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Autore: cheekbones    07/04/2014    8 recensioni
"Bene, un altro giorno alla base di San Francisco dell'FBI. Cosa ci toccherà stamattina?" cantilenò Stiles, simulando un tono allegro da manuale.
"Rapimento, Stilinski" Stiles sobbalzò sulla sedia e si voltò verso l'ingresso dell'open space, così come gli altri tre.
Un giovane uomo in giacca e cravatta, capelli scuri, occhi verdi straordinariamente familiari, stava ritto in piedi con un'espressione infastidita. Aveva con sè un borsone e uno scatolone, mentre analizzava le quattro scrivanie, l'una di fronte all'altra. Si soffermò su quella vuota e la raggiunse a passo di marcia. Poggiò per terra le sue cose e si sedette. Non spostò il bicchiere di caffè, ma Stiles notò che l'aveva visto ancora prima di muoversi.
"Scusi, quella scrivania non è disponibile" Lydia stava per alzarsi, furente.
"Credo proprio che sia la mia, invece. Agente speciale Derek Hale. Sono il vostro nuovo capo"
-
[Sterek!AU]
Genere: Drammatico, Fluff, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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IL CANTO DEL CIGNO





2. I'm gonna rip your throat out.




"Chi diavolo si crede di essere?" Scott entrò nel laboratorio della scientifica spalancando la porta con molta poca grazia. Isaac Lahey stava esaminando qualcosa al microscopio, quando il tono dell'altro lo spaventò e gli fece sbattere l'occhio sul macchinario. Dietro di lui, Lydia camminava con passo elegante, ma era chiaramente nervosa.
Stiles si sedette accanto ad Isaac e sbuffò sonoramente. "Hale. Dev'essere imparentato con Peter Hale. Il nostro capo supremo"
"Scusate ma mi sono perso. Di cosa stiamo parlando?" Isaac ridacchiò tra sè e sè. Stiles l'aveva sempre trovato abbastanza simpatico, anche se si ostinava a portare la stessa sciarpa; di certo, Lahey sapeva fare il suo lavoro ed era l'esperto della scientifica a cui George si rivolgeva sempre, tanto da farlo sentire parte della squadra. Non c'era voluto molto prima che Scott e Stiles lo invitassero ad uscire con loro - erano i più giovani, al Bureau, e avevano fatto ben presto fronte comune. Senza contare che Isaac li aveva coperti un milione di volte, rischiando di farsi licenziare.
"Derek Hale" Lydia si picchiettò sul naso, pensierosa. "Il nostro nuovo capo"
Isaac impallidì e lasciò perdere le sue analisi. "Non ti hanno dato il posto?" chiese, rivolgendosi a Scott.
"No, ovviamente. Derek Hale è arrivato una settimana fa e già mi sento sotto regime nazista. A stento ci rivolge la parola, si esprime in grugniti e, per Dio!, è possibile che sia imparentato con quella merda di Peter Hale"
Stiles mugugnava tra sè e sè, finchè non chiese ad Isaac il permesso di usare il suo computer. Gli altri tre lo videro armeggiare sul server dell'agenzia, mentre cercava di ignorare gli avvertimenti di file riservati che lampeggiavano sullo schermo. 
"Che stai facendo?" sussurrò Isaac. "Se scoprono che..."
"Non lo scopriranno. Ho sempre giocato con gli archivi e sono qui anche perchè sono un ottimo hacker" ghignò. "Tranquillizzati, Lahey. Voglio solo vedere con chi abbiamo a che fare. Sembra un modello di Abercrombie, ma ha un brutto muso che sinceramente mi terrorizza"
Lydia gli si affiancò, leggendo velocemente le informazioni che Stiles aveva trovato. "C'è solo questo? La sua carriera e basta? I casi non sono menzionati?"
"Nessuno, a parte i primi. Sono secretati, per ora. Se mi date due ore, potrei riuscire ad averli"
"Non ce le abbiamo due ore, Stiles" fece Scott. "Hale ci vuole sull'omicidio di Rami Janjua"
Stiles sbuffò e spense il computer. "Agente Martin, non può fare un paio di telefonate?"
