E. Y. E.S.
O.P.E.N.
[3]
«Everybody's waiting for you to breakdown
Everybody's watching to see the fallout
Even when you're sleeping, sleeping
Keep your ey-eyes open. »
Rory si chiuse con forza la
porta alle spalle, senza preoccuparsi del fatto che qualcuno potesse sentirlo;
le idiozie della gente del Tredici stavano incominciando a dargli noia.
Attraversò a passo svelto la stanza che, fino a qualche giorno prima, era
appartenuta a Katniss e a Johanna Mason. Individuò subito Prim, rannicchiata
sul letto della sorella: aveva le ginocchia strette al petto e lo sguardo
assorto, concentrato sul gioco di luci che la lampada proiettava sulla parete.
Sul suo viso erano ancora evidenti i segni dell’ansia e della paura che
l’avevano sorpresa il pomeriggio precedente, nel momento in cui avevano
assistito assieme alle immagini trasmesse dal notiziario di Capitol City. Rory
aveva serrato i pugni per la rabbia, osservando il gruppo di pacificatori
appostati sul tetto, per poi inorridire, quando le esplosioni e la pioggia di
fiamme e detriti avevano catturato lo schermo, disintegrando la zona in cui,
poco prima, aveva visto suo fratello combattere. Le rassicurazioni di Haymitch
erano arrivate qualche ora più tardi, ma lui e Prim avevano comunque vissuto
momenti di paura e sgomento, circondati dalle espressioni assenti dei
rispettivi familiari.
“Sei in ritardo, mr. Occhi
Sempre Aperti” lo informò la ragazza con un sorriso, mentre Rory prendeva posto sul
letto di fianco a lei. Il coetaneo roteò
gli occhi.
“Ero sceso a origliare i discorsi dei tizi
appena usciti dal Comando” rivelò, appoggiando la schiena contro il muro. Cinse
poi le spalle di Prim con un braccio e sorrise, quando la ragazza si coprì la
bocca con una mano per cercare di mascherare uno sbadiglio, “Ho sentito che
domani manderanno una truppa di volontari a Capitol City” aggiunse poi con
noncuranza, distogliendo lo sguardo da Prim. L’amica gli rivolse un’occhiata
penetrante, alla quale Rory rispose con un sopracciglio inarcato.
“Volontari dai sedici in su”
specificò in quel momento il ragazzo, appoggiando abbattuto la nuca contro il
muro. “Avere tredici anni fa schifo.”
Durante il primo mese
trascorso al Distretto 13 aveva trovato la scuola del posto e le varie
esercitazioni militari stancanti e ridicole: non era interessato a combattere.
Voleva solo che la sua famiglia e Prim avessero tre pasti caldi al giorno e un
posto decente in cui vivere. Nel corso delle ultime settimane, tuttavia, il suo
modo di pensare era cambiato. La guerra non era più solo il gioco di due
ragazzini che combattevano con i bastoni di fronte all’ingresso di casa
Hawthorne. Era diventata reale e coinvolgeva tutti – adulti, bambini e chi
stava nel mezzo, come lui e Prim. Ne erano parte anche loro, Rory se lo sentiva
nelle ossa ogni volta che le sue orecchie registravano qualche brandello di
conversazione fra due soldati e il suo cuore accelerava i battiti.
Prim sorrise debolmente,
osservandolo con espressione insolitamente addolcita.
“Sei troppo giovane per
arruolarti” mormorò, appoggiando il capo sulla sua spalla. “Uno o due
allenamenti di straforo con i ragazzi più grandi non fanno di te un soldato
vero.”
L’amico le scoccò
un’occhiataccia, prima di sospirare: in fondo Prim aveva ragione. Sentiva di
voler fare qualcosa per la sua gente, contribuire per portare a casa una
dignità che alla sua famiglia spettava
di diritto, ma che non si era mai potuta permettere; tuttavia non pensava
davvero di volersi arruolare: immaginarsi nei panni dell’ e.r.o.e.
di
turno era appagante, ma la paura era tanta e aveva buon
senso a sufficienza da sapere che a tredici anni non si è ancora fatti per la
guerra. A stento si incomincia a capire come funzioni vivere.
“Non sarei comunque potuto
andare nemmeno se fossi stato più grande” obiettò infine, dando una scrollata
di spalle. “Con Gale a Capitol City devo restare qui per prendermi cura della
mamma e dei miei fratelli. E di te.”
Prim smise di sorridere e
distolse lo sguardo, tornando ad appoggiare la nuca contro il muro.
“Non ho più bisogno di persone
che si prendano cura di me” dichiarò a bassa voce, seppur mantenendo un tono di
voce esitante. Si strinse nella vecchia giacca da caccia di Mr. Everdeen che da
anni era passata in eredità a Katniss. “Posso farlo da sola e credo che potrei anche
dare una mano a chi ha più bisogno d’aiuto di me. Ci penso da un po’.”
Rory la fissò deluso per
qualche istante, prima di assumere un’espressione insospettita. Prim incominciò
a mordicchiarsi il labbro, continuando a eludere il suo sguardo.
