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Autore: luckily_mellark    08/04/2014    4 recensioni
Katniss è rimasta da sola, dopo la morte del padre la sua vita è lotta tra dolore e incubi. Due sole cose la rendono felice, il suo migliore e inseparabile amico, e il suo Arco. Ma qualcosa sta per cambiare irrimediabilmente. Riusciranno degli occhi azzurri e limpidi come l’acqua a spegnere il fuoco che in lei brucia?
In un altro mondo dove la ribellione e la guerra della trilogia sono stati sostituiti da amicizia, sport e sentimenti gli eroi di Panem, ancora ragazzi, si troveranno alle prese con l’inevitabile Amore con la A maiuscola.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 “lo so che è scomodo ma in questo caso, la moto, è il mezzo con cui si vive meglio il viaggio. E io non voglio altro che tu te lo goda appieno. Amo vederti sorridere” arrossisco e intravedo i suoi occhi azzurri illuminarsi a sua volta, per poi farmi un occhiolino pieno di cose non dette, pieno di promesse. Studio l'involucro, picchetti, pali, teli. Stupita, do voce alla mia curiosità

perchè ti sei portato dietro una tenda ?”

 

 

la risata che, soffocata, esce dalle sue labbra mi fa sentire un'ingenua, come se non avessi capito un bel niente di un evidente scherzo. Metto le mani sui fianchi e storgo la testa, in attesa di una spiegazione

“avevo intenzione di dirtelo, ma vista la tua faccia mi sa proprio che ti lascerò il beneficio del dubbio” esclama, incredibilmente divertito

cerco l'offesa peggiore che mi venga in mente “sei un..”

“si lo so, sono un ragazzo fantastico, non serve che me lo ripeti” la scintilla nei suoi occhi mi fa ribollire, sento le guance andare a fuoco

“non volevo dire questo” sbuffo stizzita

“ma smettila! Non ci vorrà molto e dopo lo saprai, anche se non credo ci siano dubbi sull'utilità di una tenda” con un gesto secco abbassa la visiera e mi fa cenno di salire dietro di lui

“stringiti”

mi accomodo e gli circondo la vita con le braccia, allacciando le mani all'altezza dei suoi addominali, come mi ha insegnato lui la prima volta che è stato a casa mia .

 

L'aria fresca mi sferza i vestiti e la pelle dandomi una bellissima sensazione di pienezza, mentre zigzaga attraverso le auto mi sento come un uccello in planata verso la sua preda.

“quanto ci vorrà più o meno?” non sono convinta che mi possa sentire, ma cominciano a farmi male le gambe

“mezz'ora se tutto va bene” urla per sovrastare il rumore dell'aria che si infrange su di noi

“uffa, è scomodo”

“non ti va mai bene niente però!” sta sicuramente sorridendo, ho imparato a conoscere quella nota speciale nella sua voce che c'è solo quando è davvero felice.

Appoggio la testa sulla sua schiena e mi rilasso, aspettando con ansia il momento in cui potrò sgranchirmi le gambe.

 

 

“Dolcezza, siamo arrivati” la voce ovattata mi riporta alla realtà, sento la moto rallentare per poi fermarsi definitivamente davanti ad un piccola casetta di mattoni intonacata di bianco. La veranda in legno è abbastanza grande per contenere un lungo tavolo e qualche sedia, una sedia a dondolo dall'aria comoda e qualche vaso di fiori. L'erba sotto le scarpe si mescola a qualche granello di sabbia quando rimetto i piedi per terra e mi tolgo il casco

“wow” è davvero incantevole, attorniata dal verde del prato ben curato, e protetta dalle dune che si vedono in lontananza. Mi perdo ad osservare il tetto di tegole scure, i gradini di pietra che portano all'ingresso dove una porta di legno scuro delimita l'interno dall'esterno. Peeta si toglie il caso e si apre la giacca prima di dirigersi verso la casa, allegro, io me ne resto impalata vicino alla moto

“che fai li? Non vieni?” mi porge una mano, incoraggiante. Annuisco e lo raggiungo, l'assito del pavimento che scricchiola sotto i nostri passi. Peeta bussa un paio di volte e lo vedo grattarsi la nuca prima di passarsi una mano tra i capelli biondi per ravvivarli