Lydia lo guardò male, ma acconsentì con un vago cenno della testa. Non le piaceva ricordare il suo passato alla CIA, soprattutto perchè molti, al FBI, non la vedevano di buon occhio. Tutti sapevano che faceva l'analista, prima di mollare i Servizi Segreti per "incompatibilità ambientale" - se non si fidavano di lei alla CIA, perchè avrebbero dovuto farlo loro? Ma George Dunn riteneva che fosse un'ottima risorsa e l'aveva presa con sè. Aveva ancora un contatto, alla CIA, che non aveva avuto modo di interrompersi, dopo il suo licenziamento.
"Bene. Andiamo a lavoro, allora" Scott si massaggiò una spalla. "Isaac, penso che Derek Hale ti convocherà presto. Ci servirà la tua consulenza"
I tre agenti uscirono dai laboratori, lasciando Isaac Lahey desideroso di conoscere il nuovo agente speciale.
Nell'open space, trovarono Derek seduto alla sua scrivania con un cipiglio infastidito e la cravatta allentata. "Stilinski, fammi una panoramica del caso. Subito. Parleremo in seguito delle vostre poco appropriate fughe dall'ufficio"
Stiles si affrettò a sedersi.
"Rami Janjua, figlio di Aziz Janjua, ambasciatore pakistano temporaneamente residente a San Francisco*. Rapito tre giorni fa, nel tragitto casa-scuola, da uno squadrone armato. La sua scorta è stata eliminata in tre minuti e quindici secondi. Il rapimento è durato circa sei giorni, finchè il corpo non è stato ritrovato sulle scale dell'ambasciata. Smembrato"
Stiles si zittì e passò le foto della scena del crimine sullo schermo tra la sua scrivania e quella di Lydia.
Derek strinse gli occhi e si alzò per osservare la scena del crimine.
"Chi ha trovato il corpo?"
Lydia lottò con un paio di fogli, finchè non trovò la testimonianza giusta. "La guardia incaricata di proteggere l'entrata. Quella della mattina. La guardia precedente ha staccato alle sei del mattino, si sono dati il cambio e alle otto, quando il secondo turno ha aperto gli uffici e ritirato la posta, ha trovato Rami sulle scale"
"Quindi l'hanno portato lì tra le sei e le otto, in linea di massima" Scott si allungò sulla sedia. "Ma non sappiamo dov'è stato ucciso"
"Una cosa che non capisco" sospirò Lydia. "è... lo smembramento. Posso capire il rapimento del figlio di un diplomatico, il suo assassinio. Ma perchè ridurlo così? Non ne avevano motivo"
"Ho visto una cosa del genere, in passato" Stiles corrugò la fronte e attirò lo sguardo di Derek. "Quando ero in polizia, intendo. I narcotrafficanti utilizzavano dei poveri disperati disposti ad ingoiare bustine di droga da portare fuori dal paese, in cambio di qualche banconota. Molto spesso, il corpo non riusciva ad espellere la droga, e le persone morivano. Per recuperare la merce, venivano aperti in due"
"Ma Rami non era un disperato in cerca di denaro" sussurrò Derek. "Aveva tutto quello che un adolescente può desiderare. Aveva addirittura lasciato il Pakistan, ora viveva qui, probabilmente sarebbe anche riuscito ad ottenere la cittadinanza, un giorno"
Restarono a guardare la foto del cadavere, finchè Derek non li richiamò all'ordine. "D'accordo. Martin, McCall, chiamate la scuola di Rami. Voglio sapere tutto: i suoi voti, se faceva parte di qualche club, se aveva una ragazza, tutto. Anche quante volte andava al bagno. Stilinski, io e te andiamo all'ambasciata pakistana. Ti sei ricordato di farti dare il permesso, vero?"
Stiles gli lanciò un'occhiata gelida e ferita. "Ovvio"
"Bene. Andiamo!" nessuno dei tre si mosse. Anzi, si scambiarono uno sguardo indeciso, che Derek riuscì a cogliere appena in tempo. "Cosa?"
"Ecco" Scott si schiarì la voce. "Stiles è il mio partner. George ci mandava sempre insieme a..."
