Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: FairyCleo    06/04/2014    11 recensioni
Dal capitolo 1:"Erano trascorse tre settimane dall' ultima volta in cui aveva trascorso una giornata con la propria famiglia al completo. Erano trascorse tre settimane da quando aveva litigato per l' ennesima volta con Chichi.
Erano trascorse tre settimane da quando lei aveva preparato i bagagli, lasciando lui e Gohan soli in quella piccola, silenziosissima casa in cui non sarebbero mai più risuonati i passi leggeri della donna che Goku aveva sposato".
Dal capitolo 3: "Io non so se sei venuto a conoscenza degli avvenimenti che hanno segnato la mia famiglia nelle ultime settimane..."[...]"Vegeta, mio papà non ha preso bene la cosa... è stanco, spento, immotivato.[...]"So che il tuo più grande desiderio è quello di battere mio padre, è per questo che ti chiedo di aiutarlo. Allenati con lui Vegeta. Diventa il suo nuovo stimolo. E sono certo che diventerai anche tu un super sayan. Il super sayan più forte della storia".
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gohan, Goku, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
We can be heroes
 
Non poteva essersi sbagliato. Non poteva averlo fatto e basta.
Se per un breve attimo aveva potuto credere che fossero stati i suoi occhi a tradirlo, che fosse stato il suo olfatto a giocargli un brutto scherzo, la sua anima non poteva avergli mentito, la sua capacità di percepire le forze spirituali altrui non poteva avergli fatto scambiare fischi per fiaschi. Perché non esisteva un’altra aura simile a quella e mai, mai sarebbe esistita in futuro, anche se avessero deciso di clonarlo. Quell’aura apparteneva a lui e a nessun altro. Quell’aura era la testimonianza più vera e autentica di quanto era avvenuto. Quell’aura gli aveva appena mostrato che lui era lì, che c’era davvero, anche se non sapeva come ciò fosse possibile.
E, a quel punto, era stato impensabile mettere a tacere la vocina che gli diceva di fare attenzione, di non farsi più male di quanto già non avesse fatto in precedenza, ed era stato impossibile non notare la flebile fiamma della speranza che si era accesa nel suo cuore, la speranza che forse lui non sarebbe andato più via.
 
Era ancora afflosciato sui propri talloni da quando si era accorto della sua apparizione, e non aveva osato spostarsi, temendo che anche un suo più piccolo movimento potesse farlo andare via, farlo scomparire per sempre dalla sua vista e dalla sua vita.
 
Credeva che il cuore stesse per esplodergli, finalmente per la gioia e non per il dolore.
Ma se si fosse illuso? Se fosse morto in ben due diverse occasioni senza essersene accorto e si fosse trovato con lui in un mondo dedicato a chi in teoria non avrebbe dovuto esistere più? Sarebbero stati insieme comunque, no? Perché lui lo sentiva. Lui lo vedeva. Era lì, proprio lì, davanti a lui. E stava continuando a chiedersi cosa diamine stesse aspettando a raggiungerlo.
 
Continuava a sorridere, lui. Se ne stava lì impalato come uno stoccafisso, a fissarlo con quei suoi occhi da pesce lesso e a sorridere con quella sua bocca che… Che… Non era più in grado di pensare razionalmente. Voleva solo agire, ma gli tremavano troppo forte le gambe per mettersi in piedi, gli faceva troppo male la gola per poter parlare. Il suo viso era ancora bagnato da lacrime di dolore, ma che figura avrebbe fatto se fossero state sostituite da lacrime di gioia? Lui, il principe dei saiyan, avrebbe di nuovo potuto perdere la faccia, mettere sotto i propri piedi l’orgoglio che tanto lo aveva distinto dagli altri esseri?
Stava sorridendo a sua volta, Vegeta, sorridendo per quanto assurdo fosse il pensiero che aveva appena formulato. Per quanto tempo poteva ingannare se stesso con quell’assurda e vecchia storia del suo orgoglio ferito, del suo onore saiyan? A lui non importava più niente dell’onore, non gli importava più come prima, almeno. L’unica cosa importante era quello zuccone che aveva osato farlo impazzire dal dispiacere.
 
“Tu…” – gli aveva detto, piano, pianissimo – “Tu…”.
 
Goku non si era mosso, continuando a sorridere, mordendosi di tanto in tanto il labbro inferiore per tentare di placare il nervosismo che lo aveva assalito sin dal primo istante.
Non gli importava di niente, di niente all’infuori di quella creatura così splendida che aveva davanti. Non gli importava di niente se non del suo Vegeta.
Avrebbe dovuto dirgli qualcosa, lo sapeva bene. Era conscio del fatto che non fosse considerato esattamente un essere geniale, ma anche un perfetto cretino come lui avrebbe capito che stare in silenzio non avrebbe di certo giovato a sbloccare quella situazione di stallo. E, se lo conosceva bene - e sì, lo conosceva bene - poteva giurare di aver visto affiorare su quel viso così bello l’ombra di un’espressione ormai nota e familiare, un’espressione che lasciava presagire tempesta.
 
