Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Fiore Blu    06/04/2014    9 recensioni
«Ultima chiamata per il signor Bell!» sbottò esasperato il preside. Intanto, tra gli studenti si alzò un vociare fastidioso.
Le ragazze bionde ossigenate si guardavano intorno, incuriosite.
I ragazzi, invece, se la ridevano, e scambiavano commenti con i loro vicini di posto, ragazze comprese.
«Secondo me se l’è squagliata perché aveva troppa paura di parlare davanti a tutti!».
«Ma sei scemo! Bell … spaventato? Guarda che è lui quello che fa spavento!».
«Già forse hai ragione». Dicevano due.
«Spero che si presenti quel bellimbusto, vorrei tanto mandarlo a quel paese in pubblico!» diceva una lady bionda e molto arrabbiata ad un’altra.
«Ancora con quella storia? Non prendertela Jane, alcune voci dicono che sia gay!» rispondeva l’amica.
«Sei impazzita? Non è proprio possibile! L’hai guardato bene? Quello stronzo non è affatto gay!»rispondeva civettuola la prima.
O ancora : «Spero tanto che non si presenti, lo odio quel bastardo!».
«Già, è troppo pieno di sé, non lo sopporto».
Opinioni diverse e contrastanti.
Vigliacco, mostruoso, stronzo, figo, gay, bastardo, pieno di sé … beh aveva una bella reputazione!
Nell'attesa della seconda parte di ali d'argento, eccovi la combattuta storia di un ragazzo e una ragazza ... non del tutto normali. Grazie e buona lettura. ^^
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 25
 
Separazione
 
 
 
