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Autore: Neko    06/04/2014    4 recensioni
Le nostre eroine sono potute tornare alle loro vite normali solo per poco. Nemmeno il tempo di riposare che un nuovo nemico, subdolo quanto tutti gli altri, se non peggio, compare a portare scompiglio nella vita delle guerriere Sailor e il loro obbiettivo è lo stesso di sempre, eliminare la principessa Serenity, ma cosa accade se il nemico non attaccherà direttamente lei, ma qualcosa a cui è strettamente legata, portando ripercussioni su tutti?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Capitolo 4:

Capitolo 4: La luna a un palmo dal naso

 

Usagi si sentiva a pezzi dopo l’ultima battaglia, nonostante sapesse di non aver fatto poi molto. Erano state le sue compagne ad affrontare i numerosi automa e poteva affermare che se l’erano cavata egregiamente.

Sorrise a quel pensiero. Non aveva dubbi che le altre Sailor fossero in grado di cavarsela anche senza il suo aiuto. In genere era lei quella che doveva sempre essere tirata fuori dai guai.

Fece un profondo respiro, sperando che parte della sua stanchezza venisse espulsa dal suo corpo insieme all’aria.

La sera era ormai giunta. La ragazza aveva indossato il suo pigiama con i coniglietti per prepararsi per la notte, ma come era sua abitudine prima di addormentarsi, andò alla finestra ad osservare la luna.

Era bella come sempre. La sua luce era brillante, come non la vedeva più da giorni e la sua grandezza nel cielo era tornata normale.

Si sentì in parte rassicurata da questo. Significava che il nemico la stava lasciando in pace, anche se temeva che quella tregua momentanea, le fosse stata concessa solo perché i suoi avversari si stavano preparando a qualcosa di dannoso.

Le vennero i brividi a solo pensiero. Cosa potevano fare ancora?

Decise di smettere di pensarci e di godersi per un po’ quella tranquillità, sebbene sapesse che non poteva abbassare la guardia.

Poco dopo qualcuno bussò alla porta. Usagi aprì gli occhi e chiese chi fosse.

La porta si aprì con un cigolio e nonostante la luce che penetrava dalla finestra non fosse molta, la ragazza riuscì benissimo a decifrare il viso di colei che era entrata nella stanza.

“Cosa c’è Chibiusa!” disse facendo leva sul braccio sinistro per sollevarsi.

La bambina era vestita col suo nuovo pigiama che sua madre le aveva comprato, non riuscendo più ad entrare nel precedente.

Usagi si ritrovò a pensare che Chibiusa era cresciuta parecchio da quando era arrivata da loro la prima volta, ma da come si comportava in quel momento, sembrava sempre la stessa dolcissima bambina di sei anni, che aveva bisogno di aiuto.

Chibiusa la guardava timidamente e giocherellava con i piedi indecisa se parlare o meno.

Usagi scostò le coperte e le chiese “Ti vergogni di chiedermi se puoi dormire con me?” chiese divertita.

“Cosa? Io sono grande ormai, non ho bisogno di compagnia la notte!” disse la bambina  arrossendo e voltando il capo.

“Si, sei grande…una grande rompiscatole!” disse Usagi prendendola in giro, per poi sdraiarsi nuovamente  e stringersi fortemente le coperte addosso, come se non volesse cederle a nessuno.

“Allora lasciami dormire!” disse girandosi dall’altra parte.

Ci fu silenzio per qualche secondo e Usagi, non sentendo rumori, capì che Chibiusa non si era ancora mossa.

“Ehm…Usagi!” disse nuovamente Chibiusa.

“Uhm?” chiese la ragazza girando la testa e osservarla con un solo occhio.

“Forse…forse non sono poi così grande! Posso stare con te?” chiese infine la bimba.

Luna, seduta ai piedi del letto, sorrise a quella scena e si intenerì a vedere come Usagi era ben contenta di avere Chibiusa al suo fianco.

Sapeva che le era mancata tanto quando era tornata nel futuro. Immaginava anche  quanto doveva essersi spaventata all’idea di non averla a causa della scomparsa di Mamoru.

Ora che però le cose si erano sistemate, Usagi la stringeva ogni volta che poteva come a volersi accertare che fosse veramente presente.

Quella notte Usagi riuscì a riposare tranquillamente, come ormai non faceva più da tempo. Era caduta in un sonno profondo, interrotto solo quando la sveglia si decise a suonare. Nemmeno i calci di Chibiusa l’avevano destata durante la notte.

