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Autore: MM_White    16/04/2014    3 recensioni
Il Liceo non è poi tanto diverso dagli Hunger Games!
"- Io non sapevo neanche che ti fossi candidata a reginetta. Non lo sapevo e all'improvviso alzo lo sguardo e ti vedo sugli schermi dei corridoi. Si sono fermati tutti, lo sai? Si sono fermati tutti per guardare te. Per guardarti mentre volteggiavi e sorridevi. E mi sei sembrata meravigliosa. Non ti avevo mai visto indossare un abito.
Arrossisco, abbassando lo sguardo per l'imbarazzo.
- Ero stupefatto, non credevo ti avrei mai vista su quegli schermi. E sorridevo, sorridevo con una mano sulla bocca per non farmi vedere dai compagni. Sorridevo perchè ero fiero della mia Katniss.
Mia. Ha usato il termine mia. Il mondo ha cominciato a rigirarmi attorno proprio ora che si era fermato.
- E poi intervistano Peeta. [...] É un bravo ragazzo, davvero. Potrei quasi stimarlo se non fosse per il fatto che si è dichiarato a te, e in quel modo tra l'altro!
- Ma non era una vera dichiaraz...
- Volevo invitarti al ballo! - Urla allora Gale. - Volevo invitarti al ballo, Katniss.
Stringo le mani in due pugni. Due pugni serrati così forte che sento le unghie ferirmi la carne."
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Faccia di Volpe, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
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Capitolo 2
Un grandioso progetto annuale


 


 

Esco dalla doccia e mi infilo l'accappatoio. Quando mi guardo allo specchio noto che le lentiggini sembrano ancora più evidenti, con il viso arrossato per il calore dell'acqua bollente. Mi trucco un pò per nasconderle? Tanto è il primo giorno di scuola, saranno tutte truccate non andranno di certo a notare che mi sono incipriata un pò il naso... Il pensiero mi passa quando mi accorgo di essere in ritardo. Per il «Ricevimento di Benvenuto» bisogna presentarsi qualche minuto prima che suoni la campanella, per prendere posto nell'auditorium. Mi infilo i primi jeans che trovo nell'armadio, sistemo per l'ultima volta la coda rossa come il fuoco e addento un toast al formaggio. - Ciao mà, ciao pà. – Saluto di sfuggita prima di uscire.
- Ciao Finch. – Rispondono loro in coro. Mia madre di schiena alle prese con i fornelli e mio padre con la faccia tra le pagine di un grosso giornale.
In cortile, appoggiato con la schiena vicino alla staccionata di legno che separa le nostre abitazioni, c'è lui: il mio migliore amico o meglio, il ragazzo che cerco di convincermi essere solo un amico perchè in realtà lo amo. Lo amo con tutta me stessa, ma non voglio che lo sappia perchè un pò mi imbarazza e poi perchè credo che i sottili nastri che ci legano si spezzerebbero, se glielo dicessi.
Al rumore dei miei passi sulla ghiaia lui si accorge di me, si gira e mi regala un sorriso così splendente da far impallidire il caldo sole che si sta levando lentamente.
- Peeta. – Dico in un sussurro.
- Buongiorno. – Mi dice per poi incamminarsi verso il liceo.
Il suo buongiorno è più caloroso di quello dei miei genitori. E a me basta questo per iniziare una splendida giornata. Non mi importa che non mi chiami amore, non mi importa che non ci teniamo per mano, a me basta sentirlo augurarmi il buon giorno e camminare vicini. Durante il tragitto parliamo tanto e di tutto. Sono timida, ma ci conosciamo da così tanto tempo che con lui non provo nessuna vergogna a toccare qualsiasi argomento. I nostri corpi tuttavia si sfiorano raramente. Quelle poche volte in cui Peeta appoggia il braccio sulle mie spalle sento dei crampi intensi all'altezza dello stomaco. Io vivo solo per provare queste piccole sensazioni.
In auditorium ci separiamo con un cenno del capo e prendo posto tra le mie compagne di classe. Un paio di loro si stanno rifacendo il trucco, una si sta passando il lucido sulle unghie e un altro rumoroso gruppetto si scambia pettegolezzi sui nuovi ragazzi arrivati da chissà dove. Non mi degnano di uno sguardo e io sono contenta. In questo modo potrò ascoltare in santa pace i discorsi di benvenuto. Sono contenta anche perchè è iniziato un nuovo anno scolastico e io potrò camminare al fianco di Peeta ogni mattina.