Dean mi aveva riportata a casa come promesso.
L’appartamento era buio e non c’era nessuno rumore a parte quello delle auto che passavano in strada.
Mi ero rannicchiata dietro la porta d’ingresso e aspettavo che Lucius tornasse.
Volevo abbracciarlo, supportarlo, consolarlo, amarlo.
Perdere un genitore, per quanto scellerato sia stato nella sua vita, era comunque una ferita.
Per Lucius, l’ennesima.
Forse piangevo, forse respiravo e basta, stando immobile a fissare la porta.
Non mi accorsi nemmeno di essermi addormentata tanto ero scioccata e confusa e spaventata e triste.
Un’accozzaglia di sentimenti che stonavano come una manciata di colori sgargianti messi insieme, creando in me solo un forte timore nel petto.
Mi sentii sollevare, mi sentii baciare la fronte, ma non riuscii a ridestarmi, come se il mio corpo si rifiutasse di uscire dallo stato di catarsi  in cui si era rifugiato.
Poi un colpo sordo mi fece svegliare di soprassalto.
Mi ritrovai nel letto di Lucius, e ricollegai il mio spostamento al suo ritorno.
Il sonno era sparito in un battito di ciglia, e perciò mi precipitai nel salone.
Era deserto.
Allora corsi in bagno.
Aprii la porta di scatto.
L’acqua della doccia scorreva, ma una delle due ante di vetro era aperta e lasciava intravedere i fiotti di sangue che scendevano nello scarico.
Il liquido rosso, diluito dall’acqua sembrava scorrere copiosamente e quando intravidi anche il corpo di Lucius seduto sulle piastrelle della doccia e seminascosto dal vapore che aveva appannato il vetro dell’anta chiusa, il mio cuore perse un colpo.
«Lucius!» chiamai a gran voce, avvicinandomi alla doccia.
Sbirciai dentro, infischiandomene del fatto che potesse essere svestito.
La vista del suo corpo emaciato mi paralizzò.
Indossava solo i pantaloni ed era seduto sotto il getto caldo dell’acqua insieme agli indumenti che aveva indossato per l’incontro con Charles. La giacca della sua divisa era insanguinata, ed era da lì che il sangue scorreva nello scarico.
Anche il suo petto era imbrattato di rosso e la cosa più scioccante era che non riuscivo a capire se fosse sangue suo o meno.
La cicatrice sembrava apposto però. La spalla con la quale aveva tentato di sfondare un muro di cemento era violacea e le nocche delle mani graffiate.
«Lucius» lo richiamai piano.
Non si mosse, non alzò il capo, si limitò solo a rispondere.
«Sta’ tranquilla, non è mio» disse riferendosi certamente al sangue.
Cosa avrei potuto dire? Lui credeva che io fossi all’oscuro di tutto! Che fossi rimasta al sicuro, lontana da tutto l’orrore che aveva visto lui!
Dean aveva ragione, ero stata imprudente.
Tolsi le pantofole e la maglia, rimanendo in canottiera e pantaloni.
«Lucius» mormorai «mi dispiace tanto» gemetti, entrando nella doccia «ti prego, alzati e vieni con me, vieni da me» dissi.
«Non preoccuparti per me, volevo solo lavare via il sangue» spiegò con voce monocorde.
«Okay. Ti aiuto e poi usciamo da qui, va bene?» proposi.
Notai il flacone di bagnoschiuma caduto a terra dalla piccola mensola sul muro, e capii che era stato quello a farmi svegliare.
Presi una salvietta e la insaponai, poi mi avvicinai a Lucius, venendo investita dal getto caldo dell’acqua.
«Ania, non sei costretta a farlo, posso farlo da solo» mormorò. Ero estremamente vicina e solo ora mi accorgevo del tremore delle sue mani, del respiro spezzato e affannato che gli faceva sussultare il petto, e della tumefazione della sua spalla.
Sospirai silenziosamente.
Lavai via il sangue di Yuri dal suo petto, dalle braccia, dai capelli e dal viso.
E poi allontanai i vestiti insanguinati in modo che non sporcassero più il corpo di Lucius. L’odore di sangue che prima impregnava l’aria rendendola pesante ora si era dissolto lasciando spazio ad un odore mascolino e rigenerante, quello del bagnoschiuma.
Chiusi l’acqua e poi presi un accappatoio e un telo grande.
Infilai l’accappatoio e poi posai la grande asciugamano sulla testa di Lucius, cominciando ad asciugargli i capelli.
«Tocca sempre a te rimettermi in sesto, eh?» chiese mesto «Ultimamente mi sento un vaso da collezione che si frantuma in continuazione e tu sei la caparbia collezionista che ogni volta mi rimette insieme i pezzi con pazienza e amore. Patetico, vero?» mormorò amaro.