“Tu…” – aveva infatti ripetuto Vegeta ancora una volta, aggrottando le sopracciglia così tanto da far comparire un groviglio di rughe fra di esse e sulla sua ampia fronte.
Qualsiasi cosa stesse per dirgli, sarebbe stata accolta da lui con gioia. Qualsiasi cosa avesse fatto, sarebbe stata il più grande dono mai ricevuto.
 
E, dopo un tempo a lui parso interminabile, Vegeta si era messo in piedi, guardandolo con quei suoi occhi truci ma allo stesso tempo tremendamente emozionati.
Gli sarebbe corso incontro, o stava desiderando una cosa impossibile da parte sua? Lo avrebbe raggiunto o… o…
“Tu sei consapevole di essere completamente nudo e di essere in presenza di estranei oltre che mia, non è vero?” – Vegeta aveva interrotto bruscamente il filo dei suoi pensieri, costringendolo a guardare le proprie vergogne dopo aver focalizzato lo sguardo sulla tunica malridotta che il principe continuava a stringere convulsamente nella mano destra prima, e su Bubble e Gregory poi.
“Emm… Io… Veramente…” – aveva cercato di dire, ponderando accuratamente le parole.
“Tu sai che cosa significa, vero, Kaharot?” – aveva sottolineato, avvicinandosi minaccioso.
“URCA! VEGETA, ASPETTA!”.
 
Non aveva fatto in tempo a parare il colpo, ma nel tentativo di spostarsi all’indietro per evitarlo non era proprio riuscito a non cadere, atterrando in malo modo sul suo nudo deretano prima di sbattere le spalle e la sua zucca che tutti dicevano fosse vuota.
“AHI!” – si era lamentato, continuando a tenere gli occhi chiusi.
Stranamente, però, non c’era traccia del dolore che avrebbe dovuto avvertire al viso o al torace, conseguenza del micidiale colpo ricevuto da Vegeta.
Sentiva il peso del suo corpo su di sé. Lo sentiva benissimo. Così come sentiva il tepore del suo fiato sul collo e l’ombra del suo viso e dei suoi capelli proiettata sul proprio. E, timidamente, aveva aperto un occhio, poi l’altro, scoprendolo a pochi passi da sé e rendendosi conto dopo un rapido sguardo che entrambe le sue mani si trovavano ai lati del suo collo, ben piantate nel terreno brullo e divelto, due pilastri che sarebbero crollati con la giusta pressione, la pressione esercitata da chi sapeva quali punti toccare e soprattutto come toccarli.
 
Gli era bastato aspettare che posizionasse il viso alla stessa identica altezza del proprio per potersi specchiare nei suoi occhi scuri come la notte ma mai così vivi e palpitanti. Aveva ancora addosso quel suo sguardo corrucciato, quella sua espressione minacciosa che era solito sfoggiare nelle migliori occasioni, e quale occasione poteva essere migliore di quella? Se lo avesse preso a testate se lo sarebbe meritato eccome! Ma Vegeta sembrava volesse fare di tutto fuorché prenderlo a testate, o a pugni, o a calci, o disintegrarlo come era solito proporre nelle più disparate occasioni.
 
“Tsk!” – aveva improvvisamente esordito, serio, serissimo – “Ti ha mai detto qualcuno che sei un depravato?”.
“Emmm… Ecco… Veramente, io…”.
“Zitto!”.
“Urca!” – forse era davvero arrabbiato. Ma proprio arrabbiato sul serio.
“Dovrei strapparti la lingua a mani nude” – aveva asserito, severo – “Ma poi… Poi non poteri fare…”.
“Cosa?”
 
E, contrariamente ad ogni suo pronostico, Vegeta si era poggiato sui gomiti, afferrandogli con forza due grosse ciocche di capelli e chinandosi in avanti per punire il suo comportamento con il più rude ma passionale dei baci.
A Goku era occorso un po’ di tempo prima di rendersi conto di quanto effettivamente stesse accadendo, prima di rendersi conto che quei due cuscini leggermente screpolati e umidi stessero toccando i propri, prima di rendersi conto che la sua lingua lo stesse stuzzicando, che i suoi denti stessero giocando con lui, mordicchiando quando serviva e promettendogli ben altro.
Per un brevissimo istante gli era mancato il fiato. Ma se era quella la causa della sua mancanza d’aria, bè, sarebbe morto volentieri soffocato!
Era stato solo allora che aveva deciso di reagire, prendendo parte attiva a quel gioco per nulla spiacevole.
Ed era stato come se si fossero baciati per la prima volta. Era stato come quel lontano giorno in cui lo aveva trascinato in acqua, sorprendendolo e sorprendendosi a sua volta per essere stato contraccambiato.
 