"McCall. Io non sono George Dunn" Stiles notò che quando era irritato induriva la mascella. Faceva quasi ridere. "E Stilinski serve a me, viste le sue..." accennò un ghigno. "... ottime doti col computer"
Stiles non aveva ben capito come Derek Hale fosse venuto a conoscenza delle sue incursioni nel sistema dell'agenzia, nè a cosa potesse servire una tale qualità nell'ambasciata pakistana, tuttavia lo seguì silenziosamente, guardando Lydia e Scott con disperazione. Da quando era arrivato, nessuno era stato davvero solo con Hale: quando li avevano chiamati per il rapimento di Rami, il giorno stesso del suo arrivo, erano andati tutti e quattro all'ambasciata, senza rivolgersi la parola. Per lo più, avevano lavorato dall'ufficio e, quando avevano bisogno di parlare con i genitori di Rami, utilizzavano i telefoni per non entrare in territorio pakistano.
Perciò, Stiles salì in macchina rigido come un pezzo di legno. Derek lo aveva quasi spintonato via, quando stava per mettersi al posto di guida. Di sicuro non era un tipo molto amichevole.
"Allooora" Stiles si schiarì la voce. "Come si trova, qui, capo? So che l'inizio non deve essere stato facile, è che siamo ancora tutti molto scossi per la morte di George, non siamo sempre così tristi e disperati. George era una forza, gli volevamo tutti un gran bene. E davvero, davvero eravamo sicuri che non sarebbe arrivato un agente nuovo. Scott, McCall intendo, è giovane ma pensavamo che avrebbe potuto cavarsela, George credeva molto in lui. E in noi. A questo proposito, non caccerà via Lydia, vero? Nessuno la vuole in squadra, pensano che sia ancora una faccendiera della CIA, o peggio, una traditrice. Ma non lo è. Sul serio. L'agente Martin è magnifica - cioè, non  ho una predilezione per lei. Non ho una cotta. Davvero. Ce l'avevo, in realtà, ma poi mi è passata; sono accadute un po' di cose nella mia vita e..."
"Stilinski?" ringhiò Derek, stringendo le mani sul volante.
"Eh?"
"Sta zitto. O giuro che ti strappo la gola"
Stiles deglutì un paio di volte. "Mi scusi, capo. Lo faccio spesso, meglio che lo sappia. All'agente Dunn faceva ridere e..."
Derek inchiodò improvvisamente, facendo quasi volare Stiles fuori dall'auto. "Ok, Stilinski. Mettiamo in chiaro un paio di cose" si voltò verso di lui, furente.
"Io non sono George Dunn. Non so quante volte l'ho dovuto ripetere in questa settimana, tra voi, Peter Hale, e le persone che chiamavano in ufficio, pensando che fossi lui. Non sarò un padre per voi, non me frega niente dei vostri sentimenti, voglio solo risolvere dei dannati casi e andarmene a casa a dormire. E, cazzo, non voglio assolutamente sentirti parlare per ore di cose che, ovviamente, non mi interessano. Intesi?"
Stiles aveva la bocca spalancata e l'espressione colpevole. Non gli aveva ancora sentito pronunciare una frase così lunga ed era così strano che stesse parlando proprio con lui. Quella sì che era una sorpresa - doveva scriverlo a Scott per SMS.
"Intesi?" urlò.
"Intesi" si voltò velocemente verso il finestrino e Derek ripartì, ingranando la quarta con rabbia.
"Mi dispiace" biascicò Stiles, qualche secondo dopo. "Io... mi sono preoccupato, in tutto questo tempo, di riuscire a superare il lutto e di far stare meglio Scott e Lydia. Pensavamo che la cosa non... insomma... non volevamo farla sentire in questo modo... come se fosse un usurpatore. Mi dispiace, davvero"
"Non ho detto questo, Stilinski" sbuffò Derek.
"Lo so" Stiles sorrise, guardando la strada. "ma so che si è sentito così. Mi dispiace. Non l'abbiamo accolto nel modo più simpatico del mondo"
"Non mi interessa!"
"Non ne sono così sicuro" borbottò Stiles, guardandolo di sbieco.