Ormai Usagi aveva preso l’abitudine a stare in uno stato di dormiveglia, spaventata all’idea di perdere il controllo sul cristallo d’argento e quindi  di non essere in grado di fermare le calamità naturali, se i nemici si fossero nuovamente messi a giocare con la luna.

Il suo corpo però aveva talmente tanto bisogno di riposo, che il cristallo d’argento disobbedì agli ordini della sua custode, abbassando la guardia per una notte intera e permettendo così alla ragazza di recuperare le forze.

 

Aveva funzionato. Usagi si sentiva come non mai,  ma la notizia di diversi maremoti in diverse parti del mondo, apprese al telegiornale la mattina successiva, furono per lei un duro colpo.

“Come ho potuto perdere la concentrazione? Come? Io…io…tutte quelle persone, io…” chiuse gli occhi, mentre delle lacrime cadevano in modo copiose sulle sue guance.

Usagi non è colpa tua!” disse Ami cercando di rincuorarla.

Le due ragazze si trovavano nella toilette della scuola, dove Usagi si era rintanata dicendo all’insegnate Haruna che sarebbe andata in infermeria a causa di un forte mal di testa.

Ami e le altre non credettero minimamente a quella balla, sapendo quanto successo.  Tuttavia, nonostante tutte avessero voluto seguire la loro amica per  parlarle e rassicurarla, solo Ami chiese il permesso di uscire.

Dato la sua bravura a scuola, anche se un po’ calata ultimamente, la professoressa Haruna non le negò il permesso di assentarsi dall’aula. Aveva capito che la sua richiesta di andare in bagno  era solo una scusa per raggiungere Usagi e avendo visto lo stato della ragazza, non riuscì a dire di no.

Ora erano lì, davanti alla porta di un bagno a discutere.

Usagi, tu hai tutto il diritto di riposare!” le disse Ami asciugandole una lacrima.

“No, non ce l’ho. Mi ero ripromessa che avrei fatto di tutto per proteggere questo pianeta dallo squilibrio e invece non…non ho percepito nessun movimento lunare sta notte e ho fatto morire quella gente!” disse tra le lacrime e mordendosi poi le labbra “A volte vorrei non essere io la principessa Serenity! Non sono adatta a questo compito!”.

Ami a quelle parole si arrabbiò e guardandola con rimprovero, urlò “Non voglio sentirti mai più dire questa assurdità!”

Usagi sgranò gli occhi sentendo la voce alterata della compagna, solitamente calma e pacata.

“Tu hai dei poteri che ti sono stati dati, perché puoi fare grandi cose. Al momento ti possono sembrare una disgrazia, ma Usagi…queste tue capacità sono un dono!” continuò la ragazza di mercurio, facendo scemare lentamente la voce.

“Tu sei destinata a grandi cose, lo sappiamo tutti…lo abbiamo visto tutti. Sei destinata a diventare la regina di un mondo che per anni non conoscerà la guerra, la paura, il male. Vivrà momenti di armonia e di gioia. Dovresti essere fiera di essere destinata a questo. Abbiamo salvato il mondo così tante volte e so per certo che nonostante le difficoltà incontrate, tu abbia provato la stessa soddisfazione che ho provato io. Come avremmo potuto fare una cosa del genere se non eravamo adatte a ricevere questi poteri?” chiese Ami, fermandosi un attimo a osservare Usagi, la quale non fiatava, ma sembrava cominciarsi a calmare.

Ami le sorrise e dolcemente le sposto una ciocca di capelli birichina dal viso “Questo è solo un altro momento di difficoltà, supereremo anche questa! Abbi fiducia in te stessa e poi lo sai che noi siamo qui al tuo fianco!”

Usagi abbassò il capo “Non abbiamo mai perso degli innocenti però. Nessuno a parte noi ci ha mai rimesso la vita!”

Ami scosse la testa “Questo non possiamo darlo per certo. Molti nemici hanno creato danni alla città. Non sappiamo se qualcuno si è fatto male e non sapendolo, non ci siamo poi preoccupate più di tanto. Ora invece ne siamo consapevoli grazie alla televisione, ma non è colpa tua Usagi. È una guerra e le vittime purtroppo  ci saranno, soprattutto dato che si sta giocando con l’equilibrio naturale!”

Usagi annuì e sospirò.

“Inoltre tu ti dai la colpa di quanto successo perché ti sei addormentata, ma gli tsunami non sono accaduti sta notte!”

Usagi spalancò gli occhi “Cosa?”