Vegeta era suo, e lui apparteneva a Vegeta. Non c’erano se, non c’erano ma. Potevano anche essere un principe ed un soldato semplice, un assassino ed un eroe, ma tra di loro c’era qualcosa che sarebbe durato in eterno, qualcosa che non si sa come aveva legato le loro anime, le loro menti, i loro cuori, rendendoli due facce della stessa medaglia, rendendoli una cosa sola.
 
Cielo, nessuno avrebbe potuto capire davvero quanto avesse desiderato quel momento. Erano loro, solo loro e nessun altro. Loro in un mondo fuori dal tempo, loro in una dimensione che nessuno avrebbe mai potuto raggiungere.
Lo amava. Lo amava come non aveva mai amato nessuno, lo amava più di chiunque altro, lo amava più della sua stessa vita, più della libertà, più… Oh, non lo sapeva più di cosa! Sapeva solo che lo amava, e che per nulla al mondo avrebbe permesso a qualcuno di portarglielo via.
 
Le mani di Vegeta continuavano a rimanere aggrappate ai suoi capelli mentre le loro lingue danzavano, mentre le sue, di mani, stavano esplorando il profilo delle spalle tornite, della schiena nuda, fino ad afferrare prontamente i fianchi con il solo desiderio di lasciarvi impresse le proprie impronte. Nessuno lo avrebbe mai più toccato, nessuno lo avrebbe nemmeno sfiorato con un dito. Se su quel piccolo, meraviglioso corpo proporzionato ci fossero stati segni, marchi o quant’altro, sarebbero stati tutti opera sua.
E aveva intenzione di iniziare in quel preciso istante, Goku. Se solo ne avesse avuto il tempo, però. Perché appena aveva cercato di far scivolare le mai più in basso, posandole sulle sue cosce forti, Vegeta si era ritratto di scatto, dandogli in regalo quella testata che aveva creduto di aver ormai evitato.
 
“AHI!” – si era lamentato, pressando sulla parte lesa nel tentativo di far diminuire il dolore – “MA SI PUO’ SAPERE PERCHE’ L’HAI FATTO?”.
“TSK! Tu OSI chiedermi perché, Kaharot? Osi chiedermi perché??”.
 
E le aveva viste. Aveva visto un lunga serie di espressioni passare sul suo volto. Aveva visto la rabbia, aveva visto la gioia, aveva visto la delusione, fino a veder comparire un velo di calde lacrime salate che si formava su quegli occhi che tanto amava.
Si era sentito uno stupido, Goku. Si era sentito un autentico stupido. Uno stupido patentato, per essere precisi.
 
“Vegeta… Io…”.
“Sta zitto” – aveva ordinato, con la voce rotta dal pianto – “Devi ‑ stare - zitto. ZITTO!”.
Gli aveva dato uno spintone, sfuggendo di scatto dalla sua presa e mettendosi in piedi in maniera anche un po’ goffa data la sua agilità, cominciando a camminare avanti e indietro, guidato solo ed esclusivamente dalla rabbia.
Goku si era messo a sua volta seduto, cercando di ricomporsi, sentendosi sempre più stupido e vulnerabile.
Era colpa sua se Vegeta si trovava in quelle condizioni. Era colpa sua se stava impazzendo nuovamente, se si stava tormentando, se stava patendo di nuovo tutto quel dolore e quella sofferenza.
Ma avrebbe rimediato se glielo avesse concesso. Avrebbe rimediato eccome. Per cominciare, gli avrebbe fatto da schiavo per un anno intero se necessario, anche per due! Gli avrebbe cucinato tutto quello che desiderava, avrebbe fatto tutto quello che voleva e si sarebbe lasciato prendere a pugni ogni volta che gli aggradava, fingendo persino di farsi battere! Anche se, a ben vedere, con la potenza che aveva attualmente raggiunto Vegeta, non avrebbe dovuto fingere affatto.
 
“Tu non sai quello che ho dovuto sopportare!” – aveva urlato, aprendo e chiudendo la mano convulsamente – “Tu non lo sai! Ho fatte delle cose orribili, Kaharot! Io ti ho sfondato il petto! Ti ho ucciso! Sono un mostro! UN MOSTRO!”.
 
Avrebbe dovuto cercare di calmarlo, avrebbe dovuto fare qualcosa, ma Vegeta era troppo arrabbiato per potersi lasciar avvicinare, era davvero troppo, troppo arrabbiato.
 
“Avevo ancora il pugno immerso nel tuo petto quando ho capito quello che avevo fatto, quando la mia coscienza si è risvegliata. Tu non respiravi più, il tuo cuore non batteva… C’era sangue dappertutto… Ed io… Io ho provato a svegliarti, ma tu non reagivi. E non reagivi perché eri morto! Ed eri morto perché io ti avevo ucciso!”.
 