-

L'ambasciata pakistana non aveva niente di diverso dalle decine di ambasciate che si trovavano in America: si presentava come un edificio a forma quadrangolare, bianco, di almeno due piani. Aveva sicuramente molti anni, anche se Stiles non ne capiva molto di arte e architettura, e l'entrata accoglieva i visitatori con due enormi pilastri in marmo verde. Per entrare, gli agenti avevano dovuto chiedere un permesso e Derek lo avvisò di stare attento ad ogni passo, perchè potevano considerarsi in territorio straniero. Parcheggiarono nel cortile antistante l'ambasciata.
Stiles scese dalla macchina e si schiarì la voce. "Capo. A che le servo esattamente io?"
"Ovvio che una domanda così idiota me la facessi tu. Stilinski, Rami Janjua era innanzitutto un adolescente. E qual è la cosa più importante per un adolescente?"
Salirono le scale dell'ingresso e Stiles si concesse una perfetta visuale del lato B del suo capo. "Uhm. Il sesso?"
"Stilinski" ringhiò. "Materialmente, intendo"
"Oh. Il computer" si illuminò. 
"Esattamente" Derek alzò gli occhi al cielo. "Quando andrai in camera del ragazzo, concentrati sul computer. Sei veloce?"
"In che ambito?"
Derek gli tirò uno schiaffo sulla nuca. "Scusi, scusi!, e sì. Sarò veloce" sbuffò. "E comunque la violenza non è mai la soluzione ai problemi"
"... disse quello con una pistola"
"Capo, sta seriamente facendo del sarcasmo?"
Stiles si salvò da altro colpo solo grazie alla guardia dell'ambasciata pakistana che li fece entrare nel più completo silenzio. All'interno, l'edificio manteneva la maestosità esterna, ma con un tocco culturale che non poteva assolutamente mancare: il colore predominante era l'oro, con un punta di rosso. Tutto stava ad indicare la ricchezza di quell'ufficio.
"Prego" la guardia li scortò fino alla sala d'aspetto, dove una segretaria stava velocemente archiviando i fax di condoglianze per l'ambasciatore. Alzò lo sguardo per un secondo, tornando poi a smistare la posta. Si soffermò un minuto in più su Derek, azzardando anche un sorriso. Stiles le lanciò un'occhiata incredula - aveva voglia di flirtare durante un lutto?
"Gli agenti del Bureau immagino" disse, avvicinandosi con la mano già tesa. Derek la strinse e sfoggiò un sorriso invidiabile (che, nello specifico, Stiles non aveva visto in tutta la settimana. A quanto pare solo le straniere carine ne erano degne).
"Agenti Hale, e Stilinski" mostrarono i distintivi. "L'ambasciatore dovrebbe sapere del nostro arrivo"
"Oh, sì, vi sta aspettando nel suo ufficio privato, al secondo piano. Vi accompagno"
"L'agente Stilinski vorrebbe vedere la camera del ragazzo" accennò Derek e gli lanciò un'occhiata in tralice. "Vero?"
Stiles annuì e si fece indicare la camera del ragazzo deceduto. Derek seguì la segretaria, conversando amabilmente, e l'altro li guardò con una punta di invidia: razionalmente, sapeva che l'agente Hale tendeva a fare buon viso a cattivo gioco, ma il fatto che non si fosse sforzato con la sua nuova squadra lo irritava.
Poteva fingere anche con loro, poteva fingere davvero alla grande - probabilmente gli avrebbero creduto. Eccetto Lydia.
Derek Hale era un indovinello, avvolto in un mistero, all'interno di un'enigma**; ovviamente, Stiles ne era stranamente attratto, anche se non gli erano mai piaciute le persone tristi e col muso lungo.
La camera di Rami Janjua era il Caos e a Stiles ricordò la sua, quella che aveva lasciato a Beacon Hills. Nella stanza c'era un letto a due piazze, un comodino, un armadio subito sulla destra, una scrivania piena di oggetti di dubbia provenienza e un pc portatile. Sul pavimento.
Stiles entrò titubante e fece velocemente il segno della croce. Non era religioso, ma sua madre era cattolica praticante e gli aveva insegnato a portare rispetto per chi non c'era più. Si sedette sul pavimento e accese velocemente il computer.
La vibrazione del cellulare lo distrasse.

Aveva un'amica "speciale". Indaga.

