Otto aprile: non è onta.
Forse siamo davvero umani,
troppo umani, alle volte:
spingiamo il nostro organismo,
la nostra mente, oltre il limite tollerabile,
oltre la fiera salvaguardia,
oltre l’oasi sicura e quieta dell’equilibrio;
esigiamo troppo da noi stessi,
nutriamo aspettative immense
tanto quanto il manto stellato;
ci affanniamo alla disperata ricerca
di qualcosa, di qualcuno, purtroppo sconosciuto;
abbiamo questo disinteresse per noi
insito nel respiro meccanico del corpo:
non siamo automi; siamo fatti di carne, ossa,
sangue, muscoli e sogni: siamo puramente umani.
E spesso ciò ci spaventa,
c’irretisce, ci frena.
Tuttavia spettano anche a noi delle fermate,
delle possibilità, dei bivi, delle scelte, delle soste:
non siamo perfetti e non siamo infallibili;
siamo padroni delle nostre azioni, delle nostre scelte, dei nostri credi;
non è motivo d’onta o di debolezza, quindi,
guardarsi allo specchio e indagarsi, trovarsi
nella propria voce, nel proprio sorriso, nel proprio abbraccio;
non è certo peccato arrestare la propria corsa
per contare passo dopo passo, per rincontrarsi.
Possiamo iniziare o finire;
ma ci concediamo anche di ricominciare.
Dipende solamente da noi, meravigliosi,
e stupidamente imperfetti esseri umani.
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