Non si era reso conto che Goku lo aveva raggiunto fino a quando non aveva sentito le sue braccia cingergli la vita e il mento poggiarsi nell’incavo della sua spalla.
“Sssshhh…” – aveva sussurrato la prima volta – “Sssshhh… Va tutto bene… Va tutto bene…”.
Nonostante la resistenza iniziale, nonostante il cuore al galoppo per colpa della rabbia, dell’astio che provava verso se stesso, alla fine era riuscito a calmarsi, regolarizzando il suo respiro e i battiti del suo cuore impazzito.
Ed era stato tutto merito dello stesso idiota per cui poco prima aveva letteralmente “dato di matto”.
Non aveva aggiunto altro, Goku. Aveva solo continuato ad abbracciarlo con tenerezza, iniziando a dondolare a destra e a sinistra senza rendersene conto, conducendolo come fa un cavaliere durante una romantica danza. Chissà quanto tempo era trascorso da quando avevano proferito l’ultima parola. Potevano essere stati secondi, minuti, o forse intere ore. Non lo sapevano. E non gli importava. L’unica cosa importante era che si trovavano di nuovo insieme e che nessuno avrebbe potuto separarli di nuovo.
 
Vegeta aveva chiuso gli occhi, sentendosi improvvisamente stanco, eppure molto, molto felice. Ed era stato solo merito suo. Era stato solo sentendo il suo respiro regolare se anche il suo era diventato tale.
Senza neanche rendersene conto, aveva afferrato mollemente i polsi di Goku, aggrappandosi dolcemente ad esso, usandolo come suo sostegno. Era paradossale quanto stava accadendo. Lui era forte, era diventato davvero il più forte, eppure, continuava ad aver bisogno del sostegno di qualcun altro.
 
“Come hai fatto?”.
“Mmm?”- aveva mugugnato Goku, troppo rilassato persino per parlare.
“Come hai fatto a tornare indietro, Kaharot?” – gli aveva fatto quella domanda girando quanto bastava il capo per poterlo guardare negli occhi.
“Vuoi la verità?”.
Che domande, certo che voleva la verità.
“Non ne ho la benché minima idea”.
“Tsk! Come sarebbe a dire che non ne hai idea?” – era evidente che si stesse di nuovo alterando, anche se non ne aveva intenzione.
“Che non ne ho idea. Te lo giuro Vegeta, un minuto prima non esistevo e poi… Ascolta, l’ultima cosa che ricordo è quando… Quando…”.
“Ti ho sfondato il petto” – aveva concluso al suo posto.
“Sì… E poi mi sono risvegliato dietro di te. Non so come ciò sia stato possibile, te lo giuro, ma sono qui. Sono qui, Vegeta, e non ho nessuna intenzione di lasciarti”.
Lo aveva baciato, e lui non aveva obiettato in nessun modo. Come avrebbe potuto? E perché , soprattutto? Perché continuava a pensare che quello fosse solo un brutto tiro mancino del destino, ecco perché.
Non era di certo la prima volta che si accaniva su di loro. Per quale ragione quell’occasione avrebbe dovuto essere diversa?
 
“Posso spiegarvelo io, il perché!”.
 
“Di chi diamine è questa voce, adesso?” – aveva tuonato Vegeta, messosi immediatamente sulla difensiva.
“Urca! Ma io lo so a chi appartiene questa voce! Re Yammer, è lei, non è vero?”.
 
“In persona, figliolo! In tutta la mia magnificenza!”.
 
Era felice di sentirlo, quel grosso omone sapeva più di quanto poteva sembrare, alla fine!
 
“Goku, chi diamine è questo tizio di cui parli?”.
 
“Ehi! Tu! Principe! Un po’ di rispetto per chi si trova molto più in altro di te!”.
 
“Si dia meno arie e svuoti il sacco. Subito, se non le dispiace”.
 
Goku sapeva che quello non era il modo più adatto per rivolgersi al permaloso burocrate, ma non era il momento più adatto per cercare di “placare il suo spirito”.
 
“Che razza di modi! E’ questo il ringraziamento per averti restituito il tuo ragazzo, principe Vegeta?”.
 
Era arrossito. Vegeta era arrossito come un peperone, e a nulla era valso ogni suo tentativo di mascherarlo. Sarebbe stato comunque fin troppo evidente.
 
“Come sarebbe a dire che lei mi ha… Come diavolo ha fatto?”.
 
“Diciamo che ti dovevo un favore, ragazzo. Diciamo che eravamo tutti a dovertelo”.
 