«No, non è patetico. Mi sento allo stesso modo. Se non ci fossi stato tu, credo che avrei accettato la mia rottura molto tempo fa» confessai.
Ci alzammo e uscimmo dalla doccia.
Lucius sembrava essere tornato in sé ed era intento ad asciugarsi, ed io lo osservavo senza capire in che stato d’animo versasse.
«Sto bene. Non c’è bisogno che mi fissi come una psichiatra» parlò pacatamente e con tristezza.
«Io non ti fisso, solo... non voglio che tu ti tenga tutto dentro. Tua madre è morta sotto i tuoi occhi Lucius, mi aspettavo perlomeno che fossi incazzato nero!» confessai.
«Ho già avuto modo di sfogarmi» rispose, tenendosi la spalla ferita con una mano.
«Capisco. Vuoi che te la bendi?» chiesi.
«Non serve, ti ringrazio» era diventato improvvisamente pensieroso «come sai di mia madre?» chiese poi.
«Me... me lo ha detto Dean» mentii «mi ha telefonata».
«Davvero? Strano!» si accigliò. Una luce tetra gli velò gli occhi quando continuò «Gli avevo chiesto di non dirti che avevo assistito alla scena. Avevo paura ti preoccupassi ulteriormente per me... ma tu sapevi comunque che avevo visto tutto» ragionò. Il sangue mi si gelò nelle vene. Probabilmente Dean mi aveva mandato dei messaggi o mi aveva chiamata, ma io mi ero addormentata come una sciocca.
Merda.
«Lucius...» che scusa potevo inventare? A questo punto era necessario continuare a mentirgli?
«Tu eri lì!» sbottò in un impeto di rabbia. Non era una domanda.
«Lucius...».
«Eri lì! Eri a due passi dall’assassino di mia madre!» tuonò. Mi prese per le spalle e mi spinse senza troppa delicatezza contro il muro.
«Mi dispiace, te l’avrei detto...» mormorai.
«Ania! Ti rendi conto di cosa hai fatto? Ti rendi conto che se ti avessero scoperta adesso avrei due lutti da piangere? Come puoi aver rischiato tanto? Come puoi avermi mentito così spudoratamente!? Ti avevo pregato, scongiurato, supplicato di rimanere qui, ma tu sei sempre la solita testarda! Cazzo Ania! Maledizione!» urlò disperato.
Mi imprigionò ponendo un braccio teso a destra e uno a sinistra della mia testa.
«Perdonami» mormorai tra le lacrime.
«No. Non posso, non ci riesco. Voi donne siete delle stupide masochiste. Vi credete delle martiri, ma non capite che col vostro comportamento ferite le persone che vi circondano?» chiese paonazzo.
«Perdonami» ripetei «volevo solo aiutarti» dissi.
«Anche Yuri voleva solo aiutarmi, peccato che per farlo si sia suicidata. Bel modo di aiutarmi. Non mi ha dato niente per tutta la sua vita e proprio stasera ha deciso di ripagarmi di botto tutto il conto» parlò con voce roca e provata.
«Grazie al suo sacrificio abbiamo la vittoria in pugno» lo informai «ho filmato e registrato tutto. Tra due settimane, al processo, quei video incastreranno non solo Ephram, ma anche Charles e i suoi scagnozzi. È un uomo finito» dissi fiera.
«Io sono finito» mormorò di rimando «se qualcuno di loro ti ha vista o sentita...».
«No» lo bloccai, prima che potesse cadere nella disperazione più nera «nessuno mi ha vista né sentita» assicurai.
Sospirò profondamente, con l’aria di un uomo stanco e distrutto.
Poggiò la fronte tra la mia testa e la sua mano sinistra, che teneva aperta sul muro.
«Tu mi porterai alla tomba prima che possano farlo Charles o Ephram» mormorò.
«Scusa» sussurrai accarezzandogli i capelli, che ancora umidi avevano assunto un colore più scuro, quasi castano.
«Ti perdonerò solo se riuscirai a proteggere te stessa fino al giorno del processo. Charles vuole separaci... e avrà ciò che desidera per due settimane, e tu dovrai collaborare» disse severo con un tono che non ammetteva repliche.
«Che cosa vuoi che faccia?» chiesi mesta. Sapevo cosa stava macchinando .
«Devi giurarmi che sarà come se non fossi mai esistito per te. Devi andare via  e dimenticarmi... per due settimane» rispose serio. Era accigliato come se si stesse sforzando di far uscire dalla sua bocca quelle parole tanto spaventose.
 Sospirai.
«Va bene» concessi «ma sia chiaro, quando vinceremo il processo voglio fare l’amore con te» mormorai decisa.
Lui si scostò con espressione divertita ma riuscivo ancora a vedere nei suoi occhi la rabbia che aveva provato nei miei confronti.
 