“chi è?” la voce di una donna gracchia da dietro il legno massiccio della porta,

“sono Peeta Mellark”

“chi?” non deve sentirci bene

“sono Peeta, il figlio del fornaio” Peeta urla ridendo per farsi sentire e mi spiega a gesti che i padroni di casa non ci sentono bene perchè sono anziani. Quella che prima era solo una voce ora ha preso le sembianze di una dolcissima signora dai capelli bianchi che le arrivano morbidi e non troppo folti sulle spalle. Ha la schiena curva per il peso degli anni e un sorriso accomodante di chi ama le persone.

“buongiorno Mags. Come sta?” la scena dal mio punto di vista è alquanto comica, il biondo è alto almeno il doppio della vecchietta e si sporge in avanti per abbracciarla, poi le porge un sacchetto di biscotti fatti da lui

“buongiorno a te caro” lo saluta per poi rivolgersi a me “buon giorno anche a te”

“Mags, lei è Katniss, la mia fidanzata” arrossisco a questa presentazione e guardo il mio fidanzato.

“piacere di conoscerla signora” non so chi sia questa donna, ma la mia innata buona educazione mi fa parlare

“chiamami Mags ti prego”

“allora, salve Mags” le porgo la mano che lei stringe con la forza di una farfalla. La sua attenzione torna sul mio ragazzo

“allora ragazzo, cosa sei venuto a fare da una povera vecchietta come me?”

“volevo chiederle se potevo piantare la tenda alla baia” l'azzurro dei suoi occhi si fa più intenso e i muscoli delle braccia si irrigidiscono nell'attesa. Non so di che baia stia parlando, ma poco mi importa, per quanto non mi piacciano le sorprese di lui mi fido.

Mags soppesa l'idea, poi l'angolo della sua bocca si piega verso l'alto acuendo le rughe che già le increspano il viso abbronzato

“ma certo che puoi. Verrà qui anche Finnick?” sembra quasi emozionata e speranzosa

“non lo so, non ho mai pensato di chiederglielo, non per oggi almeno”

“capisco” la donna si sposta e ci fa entrare in casa, facendoci strada attraverso un piccolo corridoio azzurro ci conduce in cucina.

“vi unite a me per cena?” domanda “o volete mangiare in spiaggia?”

“in realtà pensavo di mangiare in spiaggia, è tardi e ci metteremo un po' di tempo a fare tutta la strada a piedi “ Peeta deve avere una tabella di marcia davvero rigida da rispettare perchè altrimenti, vista la sua naturale gentilezza, avrebbe accettato l'invito solo per farle compagnia

“bene allora vi preparo qualcosa da mettere sotto i denti” Mags sta già tirando fuori dal frigo dei contenitori trasparenti, alcuni contengono pesce, altri verdure, tutti hanno un aspetto davvero invitante

“non serve signora, non si preoccupi” intervengo, nonostante tutte quelle leccornie mi facciano salire l'acquolina in bocca non mi pare il caso che si affatichi per noi, ho come l'impressione che potrebbe spegnersi da un momento all'altro davanti ai miei occhi

“oh no insisto” mi sorride, “Peeta caro, vai a mettere il tuo trabiccolo nella rimessa per favore” ridacchio mentre Peeta incenerisce la simpatica vecchietta con gli occhi per aver chiamato la sua adorata moto trabiccolo . Esce e io faccio per seguirlo ma qualcosa attira la mia attenzione. Tante conchiglie sono appese sulla parete del corridoio di fronte alla porta della cucina, come nuvole perlacee su un cielo pervinca. La rete da pescatore, lisa e bitorzoluta pende dal soffitto a terra a creare un arazzo tridimensionale che contiene innumerevoli piccole fotografie, come a catturarle per sempre.

Con la punta delle dita sfioro la carta lucida, i soggetti che vi sono impressi, un bambino mingherlino dai capelli rossicci e un uomo canuto che gioca con lui, castelli di sabbia, barche ormeggiate, un ragazzo sorridente che mostra i muscoli orgoglioso, un uomo con una donna minuta dal pancione rotondo e ospitale. Finnick .