Così, con la sua voce imperiosa e bassa, re Yammaer aveva raccontato ai due giovani saiyan quanto aveva fatto per loro, permettendogli di nuovo di stare insieme.
Aveva raccontato a Goku di come Vegeta aveva strappato a Broly il cuore dal petto nella speranza di trattenere in esso la sua forza vitale, e di come aveva ucciso brutalmente proprio lui, permettendogli però paradossalmente di risorgere. A quanto sembrava, anche nella follia, Vegeta era riuscito a portare a termine il suo piano così ben congegnato, anche se aveva avuto bisogno di un aiuto non propriamente piccolo.
La vita rimasta miracolosamente aggrappata al cuore di Broly non era stata sufficiente per permettere a Goku di tornare a camminare nel mondo dei vivi, ma era stata abbastanza per permettere a re Yammer di mettere in atto un suo personalissimo trucchetto e di restituire Goku a chi lo amava. Non aveva spiegato loro come aveva fatto nello specifico, ed era stato meglio, perché non avrebbero capito, ma in qualche modo aveva permesso a parte della linfa vitale di Vegeta e a quella appartenuta a Broly di trasferirsi nel corpo di Goku qualche istante prima che spirasse, e di farlo risorgere dopo essere scomparso come fa una fenice dalle proprie ceneri.
 
“Ce l’hai fatta, ragazzo. Per quanto possa sembrarti strano, hai fatto tutto quello che era in tuo potere ed anche di più per salvare chi ami, e questo è il risultato. Tu vivi in Goku perché hai imparato cosa sia il dolore. E per quanto questo possa sembrare uno squallido doppio senso, non lo è. Ora, però, cerca di non fargli fare più idiozie, va bene? E tu Goku, tieni buono il tuo fidanzato! Non ho nessuna intenzione di vederlo di nuovo in quello stato bestiale!”.
 
Assurdo. Quello che gli aveva raccontato re Yammer era a dir poco assurdo. Lui era vivo grazie a Vegeta. E in lui scorreva anche parte della linfa vitale appartenuta a Broly. Era vivo grazie al sacrificio di due saiyan. E lui non sapeva se essere più felice o terrorizzato.
Se fosse diventato come Broly? Se fosse diventato un pazzo assassino e avesse fatto del male a Vegeta? Ma quel pensiero era durato il tempo di un respiro. C’era anche la vita del suo principe che scorreva in lui, e in qualche modo sentiva che anche un briciolo della propria fosse rimasto sepolto da qualche parte nel suo io più profondo. Era certo che insieme avrebbero potuto tenere a bada ogni istinto più basso e disgustoso. Era certo che insieme lo avrebbero reso migliore di quanto non fosse mai stato.
Si era girato verso Vegeta, incapace di mascherare tutto l’amore e la devozione che provava nei suoi confronti. Quanto aveva dovuto soffrire per ricondurlo alla vita? Adesso, avrebbe fatto in modo che la sua esistenza fosse circondata solo da momenti felici.
 
“Sì, Goku!” – era intervenuta un’altra voce oltremodo familiare – “Tieni buono il tuo fidanzato!”.
 
“Re Kaioh?” – si era domandato, stranito – “Re Kaioh, ma che ci fa lei lì?”.
 
“Chiedi al tuo amichetto!” – aveva sibilato, adirato – “Voglio proprio vedere cos’ha il coraggio di risponderti”.
 
Ma Vegeta non aveva proferito parola, reagendo con l’aver indossato un’espressione più che mai imbronciata e voltando le spalle ad un Goku più che confuso.
 
“Urca! Non ci capisco più niente!” – la sua candida ammissione era stata accompagnata da un gesto di pura rassegnazione. Perché dovevano sempre complicare le cose?
 
Ancora silenzio. Andando avanti in quel modo sarebbe presto andato fuori di testa. Non che fosse molto lontano, in effetti.
 
“Ma insomma, qualcuno vuole dirmi che cosa intendeva re Kaioh o no?”.
“Io direi che è il caso che tu faccia un’altra cosa, prima” – aveva detto Vegeta, continuando a dargli le spalle.
“Urca, che cosa?” – perché nessuno era chiaro sin dall’inizio?
“Non lo immagini?”.
 
Aveva visto Vegeta girarsi nella sua direzione, e poi aveva visto i suoi occhi scendere verso il basso, fino a posarsi proprio lì, dove avrebbe dovuto trovarsi quello che non c’era.
Solo a quel punto si era reso conto di essere in costume adamitico. Solo a quel punto si era reso conto di essere nudo come “mamma lo aveva fatto”.
 
“Eh eh eh! Non me n’ero proprio accorto!” – aveva detto, mettendo una mano dietro la nuca e cominciando a grattarla con insistenza, noncurante del fatto che fosse ancora con le vergogne al vento.
“Tsk! E quando mai ti accorgi di qualcosa, tu?” – ormai era rassegnato. Ma il lieve rossore sulle sue guance lasciava intendere ben altro – “Ecco! Idiota!”.
 
