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Autore: Carlos Olivera    16/04/2014    1 recensioni
Storia partecipante ai contest Immagini dal Castello di Marge86 e Sour Comedy di Frandra
C'è un luogo molto speciale a Kyrador.
Trovarlo è difficile, a meno che non lo si cerchi. Immersa nel verde di un parco, e adagiata sulle sponde di un laghetto, c'è una piccola bottega del caffé, dove chiunque abbia tempo e denaro a sufficienza può godere della tranquillità che solo l'angolo più appartato della più grande città del mondo può offrire.
In questo caffé non si viene solo per consumare una bevanda, ma per goderla. Non si mangiano dolci, li si degusta. Non di chiacchiera, si conversa.
Camerieri raffinati e dai modi gentili intrattengono i clienti, perdendosi con loro in piacevoli conversazioni, ed allietando in questo modo le giornate a coloro che amano ricercare il bello della vita, mentre pasticceri di alta cultura e formazione servono il miglior rinfresco che si possa desiderare.
Benvenuti al Cafè Coeur Bleu.
Non senza ragione taluni scrittori hanno chiamato il caffè una bevanda intellettuale, dato l'uso per così dire generale che ne fanno tutte le persone delle quali i lavori esigono un'attività particolare dell'organo pensante (Pierre Jean Cabanis)
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales Of Celestis'
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III

 

 

L’inizio non fu esattamente una passeggiata.

Avendo lavorato in un ristorante praticamente dal giorno della nascita Alicia credeva di avere buoni numeri per cavarsela anche nella sua esperienza al Coeur Bleu, ma in realtà già dal giorno della prova pratica aveva iniziato a rendersi conto di quanto poco ne sapesse in un settore, quello della caffetteria, che di giorno in giorno si stava rivelando più grande di quanto ci si potesse aspettare.

C’erano tecniche da assimilare, trucchi da imparare, e ad ogni minimo errore Claudio era sempre lì, con il suo fare freddo e i commenti pungenti, pronto a sentenziare su ogni cosa.

Per fortuna non c’era solo lui.

Marika al contrario era una persona molto buona, e anche Pierre, lo chef, non perdeva occasione per cercare di far sentire la nuova arrivata a proprio agio, prendendo talvolta le sue difese contro le ramanzine forse eccessive che Claudio le riservava.

Quando non c’erano clienti da accogliere o servire, Alicia si metteva di buona lena per imparare tutto quello che c’era da sapere sul monto della caffetteria d’alta classe, a partire dalle innumerevoli varianti di caffè che il Coeur Bleu poteva offrire e che, in un modo o nell’altro, avrebbe dovuto imparare a preparare.

Di intrattenere gli ospiti, per il momento, non se ne parlava. Non che glielo avessero vietato, ma semplicemente ancora non se la sentiva.

Un pomeriggio, approfittando di un momento di pausa, Marika stava spiegandole la preparazione di alcuni cocktail a base di caffè.

«Ecco, vedi? Alcuni nostri clienti prediligono il carajillo, ma la maggior parte preferisce l’irish coffee. In entrambi i casi devi stare molto attenta a mescolare con attenzione tutti gli ingredienti. Nel caso del irish, ad esempio, se metti troppo caffè la bevanda risulterà amara, mentre se all’opposto aggiungessi troppo whiskey non si sentirebbe il sapore del caffè».

Alicia, però, sembrava avere la testa altrove, e guardando nella direzione in cui i suoi pensieri parevano rivolti Marika ne capì il motivo; Claudio stava parlando con il solito cliente, una conversazione amichevole il cui tema era l’urbanistica della città.

«Claudio studia architettura.» disse Marika «E il signor Lambert lavora nel ramo ingegneria qui a Kyrador. Si dice che molti dei progetti che il suo studio ha presentato da che ha iniziato a frequentare questo posto gli siano stati ispirati proprio da Claudio.»

«Figurati se mi interessa cosa pensa quell’antipatico.» replicò stizzita Alicia, che però subito dopo parve lasciarsi nuovamente andare «Ma è davvero così facile entrare in sintonia con queste persone?»

«Tutti quelli che vengono qui bene o male lo fanno per parlare. Alcuni cercano qualcuno con cui condividere i propri pensieri, altri persone qualificate con cui scambiare idee ed opinioni senza impegno ed in totale libertà, altri ancora semplicemente qualcuno a cui raccontare le proprie storie».

Alicia a quel punto non riuscì a non porle una domanda.

«E la tua storia qual è?».

La ragazza esitò, anche se non sembrava sorpresa, lasciandosi sfuggire uno di quei sorrisi così simili a quelli di suo padre.

«Scusa, non volevo.»

«Tranquilla, è tutto a posto. Avevo tredici anni quando i miei genitori hanno divorziato. Avevano ereditato questo locale dai genitori di mio padre subito dopo essersi sposati. Ci sono praticamente cresciuta dentro.

