Partecipante al contest: "Percabeth or Pernico? This is the problem" indetto da Water_wolf su forum di EFP
Nome
autore (sia su EFP sia Forum):
Kaika
Titolo
della storia:
Difetto fatale
Tipo
di storia:
Flashfic, Slice of Life
Rating:
Verde
Coppia
scelta:
Percabeth
Citazione
scelta:
L'avevo detto, l'ostinazione è un male molto forte; si
aggrappa al cervello e
spezza il cuore. Di ostinazioni ce ne sono molte, ma quella dell'amore
è la
peggiore. (Isabel Allende)
Breve
introduzione:
Qualsiasi temine si decidesse di usare, rimaneva quello il difetto
fatale che
mi era stato attribuito: la superbia. Io non concordavo. Pensavo ci
fosse una
cosa decisamente peggiore: l'ostinazione.
Note
dell'autore:
Per quanto ami la Percabeth, è la prima volta che mi cimento
in una storia con
questa coppia. Non so come sia venuta fuori, dato che l'ho scritta di
getto in
un paio di giorni (sotto scadenza, logicamente). Spero di non essermi
fatta
sfuggire nulla e... niente, incrociamo le dita ^^".
Arroganza.
Presunzione. Boria.
Qualsiasi
temine si decidesse di usare, rimaneva quello il difetto fatale che mi
era
stato attribuito: la superbia. Io non concordavo. Forse anche questa
era
altezzosità, ma non potevo farci niente. Pensavo ci fosse
una cosa decisamente
peggiore, una cosa che, una volta che ti ha afferrato, non ti molla
più, aggrappandosi
con le unghie e con i denti, diventando un tarlo che ti mangia dentro
giorno e
notte: l'ostinazione.
La
mia ostinazione aveva due occhi verde smeraldo e si chiamava Percy
Jackson.
Rachel.
Rachel.
Rachel.
Mi
stava raccontando dell'ultimo sogno premonitore di quella ragazza. Una
mortale.
Cosa poteva avere una mortale più di me? Cosa? I suoi occhi
non avrebbero
dovuto brillare mentre ne parlava, i miei non avrebbero dovuto
pizzicare, io
non avrei dovuto sentire le lacrime affiorare. Un sorriso malizioso gli
si
disegnò sulle labbra sottili.
-Sei
gelosa?- Mi chiese, punzecchiandomi con un gomito. Ingoiai il nodo che
avevo in
gola.
-Testa
d'Alghe.- Sussurrai con il tono più infastidito che mi fosse
possibile usare in
quel momento. Iniziai a camminare più veloce, diretta verso
la Casa di Atena. Non
volevo continuare a vederlo, per quel giorno mi bastava
così. Lo sentii
chiamarmi. Il mio nome suonava decisamente meglio di quello di lei. Non
mi fermai.
Eppure,
per quanto il cuore potesse farmi male, per quanto l'orgoglio potesse
bruciare,
quel tarlo non se ne andava. Per quanti "basta così" potessi
ripetermi, continuavo ad alzare lo sguardo il giorno dopo e a
sorridergli, in
un ciclo infinito. L'avevo detto, l'ostinazione è un male
molto forte; si
aggrappa al cervello e spezza il cuore. Di ostinazioni ce ne sono
molte, ma
quella dell'amore è la peggiore.
Amore...
Mi
ero sempre immaginata che quella parola avesse un sapore dolce, invece
lo
scoprivo amaro come il fiele.
-Sei
grande, Sapientona!-
Sorrise
felice come un bambino. Era incredibile come riuscisse a convincermi
ogni volta
ad aiutarlo con i compiti delle vacanze e come, ogni volta, si
riducesse agli
ultimi giorni. Logicamente, si trattava dei compiti delle vacanze di
Natale, dato
che, cambiando scuola ogni anno, non ne aveva mai da fare durante
l'estate.
-Dovresti
imparare a farli da solo.-
Lui
finse di non avermi sentito, con un'aria tanto indifferente da essere
palesemente falsa. Finì di rimettere a posto i libri e,
prima di alzarsi, mi
schioccò un bacio sulla guancia.
Era
il figlio di Poseidone, il dio del mare, eppure, con un gesto
così semplice, fu
capace di farmi andare il volto in fiamme.
Solo
quella notte, tempo dopo, accoccolata contro il petto di Percy, mentre
ascoltavo
il suo respiro, lo sentii smettere di bruciare. Quando mi
sollevò il volto,
delicatamente, e mi baciò, la parola "amore"
tornò ad avere un sapore
dolce.