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Autore: Parabates    19/04/2014    3 recensioni
Era una ragazza di circa diciassette anni. La vide un giorno della scorsa estate, in un prato, stava leggendo un libro, era d'incredibile bellezza. Era così strano di quei tempi vedere una ragazza così giovane sola e con gli occhi calamitati su quel tomo. Incuriosito, le si avvicinò abbastanza per cogliere meglio i suoi tratti. [...] Ricordava questo, questo e nient'altro nonostante l'avesse vista qualche ora prima.
In questo racconto è presente una malattia terminale, il cancro. Non verrà trattata in modo specifico, verrà tenuta piuttosto in disparte e in modo fittizio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Dodicesimo.
 
 



Erano passati un anno e mezzo da quando tutte le settimane -o quasi- David andava all'ospedale per fare dei controlli e vedere come si sviluppava 'la sua cosa', come la chiamava sua madre.
Non sapeva come prendere questo cancro, non si ricordava come l'avesse preso la prima volta, ma era comunque troppo piccolo per aver avuto una reazione da considerare seriamente. Si erano sempre ripetuti, sia lui che i suoi genitori, che era stato fortunato a farcela, perché non molti hanno questa possibilità, ma lui era stato troppo piccolo per aver adesso un quadro chiaro e definito della situazione. Pur non sapendo come, David voleva vincere, un'altra volta, e questa sarebbe stata la sua ultima volta, perché non sopportava l'idea di essere un peso per i suoi genitori e farli dispiacere, per Dylan che gli era stato sempre affianco, ma soprattutto voleva farcela per sé stesso, per realizzare i propri sogni e progetti. Aveva una voglia matta di vivere, gli si leggeva negli occhi, e ora ne aveva più di prima, era diventata una sorta di necessità, quasi un obbligo.
Continuava, però, ad andare a scuola, nella quale fu inserito in uno di quei progetti -li chiamano così- dove i ragazzi parlano dei propri problemi, una sorta di seduta dallo psicologo collettiva. In questo circolo -chiamiamolo così- aveva sentito moltissimi ragazzi (non avrebbe mai pensato che così tanti ne facessero parte) parlare dei propri problemi, voler lasciare il mondo in cui vivevano e aveva visto i loro occhi spenti, vuoti, privi di vitalità, mentre i suoi brillavano ed erano pieni di vita tanto che quelle persone si chiedevano perché David fosse lì, cosa ci facesse un ragazzo così tra loro. Così, quando fu il suo turno e raccontò la sua storia, tutti capirono. E non ci furono parole, soltanto sguardi, pieni di comprensione.
Sentendo i racconti di quei ragazzi, che qualcuno si voleva addirittura uccidere o ci aveva provato almeno una volta, chiunque fosse stato nella stessa situazione di David probabilmente avrebbe riso e si sarebbe ritenuto insultato, offeso, perché loro che potevano vivere la loro vita, dargli una svolta e cambiarla, volevano invece metterle fine, mentre lui non poteva, poteva solo sperare di farcela e credere nella medicina.
David, però, era un ragazzo diverso dagli altri, sentendoli gli era venuta voglia di aiutarli a cambiare la loro vita, a renderla migliore.
Così finché andò a scuola continuò a frequentare quel gruppo, a sostenere quei ragazzi per i successivi sei mesi, tuttavia dopo fu costretto a ritirarsi, ma prima fece promettere ad ognuno dei suoi compagni che avrebbero fatto di tutto per migliorare la loro vita, per viverla, anche senza il suo aiuto. Gli disse "Ragazzi miei, per motivi ormai noti a tutti, sono costretto a lasciare la scuola, ma ognuno di voi deve promettermi che ci proverà, proverà a rendere migliore tutto questo, mi prometterete di vivere la vostra vita, senza sprecare neanche un attimo. Nessun ripensamento o rimpianto, vivete al massimo. E quando sarete depressi e non troverete più motivi per andare avanti, ricordatevi di queste parole e di me, se non volete farlo per voi, fatelo per me". E loro lo fecero, gli promisero che ci sarebbero riusciti. La persona che risentì di più del suo allontanamento dall'ambiente scolastico fu però Dylan, anche se era l'unico che riusciva a vedere, o perlomeno a sentire, David tutti i giorni.
Era tornato in quella scuola, i ricordi e il dolore erano tanti si, ma la voglia di ricominciare era più forte. David sapeva che molto presto sarebbe arrivata la sua ora, ma per quanto fosse angosciante l'idea, era deciso a ritornare alla sua vecchia vita, perché voleva vivere al meglio quella che gli rimaneva prima di lasciare questo mondo. Lui era un caso clinico molto, molto speciale, uno su miliardi, si diceva. Dopo un anno e mezzo, molti dei sintomi causati dalle terapie avrebbero dovuto manifestarsi, ma David non ne dimostrava molti: i suoi capelli erano ancora abbastanza folti, riusciva a stare concentrato per molto tempo, riusciva a camminare bene, era quasi una persona normale ed era incredibile. Molti medici si stupivano di questo e si chiedevano come fosse possibile, proprio come avevano fatto i suoi genitori e lui stesso. David era grato a chiunque gli avesse dato questa possibilità, perché non aveva mai desiderato altro in tutta al sua vita, mai. Certo, dopo la chemioterapia aveva quei piccoli sintomi, ma non era né precocemente calvo né sterile, i quali sono gli effetti collaterali più comuni fra i malati. David si levò dalla mente quei pensieri, doveva smettere, per almeno qualche ora. Per la chemioterapia ci sarebbe stato tempo dopo scuola.
David entrò a scuola, come un ragazzo normale.
"David, cosa ci fai qui?"