Non era rimasto molto della sua amata tuta arancione, ma era meglio accontentarsi, no? E poi, era ancora calda e umida per via delle lacrime di Vegeta, e questo la rendeva speciale. Non l’avrebbe mai buttata, neanche se le tarme l’avessero ridotta peggio di com’era. Sarebbe finita nell’armadio, nello scatolone in cui aveva riposto il costume di Loki che apparteneva a Vegeta, in memoria di quanto difficile ma bello fosse stato il loro percorso insieme.
 
Ma non aveva solo notato di essere nudo, arrivati a quel punto. In effetti, c’era qualcosa nell’abbigliamento di Vegeta che era… diverso. Decisamente diverso.
 
“Scusa, Vegeta, ma come diamine sei conciato?”.
“Prego?” – se ciò era possibile, il rossore sulle sue guance era aumentato. Il principe dei saiyan era un tipo particolare, non c’era che dire: indossava delle tutine strettissime che non lasciavano nulla all’immaginazione, ma chiunque gli avesse proposto di andare in giro a torso nudo si sarebbe ritrovato con la lingua mozzata e con gli occhi penzolanti fuori dalle orbite. Era evidente che fosse tremendamente a disagio. Goku, invece... Bè, Goku non lo era affatto.
“Togliti quell’espressione da perfetto idiota dalla faccia, Kaharot! O giuro che te la tolgo io ancor prima di essermi sbarazzato di questi stupidi vestiti”.
“Ma scusa, perché ti arrabbi tanto? Volevo solo sottolineare che ho apprezzato e che…”.
“Sta zitto”.
“NO!”.
“KAHAROT! IO TI…”.
 
“SCUSATE!” – era stato un autentico coro di voci ad inframezzare la lite che stava per scatenarsi.
Re Yammer, re Kaioh e persino Bubble - a modo suo - e Gregory erano intervenuti, costringendo i due giovani a guardarli.
“Emm…” – aveva cominciato a balbettare Gregory, terrorizzato dallo sguardo accigliato del minaccioso principe dei saiyan.
“Che ne dite di lasciare a più tardi i battibecchi da innamorati?”.
 
A nessuno dei due era sfuggito il tono oltremodo sarcastico di re Yammer, soprattutto non a Vegeta. Se non lo avesse aiutato a ridare a Goku la sua vita, lo avrebbe ucciso su due piedi, senza pensarci un attimo.
 
“Senta un po’ lei! Con chi crede di parlare, eh? Io sono il principe dei saiyan! E lei non può…!” – ma non aveva neppure finito di parlare, perché Goku era riuscito a placare ogni sua ira ed ogni suo proposito abbracciandolo forte senza dargli la possibilità di sfuggire alla sua presa ferrea, presa che gli aveva permesso di sentire quanto forte battesse il suo cuore.
Gli era occorso un attimo di tempo per riordinare i pensieri. Andava sempre così quando Goku gli stava accanto, quando lo abbracciava o gli sorrideva, o quando diceva cose senza senso, o quando faceva qualsiasi cosa, in effetti.
Era in imbarazzo. Era davvero in imbarazzo, ed era assurdo considerando quanto potente fosse diventato. Ma forse era un limite di chi raggiungeva un livello così bestiale. O forse era così umano proprio per reazione a tanta brutalità.
 
“Che ne dici se ne riparliamo più tardi? Con più calma?” – gli aveva sussurrato piano all’orecchio – “O se non ne parliamo affatto?”.
“Tsk…” – si era limitato a dire, incapace di mascherare il rossore.
 
Non c’era altro da aggiungere, a ben vedere. Era solo giunto il momento di tornare finalmente a casa.
 
*
 
Deserto.
Era stato il più totale deserto che li aveva accolti nel Palazzo del Supremo. Non c’era nessuno dei suoi amici rimasto lì ad aspettarli. Eppure, anche se i sopravvissuti erano davvero pochi, c’erano. Avevano percepito le loro aure distintamente. Dunque che fine avevano fatto Dende, Crilin, Junior, Rif e il piccolo Gohan?
 
“Dimmi un po’, ma ti sembra comportamento, questo? Tsk! Ed io che credevo tutt’altro!”.
“Fammi capire” – era intervenuto Goku, perplesso – “Ti aspettavi una festa o che stendessero il tappeto rosso apposto per te?”.
Aveva alzato gli occhi al cielo, questo solo per evitare di mandarlo a quel paese. Che razza di senso dell’umorismo era quello?
“Però non posso darti del tutto torto… Che fine hanno fatto tutti quanti? GOHAN! DENDE! RAGAZZI, DOVE SIETE?”.
“Ma la pianti di urlare?! I timpani mi servono, sai?”.
“Uffa! Dimmi allora come facciamo a trovarli!”.
“Localizzando con precisione le loro aure?”.
A volte si meravigliava da solo di quanto fosse stupido.
 