Ami annuì tristemente “è così. Mamoru ce l’ha riferito a fine battaglia. Tutto questo è successo ieri pomeriggio!”

“Non è possibile io…io ho mantenuto la concentrazione il più possibile, anche quando la luna è stata sotto attacco!”

“Si, ma Usagi, il tuo corpo non ce la fa. Non puoi pretendere troppo da esso, né il cristallo d’argento te lo permetterà. Tu usi il cristallo per proteggere noi, ma il cristallo ha sempre protetto te in primis. È grazie a lui che sei tornata in vita dopo lo scontro con Metallia e anche noi. Tu hai espresso un desiderio e lui lo ha esaudito per te! Il cristallo ha un potere immenso, ma è limitato dal suo custode, ma non è colpa tua se sei un essere umano. Pensaci! Tu stai facendo tutto quello che puoi per salvaguardare questo pianeta e nessuno dirà il contrario. Cosa dovremmo dire io  e le altre guerriere allora? Noi stiamo ferme a guardare la distruzione del pianeta e del tuo fisico. Hai perso anche quella vivacità che avevi un tempo e noi non possiamo fare nulla. Questo è molto frustrante per noi!”

Usagi si asciugo le lacrime e sorrise “Bhe,come hai appena detto, ognuno fa quello che può no?”

“Esatto Usagi. È questo quello che volevo farti capire!”.

Ami abbracciò l’amica, perché nonostante fosse riuscita a rincuorarla, sapeva che aveva ancora bisogno di sfogarsi.

 

La campanella dell’intervallo suonò e nemmeno il tempo di finire di squillare, che Makoto e Minako si erano precipitate a cercare le loro amiche.

La seconda travolse addirittura un’altra allieva della scuola che si stava apprestando ad entrare nella toilette.

“Oh, siete qui!” disse Makoto “Tutto bene?” chiese con voce preoccupata la ragazza di giove.

Minako non diede a Usagi il tempo di risponderle. Si avvicinò a lei e si mise a studiarla da cima a fondo, fino a fermarsi a fissarla negli occhi.

“Si, direi di si. O almeno non sembra più uno zombie come prima!” disse Minako incrociando le braccia e sorridendo. “Però dovresti fingere di avere davvero il mal di testa, perché la professoressa stava andando in infermeria e dato che non ti troverà, potresti avere qualche problema!”

Usagi sbuffò, mentre tutte e quattro uscivano dal bagno per recarsi in aula.

“Ah eccovi qui a voi quattro. Mi dite cosa state combinando?” disse la voce dell’insegnante dietro le loro spalle, facendole sussultare.

 “Voi non me la raccontate giusta!” disse, per poi spostare l’attenzione su Ami  “Piuttosto lunga la tua sosta in bagno signorina Mizuno!”

“Ehm…professoressa…vede io…” cominciò Ami imbarazzata, non sapendo cosa inventarsi.

“Si, si, avevo capito quali erano le tue intenzioni. Usagi è stata lasciata dal suo ragazzo e tu volevi consolarla!”

Le ragazze stralunarono gli occhi.

“Ma veramente io non…” iniziò Usagi, per poi essere interrotta dalla professoressa che aveva travisato tutto.

“So come ti senti ragazza mia, ma ce ne sono di ragazzi al mondo, perché soffrire per uno di loro!” disse la donna, con un portamento di chi di quelle cose se ne intendeva.

“La professoressa ha ragione, Usagi!” disse Makoto facendo l’occhiolino. La professoressa non sembrava arrabbiata e quindi era meglio se avessero tenuto il gioco.

“Su! Le prossime tre ore dovranno essere utilizzate per finire di sistemare il cortile per le gare scolastiche di domani. Prendilo come un modo per non pensare a quel disgraziato!” disse la professoressa, spingendo delicatamente Usagi, verso le scale per farle raggiungere i suoi compagni di squadra.

 

L’indomani il cortile della scuola era allestito a festa. I giochi scolastici erano sempre motivo di svago per i ragazzi e le loro famiglia.

Sul prato vi erano diverse bancarelle che servivano da mangiare alle persone, mentre sul campo sportivo, posto al centro dell’istituto, erano sistemati gli ostacoli che i ragazzi delle varie classi avrebbero dovuto superare per vincere le gare.

A quell’avvenimento ci andò tutta la famiglia di Usagi, anche se la ragazza non sapeva esattamente dire se per fare il tifo per lei o per sorvegliarla.

Ma non le importava, perché quel giorno ci sarebbe stato anche Mamoru.