- Non ho idee per il progetto del mio club, quest'anno. - Dico pensierosa con un Mikado tra le labbra e la confezione tra le gambe incrociate sul letto. Per quanto mi abbuffi di dolci la mia taglia non supera mai la 40.
- Cosa? - Mi chiede Peeta mentre si volta e lascia cadere le grosse cuffie intorno al collo.
Guardo il computer accesso alle sue spalle con un'espressione indignata.
- Dovresti studiare.
Lui alza le spalle, - bhè anche tu dovresti. - Dice e poi si rigira con le cuffie alle orecchie.
E' inutile stare qui se Peeta non ha voglia di parlare. Mi rimetto gli stivali e mi avvicino alla porta. - Ciao scemo! - Urlo prima di uscire.
Mentre scendo le scale sento la porta aprirsi e le sue mani fiondarsi intorno alla mia vita. I capelli biondi di Peeta mi solleticano il collo nudo e io sento che le gambe non riusciranno a reggere il peso di entrambi ancora a lungo. Mi ha abbracciata.
- Scusa sto lavorando anch'io per il club di musica. - Mi dice, - Vieni in camera che parliamo del tuo.
Allora mi aveva sentito. A volte mi fa davvero infuriare ma dopo quell'abbraccio non posso che dirgli di sì. Mi chiedo se lo sappia già quanto mi piace. Magari se ne è accorto e ci gioca su per farmi fare tutto ciò che desidera. Ma subito dopo mi do della stupida. Peeta non è un doppiogiochista e non sa assolutamente mentire. Per me è come un libro aperto.
Dal primo anno di liceo gestisco un club. Ogni club deve avere un fine preciso e un progetto da ultimare ogni anno. Il mio non ha nessuno di tutti e due e così mi ritrovo spesso a combattere con quei rappresentanti che minacciano di farmelo chiudere, sostenendo che occupiamo una stanza che potrebbe invece essere utile ad altri. A dire la verità il mio club ce l'ha uno scopo: riunire tutti gli sfigati della scuola. Ma non posso appendere alla porta la targhetta con scritto: «CLUB DEGLI SFIGATI. ISCRIVITI E RICEVERAI LA NOSTRA SPILLA!» come fanno gli altri club. La maggior parte degli studenti però l'ha capito e molti di questi se ne tengono alla larga. Nessuno vorrebbe aggregarsi ad un gruppo di sfigati. Ma la realtà è che, se sei davvero uno sfigato, se i bulli non fanno altro che renderti la vita un inferno e perfino i professori a volte sbagliano e ti chiamano «pallaciccia», «peldicarota» e chi più ne ha più ne metta, bhè allora avresti davvero il bisogno di sentirti meno solo, di poter condividere i propri pensieri con compagni che ti capiscono.
- Che ne dici se faceste crescere un albero? - Mi propone Peeta. Adesso è difronte a me, entrambi con le gambe incrociate sul letto.
- E' il prgetto annuale del club di botanica, - dico mentre afferro di nuovo la confezione di Mikado. - Quest'anno hanno optato per un melo.
- Ah, - dice lui pensieroso, quasi dispiaciuto di non essermi d'aiuto.
Mi propone altri progetti ma io li escludo tutti. «Troppo difficile», «assolutamente impossibile da realizzare», «troppo costoso», «Peeta ma è illegale!»
Alla fine glielo confesso. No, non che mi piace ma che ho già un progetto in mente, un progetto fantastico.
- Sarebbe? - Mi chiede imbrociato. È offeso perchè non ho preso in considerazione le sue brillanti proposte.
- È qualcosa di molto personale, non so se ne avrei il coraggio...
- Ti potrei aiutare?
- Sì, potresti.
- Di che si tratta Finch? - Mi guarda serio. Di sicuro pensa che potrei cacciarmi nei guai e ha ragione. Io mi caccio spesso nei guai. Cerco di non farmi mai notare, sono schiva e silenziosa ma quando vengo punzecchiata salto come una molla impazzita. Sono stata richiamata perfino dal nuovo preside. Non sapevo esistesse un fascicoletto con il mio nome ben in vista sulla copertina e delle annotazioni sulla mia condotta all'interno. Pensavo che ottenere il massimo dei punteggi ai test bastasse per far chiudere un occhio ai professori su qualche piccolo incidente.
- Peeta, io voglio far saltare il sistema.
Peeta strabuzza gli occhi incredulo. Lo sapevo, adesso mi crede pazza! Ecco perchè non volevo dirlo.
- Quale sistema? - Mi chiede con una certa irrequietezza.
- Quello scolastico.
- E come ci riuscirest... Anzi, no, no, no, prima voglio sapere: perchè?
Sorrido, quasi sicuramente il mio assomiglia più ad un ghigno rabbioso ma in verità sono solo eccitata e fiera di quello che sto per dire. Del mio grandioso progetto per quest'anno.
- Perchè è sbagliato, perchè è fallibile. Perchè sono stanca. - Tiro un lungo sospiro. - Ci sono troppe ingiustizie in questo sistema, Peeta. Corruzioni, ranghi sottointesi, violenze fisiche e psicologiche. Perchè la capo cheerleader deve essere bella da mozzare il fiato? Deve solo saltare cristo santo! E il quarterback deve essere scelto in base alla sua bravura in campo non in camera da letto! Perchè tutti ambiscono a sedersi al tavolo dei più popolari e Friedrich mangia da solo soltanto perchè è un NERD tedesco e nessuno lo capisce? Voglio distruggere le loro sicurezze, portargli via ciò che hanno di più caro. Io voglio invertire la situazione, voglio portare ai miei ragazzi un momento di gloria, farli sentire accettati.
Peeta mi osserva mentre gesticolo calorosamente. Non è d'accordo con me. Lo vedo nella sua espressione di rimprovero e biasimo che davvero non sopporto. Riesco perfino a capire la frase che gli frulla nel cervello: «Sei invidiosa Finch, sei arrabbiata perchè non sei come loro.»
No, io sono infuriata perchè non mi capisce neanche lui. Oh, al diavolo Peeta, al diavolo tutti! Mi alzo e lui non cerca di fermarmi. Mi volto verso Peeta con una mano appoggiata ancora sullo stipite della porta aperta.
- La scuola non dovrebbe denigrare i perdenti e innalzare chi ha la fortuna di essere attraente e brillante. Non tutti nascono con capelli biondi e occhi azzurri, non tutti riescono a portare una 38 o a parlare con disinvoltura. Ricordati che anche tu, prima di dimostrare a tutti quanto fossi forte e socievole, venivi deriso perchè ti aggiravi per i corridoi con «peldicarota».- Mi allontano lentamente sotto il suo sguardo attonito.
- Non siamo tutti coraggiosi come te.- Sussurro prima di entrare in casa mia, guardando in alto, verso la finestra chiusa del ragazzo che amo.

 

   
 
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