*
 
Non era servito chissà quale assurdo incantesimo di localizzazione per scoprire dove fossero tutti. Ed era servito ancora meno tempo per poterli raggiungere. Si trovavano in una delle stanze da letto interne del palazzo, attorno al letto di chi stava ancora dormendo placidamente, ignaro di quanto fosse accaduto in un luogo molto, molto lontano da lì.
Nonostante fosse a dir poco circondato dai propri amici, era stato il primo su cui si erano posati gli occhi di entrambi i saiyan, incapaci di nascondere i palpiti dei loro cuori impazziti di gioia.
 
“Gohan…” – aveva sussurrato Goku, visibilmente emozionato – “Figlio mio…”.
Lo aveva raggiunto senza neanche rendersene conto, dopo che i suoi amici gli avevano lasciato lo spazio necessario per passare, sedendosi accanto a lui con più forza di quanto non avesse voluto e posandogli una mano tra i capelli, accarezzandoli con dolcezza.
Era stato quello il momento più emozionante dopo aver compreso di essere tornato di in vita e che gli fosse stato concesso di trascorrerla accanto a Vegeta. Il più emozionante e il più felice.
Gohan era sereno, dormiva tranquillo, proprio come se non gli fosse accaduto niente di terribile, come se non avesse rischiato di perdere la sua vita nel disperato tentativo di salvare chi amava. Era stato coraggioso, il suo piccolo cucciolo saiyan. Era stato coraggioso e forte. Ma adesso, non avrebbe avuto più niente di cui preoccuparsi. Adesso, avrebbe ripreso ad andare a scuola, ad allenarsi per le gare di nuoto, ad andare al cinema con gli amici e finalmente avrebbe avuto il suo barbecue con i compagni di classe con tanto di combattimento fra saiyan adulti. E avrebbe avuto ancora di più, ma non perché volesse viziarlo e renderlo una mammoletta, ma per gratificarlo. Per gratificarlo, per dirgli grazie un milione di volte e per fargli capire quanto lo amasse e fosse orgoglioso di lui.
 
“Tra poco dovrebbe svegliarsi” – era stato Junior ad interrompere quel silenzio pieno di aspettative, catturando lo sguardo e l’attenzione di Goku – “Si è comportato da autentico eroe, questo mocciosetto. Ha dimostrato di essere degno erede di suo padre, e non solo…”.
Tutti avevano capito cosa avesse voluto dire Junior, a chi si stesse riferendo con quella frase. Tutti, tranne il diretto interessato, troppo impegnato a non far notare quanto in verità fosse agitato.
“Puoi stare tranquillo” – aveva proseguito il giovane Supremo – “Lui sta tornando”.
 
Poco dopo, Goku aveva scoperto quanto avessero avuto entrambi ragione. Gohan si era mosso al tocco della sua mano calda e forte. Subito dopo, Gohan aveva spalancato i suoi occhi scuri sul suo piccolo, grande, meravigliosissimo mondo speciale.
Gli era occorso un attimo per mettere a fuoco chi aveva davanti, per riordinare le idee. Ma poi, quando lo aveva visto, quando si era specchiato nelle pupille del suo papà, tutto aveva avuto un senso, e aveva smesso di porsi qualsiasi tipo di domanda.
 
“Papà…” – aveva sussurrato, cercando di trattenere le lacrime – “PAPA’!”.
Gli era saltato al collo senza pensarci due volte, stringendolo con tutta la forza di cui disponeva – che, per inciso, non era affatto esigua. Cielo, voleva stringerlo ancora più forte se possibile, voleva stringerlo fino ad inglobarlo in se stesso, fino a farlo diventare un tutt’uno con il proprio corpo e con il proprio essere. Perché se c’era una cosa di cui Gohan aveva paura, era che il suo papà lo abbandonasse di nuovo, era che il suo papà andasse via dicendogli di non poter tornare mai più.
“Resta con me papà! Resta con me! Con me!”.
Goku, dal canto suo, non aveva fatto altro se non sorridere vistosamente, ricambiando quel caloroso abbraccio. Il suo cuore era in festa. E quello era solo l’inizio di una lunga e felice vita da trascorrere con chi amava. E ancora non sapeva bene chi ringraziare per tutti quei doni. Appena lo avesse capito, avrebbe di certo esaudito ogni singolo desiderio del diretto interessato.
“Sono qui, tesoro. Non devi preoccuparti. Sono qui. Nessuno mi porterà via da te”.
 
L’emozione provata da quel piccolo nucleo familiare aveva raggiunto tutti i presenti, per la prima volta in vita loro imbarazzati e felici di esserlo. I rudi guerrieri avevano dei cuori grandi, grandissimi, ed era in momenti così intimi come quello che battevano talmente forte da rischiare l’esplosione.
Anche se, dovevano ammettere che, nonostante quella gioia, in loro albergasse un pizzico di amarezza.
 
