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Autore: Lilium Secrets    03/04/2014    1 recensioni
Sin dalla notte dei tempi si afferma che l'amore è una delle cose più potenti che possa rifuggirsi nel cuore di un essere umano, ma la stessa cosa vale anche per una creatura la cui eternità e immortalità e scandita dal passare dei secoli? L'odio eterno verso qualcuno, che sia della loro razza o un semplice umano, poca è la differenza, ma la guerra che nasce da quel sentimento negativo coinvolge persone innocenti.
L'odio tra due vampiri è così grande da durare nei decenni, così forte da portare a una guerra, mentre nell'ombra qualcuno superiore a loro architetta arrogantemente il loro avvenire, osservando attentamente ogni loro mossa.
Alexis Lessard è un giovane vampiro dalla sfocata memoria di un passato dai sapori vivi e magnifici. Lilium non è una semplice vampira come molti credono, giovane nel suo secolo di vita, ma abbastanza intelligente da ingaggiare guerra a un vampiro molto più antico di lei, solo per vendetta e per riprendersi ciò che è suo.
***
Lilium è l'affascinante vampira avvolta da un eterno enigma.
Alexis giovane è alle prime armi, innocente e puro in tutto e per tutto.
Non avrebbero dovuto incontrarsi
Non avrebbero dovuto conoscersi
Non avrebbero dovuto innamorarsi...
Genere: Dark, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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HUMANITY OR IMMORTALITY

SCELTE DIFFICILI

 

Capitolo due

Profumo di gigli al vento

 

La donna osservava la città avvolta dalle fievoli tenebre del mattino, ormai non mancava molto all'alba e al momento in cui avrebbe dovuto abbandonare quel posto per ritornare alla sua solita routine, in quel momento era stanca. Stanca della vita che conduceva in quel momento, era esausta di guardare dalla finestra e cercare qualcosa con lo sguardo, quel qualcosa che sentiva mancare nel suo cuore, nella sua anima, se ancora ne aveva una.

Sospirò e alzò lo sguardo al cielo limpido, dove le stelle stavano scomparendo a vista d'occhio e sorrise malinconicamente nel sentire il frusciare alle sue spalle, era familiare e l'odore che l'aria trasportava era confortante. Chiuse gli occhi per quel che a lei sembrò un minuto e quando gli riaprì per guardare l'intruso, non si girò, osservò soltanto con la coda dell'occhio la figura tarchiata e ormai invecchiata.

 ­ «Dovresti rientrare... » disse l'uomo che aveva spezzato la tranquilla solitudine della donna, lei in risposta abbassò leggermente la testa e incurvò le labbra in un sorriso infastidito. ­ «Qual è la vera domanda che vuoi farmi?» chiese di rimando la giovane, conosceva fin troppo bene quell'uomo per lasciarsi ingannare da quella premurosa quanto falsa domanda.

 «Nell'ultimo periodo ti vedo molto malinconica e sali sempre qui, quindi mi chiedevo quale potesse essere il motivo di tanta tristezza.» disse l'uomo con un tono di voce quasi paterno, ma in quel momento non osservava le reazioni della donna alla sua confessione, guardava la città che si svegliava dalle braccia di Morfeo e si preparava ad affrontare una giornata di lavoro. La giovane, dal canto suo, era immobile come una statua di marmo, la sua corporatura forte e dalle linee attraenti era avvolta dalla brezza fredda della notte ormai finita. Teneva le braccia incrociate al petto, il viso dai lineamenti morbidi e dalla pelle color crema unita a quella che rimaneva scoperta dalla camicetta di seta color lavanda, in quel momento di pallida luce assumeva una tonalità quasi cadaverica, mettendo - così - in mostra il suo aspetto più terrificante.

In quel momento si girò per guardare in viso l'uomo, lui trattene il respiro per quasi un minuto nel vedere la bellezza eterea della ragazza, per quanto fosse una vita che la conosceva, ogni volta che la incontrava, le faceva lo stesso effetto del primo incontro. La giovane era alta quasi un metro e settantacinque con le scarpe dal tacco a spillo che indossava, le gambe e la vita erano avvolte in una gonna a vita alta nera, i capelli erano una cascata di morbidi ricci di un purissimo bianco latte. Il suo aspetto esotico, quanto raro era reso più prezioso o inquietante dagli occhi di un profondissimo nero, più oscuri della notte, più vissuti e arroganti della morte stessa.

