…!>> Fu la prima volta nella sua vita che l’eccitazione “se così si chiamava”, lo prese di sopravvento. Il davanti dei suoi pantaloni predominava contro lo stinco di lei, che poco alla volta era sceso per strusciarsi contro di lui. Le prese il viso e gli buttò severamente la testa all’indietro per esortarla a smettere. Appiccicò la fronte sul suo sottile setto nasale; le mani fecero da tenaglia contro le mandibole della ragazza. << Io-l’ho-già-ucciso…!>>

<< Chi hai ucciso?>>

<< Chi si credeva mio padre!>> Spostò gli occhi sull’orologio, con una forma assomigliante un occhio di rettile. << Sono quasi le otto.>> Risprofondò negli occhi scuri di Bellatrix, che lo guardava ammaliata, come se le avesse appena dichiarato il suo amore. << Fra poco gli altri saranno qui.>> La lasciò libera dalla sua presa. Avanzò di qualche passo distante; si riflesse attraverso il mobile “nascondi segreti”. Aveva l’aria sconvolta; i ciuffi di capelli erano sparpagliati come bisce a lato della sua fronte. Era ora di darsi una sistemata.

Bellatrix scese in punta di piedi dalla tavolata in marmo, sorreggendosi nonostante su essa; lo guardava ancora eccitata. Fece un risolino compiaciuto. << Come lo hai ucciso, Tom…?>> Sussurrò con voce assassina marcando la parola “ucciso”.

Riddle infilò le dita tra i capelli. << Non ora.>> Varcò la sala a scattanti falcate per raggiungere il dormitorio. Desiderava dividere con qualcuno quel latitante segreto, scovato unicamente dal ricordo dei suoi occhi. Era importante per lui che quell’impresa ustionata di morte, fosse ricordata da qualcun’altro a lui molto vicino. E Bellatrix sarebbe stata la complice perfetta.

 

 

Dopo un abbondante colazione, di cui Tom non ne fece prodigamente uso. Le lezioni scorsero così rapidamente che si sentì quasi insoddisfatto quando giunse l’ultimo minuto di quella giornata. Dopo cena era già ora di rincasare nelle sale comuni. C’era una folla disordinata per i corridoi del castello. Tom era un “Prefetto” ma in quel caso se ne infischiò, non aveva nessuna voglia di tornare già al dormitorio. Aveva un compito vitale da svolgere e soprattutto, aveva bisogno un po’ di piacevole compagnia. Raggiunse Bellatrix alle spalle, le prese la mano, incitandola a voltarsi. La ragazza si voltò di scatto con gli occhi indemoniati, con la bocca stretta in avanti pronta a insultare chiunque l’avesse toccata; ma quando si accorse che era il ragazzo di cui era perdutamente innamorata, l’espressione diventò amorevole.

<< Tom?>>

<< Vieni con me.>> La tenne per mano dirigendosi al passo contrario rispetto a tutti gli altri studenti. Nessuno diede loro attenzione.

Bellatrix pensava di svenire lì su due piedi. “Vieni con me”. Quella frase la fece crogiolare tra le nuvole.

Tom in quella confusione ricevette una spallata mica da ridere, da uno studente della sezione Corvonero. Per un momento pensò di tornare indietro e buttarlo a gambe all’aria, ma si costrinse a proseguire. Superati i corridoi, raggiunsero il bislungo porticato che buttava sul grande terreno d’erba che portava alla foresta oscura, e in un secondo luogo la quale quella sera lui mirava. Tom si decise a lasciare la mano di Bellatrix. << Dai muoviti, non dobbiamo farci scoprire, ci ammoniranno o peggio, toglieranno punti alla nostra Casata.>> Si mise a correre verso l’abitazione di Hagrid, saltò sui i tre scalini armandosi della sua bacchetta. Attivò il semplice incantesimo “Alohomora”, e furono all’interno. Un puzzo di aria stantia poco gradevole li colpì alle narici. Bellatrix emise un suono nauseante, come se da lì a poco avesse rigurgitato quello che aveva appena ingerito nello stomaco. A Tom bastò pronunciare “Lumos” per illuminare la stanza buia, abbastanza da non rimanere cechi a quello spazio ristretto. Il gigantesco cane appartenente ad Hagrid, di cui il nome era “Thor”, puntò con i suo grandi occhi gialli le due sagome che ora stavano invadendo la sua casa. Abbaiò scontroso, tirandosi sul dal tappeto su cui era accovacciato.