“conosci anche tu Finn?” ritiro immediatamente la mano, colta in fallo. Mags mi ha raggiunto in corridoio

“oh no, non preoccuparti, continua, non sono certo segreti” rassicurata riprendo ad osservare la parete

“Finnick è mio nipote, mi sono presa cura io di lui quando mia figlia è sparita e con lei il suo compagno. È un ragazzo speciale vero?” nella sua voce percepisco la malinconia, e mi si attanagliano le viscere. Sono sempre stata troppo egoista per poter anche solo pensare che qualcun altro al di fuori della bolla in cui io e Peeta ci siamo rinchiusi, potesse avere problemi. Annuisco.

“si lo è. È davvero importante per tutti noi” sospiro

“mi manca molto, non ho mai visto suo figlio”

non so cosa rispondere per cui taccio, lasciando che il silenzio avvolga la casa.

 

 

“Mags noi andiamo! Ci vediamo domani ok?” urliamo all'unisono io e Peeta prima di chiuderci la porta alle spalle, il sole comincia ad abbassarsi verso l'orizzonte.

Camminiamo al limitare della piccola pineta per quasi un'ora, sotto le scarpe si alternano soffici aghi di pino e granelli di sabbia spostati dal vento. La tenda e gli zaini pesano sulle spalle larghe del biondo che si rifiuta di condividere la fatica, testardo com'è non imparerà mai. Piccole gocce di sudore gli imperlano la fronte e la nuca. Le dune di sabbia stanno rapidamente lasciando il posto a massi e alte formazioni rocciose, che formano un arco tutto intorno a noi, come a proteggerci o intrappolarci. Svoltiamo appena la parete scoscesa di staglia di fronte a noi, per addentrarci in una grotta dalla volta ampia e accogliente, in fondo alla quale una luce si fa gradatamente più intensa. È un tunnel, un passaggio attraverso la scogliera.

“siamo quasi arrivati” Peeta mi distoglie dalla mia attenta osservazione, prendendomi per mano e accelerando il passo. La sua emozione, poco a poco, sta contagiando anche me, e non vedo l'ora di arrivare.

 

Davanti a noi, come nascosta a sguardi indiscreti dalla natura, si apre una piccola baia dove la sabbia liscia è lambita da acque assolutamente cristalline di quell'azzurro paragonabile solo agli occhi di Peeta, come un cielo sereno d'estate. Qualche onda si infrange schiumosa sul bagnasciuga, creando una melodia rilassante per il corpo e per la mente, gli alberi che incorniciano la spiaggia sono lussureggianti e immensi, un connubio perfetto tra la pineta che abbiamo costeggiato prima e qualche pianta esotica, dai colori brillanti.

“è magnifico” sussurro, estasiata. È come un piccolo pezzetto di paradiso in terra, e fatico a credere ai miei occhi

“si lo è. Vieni, andiamo a sistemare la tenda prima che cali il sole” mi affretto a seguirlo verso lo spiazzo che è stato ricavato al confine tra sabbia ed erba che di primo acchito non si nota.

“come hai scoperto questo posto?” chiedo, la curiosità è troppo forte

“io, Finn, Johanna e Annie ci venivamo spesso fino a qualche anno fa, gli unici modi per arrivare fin qui sono via mare o dalla caverna che a sua volta è accessibile solo passando per la proprietà di Mags quindi ci siamo sempre sentiti al sicuro. L'abbiamo scoperto in un' esplorazione avventurosa da adolescenti” lo vedo aprire il sacco della tenda e sorridermi, mi affretto ad aiutarlo. Stendiamo un telo di plastica per impedire all'umidità di filtrare,

“al sicuro da cosa?” continuo

“bhe, volevamo avere un posto tutto nostro, lontano da occhi e orecchie indiscrete, dove poter fare quello che volevamo quando volevamo” mi passa un angolo della tenda che fisso con il picchetto. Se questo, doveva essere il loro posto, allora io non dovrei essere qui. All'improvviso mi sento fuori luogo,