"Sono tornato" annunciò il ragazzo.
Dylan abbracciò l'amico, contento di vederlo a scuola, perché poteva significare che stava meglio, ma pur sempre preoccupato per la sua salute.
"Bentornato, ragazzo mio. Un giorno rimpiangerai Smith. A proposito, che fine ha fatto?"
"Nessuna, gli abbiamo detto che volevo frequentare una scuola pubblica e che il problema sono io, queste cose qui, sai." disse come se avesse appena chiuso una relazione con qualcuno.
"Ah, capisco. E come l'ha presa? Non bene, immagino" rispose l'amico, stando al gioco.
"Infatti, proprio così, c'è rimasto un po' male, ma siamo rimasti d'accordo che mi farà ripetizioni se e quando ne avrò bisogno. Sono sicuro, però, che Adam mancherà più a me, che io a lui."
I due risero insieme. David e Dylan erano sempre stati molto legati, sin dall'infanzia. La loro era una di quelle amicizie che ti aspetti che durino per tutta la vita e molte volte succede. Si volevano così bene. Dylan era sempre stato un'ottima compagnia per David.
"Ehi Dav, che hai in prima ora?"
"Quello che hai tu, caro mio. Mi sono assicurato di avere il tuo stesso orario"
"Sei inquietante certe volte, lo sai?"
"Ne sono consapevole, ma tu almeno non frequenterai il gruppo di supporto, dopo scuola"
"Ma ti piaceva andare lì"
"E mi piacerà ancora, ne sono convinto"
La campanella suonò e i corridoi iniziarono a svuotarsi.
David aveva notato tutte quelle cose che erano cambiate, da lì a sei mesi prima, ed erano parecchie, a partire dagli armadietti fino a finire ai volti: era iniziato un nuovo anno nel frattempo.
David guardò il suo orario: letteratura. Si fece guidare da Dylan che lo condusse nella stessa aula, la stessa in cui frequentava il corso l'anno precedente, nello stesso orario e con lo stesso professore; non gli dispiaceva questa cosa. Si stupì quando il professore lo riconobbe dicendo: "Ben tornato, David"
"Oh grazie professore, è un piacere rivederla"
David e il professore di letteratura, il signor Coleman, durante gli anni in cui erano stati nella stessa classe, avevano stretto un forte legame: c'era, infatti, uno strano rapporto tra di loro, una specie di filo che li collegava in segreto, seppur la relazione studente-insegnante fosse mantenuta. David era sempre stato convinto che se si fossero incontrati fuori dalla scuola, sarebbero diventati grandi amici, non importava quanti anni di differenza avessero.
Tutti gli occhi erano puntati su di lui, mentre il ragazzo prendeva posto. Non ci furono commenti o risatine, solo sguardi pieni di pietà e tristezza, una cosa che infastidiva tremendamente David. Probabilmente erano stati avvisati del suo arrivo.
La lezione del giorno riguardava un libro, che -naturalmente- David aveva già letto.
"Allora, ragazzi, qualcuno di voi ha già iniziato a leggere il libro che vi ho assegnato per queste settimane?" David alzò la mano "Io l'ho finito"
"Oh bene David, grazie. Dunque, il ragazzo nuovo, qui, ci ha fatto capire che vi darà filo da torcere quest'anno. C'è qualcun altro?"
Una decina di persone alzarono la mano.
La lezione continuò tranquilla, David prese appunti e pensava a quanto stesse bene seduto dietro quel banco, seppure fosse così scomodo e alquanto stretto per i suoi gusti, ma era tornato e voleva farlo come si deve.
Anche la giornata proseguì tranquilla e, quando arrivò il momento di uscire, Dylan raggiunse l'amico, disabituato al caos che si creava nei corridoi, anche se erano sempre stati in classe insieme.
"Come è andata?"
"Molto bene, una cosa tranquilla" "Sei sempre in tempo per tornare a casa e non venire mai più"
"No, mi piace stare qui, mi mancava. So che probabilmente mi pentirò di quello che sto dicendo, ma è bello. E poi ci sono tante cose nuove: corsi, insegnanti, persone, mi piace..." David fu interrotto.
"David, David!" un gruppetto di ragazzi gli stava venendo incontro, erano tre o quattro ragazzi "David, bentornato! Come stai?"
"Molto bene, grazie, ma.."
"Ah si scusa, probabilmente non ti ricordi di noi"
"No, mi dispiace"
"Io sono Scott Mcbride, ti ricordi? Eravamo nella stessa classe dalle elementari"
"Ma certo che mi ricordo! Come ho fatto a non ricordarmi? Sei cambiato molto, quasi irriconoscibile"
"Io, invece, sono Elle, Ellen Pierce"
"Oh Dio Ellen! Anche tu sei cambiata tantissimo! Non ti avrei mai riconosciuta", lei sorrise e gli saltò addosso "David, non so se ti ricordi di me, probabilmente no, ma sono Allison.."
"Quella Allison?"
"Sono la nuova Allison"
"Oh Dio, grazie. Vieni qui e fatti abbracciare" i due ragazzi si abbracciarono.
"Si, si tutto molto commovente, ma ragazzi, questo tipo qui è mio"
"Nath, santo cielo, vieni qui, amico mio!"
"Ti rivoglio in squadra, capo. Ma se continui con tutte queste smancerie, potrai fare solo la cheerleader" scherzò Nathan, mentre tutti iniziavano a ridere.
"Ah ragazzi, mi siete mancati! Era così tanto tempo che non ci vedevamo"
"Torneremo alle vecchie abitudini ora" intervenne qualcuno "Non credo, ma potremmo crearcene delle nuove, no?" disse David
"Ragazzi, scusate, ma devo portarvi via David, abbiamo delle questioni importanti da sbrigare" disse Dylan, del quale David si era quasi dimenticato con tutte quelle persone attorno.
"Va bene, permesso accordato" dissero "Ci vediamo domani"
Quando i due amici furono fuori dalla scuola, David disse: "Che bello, si ricordano di me, pensavo che se ne fossero dimenticati"
"Nessuno può dimenticarsi di te, Dav"
"Dici che succede perché sono troppo bello?"
"Troppo bellissimo, direi" scherzarono.




