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Autore: OfeliaMontgomery    18/04/2014    1 recensioni
Cos'hanno in comune Ofelia Montgomery, Rebekah Warner, Arlene Douglas, Georgia Adams, Delia Morton e Nora Day? Il corpo.
Dal primo capitolo:
Il signor Nicholas Hudson, il guardiano del cimitero restò stupito nel vedere Ofelia Montgomery camminare per le strade della città, di notte e da sola.
– Signorina Ofelia che ci fa qui da sola? E per giunta così? – chiese l’uomo indicando l’abbigliamento strano della ragazza, portava ancora la camicia da notte ed era scalza.
– Non so chi sai questa Ofelia, il mio nome è Georgia Adams e sono venuta a trovare il mio defunto marito – parlò la ragazza con voce quasi metallica facendo qualche passo verso l’entrata del cimitero.
Genere: Dark, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Appena furono arrivati nella zona per i picnic, cercarono il posto per posare la cesta con le cose da mangiare e le coperte. Mentre camminavano, andando piano piano, avevano osservato l'ambiente magnifico che li circondava: il parco e la zona picnic erano enormi con numerosi alberi di pino secolari, alti e con molte pigne, che creavano ombre sul terreno.
Alcune stradine di terra battuta attraversavano nelle varie direzioni, la pineta.
Il terreno era soffice e ricoperto da un tappeto di aghi di pino secchi e di piccole pigne. In lontananza si intravedeva tra i rami i giochi per i bambini, nella parte del parco e un po’ più in alto l'azzurro del cielo sereno. Tutto era incredibilmente bello e il profumo dei pini entrò nelle narici dei due ragazzi. Però lo stomaco di Ofelia e Evan, cominciò a brontolare. Giunsero in una zona pianeggiante e pulita, allestirono il loro pic-nic con tovaglia, bicchieri di plastica, tovagliolini e tutto il resto, compreso il cibo e il bere.
Evan e Ofelia mangiarono in silenzio, la tranquillità che c’era in quel posto era stupenda. Si stavano rilassando. Ogni tanto serviva un po’
– Come facevi a conoscere questo posto? – chiese Ofelia mangiandosi un tramezzino al tonno.
– Mia nonna mi portava qui quando ero piccolo, è un posto stupendo – rispose Evan sorridendole dolcemente.
– Tua nonna sapeva quello che tuo nonno faceva? E quello che fa tuo padre? – chiese ancora Ofelia mentre il vento le passò fra i capelli, facendoli svolazzare nell’aria.
Evan ci pensò su un po’ poi rispose – Non lo so. Non ne ho idea, ma penso che lo sappia – sussurrò l’ultima frase, abbassando lo sguardo sul tavolo di legno.
Ofelia annuì – Parliamo di altro, quante ragazze hai avuto? – chiese la ragazza facendo un risolino.
Evan scoppiò a ridere, – Penso cinque, dalle medie a ora, tu signorina Montgomery? – chiese lui, scoccandole un sorriso.
Ofelia si scostò i capelli dal viso a mo’ di vip, – In questa vita neanche uno – lo disse ridendo, prima di divenire rossa come un peperone.
Evan rise, scuotendo la testa – E nelle altre vite? – chiese bevendo un sorso di birra.
– Allora,  Nora stava con Francis; Delia con nessuno, ma in precedenza era stata insieme a due ragazzi; Georgia si era spostata con Walter ed aveva avuto solo lui; Arlene non aveva mai avuto nessuno e l’unico che gli piaceva, era uno psicopatico che l’ha uccisa e Rebekah, beh Rebekah è un caso a parte – rispose Ofelia tenendo il conto con le dita.
– Beh ora tu hai me, se mi vuoi – disse Evan avvicinandosi ad Ofelia con il viso, la ragazza sorrise e avvicinandosi a sua volta, gli diede un dolce bacio sulle labbra. Un bacio che sapeva di tonno e maionese, per via dei tramezzini mangiati in precedenza.
– Ti va di giocare a palla? Dovrei averne una in macchina – chiese Evan alzandosi dalla panchina di legno, attaccata al tavolo e dirigendosi verso l’auto.
– Va bene, ti aspetto qui – urlò Ofelia mentre Evan continuava ad allontanarsi.
Ofelia iniziò a sentirsi strana, sentiva Rebekah. La sentiva chiaramente, ma l’altra lei non voleva uscire, voleva semplicemente parlarle nella loro mente. E ci riuscì, Ofelia venne risucchiata nella sua mente. C’erano solo lei e Rebekah, una di fronte all’altra in un’oscurità infinita, che poi si trasformò in una stanza piena di specchi.
– Ofelia perché ti stai mettendo in pericolo uscendo con lui? – chiese Rebekah stando davanti alla ragazza. Erano in una stanza fatta di specchi, in cui loro venivano riflesse all’infinto per l’eternità. Vedere in continuazione la proprio morte, riflessa negli specchi.
– Evan è diverso. Lui mi piace – rispose Ofelia alzando le spalle, guardandosi in giro. Guardò uno specchio in cui mostrava la morte di Rebekah. Si vide lo sparo, il buco in testa, il sangue che colava a rivoli sul pavimento e scivolava fra i capelli di Rebekah. Ofelia dovette distogliere lo sguardo da quella morte orribile, perché iniziò a sentirsi male. Ma facendo così, si ritrovò davanti ad uno specchio, riflettente lei stessa in quel momento. Il conto alla rovescia per il suo ventiduesimo compleanno continuava ad andare indietro. Mancavano esattamente cinquantasette giorni al suo ventiduesimo compleanno, il quindici dicembre.
– Il tempo scorre – disse cupa Rebekah apparendo alle spalle di Ofelia che si voltò spaventata.
– E’ il mio tempo? Morirò nel giorno del mio compleanno?– chiese scossa Ofelia continuando a guardare il suo riflesso ancora intatto, con qualche frammento del riflesso della morte di Rebekah.
– Io sono morta cinque giorni dopo il mio compleanno. Anche le altre erano vicine, a parte Arlene che è morta il giorno del suo compleanno. Non puoi fottere la morte. Se per te sceglie quel determinato giorno, quello sarà – spiegò Rebekah allontanandosi dallo specchio e camminando vicino ad uno specchio che rifletteva la sua morte – Vedi? Io sono morta nel giorno prestabilito dalla morte – disse toccando lo specchio e al centro di esso apparve una data, la data della sua morte.
– E’ tutto così ingiusto. E’ tutto così sbagliato. Io non voglio morire, ancora e ancora – piagnucolò Ofelia, poi si bloccò di colpo sentendosi chiamare da fuori. Evan la stava chiamando.
– Devo andare – disse velocemente Ofelia chiudendo fortemente gli occhi.
– Sta’ attenta – disse Rebekah scomparendo.
Evan stava scuotendo Ofelia, quando finalmente tornò dal viaggio fatto nella sua mente. Ofelia si guardò in giro frastornata. Le girava la testa e stava trattenendo a stento le lacrime. Sarebbe morta il giorno del suo compleanno, doveva fare qualcosa al più presto. Doveva chiedere aiuto ad Evan. Doveva farlo per non morire.
– Ofelia stai bene? Cos’è successo? – chiese Evan preoccupato, accarezzandole una guancia.
– Sto bene, ora pensiamo solo a divertici – rispose seria Ofelia, guardando attentamente il cielo azzurro, mentre pensava a come dirlo al ragazzo.

 
  
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