“A Capitol City assieme alla
truppa, domani, invieranno anche dei medici” esordì infine, voltandosi
finalmente verso l’amico. “Anche per quello c’è un limite d’età, ma hanno un
disperato bisogno di persone e mi hanno chiesto… Mi hanno chiesto se volessi
andare con loro” concluse con un filo di voce: parlava con esitazione e le
guance le erano diventate rosse, come se temesse la reazione di Rory, ma nel
suo sguardo il ragazzo riuscì a scorgere una sottile punta di determinazione.
Rory la fissò a bocca aperta per qualche istante, cercando di registrare il
significato di quelle parole. Scosse poi il capo con vigore, rifiutandosi di
accettarle.
“Non l’ho detto a nessuno”
aggiunse Prim in fretta, mentre l’amico ritirava il braccio, allentando la
presa sulle sue spalle, “Nemmeno a mia
madre. Lo sai solo tu.”
“Ma tu non ci andrai” ribattè
secco il ragazzo, alzandosi in piedi. “Non ci andrai: sei troppo giovane, no?
Come lo sono io.”
“Non ho ancora deciso se ci
andrò” ammise in quel momento Prim, tornando a stringersi le ginocchia al
petto, “So solo che…”
“Non c’è niente da decidere”
la interruppe Rory alzando il tono di voce e serrando le mani; nei suoi occhi
grigi la rabbia stava facendo a pugni con la paura “Tu devi restare qui. Con
me.”
Le parole gli uscirono di
getto prima che avesse il tempo di rifletterci su a dovere. Si accorse di avere
le guance bollenti per la collera e per l’imbarazzo, ma non distolse lo
sguardo. Anche Prim arrossì. Tese esitante una mano verso di Rory, come se
volesse accarezzargli il viso, ma cambiò idea quasi subito. Si fermò, alzandosi
dal letto e fece un passo in avanti per abbracciarlo. Rory la strinse a se’ con
più vigore del solito, mentre i suoi capelli gli solleticavano il viso. Sapeva
di buono, Prim. Gli piaceva averla così vicina al punto tale da poterle sfiorare la
pelle con la punta del naso. Gli piaceva attirarla a sè per la vita mentre lei
gli allacciava le braccia attorno al collo, con la naturalezza tipica dei
migliori amici. In quel momento, tuttavia, i suoi pensieri erano annebbiati
dalla paura. Aveva perso un padre e rischiava di perdere un fratello ogni
giorno: non poteva vivere nel terrore di dover dire addio anche a lei.
“Non partirai” le mormorò in
un orecchio con esitazione, prima di scostarsi appena, per poterla guardare
negli occhi. “Vero?”
Sentì la stretta di Prim farsi
più forte per qualche istante. Quando tornò a incrociare il suo sguardo si
accorse che aveva le guance rigate dalle lacrime.
“Quando Katniss si è offerta
volontaria per salvarmi, mi ha dato la possibilità di poter far qualcosa di
importante” mormorò la ragazza; sembrava spaventata, ma nei suoi occhi brillava
ancora la traccia di risolutezza che Rory aveva notato poco prima. “Qualcosa di
importante per gli altri.”
Il ragazzo scosse il capo,
scostandosi da lei.
“L’ha fatto perché sei sua
sorella e non ti voleva perdere” sbottò risentito, fissandola con insistenza,
“L’ha fatto perché potessi crescere e avere una famiglia; cose così. Non perchè
tu andassi in guerra.”
“E lo farò” rispose con
decisione la ragazza, “Un giorno lo farò. Ma adesso…” si interruppe, non
sapendo come proseguire. “Vorrei solo poter proteggere chi ne ha bisogno, così
come lei ha fatto con me” mormorò infine, arrossendo lievemente. La sicurezza di
poco prima sembrava essere svanita. “Forse hai ragione tu” ammise infine,
tornando a incrociare il suo sguardo. “Forse siamo davvero troppo piccoli per
pensare a queste cose, ma non riesco a farne a meno.”
Rory la guardò di traverso per
un po’ prima di lasciarsi sfuggire un sospiro. Si sentiva incredibilmente
stanco, come se avesse appena terminato il giro di consegne del bucato, dopo
aver percorso in lungo e in largo la zona in cui vivevano i commercianti del
Dodici. Si lasciò cadere sul letto e fece cenno a Prim di imitarlo, sdraiandosi
sul lato destro del materasso. Prim si rannicchiò di fianco a lui e si lasciò
stringere, appoggiando la fronte contro il suo petto. Rory incominciò ad
accarezzarle i capelli con gesti impacciati, sperando ingenuamente di riuscire
in qualche modo a cancellarle quell’assurda idea dalla testa, facendole sentire
la propria presenza.
“Non ti lascerò partire”
mormorò infine, prima di posarle le labbra sui capelli. “Questa sera dormirò
con te: e terrò gli occhi bene aperti, per essere sicuro che tu non vada via.”
Prim sorrise contro il suo
petto; sollevò poi appena il capo per
poterlo guardare negli occhi.