«Non so se tu hai mai provato quella sensazione di sentirsi incompleti, di aver bisogno di qualcosa che ti tenga compagnia e nel mio caso e troppo tempo che sono sola.» disse sinceramente la giovane abbassando lo sguardo sul cemento grezzo del tetto, abituata al marmo di un pallido rosa del suo ufficio e dei corridoi del suo impero, quel posto le era sconosciuto quanto affascinante. Sorrise quasi impercettibilmente poi, quasi nel rispondere a un sussurro portato dal vento, si avvicino all'uomo e con un cenno della testa, indicò la porta per poi posare il suo sguardo in quello di lui, perdendosi in un oceano di mercurio.

L'uomo s'incamminò verso la porta seguito lentamente dalla giovane poi, quando lui arrivò ed entrò, si fermò a osservare la donna ferma a qualche passo dall'entrata intenta a osservare il cielo con il naso rivolto all'insù in cerca di un odore che solo lei poteva percepire. Il suo viso diventò più cupo e quando lo abbassò i suoi occhi, erano spaventosamente freddi, il suo atteggiamento stava diventando sempre più distaccato ogni secondo che passava.

«Che cosa hai sentito?» chiese l'uomo cercando di controllare la folle paura per la propria vita, aveva visto quegli occhi solo un'altra volta in tutta la sua vita e fu quando aveva poco più di vent'anni.

«Odore di gigli portati dal vento... tra poco si avvicinerà una tempesta.» disse lei sorridendo in un modo inquietante quanto sadico, l'aria che la circondava iniziava a caricarsi elettricamente, come se fosse lei stessa una tempesta vivente. «Che cosa vuoi dire con questo, Lilium?» aggiunse lui cautamente, allontanandosi con passi leggeri e quasi invisibili dalla porta, dirigendosi verso le scale, in cerca di una salvezza apparente.

«Non ti preoccupare Victor, non ti sfiorerò nemmeno con un'unghia, però avvisa gli altri di starmi alla larga per le prossime settimane.» disse Lilium prima di chiudere la porta che dava sul tetto e immergere quel piccolo posto in un'oscurità spaventosa, poi con passi svelti e altisonanti scese le scale passando accanto al corpo immobile di Victor.

Lilium era un enigma, per molti era la donna dai capelli color neve, per altri era la proprietaria della Black Bakara e, infine, per la sua razza era un essere crudele e pronto a tutto pur di raggiungere i suoi scopi. In tutto questo molti avevano costruito castelli per aria, ignorando completamente i sentimenti della diretta interessata, ma del resto la sua personalità distaccata dal loro mondo non aveva fatto altro che peggiorare le cose.

Era una donna attraente quanto crudelmente ed eccessivamente dominante, non amava che qualcun altro le dicesse cosa fare, preferiva la solitudine dei suoi appartamenti che le notti perse per i locali a rimorchiare uomini per una notte di pura follia. Lei era l'immagine della donna troppo forte perché abbia bisogno di essere protetta da qualcuno, ma in fondo anche lei - pur essendo un vampiro - provava dei sentimenti e si sentiva sola.

***

Odore di gigli nell'aria... proprio come quel giorno in cui mi hai promesso di ritornare da me.

Il pensiero malinconico s'inculcò nella sua mente per un secondo, prima che lei sospirasse e lo cacciasse senza lasciarli il tempo necessario per farle ricordare ogni minimo dettaglio. A passi veloci attraversò il corridoio che la separava dalla porta del suo ufficio, dal suo paradiso e dalla sua solitudine impegnata nel lavoro fino al collo. Sorrise nell'osservare il pavimento di marmo dalle leggere venature rosa pallido, al suono che i suoi tacchi producevano a ogni suo passo e all'inquietante mancanza di suoni assillanti, di persone che parlavano in continuazione, di vita. Della vita che pulsa nei corpi di ognuna delle persone che lavoravano per lei e che proteggeva dalla sua razza, impedendo loro di entrare nel suo territorio.