“e allora perchè ci stai portando me?” indago

“perchè fai parte del gruppo ormai, e questo posto è giusto che lo conosca anche tu. E poi sei la mia ragazza e questo è un posto speciale che voglio condividere con te” mi guarda di sottecchi, alzando le sopracciglia e incurvando un angolo delle labbra

“ma Jo, Finn, e Annie non si arrabbieranno quando glielo dirai? Perchè glielo dirai vero?” non voglio che la mia sia un'invasione da dover tener segreta. Mentre parliamo la tenda sta lentamente prendendo forma, ora manca solo il telo di copertura

“ehi Dolcezza, sta calma” si avvicina per passarmi il lembo di stoffa e ne approfitta per posarmi un lieve bacio sulla guancia

“sanno già tutto. Sanno che siamo qua oggi e a loro va più che bene, a dirla tutta è stato Finn a suggerirmi di portartici” con un grugnito di soddisfazione pianta l'ultimo picchetto e osserva l'opera completa, fiero del suo lavoro.

“sul serio?”

“altroché!” i denti bianchi si intravedono appena tra le sue labbra schiuse. Il peso che avevo nel petto se ne è andato e finalmente mi sento a mio agio.

Il sole morente tinge il cielo di arancione e rosso e rosa con qualche sprazzo di bianco, riflettendosi sulla superficie liscia dell'acqua calma. Mi siedo sulla rena ancora calda e faccio scorrere le dita tra i granelli e le conchiglie osservando il cielo.

“sai” Peeta si siede dietro di me facendomi appoggiare contro il suo petto, le sue braccia mi cingono la vita e il mento poggia sulla mia spalla. Mi sposto quanto basta per intravedere il suo ciuffo biondo con la cosa dell'occhio

“pensavo che l'arancione di questi tramonti fosse il mio colore preferito” Stupita mi volto a guardarlo

“ma ogni volta che rivedo i tuoi occhi mi convinco che non è più così” sospira, sorridente, tornando a guardare lo spettacolo che la natura ci sta offrendo. Mi rannicchio contro di lui, facendomi più piccola possibile, godendomi per la prima volta il calore che le guance arrossate mi danno. Nessuno mi aveva mai fatto dei complimenti così, e anche se sono terribilmente romantici, quasi mielosi, non mi spiacciono affatto. Non so bene cosa rispondere, e per fortuna lui non mi guarda, perchè non reggerei l'intensità delle sue occhiate. Un fremito mi scuote

“hai freddo?” alzo il mento per incrociare i suoi occhi, che però continuano a scrutare l'orizzonte.

No, vorrei rispondere, non ho freddo. È solo la reazione che ho ogni volta che mi parli, che mi sfiori, che mi guardi. Sei tu che mi fai tremare, perchè vorrei che la distanza tra noi si azzerasse, vorrei sentirti più vicino. Tremo perchè probabilmente non merito neanche un secondo della tua attenzione e invece tu me la regali tutta, e non so come fare per farti capire quanto ci tengo a te. Vorrei dirti che, si Peeta, ti amo anche io.” ma non ci riesco. Qualcosa, in me, blocca quelle due parole, che di semplice non hanno proprio niente. Mi rifugio nella sottile speranza che la leggera brezza che è salita mi difenda, quindi annuisco.

Con il naso mi sfiora il collo, per poi sciogliere l'abbraccio. Si sfila la felpa e me la porge restando con la t-shirt a maniche corte.

“grazie” inspiro dal colletto il suo profumo “ma tu non prenderai freddo così?”

mi fa l'occhiolino e si inginocchia di fronte a me, prendendomi il viso tra le mani