Crilin non aveva potuto non gioire per quanto capitato all’amico, e lo stesso era valso per Rif. Ma come non pensare alla bella Marion e al valoroso Tenshing?
Dende e Junior erano felici per loro, ma come avrebbero potuto non pensare a tutti i fratelli namecciani che avevano perso le loro vite per via della follia di un mostro?
Sapevano di essere degli egoisti belli e buoni, ma allo stesso tempo sapevano di essere umani, acquisiti e non, e che l’umanità, a volte gioca davvero degli orrendi scherzi.
 
“Che fine hanno fatto Freezer, Broly e quel branco di pazzi?” – aveva chiesto ad un certo punto, staccandosi da suo padre quanto bastava per poterlo guardare negli occhi.
“E’ tutto finito, figliolo. Sono stati sconfitti”.
“Tutti? Anche Broly? E come hai fatto, papà?”.
Era adorabile constatare che il piccolo continuasse a pensare al suo papà come ad un essere invincibile. Certo, aveva sconfitto la morte, ma non era stato merito suo. E, in quell’occasione, non era stato merito suo neppure la sconfitta del nemico.
“Bè, tesoro, a dire il vero io non…”.
“Aspetta un attimo” – lo aveva interrotto bruscamente, staccandosi di colpo dal suo petto – “Dov’è Vegeta? Dov’è papà?”.
 
Era stato un gesto istintivo eseguito contemporaneamente da tutti i presenti quello che aveva visto diventare Vegeta il fulcro degli sguardi dei presenti. Di tutti i presenti, anche di un Gohan preoccupato oltre l’inverosimile.
 
Il principe dei saiyan, dal canto suo, non aveva fatto altro se non ostentare indifferenza. Nonostante gli occhi dei guerrieri fossero puntati all’unisono su di lui, aveva continuato a mantenere la sua posizione rigida, impassibile, fingendo che nulla di quanto accaduto fosse di sua competenza.
Ma quell’atteggiamento così altezzosamente infantile era durato il tempo di un battito di ciglia. Perché nessuno, neanche il prode principe Vegeta era in grado di resistere all’amore di un figlio.
 
“Papà!” – Gohan si era precipitato sul bordo del letto, compiendo un salto da scimmietta e atterrando esattamente in braccio a Vegeta, che per riflesso aveva spalancato le braccia un po’ per accoglierlo un po’ per essere stato colto di sorpresa. Per un attimo, aveva temuto di perdere l’equilibrio e di fare la figura di quello che non sapeva neppure stare dritto, ma alla fine era riuscito a stabilizzarsi, cominciando a far finta – perché sì, stava facendo finta – di volersi scrollare il ragazzino di dosso.
“Papà! Pensavo di non essere riuscito a salvarti! Pensavo di non rivederti mai più! Invece sei qui! Siete tutti e due qui! Ed io… Io sono così felice che quasi non ci credo!”.
“Tsk! Credi pure in quello che ti pare, ma LEVATI IMMEDIATAMENTE DI DOSSO. Siamo intesi?”.
Ovviamente, né Gohan aveva obbedito all’ordine impartitogli, né Vegeta aveva fatto qualcosa per costringerlo a farlo. Era inutile, proprio non riusciva ad avere delle normali espressioni di affetto in pubblico. Doveva per forza comportarsi come un essere senza cuore, questo anche quando aveva dimostrato di avere un cuore molto più grande di quanto avessero mai potuto credere. E questo, lo si poteva capire da un particolare non del tutto irrilevante: non aveva chiesto a Gohan di smettere di chiamarlo papà.
 
Continua…
____________________________________________________________________________________________
 
Finalmente ce l’ho fatta ad essere puntuale!
Quasi non ci credo! XD
Ebbene, dopo tanto soffrire, siamo giunti al momento “clau” - come diceva un comico ma non ricordo chi - per eccellenza: SONO TORNATI TUTTI INSIEME.
Ditemi se non è stata una cosa pucciosissima? *.*
Io adoro scrivere Angst e lo sapete, ma la storia era iniziata così, e così deve finire: parlando di una famiglia che si ama e che non vede l’ora di tornare insieme.
Vegeta ha di nuovo Goku (tornato in vita in maniera a dir poco fantasiosa, lo so), Goku ha di nuovo Vegeta, e Gohan ha di nuovo i suoi papà! =D
Come sono felice! <3
Ora, non resta che scrivere l’ultimo capitolo e l’epilogo. Orbene, prima che io inizi a piangere sin da ora, SCAPPO.
Vi adoro! Grazie davvero di tutto!
Un bacino
Cleo
   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: FairyCleo