 
*******
 
 
 
Io mantenevo le promesse, sempre.
Quella volta però, nel periodo prima del processo mi sentii morire dentro molte volte.
Non avrei mai immaginato che essere fedeli alla parola data potesse essere tanto difficile e doloroso.
Io e Lucius sedevamo vicini, passavamo negli stessi corridoi e conservavamo le nostre cose in armadietti identici senza mai degnarci di uno sguardo.
Allo stesso tempo però pensavamo all’altro ogni momento nel tentativo di non dimenticare che tutto dipendeva da noi.
Agli occhi degli altri dovevamo sembrare distanti, schivi, come una coppia che non si ama più  e che si è arresa da tempo, dovevamo ignorare tutto dell’altro... anche il suo dolore.
Quest’ultima risultò essere la cosa più difficile.
Quella mattina nevicava e mentre mi recavo a scuola cercavo di non pensare al fatto che il giorno prima Lucius avesse detto addio per sempre a Yuri.
Aveva fatto cremare il suo corpo come da tradizione giapponese e poi aveva pianto la sua morte da solo, in silenzio.
Io non avevo potuto fare nulla per lui, non ero stata in grado andare da lui, e non avevo nemmeno potuto abbracciarlo quella mattina, quando sotto gli occhi curiosi e maligni di tutti aveva attraversato il corridoio.
Non indossava la divisa scolastica, quella macchiata dal sangue di sua madre, ma solo dei jeans scuri e una maglia leggera e nera, con uno scollo strano che lasciava intravedere la spalla fasciata dalle bende. Le maniche arrotolate fino ai gomiti lasciavano scoperte le garze del braccio.
I mormorii e il brusio che riempirono il corridoio al passaggio di Lucius mi fecero rabbrividire e chiudere i pugni di botto.
«Avrà fatto di nuovo a botte con qualcuno» diceva un ragazzo.
«Guarda la sua faccia... questa mattina sembra proprio un mostro indemoniato!» sghignazzava un altro.
«Il preside lo sospenderà quando lo vedrà vestito così... ma cosa avrà fatto al braccio?» sussurrava una ragazza.
Lucius si fermò di fronte al suo armadietto e ignorò deliberatamente i bigliettini pieni di frasi orribili che tappezzavano lo sportello.
Il suo viso era teso, contratto, gli occhi stanchi e le occhiaie marcate.
Il fatto che avesse solo una maglietta a coprirlo dava la sensazione che il suo corpo statuario fosse debole e debilitato perché il tessuto sottile marcava crudelmente il deperimento del suo fisico e le bende nascoste in malo modo non facevano altro che accentuare quella fragilità tanto forte quanto straziante.
«Ehi, Bell...» la voce di Nick ruppe quel vociare. Il ragazzo si diresse verso Yuki – sama.
«Oggi no, Nick» lo incalzò Lucius sfinito, cupo.
«Senti amico...» continuò l’atro, ma Lucius lo prese per il colletto della camicia e lo scaraventò contro l’armadietto vicino.
«Ho detto... oggi no!» sbottò Yuki.
«Ti fa sentire meglio? Eh?» chiese incredulo il secondo «Ho saputo di tua madre, mi dispiace!» disse serio e con nello sguardo una comprensione che non gli avevo mai visto prima. In quel momento Nick sembrò addirittura maturo.
Lucius lo mollò subito, allontanandosi.
Fece qualche passo scuotendo la testa, poi rise amaramente, tristemente, stancamente.
«Ti dispiace? Sono colpito!» ironizzò amaro Yuki – sama.
«Lucius... dico sul serio! Mi dispiace di aver fatto il coglione fin’ora! Ma io... io non avevo mai capito nulla e ora  mi sembra tutto così schifoso!» il ragazzo sembrava davvero consapevole e finalmente sembrava aver aperto gli occhi «Non sono qui per infastidirti come al solito, né per fare a botte. Volevo solo dirti che mi dispiace tanto, davvero» mormorò mesto.
Lucius annuì in un sospiro esausto, stremato.
I mormorii ricominciarono, sempre più insistenti e crudeli, e a quel punto non poteva che spuntare White.
«Che cosa sta succedendo? Perché c’è tutto questo chiasso?» sbottò paonazzo, gesticolando come un matto.
Quando si accorse di Lucius rimase immobile.
Chiunque si sarebbe aspettato che si rivolgesse a Lucius con parole di costernazione e conforto, invece...
«Signor Bell... come al solito dove c’è disordine c’è lei! Sembra che la sua stessa persona, respirando, tiri fuori il caos» dichiarò infastidito.
Era normale che volessi picchiarlo? Strangolarlo? Torturarlo a morte?
Lucius non rispose, probabilmente non ne aveva la forza.
Ogni volta teneva testa alle sciocchezze di White con frasi sottili e taglienti, impertinenti al punto giusto.
«Non parla stamattina? E che fine ha fatto la sua divisa? Conosce il regolamento, la divisa va portata sempre! Allora sentiamo... dov’è la sua?» chiese burbero.
«Non potevo metterla» mormorò Lucius.
«Lei doveva metterla!» urlò isterico White.
«Era... era sporca, preside» rispose Lucius con un singulto nella voce spezzata.
«Allora doveva assicurarsi di portarla in lavanderia!» tuonò l’altro.
«Zio... ora basta» sorprendentemente Nick si parò dinnanzi a Lucius.
«Nicolas... non ti permetto di rivolgerti a me in questo modo! È inammissibile!» lo sgridò White con falsa stizza.
«So bene cosa sia inammissibile, zio» continuò Nick senza battere ciglio «trattare così uno studente che ha perso da poco sua madre e che è reduce da un soggiorno in ospedale... questo è a dir poco bestiale» rispose secco.
«Nicolas!» sbraitò White, ma tutti gli occhi degli studenti erano su di lui, e lo fissavano, finalmente consapevoli della realtà in cui viveva Lucius.
«Vuoi che dica altro? So tutto preside White, e potrei spifferare chissà cosa davanti a tutti» minacciò Nick.
Sembrava un’altra persona, sembrava cambiato profondamente.
«Nick... basta così» lo fermò Lucius con un filo di voce «ci sono state troppe vittime e troppe persone si sono fatte male. Credimi, non ne vale la pena».
Abbassò il viso e si dileguò dopo aver sussurrato al suo difensore un debole “grazie”.
Tutti tornarono ai loro pettegolezzi mentre il mio cuore finiva in mille pezzi.
Nemmeno una disgrazia come la morte di Yuri era riuscita a far redimere White, che opprimente quanto l’afa aveva tormentato Lucius senza remore e senza pietà.
Invece sembrava aver colpito Nick il quale si era addirittura esposto per Lucius.
Ero rimasta stupita ma altrettanto sospettosa.
Che fosse cambiato? Che la vista del petto martoriato di Lucius lo avesse scosso davvero?
Non potevo saperlo.
Dovevo solo aspettare.
 