“non preoccuparti per me”

le punte dei nostri nasi che si sfiorano, il mio respiro accelerato che si fonde con il suo, ci guardiamo per un tempo che sembra infinito prima che le labbra si trovino ancora, e ancora. Il battito aumenta a dismisura quando le sue mani scendono a sfiorarmi l'incavo del collo, le spalle, le braccia, i fianchi. Gioco con i suoi capelli, nel disperato tentativo di sentirlo sempre più vicino, come se potessimo diventare una cosa sola. Mi spinge piano sulla sabbia che, ancora tiepida, mi fa da soffice cuscino. Gli mordicchio il labbro inferiore nella foga, e lo sento sospirare poi gemere piano mentre la mia lingua trova la sua. Le mani, controllate solo distrattamente, giocano con la sua maglia, avvertendo i muscoli tesi sotto la stoffa. Boccheggio, quando la zip della mia felpa si apre e le mani calde di Peeta trovano la mia pelle scoperta. Si stacca dalla mia bocca, per baciare quello che le sue mani hanno scoperto, disegnando con la lingua linee immaginarie che percorrono l'orlo dei miei pantaloni, togliendomi l'aria. Inarco la schiena e mi mordo l'interno della guancia, forse un po' troppo forte, perchè il sapore metallico del sangue risveglia i miei sensi facendomi riacquistare un briciolo di lucidità.

“non qui” mormoro, sospirando. Lui è ancora alle prese con la cintura dei jeans per prestare attenzione a quello che dico, o forse mi sta deliberatamente ignorando.

“Peeta, non qui” deve avermi sentito questa volta perchè lo sbuffo si infrange distintamente sulla pelle bollente. Si lascia cadere con la schiena sulla sabbia, guardando il cielo. Nonostante sia quasi buio, riesco a vedere il rossore che gli colora le guance e ascolto il suo respiro tornare alla normalità, a cui fa eco il mio

“non ci avrebbe visto nessuno” sogghigna, mi alzo quel tanto che basta per tirargli un pugno sulla spalla, giocoso. Sono ancora accaldata e delle mie trecce è rimasto che un ammasso indistinto pieno di sabbia

“sai che sei proprio buffa così?” scherza, portandosi le mani dietro la testa. Mi risistemo alla buona la maglia

“così come?” incrocio le braccia al petto indispettita

“rossa in viso, tutta scompigliata, per non parlare del fatto che sei piena di sabbia” ride e io con lui

“tu non sei messo tanto meglio lo sai?” inarco un sopracciglio e sorrido compiaciuta

“ah si?” spalanco gli occhi quando mi butta a terra un'altra volta, ridendo come un matto. Quando si toglie da me, una luce maliziosa gli illumina gli occhi. In silenzio si toglie le scarpe e si alza, lo osservo incuriosita.

“che stai facendo?” chiedo, mi metto seduta e circondo le ginocchia con le braccia.

“ho voglia di farmi un bagno” si volta per un attimo, euforico, poi si sfila la maglietta da sopra la testa e torna a camminare verso la battigia. Osservo la linea dei muscoli sulla sua schiena, le spalle larghe e i fianchi ben proporzionati a tutto il corpo. Porto le mani sulle guance, ustionanti. Ridacchio mentre, senza guardarmi, si sfila i pantaloni e si tuffa in acqua con i boxer. Si prenderà un malanno.

Mi sfilo le scarpe e i calzini e raggiungo il bagnasciuga, tenendo le braccia strette attorno al corpo

“allora? Vieni o no?!” le gocce d'acqua fanno brillare la sua pelle anche con la poca luce che è rimasta e gli schizzi si spargono tutto intorno nel momento stesso in cui scrolla i capelli, come un cane. Apre le braccia e mi invita a raggiungerlo, con quell'espressione da cucciolo ferito a cui non si può dire di no.

“guarda che se non vieni tu, ti vengo a prendere io” minaccia, ridendo e puntandomi un dito contro.

“non oseresti” urlo perchè mi possa sentire, provocandolo

“ scommettiamo?” si sta già avvicinando. Se non mi levo immediatamente i vestiti rischio di finire in mare completamente vestita, so che non mi risparmierebbe. Mi sfilo la felpa e i pantaloni, a malapena lo vedo fermarsi ad osservare i miei movimenti. Sorride, ottimo segno.

Faccio passare la maglia sulla testa con un unico gesto veloce e prima che possa pentirmene corro in acqua, coperta solo dall'intimo.

Il mare è inaspettatamente abbastanza caldo da non farmi tremare. Rido di gusto alla vista di Peeta con i capelli appiccicati alla fronte gli cadono davanti agli occhi, sembra più giovane, se non avesse le guance ruvide dalla barba corta, e non conoscessi a memoria il suo fisico probabilmente non gli darei più di diciassette anni.