 “E quello cosa ci fa qui?” disse Kenji, quando vide Usagi saltare al collo del ragazzo.

Avrebbe voluto strangolare Mamoru per averle appena messo le mani addosso, anche se per un semplice abbraccio.

Il padre della ragazza non riusciva a sopportare l’idea che la sua bambina mettesse le ali tutto ad un tratto e lasciasse il nido. Era ancora piccola infondo. Era soltanto ieri che teneva Usagi tra le sue braccia, cullandola per farla addormentare e solo quella mattina le aveva tolto le rotelle dalla bici.

Non era pronta per i ragazzi e da una parte era sollevato che a causa del divieto di uscire di casa, non lo aveva più visto quel tipo.

“è il suo ragazzo, era ovvio che venisse!”rispose Ikuko “E oggi la punizione di non vederlo fino a nuovo ordine, temo sia da abolire, in quanto non puoi cacciare via Mamoru!” continuò la donna divertita dalla scenata che suo marito stava facendo.

“Vuoi scommettere?” disse alzandosi una manica della camicia azzurra che indossava, come se avesse intenzione di picchiare il ragazzo.

“Vuoi forse picchiarlo papà?” chiese Shingo “Non potresti scegliere un momento in cui non ci sono testimoni? E poi cosa importa se quell’impiastro ha un ragazzo, piuttosto povero lui!” disse il fratello di Usagi, non perdendo la palla al balzo di prenderla in giro.

Kenji sbuffò e si calmò, ma i suoi spiriti bollenti tornarono a farsi sentire quando vide Chibiusa saltare in braccio a Mamoru come se quell’uomo fosse stato suo padre.

 “Anche Chibiusa gli è sempre appiccicata!” disse contrariato l’uomo.

Ikuko sorrise a vedere Usagi e Chibiusa insieme a quel ragazzo e non potè fare a meno di pensare che quei tre sembravano una famigliola felice.

 

Le gare ebbero presto inizio. Rei, presente anch’ella nonostante non fosse la sua scuola, Minako, Usagi, Ami e Chibiusa, fecero il tifo per Makoto che stava per affrontare la corsa agli ostacoli.

I combattimenti Sailor erano perfetti per tenersi in allenamento e per la ragazza di giove non era difficile evitare gli ostacoli. Al contrario, con tutte le volte che aveva dovuto schivare gli attacchi nemici, quella corsa le era sembrata una vera passeggiata.

Le sue amiche la pensavano esattamente allo stesso modo e di fatto non si meravigliarono quando Makoto ottenne il primo posto.

Vennero successivamente chiamati i partecipanti alla corsa dei 100 metri, tra cui vi erano Usagi e Minako.

La prima si sentiva abbastanza in forma per poter affrontare la gara.

“Ehi Usagi, chi perde paga il gelato all’altra!” disse Minako, sicura di vincere.

 “Ci sto!” disse Usagi sorridendo.

Doveva ammettere che si stava divertendo tutto sommato. Per un po’ era riuscita a dimenticare i problemi creati dai nemici e cercò di aggrapparsi a quella sensazione di serenità il più possibile.

Lo starter sparò un colpo di pistola e la corsa cominciò.

Minako e Usagi erano in parità sebbene due ragazzi fossero davanti a loro, ma non importava loro di arrivare prima di tutti, volevano solo arrivare prima dell’altra.

Usagi con uno sprint riuscì a superare l’amica, ma un’improvvisa fitta al petto la fece inciampare e cadere a terra dolorante.

Minako corse in avanti non accorgendosi subito di quanto accaduto, ma vedendo che la ragazza non la raggiungeva più, si voltò. Trovandola ancora a terra, comprese che non era la sua goffaggine la causa della sua caduta e urlando il suo nome, l’affiancò.

Le grida della guerriera di venere, attirarono l’attenzione di tutti e la gara venne interrotta, per prestare soccorso a Usagi.

La famiglia della ragazza e i suoi amici la circondarono.

Mamoru fu il primo a soccorrerla, ma si era dovuto scostare per fare spazio alla madre della ragazza.

Ikuko sollevò la testa di Usagi e gliela fece posare sulle gambe, sperando di fare sentire la figlia più comoda.

“Tesoro, che ti succede?” chiese la donna preoccupata. Aveva riconosciuto i sintomi di quanto aveva. Erano gli stessi dell’ultima volta, quando la ragazza era svenuta nell’ingresso di casa. Quella volta aveva creduto che si trattasse solo di stress, ma vedendo la figlia soffrire in quel modo, comprese che qualcosa di ben più grave l’affliggeva.