 
*******
 
 
 
La prima settimana era passata lentamente, troppo lentamente.
Lucius non metteva più piede nella mensa e dubitavo mangiasse decentemente.
Sembrava aver recuperato una divisa nuova, probabilmente aiutato dalla signorina Walter che in classe non lo interpellava mai, e lo lasciava in pace persino quando dormiva sul banco in piena spiegazione.
Nick non si era fatto più vivo e quando eravamo in classe non faceva che lanciare occhiate nella mia direzione per scrutare me oppure Lucius.
La cosa peggiore di quel periodo furono i bulli: altri ragazzi non appartenenti al gruppo di Nick che prendevano Lucius di mira e approfittavano della sua momentanea debolezza per adescarlo in imboscate a dir poco cruente.
Ciò che mi spezzava il cuore però era l’espressione sul viso di Lucius, così vuota da risucchiare ogni speranza.
Subiva, sopportava e soffriva in silenzio senza mai lamentarsi, senza mai cedere.
Portava tutto il peso del suo dolore da solo e con coraggio inumano.
“Ricordati i ciliegi” aveva detto Yuri prima di morire... ma cosa mai poteva significare?
Quale conforto potevano dare i ciliegi ad un ragazzo distrutto e torturato dalla vita come Lucius?
«Ehi...» in quel momento mi sentii chiamare da dietro, e lasciando nel piatto la mia insalata mi alzai e mi voltai verso la voce.
Nick.
«Ania, mi spieghi che diamine vi è preso ad entrambi?» chiese Nick incredulo senza introdurre il soggetto della sua domanda.
Io capii comunque e ricollegai la sua domanda agli sguardi di fuoco che ci lanciava di tanto in tanto.
«Non so di che parli» risposi fredda, risiedendomi e continuando a rigirare il cibo nel piatto.
Si sedette accanto a me con uno sbuffo poco delicato e grugnì.
«Lo sai eccome!» mi attaccò «Sua madre è morta e tutta la situazione in cui si trova ora è difficile e dolorosa. Perché l’hai mollato così? Perché non hai aspettato? Capisco che tu sia spaventata ma potevi almeno stragli vicino ora! Che razza di ragazza innamorata sei?» tuonò con voce accusatoria.
«Tu non sai niente!» risposi mesta e irritata. Nessuno faceva caso a noi, perciò continuai «Tu non hai il diritto di venirmi a dire certe cose! Pensi che non lo sappia? Pensi che io me la sia svignata per paura? No, Nick. Sto solo facendo ciò che mi ha chiesto lui: stargli alla larga fino al giorno del processo» confessai, sperando che il cambiamento repentino di Nick non fosse solo una messa in scena.
«Quindi state solo fingendo?! Non vi siete lasciati davvero!» sorrise beffardo.
Annuii.
«Beh almeno una cosa buona... comunque Ania, ti stavo cercando perché volevo chiederti un favore» asserì.
«Sentiamo» sospirai.
«Voglio testimoniare anche io al processo, e costringerò mio zio a fare altrettanto».
«Sarebbe fantastico, ma anche molto stupido da parte tua» dissi «indubbiamente ci servono testimoni ma... posso fidarmi di te dopo tutti i precedenti?» chiesi afflitta.
«Certo che puoi. Voglio fare qualcosa per aiutarlo. Ho sempre pensato brutte cose sul suo conto senza sapere la verità. Ora non posso fare altro che scusarmi» mormorò dispiaciuto.
Non so come ma mi convinse, d’altronde dopo tante disavventure mi sentivo terribilmente sola e vulnerabile senza Lucius e l’aiuto di Nick mi sembrava una specie di miracolo.



------------------------------------------------------ ANGOLO DELL'AUTRICE ------------------------------------------------------------

ciao ragazze come state! lo so che stavolta ci ho messo più del solito ma sto studiando per i test imminenti dell'università.
certa di leggere presto i vostri commenti, vi mando un grosso e affettuoso bacio.
vi adoro.
Fiore
<3
 
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Fiore Blu