“Stavo pensando…” ammise, tornando
ad arrossire, “…Stavo pensando che, quando un giorno avrò dei bambini, potrei
dare loro dei nomi da quattro lettere. Sarebbe carino. V.E.R.O.?” chiese
conferma con un sorriso, scandendo l’ultima parola per evidenziare il numero di
lettere. Rory le rivolse un’occhiata sorpresa, avvertendo un’insolita stretta
dalle parti dello stomaco. Accostò la fronte alla sua, sorridendo malandrino.
“Vero, ma per avere dei nomi
di quattro lettere dovrebbero essere degli Hawthorne…” le fece notare
avvicinandosi ancora, avvertendo il cuore accelerare i propri battiti. Poteva
distinguere chiaramente il rossore sulle guance di Prim, generalmente così
pallide. “… V.E.R.O. ?”
La ragazza ridacchiò e annuì,
spingendo il cuore di Rory a fare una mezza capriola. Riusciva
ancora a farla sorridere. Fu grazie all’espressione allegra di Prim che
riuscì a trovare il coraggio di chinarsi in avanti per eliminare la distanza fra
le loro labbra. Si scambiarono un bacio timido, di quelli che arrivano quasi
per gioco, ma che al loro interno nascondono il desiderio di averne subito un
altro. Si separarono sorridendosi, le fronti ancora unite e le guance arrossate
per l’imbarazzo e la contentezza. Prim si mosse in avanti per baciarlo un’altra
volta, distogliendo poi lo sguardo, intimidita. “V.E.R.O.” concluse poi in un
sussurro, tornando a sorridergli. Risero entrambi, tornando a stringersi l’uno
all’altra e Prim chiuse gli occhi, abbandonando la fronte contro il petto di
Rory. Finì presto per addormentarsi, cullata dal tocco leggero della mano del
ragazzo sui suoi capelli. Rory invece rimase sveglio. Tenne gli occhi bene
aperti, per essere sicuro che Prim rimanesse al suo fianco. Li tenne aperti
come gli aveva insegnato suo padre e come aveva sempre cercato di fare, sin da
quando era bambino. Rimase a lungo in silenzio a contemplare l’espressione
rilassata di Prim, sorridendo dell’abbraccio che ancora li manteneva vicini. Di
tanto in tanto uno sbadiglio di troppo sfuggiva al suo controllo, ma non mollò
la presa fino alle prime luci del mattino quando il sonno riuscì finalmente a
ingannarlo e a chiudergli le palpebre, addormentandolo con il sorriso sulle
labbra.
Al suo risveglio, Rory scoprì
quanta verità contenesse il vecchio consiglio che gli aveva dato suo padre da
bambino. Joel Hawthorne aveva avuto ragione: la gente del Giacimento doveva sempre tenere gli occhi aperti.
Lui i suoi, però, li aveva
chiusi.
E quando li aveva riaperti Prim
non c’era più.
Nota dell’autrice.
Eccomi di nuovo
qui! Questa scena è stata quella che mi ha dato piu’ problemi durante la
stesura e tutt’ora non mi convince pienamente, specialmente la parte in cui si
parla della decisione di Prim. Il punto è che continuo a trovare assurdo che
una ragazzina di tredici anni venga inviata come medico in guerra. Trovo
assurdo che qualcuno ce la mandi e che nessuno sollevi obiezioni a riguardo e
trovo anche un po’ forzato il fatto che una
ragazza così giovane come Prim scelga di
andarci, quindi ho faticato veramente molto a scrivere le motivazioni che la
spingono a fare quella scelta, perché continuo a trovare quella della decisione
poco convincente. Ho scelto di fare in modo che sua madre non sapesse della
decisione presa, perchè onestamente dubito che Mrs. Everdeen l’avrebbe lasciata
partire. Spero di non aver scritto castronerie, in tal caso vi chiedo scusa, ma
ho fatto del mio meglio per cercare di giustificare la scelta di Prim e il
punto di vista suo e di Rory nei confronti della guerra che, in un modo o nell’altro,
sta comunque coinvolgendo loro e le loro famiglie. Il bacio non era
inizialmente previsto, ma poi ho pensato che era giusto che questi due pupattoli avessero un momento tutto per
loro, visto dopo quella sera non si sarebbero più rivisti. Il V.E.R.O. di Rory e Prim non vuole
ricalcare in alcun modo il Vero/Falso dell’Everlark, ma ho pensato che fosse
carino il fatto che si rispondessero enfatizzando le quattro lettere della
parola, visto il discorso e vista anche la mania di Rory. Il prossimo capitolo,
l’epilogo, sarà molto breve ed è suddiviso in due piccoli frammenti; credo che
aiuterà ad unire insieme i vari elementi
accennati nel corso della storia. Ringriazio infinitamente le cinque persone
che hanno recensito lo scorso capitolo, cercheró di rispondere a tutti in
serata, chiedo scusa anzi per il ritardo! Grazie anche a chi ha inserito la
storia nei preferiti/seguiti, spero davvero che la storia vi stia piacendo!
Un abbraccio e a presto!
Laura