Ho imparato a preparare il caffè prima di imparare a leggere; anche dopo che la mamma è andata via, è stato mio padre ad insegnarmi tutto quello che c’era da sapere su questo lavoro, ma soprattutto su come trattare al meglio tutti quelli che entrano, come mio nonno aveva fatto con lui.»

«Mi dispiace. Immagino sia stato molto difficile per tutti e due.»

«Non ti preoccupare.

Comunque ho visto tante di quelle persone famose sedersi a questi tavolini, che se te le elencassi tutte probabilmente non mi crederesti.

È per questo che non mi sono mai pentita di essere rimasta qui. Ormai ero troppo legata a questo posto per separarmene, e poi papà era così solo. A volte ho come l’impressione che stia ancora cercando qui quello che non è riuscito ad ottenere con mia madre.»

«E gli altri?»

«Gli altri.» rise Marika «Gli altri vanno e vengono. Ad eccezione di Paulo, Aldo e Meredith che lavorano qui da anni, gli altri sono tutti di passaggio.

Nessuno si ferma al Coeur Bleu per troppo tempo. Due anni, massimo tre, e uno dopo l’altro tutti se ne vanno, e questo posto ha sempre nuove storie da raccontare.

Tutto questo rende sicuramente il Coeur Bleu più accattivante, ma è triste pensare che anche gli amici più legati prima o poi, finito il loro tempo, scompariranno, probabilmente per non tornare più».

Alicia notò che gli occhi di Marika si erano fatti lucidi, e scelse di non indagare oltre.

«Forza.» cambiò discorso «Torniamo al lavoro. Cosa mi stavi dicendo a proposito dell’Irish?».

 

I giorni presero a passare, e la prima settimana scivolò via senza grosse difficoltà.

Di giovedì il locale rimaneva chiuso, ma invece che andare alle lezioni pomeridiane, avendo constatato di potercela fare da sola, Alicia preferì spendere un po’ di tempo a mettere in pratica le cose che le aveva insegnato Marika.

In quei primi mesi si era fatta amica la padrona della mensa, la signore Dibbels, tanto che riuscì a convincerla a lasciarle un angolo della cucina per fare un po’ di esercizio; non erano le macchine variegate e raffinate del Coeur Bleu, ma ci si accontentava.

Così, per quel giorno, i ragazzi che passavano per la mensa trovavano ad attenderli un caffè omaggio, che poteva avere le caratteristiche più diverse; macchiato, alla nocciola, e persino in frappé

«Ci stai mettendo davvero un grande impegno.» osservò la padrona vedendo la dedizione che la ragazza metteva nel sfornare caffè a ripetizione «Deve piacerti proprio tanto lavorare in quel locale.»

«Non è solo per il lavoro, signora Dibbles.» rispose lei senza staccare gli occhi dalla caffettiera «C’è un che di strano, di magico nel Coeur Bleu. Mi trovo bene lì, e c’è così tanto da imparare».

La signora si fece una risata.

«La tua frase potrebbe suonare un po’ strana. Dopotutto viviamo in un mondo dove la magia è di casa. Ma sono convinta anch’io che quello sia un posto parecchio speciale. Ci crederesti che ci ho lavorato anch’io?»

«Davvero?»

«Solo per qualche mese, quando aveva appena aperto. E poi tutti quei baldi giovani. Non dirmi che non ci hai fatto neanche un pensierino.»

«Signora Dibbles, ma cosa dice?» sorrise Alicia quasi imbarazzata

«Eh, quanti ricordi. Mi fa tornare alla mente la mia giovinezza. Quelli sì che erano tempi. Non ora, che sono ridotta ad una vecchia mummia. Il mio Winston, che il cielo l’abbia in gloria, faticherebbe a riconoscermi».

Alicia sentì uno strano calore.

Non si poteva negare che i ragazzi del Coeur Bleu fossero tutti affascinanti e carismatici. Persino il signor Auguste, nonostante l’età, era stato capace di scaldarle il cuore, con quella sua eleganza signorile ed i modi raffinati.

Si sforzò di darsi un contegno, ricacciando quei pensieri. Non stava affannandosi tanto per diventare una cameriera della più elegante caffetteria della città per essere circondata da bei ragazzi con cui fare la civetta; altre erano le sue aspirazioni.

E poi, non tutti erano così appetibili ed ammirevoli; anzi, qualcuno le risultava talmente indigesto che le bastava pensarlo per sentirsi ribollire il sangue.

«Ma che ha contro di me?» mugugnò ripensando alle occhiatacce e ai giudizi maligni di Claudio «Sembra quasi che mi abbia preso di mira».

I suoi pensieri furono interrotti da un olezzo di fumo.

«Alicia, il caffè ti si sta bruciando…»

«Accidenti!».

 

La sfortuna decise di abbattersi su Alicia all’inizio della settimana successiva.