Quando entrò nel suo ufficio una fame tremenda, s'impossessò del suo corpo, quasi fino a toglierle la vista per alcuni minuti; il sangue che beveva una volta ogni tanto non era abbastanza per il suo corpo, non era il sangue umano di cui lei aveva bisogno. Si avvicinò rapidamente al piccolo frigorifero - posto in un angolo della stanza - e lo aprì prendendo immediatamente un bicchiere e versandoci dentro il contenuto di una busta sigillata e dal contenuto viscido e scarlatto. Osservò quel liquido rosso che scendeva lentamente e andava a riempire il bicchiere grande, la sua utilità era migliore nella degustazione dei vini rossi ma lei lo utilizzava unicamente per nutrirsi di una sostanza simile al vino, però era tutt'altro che quello.

Prese il bicchiere in entrambe le mani e ne bevette quasi metà, degustando lentamente il suo sapore. Un gusto dolce e selvaggio le invase la bocca, lasciandola per qualche secondo interdetta nel capire da cosa provenisse il sangue, poi ricordò la battuta di caccia cui qualche settimana prima aveva preso parte in compagnia di una sua vecchia conoscenza. Il cerbiatto che aveva ucciso a sangue freddo le aveva assicurato il cibo per quasi un mese e mezzo, ma il sangue animale - pur essendo delizioso - non era abbastanza nutriente e sfamante di quello umano.

Si appoggiò al muro e si lasciò cadere lentamente fino a sentire il freddo pavimento contro la stoffa della sua gonna, per poi sedersi a gambe distese, sospirò tristemente al ricordo dell'animale morente che vedeva riflesso nel bicchiere di cristallo che girava con nonchalance. I ricordi, per un essere come lei, erano l'unica cosa peggiore che in momenti come quelli non dovevano minimamente presentarsi, nemmeno passare per l'anticamera del cervello, ma lei aveva un'eternità davanti ai suoi occhi e la memoria di una vita umana troppo breve da ricordare.

In quel momento sentì una stretta al cuore nel ricordare quanto giovane era e quanto eterna sarebbe stata la sua monotona vita, avrebbe voluto trovare quell'anima che aveva fatto vibrare la sua, ma lei era un mostro senz'anima. Sorrise flebilmente al ricordo degli ultimi istanti della sua vita, di quella di sua madre e più che altro dell'uomo che aveva veramente amato, che aveva cercato di salvare dalla morte pregando Dio e i suoi angeli.

Che cosa direbbe lui, se vedesse quello che sono diventata?

Quella domanda la assillava da ormai più di un secolo e così sarebbe andata per molto tempo. Il tempo, ne aveva a disposizione un'eternità fragile quanto la falsa promessa dell'immortalità che la sua razza prometteva ai creati. Un'immortalità apparente, solo quella del corpo, un congelamento fisico ma non spirituale e mentale, però molti consideravano i vampiri come esseri privi di vita, di sentimenti, di un'anima.

Rimase in quella posizione a lungo, intenta a riflettere sul senso della sua esistenza, su cosa avrebbe fatto del tempo che aveva a disposizione, sapendo già che gli esseri umani tra qualche decennio sarebbero diventati cenere. Sospirò pesantemente e con poca voglia iniziò a lavorare sui dati forniti dai suoi informatori, sapeva benissimo che Villalobos aveva introdotto uno dei suoi creati, nella Black Bakara, doveva solo aspettare d'incontrarlo e scoprire il perché.

 

 

 

§ Nota dell'autrice §

Salve a tutti!

Grazie a tutti quelli che hanno letto il prologo e il primo capitolo, grazie mille a chi ha semplicemente letto e messo tra le seguite la mia storia, ma soprattutto grazie ad Apotrophos e Raggio di luce e a Sulfur che hanno recensito, grazie ragazze mi avete riempita di felicità e di tanta fiducia nella storia.

Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo.

Al prossimo aggiornamento,

Lilium Secrets.

 

 

 

  
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