Cominciò a domandarsi se la ragazza in quel periodo avesse sofferto di quegli attacchi e non avesse detto niente per sua spontanea volontà. Non ne sarebbe stata sorpresa. I loro rapporti erano stati difficili ultimamente, soprattutto tra lei e Kenji e probabilmente Usagi non aveva voluto confidarsi con loro.

Guardò il suo viso pallido e si ritrovò a pensare che più volte l’aveva vista con un pallore simile, sebbene non così accentuato. Pensava fosse dovuto alla pressione bassa o al periodo nero che stava passando.

Si diede della stupida per non aver pensato a qualcosa di peggiore. Sperava solo che non avesse qualche malattia o problemi al cuore, dato che continuava a tenersi stretta il petto.

“La stanno attaccando di nuovo!” disse tra Mamoru stringendo i pugni con rabbia, prima di spalancare gli occhi a causa di un forte squilibrio naturale.

Nessuno però noto la sua reazione e preferì così. Tanto se stava succedendo quello che sentiva, nessuno poteva porre rimedio. Solo Usagi poteva fare qualcosa dove ancora c’era speranza, ma le condizioni della ragazza, non gli fecero sperare che essa potesse nuovamente espandere il potere del cristallo troppo presto.

Avrebbe voluto avere lui il potere di proteggere la terra, infondo era lui il custode del pianeta. Avrebbe voluto togliere quel macigno dalle spalle della sua Usako e caricarselo addosso. Voleva aiutarla, vederla di nuovo essere la ragazzina allegra e spesso infantile, quando non doveva svolgere il suo ruolo di guerriera della giustizia. Invece l’unica cosa che poteva fare era vedere la sua amata a terra sofferente, senza poterla nemmeno stringerla tra le braccia a causa della presenza dei genitori. Senza riuscire a proteggerla, proprio come era accaduto ai tempi del Silver Millennium.

Si sentiva così inutile

La famiglia di Usagi e anche se sue amiche, chiamarono il nome della ragazza ripetutamente. Speravano di captare un segno che riferiva loro che la fase critica dell’attacco era passato.

Sentendosi chiamare, Usagi aprì leggermente gli occhi, per poi dire in un sussurro “La lu-na…”

Per i presenti che non conoscevano la storia, quella parola fu priva di significato.

“La luna? Che centra la luna?” disse Shingo confuso.

“Forse ha battuto la testa e meglio chiamare un’ambulanza!” disse l’insegnante Haruna, giunta per assicurarsi delle condizioni della sua allieva.

“Non è…possibile!” disse Rei alzando la testa capendo cosa Usagi volesse che facessero e  rimase sbalordita a ciò che i suoi occhi le stavano mostrando.

Le altre guerriere ebbero la sua stessa reazione e a definire dalle urla che si alzarono nell’intero cortile, anche la folla era rimasta incredula a ciò che videro.

La luna era vicinissima alla terra, questa volta molto di più dell’ultima volta. Si potevano benissimo percepire i vari dislivelli della superficie lunare e contare tranquillamente tutti i crateri che il satellite portava, in quanto, nonostante fosse giorno, essa era visibilissima.

“Quella cos’è?” chiese Minako, indicando un punto preciso sulla superficie della luna,

Una crepa, ad occhio e croce profonda diversi chilometri, si stava espandendo sulla luna, deturpandone la faccia visibile.

“Non è possibile, una cosa del genere si può verificare solo nel caso in cui un terremoto scuotesse il suolo roccioso della luna, provocandone la rottura!” disse Ami incredula a quanto avvenisse “Cosa diavolo stanno cercando di fare i nostri nemici?”

“Stanno cercando di far abbassare totalmente la guardia a Usagi e purtroppo ci stanno riuscendo!” disse Mamoru, vedendo che la sua ragazza, aveva perso i sensi a causa del dolore.

La gente del posto però non si preoccupava di una banale crepa sulla luna. Loro erano spaventati da ben altro e cioè dall’imminente apocalisse che si stava per abbattere su di loro.

“Quanto vorrei che tutto questo fosse solo un brutto sogno!” disse Chibiusa posando lo sguardo sul volto addormentato di Usagi. Aveva paura, doveva ammetterlo.  Paura per Usagi, paura per tutti loro, paura per l’intero pianeta e quest’ansia crebbe quando nell’aria si sentirono echeggiare delle risate.

 

 

  
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