Ci schizziamo per alcuni minuti, giochiamo spensierati senza che l'incombenza della sua partenza gravi su di noi. Ho il fiatone quando risalgo in superficie dopo che mi ha spinta per l'ennesima volta sott'acqua. Non faccio in tempo ad aprire gli occhi che lo sento su di me ancora, fa aderire i nostri corpi prendendomi in braccio, e io gli allaccio le gambe intorno alla vita e le braccia al collo. Le sue mani mi sostengono la schiena, la accarezzano,fameliche,desiderose e non mi interessa più nulla se siamo in acqua, se chiunque potrebbe vederci, se l'aria pungente della sera mi accarezza la pelle facendomi rabbrividire. Voglio le sue labbra, le sue attenzioni, lo voglio per me e lo voglio ora.

“Kat” mi stringe di più, e io per tutta risposta lo zittisco baciandolo. Sa di sale, di fresco, di buono. È come una droga, crea dipendenza, una dannatissima dipendenza. Mordicchia il mio collo, e io senza quasi accorgermene reclino indietro la testa, sospirando.

Fa scorrere una mano sulla mia gamba, dal piede, alla coscia, mentre raggiunge la riva e mi adagia sulla sabbia ormai fredda. Fa leva sui gomiti per non gravarmi addosso e sfila quel poco che resta a separarci ancora. Lo bacio con più foga e spingo il bacino contro il suo, sincronizzando i nostri movimenti. Le spinte si fanno sempre più intense, profonde e irregolari, sento i nostri respiri fondersi,i nostri corpi unirsi ogni volta di più, i suoi e i miei gemiti soffocati alternarsi fino all'estasi. Non credo di essermi mai sentita più felice di così.

 

 

 

 

Attorno al fuoco, seduti con gli asciugamani sulle spalle mangiamo quello che Mags ci regalato. Continuo a guardare di sfuggita Peeta che sembra non accorgersene, assorto com'è a contemplare talvolta lo scoppiettare dei carboni ardenti, talvolta le stelle. Ci siamo asciugati e cambiati, abbiamo raccolto i vestiti siamo andati alla ricerca della legna per accendere il falò. Il silenzio che c'è ora, non ha niente a che vedere con quelli carichi di tensione, anzi, è rilassato e pacifico. La luce aranciata che proveniente dalle fiamme disegna strane ombre sul viso del ragazzo che mi sta di fronte, evidenziandone gli occhi chiari e i ricci sfatti e disordinati. Scoperta, gli sorrido, mentre addento l'ultima fetta di torta salata, e mi torna in mente quello che questo pomeriggio mi ha detto la anziana signora

“Peeta, Mags oggi mi ha detto una cosa” mi guarda incuriosito e deglutisce, pronto ad ascoltarmi

“ha detto che non ha mai visto Junior” continuo “non capisco perchè. Tu lo sai?”

si incupisce, un attimo pensieroso, poi parla

“Finnick è stato abbandonato da sua madre quando aveva quattordici anni ed è stato affidato alla nonna, cioè Mags. Lei e suo marito l'hanno cresciuto nel migliore dei modi, ed è grazie a loro se lui non ha reagito troppo male alla cosa, o per lo meno non gli sono rimasti segni evidenti addosso. Nessuno sa perchè i suoi se ne siano andati, ma da qualche ricerca che abbiamo fatto io e Johanna sembra che non avessero la possibilità di mantenerlo. Nulla si sa per certo però, sono solo ipotesi.” prende una pausa per masticare un altro boccone e poi riprende

“quando ha conosciuto Annie le cose con suo nonno sono peggiorate, perchè tornava a casa tardi, li faceva preoccupare a morte, mentiva sugli allenamenti con Haymitch e non alzava quasi più un dito per aiutare chi per lui aveva dato tanto. Quando si è reso conto del casino che aveva combinato era già troppo tardi. Avrebbe voluto riappacificarsi con Mags e Albert ma poi, Annie è rimasta incinta e le cose gli sono sfuggite di mano. Gli ci sono voluti due mesi per digerire la notizia e decidere di tenere il bambino. Se ora pensano a Junior come l'errore più bello della loro vita, all'inizio non era così. Ma non avevano nemmeno intenzione di abortire quindi non restava che dirlo alle famiglie.” mi sorride mestamente giocherella con le dita, facendole schioccare.