Tom prese una piccola busta trasparente da sotto il suo mantello; ne tirò fuori tre salsicce che aveva rimediato tra le tante golosità a disposizione per la cena.

<< Stai buono!>> Gliele lanciò addosso, senza preoccuparsi di colpirlo sul muso.

Thor si avventò sulle salsicce, evocando solo dei piccoli rumori nel masticare la carne, e soprattutto non abbaiò più.

<< Perché siamo qui?>> Bellatrix non sapeva se essere sorpresa o perplessa.

Tom individuò sul tavolo sporco e polveroso, uno recipiente in metallo contente una candela. La puntò con la bacchetta. << Incendio.>> Sulla minuscola superficie che traboccava come una spina nera dalla cera, si condensò una un piccola fiamma, così sostituendo la luce artificiale richiamata dalla sua bacchetta. Ora poté dare attenzione alla mora dai capelli sconvolti, che era ancora in attesa di una sua risposta.

<< Siediti.>> Tom preferì restare in piedi, al momento.

Bellatrix prese posto sull’enorme poltrona, dove l’anno scorso sedeva il grosso culo di Hagrid; quasi ci sprofondò facendola apparire una delicata bambola di porcellana. Guardava Tom, creandosi nella testa un illusione. Forse ora lui, le sarebbe salito addosso e l’avrebbe baciata. Sorrise, facendosi scorrere le mani tra le gambe, poi serrandole tra le ginocchia.

Mentre Tom se le infilò nelle tasche dei pantaloni. << Volevi sapere, no?>>

<< C-cosa?>> Chiese angosciata.

Riddle sorrise perfidamente. << Come ho ucciso mio padre.>> Il gelo sembrò entrare come un tornado in quella stanza puzzolente e arida. Lui era in piedi, fisso come se fosse una statua da ammirare; solo la bocca avrebbe constatato che non era un corpo imbalsamato.

Bellatrix allargò un malvagio sorriso, serrando i denti dall’eccitazione in quanto quel racconto l’avrebbe fatta sentire viva e spregevole. << Raccontami, quando è successo?>>

<< Quest’estate. Prima dell’inizio della scuola.>> Lo ricordava come se fosse ieri. Un brivido lo esaltò a cominciare. Voleva riviverlo una seconda volta, ma con presente un ascoltatore quella sera…

 

Era andato alla ricerca del suo unico parente in vita. Orfin Graunt; il fratello di sua madre. L’aveva scovato in una misera casa, vecchia, deprimente, sporca e buia. Quello che in realtà era suo zio, l’aveva scambiato accidentalmente per Tom Riddle Senior. Era da Orfin che aveva saputo della terribile scoperta; “Mio padre è un babbano”, la sua mente aveva oscillato in un vicolo buio, sacramentato da orrendi disgrazie. Era Merope la vera e d’unica maga Purosangue; sua madre. Per Tom era stato un shock irrimediabile. Lui stesso da bambino era finito in quel orfanotrofio, che disprezzava, come tutti i mocciosi che lo frequentavano. La colpa era di quel babbano. Orfin lo informò che era stato lui ad abbandonare la madre quando era ancora incinta. “Di te”. Così facendo causò involontariamente la morte di Merope, addolorata per la perdita del suo amato.

“Ma mia sorella se l’è cercata. Lo aveva ipnotizzato con un incantesimo. Come una sciocca si è innamorata di lui, e per averlo, lo ha ingannato con il filtro d’amore. Un giorno sentendosi in colpa decise di smettere. Così, Tom, tuo padre, infuriato per tale inganno l’ha abbandonata, quando ti aveva già in grembo.” Aveva raccontato lo zio.

Dentro Tom quel girono si era lacerata una doppia ferita. Così profonda, così sanguinante, e soprattutto così inguaribile. L’odio era esploso come un uragano, sarebbe stato capace in quel momento di spazzare al vento tutto quello che gli stava attorno in quella stanza. La rabbia avrebbe desiderato di assassinare quell’uomo, avrebbe desiderato prendere la sua vita solo per il gusto di farlo. Lo avrebbe ucciso, perché in quella stanza lui era l’unico e lurido Mezzosangue. Ma tenne quella sfuriata di odio dentro di sé, costringendola nei suoi occhi. Si fece dire da Orfin dove abitava ora suo padre. Lo zio glielo confidò senza prevedere quello che sarebbe accaduto.