Derek Hale. Telegrafico come pochi al mondo. "Probabilmente è un maniaco di Twitter" borbottò Stiles tra sè e sè.
Lo sfondo di Rami Janjua era una foto di classe, dove lui spiccava sullo sfondo con un gestaccio e una ragazza molto carina, sulle sue spalle, che rideva sguaiatamente. Era bionda, col viso tondo a forma di cuore e un cerchietto nei capelli - la tipica americana, riflettè Stiles, forse figlia di un amministratore delegato di qualche azienda che fruttava miliardi l'ora. Frequentavano la stessa scuola, come poteva essere altrimenti?
Non aveva molte foto, nè video; ma molte canzoni e almeno una ventina dei più famosi giochi per computer.
"Stava ore attaccato a quel coso"
Stiles si voltò spaventato verso la porta. Una donna lo guardava con un leggero sorriso sulle labbra: era vestita di nero e il velo le copriva la testa. Aveva la pelle scura, gli occhi grandi e luminosi. "Mio figlio, intendo"
"Mi dispiace, signora Janjua, non volevo..."
La donna lo tranquillizzò con un rapido gesto della mano e si sedette sul letto di suo figlio. "Mio marito mi aveva detto del vostro arrivo. E' a me che dispiace, non volevo interromperla, è solo che vengo spesso, nelle ultime ore" accarezzò il copriletto.
"La capisco" Stiles deglutì. "Anche io ho subìto un lutto di recente. E ho perso mia madre. So esattamente come si sente"
La donna annuì distrattamente. "Passerà?"
"Smetterà di fare così tanto male, ad un certo punto"
"E' strano. Perdi un figlio, ma non smetti di essere un genitore***" si asciugò gli occhi.
"Non è strano, signora" Stiles arricciò le labbra.
"Aisha. Mi chiamo Aisha" tirò su col naso e cercò di darsi un contegno. "Cosa sta cercando, esattamente?"
"Qualsiasi cosa che possa aiutarmi a capire chi ha preso suo figlio, Aisha. Posso - posso chiederle un aiuto?"
"Ovviamente"
Stiles girò il display verso la donna e lo inclinò per permetterle di vedere lo sfondo. "La ragazzina bionda sulle spalle di Rami. Chi è?"
"Beth" sorrise. "La sua ragazza. Non l'ha detto a suo padre, inizialmente pensavamo fosse la sua migliore amica ma poi..."
"Capisco" Stiles sorrise. "Beth come?"
"Bethany Stuart. Se può esserle utile, è la figlia del senatore Stuart"
Stiles appuntò tutto sul suo blocco per gli appunti. "Mi è stata molto utile. Grazie"
La donna annuì e si alzò, lisciandosi il vestito nero. Si congedò con grazia, così com'era apparsa e Stiles si afflosciò sul pavimento. Per anni, suo padre gli aveva ripetuto di fare il bravo, perchè avevano solo l'un l'altro; Aisha l'aveva mai detto a Rami? 
Continuò a lavorare sul computer e, a parte un paio di siti porno, non trovò nulla fuori dall'ordinario. La camera era sì, disordinata, ma nulla di strano.
Rami Janjua. Figlio, fidanzato, rapito e smembrato. Perchè?
"Stilinski" Derek lo trovò con una fotografia di famiglia tra le mani, che aveva trovato sul comodino. "allora?"
"Niente di sospetto, capo. Però ho trovato il nome della sua amica speciale e... penso ne valga la pena. E' la figlia del senatore Stuart"