“cos'è successo allora?” sono curiosa, vorrei saperne di più e lo incito a parlare. Sospira

“è successo che Albert l'ha presa peggio del previsto. Mentre i genitori di lei l'hanno in qualche modo sostenuta, Finn è stato letteralmente cacciato di casa. Ogni tanto sente ancora Mags, ma non ne vuole sapere di parlare con suo nonno. Non torna mai qui, a meno che non si sicuro che Albert non ci sia, ma in ogni caso non ha mai avuto il coraggio ne il fegato di far vedere il suo angioletto a sua nonna. Abbiamo tentato di convincerlo in tutti i modi, persino Annie ha tentato, ma non c'è stato nulla da fare. Testardo com'è non lo si convince con nulla. Questo è quanto” si stiracchia e si alza, sbatte l'asciugamano e lo butta dentro la tenda.

“Mags vorrebbe davvero tanto vederlo” parlo più a me stessa che a Peeta, ma mi risponde lo stesso

“e chi non vorrebbe conoscere il suo nipotino? Ogni volta che rivedo quella donna, sempre più ingobbita e provata dall'età, mi tornano in mente tutte le occasioni in cui ci ha chiamato teppistelli per via delle nostre bravate dalla scogliera. È una donna a dir poco fantastica. Quando ci riprendeva, mi sentivo talmente in colpa che la volta successiva le portavo un sacchetto di biscotti” ride imbarazzato,grattandosi la nuca

“come quelli di oggi? Cosa dovevi farti perdonare?” sorrido anche io, ascoltandolo

“di essermi fatto massacrare per soldi, ovviamente. I biscotti non sono bastati però questa volta. Mi ha fatto capire benissimo che non me la perdonerà tanto facilmente” mi alzo anche io e lo abbraccio, affondando il viso sul suo petto. Il suono regolare e forte del suo cuore mi calma, e uno sbadiglio esce inaspettato dalla mia bocca

“andiamo a letto che è meglio” sussurra baciandomi i capelli. Annuisco, stanca dalla giornata, dal bagno in mare e dalla lunga camminata, non me lo faccio ripetere due volte.

Entro nella tenda e mi infilo nel sacco a pelo più piccolo, aggancio le cerniere in modo da unire i due letti per formarne uno solo un po' più grande. Poco dopo, il rumore delle braci spente dallo scroscio dell'acqua mi giunge alle orecchie, segno che Peeta ha soffocato il fuoco. Entra nella tenda e se la chiude alle spalle, accende la torcia mentre si sistema accanto a me, poi la spegne.

“vieni qui Dolcezza” allunga il braccio e mi accoccolo contro di lui, usando il suo petto come cuscino, il calore del suo corpo mi scalda all'istante, facendomi sentire sicura e protetta. Mi scioglie i capelli mentre sbadiglio e si tiene sui polsi gli elastici che prima tenevano malamente insieme le trecce.

“buona notte” con la punta del naso sfioro la sua pelle

“buona notte amore, e sogni d'oro” il bacio che si posa sulla fronte è l'ultima cosa che percepisco fino in fondo. Nella mia mente, impronunciato, resta sospeso un ti amo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

ecco dopo tanta attesa il nuovo capitolo! Spero vi piaccia, e soprattutto spero di essere riuscita a regalarvi qualche emozione.

Non so bene cosa dire, se non un grazie a tutti per aver letto, e un grazie ancora più grande a chi continua a recensire nonostante i miei clamorosi ritardi. GRAZIE GRAZIE GRAZIE per la pazienza. Cosa ne dite? Vi piace la mia idea per questo capitolo? Portate pazienza se non vi è piaciuto, tra non molto tornerà l'azione...

fatemi sapere le vostre opinioni, belle o brutte che siano, sono sempre tanto utili!

Grazie grazie e ancora Grazie a tutti!

Un bacione immenso

 

sempre vostra

 

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