Auguste dovette andare fuori città per la morte improvvisa di un caro amico, e per due giorni la ragazza, ma più in generale tutti i camerieri, passarono sotto il controllo autocratico del caposala Claudio, che ancora una volta non perse occasione per torchiare la povera apprendista.

Per Alicia furono due giorni di puro tormento; Claudio la faceva correre come una matta, riservandole anche compiti piuttosto ingrati, ma facendo però in modo che non venisse mai in alcun modo a contatto diretto con i clienti.

E soprattutto, non la fece avvicinare in alcun modo alle macchine da caffè.

Gli altri ragazzi non sapevano cosa pensare, ma ancora di più molti furono colpiti dallo stoicismo con cui Alicia affrontò quella situazione, sgobbando senza mai lamentarsi, salvo occasionali sfuriate che però si riservava sempre di sfogare privatamente, lontano da occhi indiscreti.

A metà pomeriggio del secondo giorno, però, quella poveretta sembrava sul punto di capitolare, e si reggeva a malapena sulla scopa che Claudio le aveva messo in mano con l’ordine di spazzare il porticato dalle foglie che l’autunno stava iniziando a spargere copiosamente in tutto il parco.

«È sempre così.» disse Pierre «Sembra quasi che Claudio ci provi gusto a torchiare gli apprendisti e spingerli a scappare.»

«Quello è uno schiavista.» mugugnò Louis

«Decisamente.» incalzò suo fratello Hervé «Vedrai che alla fine anche lei cederà. Come tutti gli altri, del resto».

Marika però sembrava di un altro parere, e ogni volta che vedeva i due battibeccare non riusciva a non sorridere. Forse voleva credere che ci fosse un motivo dietro a quell’atteggiamento così freddo di Claudio, che d’altro canto non era mai stato un campione di galateo nei rapporti con i colleghi, o forse addirittura ne era convinta, e piuttosto che manifestare i suoi pensieri preferiva lasciare che le cose evolvessero da sé.

 

Il terzo giorno, come previsto, il proprietario tornò al negozio.

«Spero che ve la siate cavata in mia assenza. D’altronde, sapevo di aver lasciato tutto in buone mani».

Non parve stupirlo vedere l’espressione esausta e allo stesso tempo sollevata della sua giovane apprendista, così come non batté ciglio quando la figlia, chiedendogli numi circa questo suo viaggio improvviso, gli fece sapere di aver telefonato a casa del presunto morto, trovandolo inaspettatamente vivo, vegeto e in ottima salute.

«Forse avrai sbagliato numero.» disse sorridendo sornione.

Con il ritorno di Auguste Alicia ritrovò un po’ di serenità, ma ciò nonostante non considerava la sua assunzione ancora sicura, per il semplice fatto che non aveva ancora avuto l’occasione vera e propria di fare ciò per cui, teoricamente, era destinata: preparare e servire il caffè.

Riuscì a prepararne alcuni, ma poi erano altri a servirli, anche se le opinioni soddisfatte che riusciva a capire dai discorsi dei clienti la facevano ben sperare.

Il problema restava sempre lui, Claudio. Non gli andava mai bene niente, e quel suo trovare da ridire su tutto stava iniziando a darle davvero sui nervi; oltretutto, malgrado Auguste fosse tornato, quel prepotente sembrava ancora avere una forte libertà d’azione nei suoi confronti, seguitando ad affidarle mansioni ingrate senza che il proprietario aprisse bocca in alcun modo.

Una volta le fu perfino ordinato di svuotare il bidone dell’immondizia portandolo al centro di riciclaggio ai confini del parco; escludendo la fatica di dover portate quasi cinquanta chili di bidone con  solo un piccolo carrello senza poter contare su qualsivoglia supporto magico, non essendo lei una maga, ciò che lasciò davvero atterrita fu l’imbarazzo che provò appena si accorse che, nonostante tutte le sue precauzioni, i clienti l’avevano notata.

Così, quando ritornò al locale esausta e rossa di vergogna, la solita critica acida di Claudio per averci, a suo dire, messo troppo, fu la goccia che fece traboccare il vaso.

«Ma si può sapere che cosa ti ho fatto? Cosa credi che sia, una schiava?»

«Una schiava si muoverebbe molto più rapidamente. Forse sei più una scimmia, che sbraita e si dimena facendo tanto rumore anche per le cose più piccole.»

«A chi hai dato della scimmia, razza di damerino?»

«Se pensavi che lavorare qui significasse solo preparare il caffè e sorridere ai clienti, hai decisamente fatto male i tuoi conti. E sul tuo caffè credo di essermi già pronunciato».

Ormai ad Alicia fumavano le orecchie ogni volta che i suoi occhi si posavano anche solo per sbaglio su quel quattrocchi presuntuoso, ma non voleva dargliela vinta; avrebbe resistito fino alla fine, e se doveva essere cacciata se ne sarebbe andata a testa alta sapendo di avercela messa tutta.

  
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