 

Attese due giorni, in modo che Orfin non potesse accusarlo con sicurezza. Giunse nel paesino di Little Hangleton, era notte. “La casa è quella bianca, con le rifiniture delle finestre in rosso mattone”, aveva precisato lo zio. Tom non ci aveva messo tanto per riconoscerla. Nel silenzio di quella notte tranquilla e silenziosa, nemmeno le mosche avrebbero udito quell’omicidio. Spalancò lo porta di quella casa con un ghigno sul viso; un ghigno che avrebbe fatto accapponare la pelle anche ad un drago arrabbiato. La richiuse docilmente.

Poco dopo le luci dell’abitazione si accesero al secondo piano. Un rumore di pantofole corse giù dalla rampa di scale; in allarme nel sentire quel trambusto. Un uomo comparve sul pianerottolo. Aveva l’espressione stralunata, come se si fosse svegliato di soprassalto; i capelli erano stiracchiati in aria, facendolo sembrare un pazzo scappato dal manicomio. Scese l’ultima rampa di scale, non togliendo mai lo sguardo dal ragazzo che lo attendeva accanto alla porta di casa. Sceso l’ultimo gradino, si bloccò di colpo. << Chi sei!? Che diavolo vuoi?!>>

Tom non riuscì a non notare, che sotto la manica della vestaglia, spuntava la punta della bacchetta magica. Il suo volto si fece buio, il rosso nei suoi occhi iniziò a lampeggiare. Provò ripudio nel guardare quell’essere, che l’aveva procreato, così disonorando la sua capacità pura nell’apprendere e usare la magia. Non poteva essere vero… Lui, Tom Riddle… non poteva essere un dannato Mezzosangue! E quell’essere era lì per ricordarglielo. << Non ti deve importare di chi sono io.>> Parlò rabbiosamente, con tutti i connotati del volto compressi in una sola smorfia malvagia.

Tom Riddle Senior fece un passo incerto. << E allora che diavolo vuoi? Che ci fai in casa mia?! Moccioso!>> Gli puntò la bacchetta contro. << Fuori di qui!!>>

Tom per nulla impressionato, rimase fermo dov’era, senza nemmeno battere un ciglio. << Voglio farti sparire dalla faccia della terra.>>

Riddle Senior rabbrividì, continuando a puntare la bacchetta facendola ondeggiare per la paura. Nel frattempo lo osservò meglio, e gli sembrò di rivedere se stesso da giovane. Quel ragazzo gli assomigliava davvero tanto.

<< Ci conosciamo?>> Un altro passo intimorito.

Tom Riddle junior annuì, ricercando un sorriso all’angolo della bocca. << Io sono tuo figlio, anche se non lo sono. Non lo voglio essere. Sono Tom Orvoloson Riddle.>> Il cuore parve strapparsi dal suo petto, ma fu più forte di lui. Quell’uomo doveva sapere chi aveva di fronte. Doveva sapere chi lo avrebbe ucciso.

Gli occhi del padre si allargarono stupiti e spaventati. Sì.. era proprio suo figlio quello che aveva davanti. Era a conoscenza del nome che gli fu dato da Merope; fu il fratello a informarlo. Lo guardò a fondo, nelle profondità di quegli occhi. Capì che stava facendo sul serio. Si avvicinò tutto d’un colpo, pochi metri li separavano; le sue mani ripugnanti cercarono di riversarsi contro il figlio, la bacchetta gli cadde dalla mano. << Tom! Ti prego non lo fare!>>

Tom agitò la bacchetta infastidito. << Stai lontano da me! Tieni quelle manacce luride e sporche lontane!>> L’odio usciva dalla sua bocca come un rettile avvelenato, pronto ad affondare i suoi denti pericolosi nel corpo impaurito della vittima. Rabbia. C’era tanta rabbia in quella stanza, tanto da volerlo fare a pezzi solo con l’uso delle parole. << Come puoi chiamarmi per nome!? Se non sai nemmeno chi sono!>>

L’uomo si inginocchiò a terra, come se le gambe non reggessero più il suo peso. << Non è vero! Io so chi sei! Sei mio figlio!>>