ANGOLO AUTRICE
Salve lettori del mio cuore, anche se state diminuendo tanto tanto, tantissimo
Più io faccio ritardo, più voi diminuite ewe
Quindi, prometto che sarò notevolmente più in anticipo.
Allora, questo capitolo penso sia piuttosto importante, anche se, ahimè, non l'ho riletto prima di pubblicarlo. Ma ho dei validissimi (forse) motivi per cui non l'ho fatto:
1. Per mancanza di tempo (quando mai ne ho un po'? Pf. Tempo: un lusso che Parabates non può permettersi);
2. Perché sto scrivendo un'altra cosa proprio in questo momento (si tratta del nuovo capitolo di P.S. I love you)
3. Perché contemporaneamente sto anche facendo greco AHAHAHAH (si, a quest'ora faccio greco, lol)
Poi, vorrei dedicare questo capitolo a Nebulas (scusa cara se ho sbagliato il tuo nome), perché mi sta dietro e mi ricorda che ogni tanto dovrei farmi viva (continua a farlo ti prego o altrimenti questa ff metterà le ragnatele), e anche a Martina, una lettrice accanita sin dal primo capitolo, grazie tesoro per le tue recensioni <3
E niente, vi lascio. Voi fatemi sapere che ne pensate, cosa vi incuriosisce, potete prendermi a parolacce e cose così.
Auguri di Buona Pasqua, vi ringrazio.
S

xoxo
Esse


Se vi va, fate un salto sull'altra mia long: P.S. I love you
   
 
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