-

Poteva lamentarsi per ore delle cose più disparate, ma di certo Derek non poteva dire che la sua squadra non prendesse a cuore un caso. Stiles si era impegnato per ottenere un appuntamento col senatore Stuart e sua figlia, convincendoli ad andare in ufficio; Lydia stava lavorando sul tragitto che Rami e la sua scorta facevano tutte le mattine, cercando di invidividuare i punti morti che lo squadrone armato aveva utilizzato per rapirlo; Scott, invece, era dal medico legale, il dottor Deaton, per le ultime novità sull'autopsia.
Derek li osservava dall'alto del'ufficio di suo zio e, quando vide Stiles portare un caffè e una ciambella a Lydia, sorrise.
"Nipote. Ti vedo preso. Fammi indovinare: ti piacciono, vero?"
"Non dire idiozie" ringhiò. "Ma sono bravi. Non devo urlare tutto il giorno, almeno"
Peter incrociò le braccia e prese anche lui ad osservare la squadra. "Che ne pensi? Sei qui da una settimana ormai"
"McCall è bravo"si grattò vagamente il naso, mentre rifletteva. Peter notò che lo faceva sempre sua madre. "Si vede che è l'agente anziano, tra loro tre. Certo, è un po' tonto, ma sa fare il suo lavoro. Ed è un'ottima mira, ho visto i suoi risultati al poligono"
Peter annuì. "Lydia Martin. Lei è... particolare. E' fedele al FBI, se è questo che vorresti sapere, me ne sarei accorto, se fosse stato il contrario. E credo che sia il mio jolly, nonostante i metodi poco ortodossi"
"Le dirai che hai lavorato anche tu per la CIA? Magari avete qualche amichetto in comune" ridacchiò.
"Raccontare le mie cose in giro non mi sembra una buona idea"
"E' la tua squadra, Derek"
Derek guardo l'open space, dove era arrivato anche Scott. "Non ancora"
"E Stilinski?"
"Stilinski" ghignò. "Quello dal nome impronunciabile. Oh, beh... non è male" non aggiunse altro e si avviò verso l'uscita.
"Tutto qui?" s'infastidì Peter. "Non è male? Nient'altro da aggiungere?"
"No" Derek fece spallucce e uscì.
Deaton non aveva stabilito niente di nuovo e l'agente Hale decise che, almeno per quella sera, i tre agenti potevano tornare prima a casa. La notizia li aveva rallegrati, tanto da organizzare una serata al pub con Isaac Lahey.
"Capo?" Stiles si schiarì la voce.
"Mh?"
"Vuole... vuole venire con noi?" 
Derek alzò lo sguardo e vide che i tre agenti lo stavano guardando - o meglio, Lydia Martin gli stava tracciando un profilo sommario. "No" tornò a guardare gli ultimi documenti che gli erano rimasti sulla scrivania.
"Ha intenzione di rimanere qui?" la voce di Scott, incredula, gli fece alzare di nuovo lo sguardo.
"Sì, McCall. Il caso non si è ancora risolto da solo"
Li vide tentennare, poi posarono di nuovo le loro cose alle scrivanie e si misero al lavoro. "Vi avevo detto che potevate..."
"Lo sappiamo" lo interruppe Lydia. "Ma, come ha detto lei, il caso non sè ancora risolto da solo"
"E noi siamo una squadra" finì per lei Scott. Gli sorrise, persino.
Intercettò uno sguardo di Stilinski, che alzò il pollice nella sua direzione.
"Rimarrete qui?" domandò stupito a tutti e tre, che annuirono in risposta. "D'accordo" si schiarì la voce e borbottò qualcosa sull'andare a prendere la cena.
"Cosa preferisce capo? Cinese, italiano, thailandese?" Scott si alzò velocemente.
"Lascia perdere, McCall. Lavora. Vado a prendere quattro pizze"
"Posso venire con lei?" Stiles alzò la mano.
"Prometti di stare zitto, Stilinski?"
"Sì"
"Bene. Prendi le chiavi, guidi tu"






















































































Note:

1. Per il titolo, ho usato la frase Sterek per eccellenza :) Ho tolto with my teeth perchè faceva troppo animale LOL e ricordiamoci che qui sono tutti umani

2. *
non so se l'ambasciata pakistana si trovi effettivamente a San Francisco, ma diciamo che mi prendo la licenza poetica ^_^'
3. ** Citazione. E' una frase di Winston Churchill :)
4. *** Scommetto che qualcuno ha già capito il riferimento. Liberamente ispirata alla frase di Glee :') *piango disperatamente*

E con questo, il primo vero capitolo si è concluso. Molto sul caso, ma vi prometto che dal prossimo capitolo ci saranno più sentimenti in gioco *^* E i nostri Sterek *^* Avete visto che Derek comincia ad integrarsi? Scott gli sorride pure u.u non sono poi così cattiva - gli ci è voluta una settimana, ma ce l'ha fatta. Non avevo pensato di inserire la scena di lui e Stiles in auto, mentre vanno a prendere le pizze, ma di farne una OS a sè stante. Oppure non farlo proprio ahahhahaa che ne pensate?
Sono MUY FELICE che un bordello di gente segua la storia, anche se ho avuto solo due recensioni: a questo proposito ringrazio 24maggio2011 e miss_Obrien!

Ci vediamo alla prossima, babies! *^*

A.

  
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