Tom rabbrividì. Maledetto… maledetto ipocrita. << Tuo figlio??>> Sputò a terra disgustato. << Non potrei mai essere il figlio di un lurido mezzosangue!>> Gli assestò un calcio in faccia. << Non osare!>> Gli girò intorno trafiggendolo con i suoi occhi lampeggianti di rosso. << Tu! E tutta la tua specie siete il cancro che ancora adesso rovina e uccide la stirpe dei Purosangue! Tu hai rovinato me!>>

L’uomo che ora era disteso sulla schiena, fece leva sul gomito per tirarsi su. << Tua madre mi ha ingannato! Perdonami se vi ho abbandonato! Ma come avrei potuto amarvi??! Lei mi ha incantato con la magia!>>

Tom si serrò i pugni, si abbassò su di lui quasi gentilmente; come se fosse un ragazzo dalle buone maniere. << Non mi interessa chiederti perdono! Ti avrei ucciso ugualmente, anche se non te ne fossi andato al diavolo.>> Sibilò come un serpente in preda al delirio di uccidere. Quell’uomo a lui sconosciuto non faceva una minima pena. Gli sputava addosso quelle menzogne solo perché voleva appiopparsi il diritto di rendere salva la sua vita; lo sapeva, lo capiva da quegli occhi terrorizzati, in grado di usare qualunque meschinità pur di non essere ucciso dalle più terribili maledizioni. Si rigettò in tutta la sua altezza, levò la bacchetta nell’aria, facendo scintillare quell’osso affilato. << Quella cagna non avrebbe mai dovuto chiamarmi con il stesso tuo nome disonorevole! E’ colpa tua se…>> Si morse la lingua odiando anche se stesso. Se non sono un purosangue! << Avada Kedavra!!! >> !!!!!!!! Urlò in quella notte di silenzio quell’incantesimo senza perdono, che fece breccia sul corpo di Tom Riddle Senior, uccidendolo per sempre…

 

Era di nuovo di fronte a Bellatrix. << Quella notte, uccisi anche i suoi genitori. Erano dei vecchi decrepiti. Dormivano quando l’ho fatto.>> Fece una pausa sentendosi libero. << Sai Bellatrix? Quella notte io sento di essere rinato in un certo senso. Anche se covo tanta rabbia per il destino che mi è stato affidato. Capisci? Per colpa dei miei genitori io non sono un Purosangue.>> Indurì i pugni. << E non lo sopporto!>>

Bellatrix aveva ascoltato quell’intero racconto con espressione divertita. Gli era sembrato di stare su un comodo divano a gustarsi un meraviglioso film dell’orrore. Ma dall’altra parte era dispiaciuta per lui. << Tu lo sei Tom. Come potresti non esserlo? Tu-sei-un-Purosangue.>> Pronunciò quell’ultima frase lentamente, come se volesse convincerlo. << Hai corso qualche rischio per quegli omicidi?>>

<< No. La colpa è ricaduta su mi zio Orfin. Ora se ne sta alla prigione di Azkaban. E in sua assenza, mi sono impossessato di qualcosa di molto prezioso, cara.>>

Bellatrix si staccò dal sedile della gigantesca poltrona, tirandosene quasi fuori. << Che cos’è? Che cos’è?!>>

<< Un anello.>> Si accovacciò sulle gambe, stando sotto di lei. << Ma tu non devi dirlo a nessuno. Queste cose devono rimanere tra noi per adesso. Mi fido di te, e fa che mi fidi anche in futuro.>>

Bellatrix appesantì le palpebre adorandolo. Era orgogliosa che Tom Riddle avesse scelto proprio lei. << Ma certo. Io non ti tradirò mai… perché…>> Imbarazzo nel guardare i suoi occhi verdi.

<< Perché?>>

<< Perché…>> Avanzò verso le sue labbra, con la tentazione di baciarlo.

Tom si rialzò sui tacchi, lasciandole baciare l’aria. << Si è fatto tardi, è meglio se torniamo al dormitorio.>>

Prima o poi sarebbe ceduto tra quelle labbra… lo sapeva.. In lei c’era qualcosa che lo attraeva, come lo attraevano spassionatamente i serpenti velenosi.

 


Allora che ne pensate??? Secondo voi Tom riuscirà mai a lasciarsi andare con Bellatrix?? ^_^ E sopratutto secondo voi ho fatto schifo o ho fatto un buo lavoro? hahahaha! wè! Tenete a bada gli insulti hahahaha bcixone a tutte. Uno speciale a Ladyriddle!! E grazie a chi è arrivata fino all'ultima riga! ^_^ alla prossima!

  
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