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Autore: Dicembre    15/07/2008    8 recensioni
Nyven è uno schiavo, nato in catene non ha mai vissuto una vita diversa, per lui un padrone vale l'altro. Quando viene venduto al Crocevia, non può immaginare chi sia il suo nuovo padrone, nè chi viva alla sua corte. Si accorge però subito che il luogo dov'è stato portato è completamente diverso da tutto ciò che ha visto e da tutto ciò che ha vissuto. Irìyas l'ha acquistato per i suoi capelli, cremisi ed indomabili, che hanno una proprietà indispensabile di cui neanche un mago della sua potenza può fare a meno. Specialmente quando il mago si ritrova ad affrontare il Fuoco Eterno, scagliatogli contro da un suo vecchio amico e si ritrova legato ad una promessa fatta ad un drago per cui farebbe di tutto. Nyven è intrappolato in quest'intreccio di tradimento e di fedeltà e ne rimane inevitabilmente affascinato. Ma c’è un fondo cremisi, un’anima dedita al fuoco nel ragazzo, che nessuno sa spiegare , ma che tutti temono. E’ innata, sconosciuta ed indomabile.
Il mago però non può lasciarlo libero, e Nyven non conosce cosa giace nel suo animo. La matassa è stata srotolata troppo tempo prima perché ora si possa tornare indietro. Il Re, il cavaliere e amico del mago, il traditore… Tutti vogliono qualcosa, mentre il Regno rischia di ardere in eterno.
Genere: Romantico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Ventuno

Un bacio a chi è arrivato fin qui, un bacio e una birra (o un bicchiere di vino?) a chi recensisce. ^_^

 

 

Capitolo Ventuno

 

 

 

Nyven non aveva alcuna idea di dove andare. Lè era scomparso, lo straniero era scomparso e lui non conosceva Adiisia per niente. Avrebbe cercato rifugio in una taverna, ma sapeva che lo straniero aveva ragione: il suo carceriere l’avrebbe sicuramente cercato lì. E poi non aveva merce di scambio, non aveva soldi con sé, non aveva nulla.

Fu percorso da un brivido di freddo. Guardò il cielo azzurro,  vide il sole a metà dell’orizzonte. Presto sarebbe calata la notte e lui non poteva rimanere lì a far nulla aspettandola.

Cercò di ragionare e pensare il più velocemente possibile. Tuttavia non ne ebbe il tempo,

sentì una voce gridare dietro di lui. Si girò di scatto: avevano scoperto che era scappato. Il suo carceriere brandiva un bastone, con una mano, e con l’altra aveva una catena con cui probabilmente lo voleva legare nuovamente. C’erano altri tre uomini con lui, che appena lo videro cominciarono a corrergli incontro. Nyven non ebbe tempo di pensare a chi fossero, a cosa fare o a dove nascondersi. Iniziò a correre lui stesso.

Non voleva tornare ad avere, nuovamente, un cerchio al collo. Non voleva essere picchiato, costretto con la forza. Non voleva più essere in balia degli eventi.

Non voleva assolutamente essere in balia di nessuno.

E allora correva veloce, Nyven, sapendo che i suoi inseguitori gli erano dietro. La catena che lo straniero aveva spezzato lo ingombrava e gli rendeva difficile muoversi come voleva, il metallo intorno alle caviglie gli faceva male. Ciononostante, Nyven correva. Si girò per vedere  quanto i suoi inseguitori gli fossero vicino.

L’omone che brandiva il bastone e due suoi compagni erano ancora dietro di lui, con il respiro affannato, ma decisi a non lasciarlo scappare. Nyven non vide il quarto uomo.

“Fermati!” gli inveì contro uno di loro “Non puoi andare da nessuna parte!”
”Sei mio, appena ti prendo…”

“Fermati!”

Ma Nyven non aveva certo intenzione di farlo.

Prese una stradina stretta, che sperò non essere a fondo cieco. Scavalcò un piccolo muretto e si ritrovò in un prato, con qualche accumulo di neve qua e là e una casetta nel centro. Fu tentato di correre alla porta e chiedere aiuto, ma subito ci ripensò: cosa avrebbe potuto dire? Che era uno schiavo, ma che questa situazione non gli andava più bene? Corse nella direzione opposta, ma qualcosa intralciò il suo incedere.

Cadde per terra.

“Ti abbiamo fermato!” gridò il quarto uomo che gli si presentò di fronte “Dove pensavi di andare, moccioso?”

Il cuore di Nyven perse un battito. Arrivarono anche gli altri tre che lo accerchiarono. Che cosa fare?
”Bene, ora da bravo…:” gli disse il suo carceriere “Vieni qui senza fare troppo i capricci”

“Che cosa vuoi da me?” La sua voce - per l’ira di Orm! – tremava come quella di un bambino. “Dovevi portarmi dal Re”

“O…” rise “quello che devo o non devo fare non è affar tuo, moccioso”

Si avvicinò a lui, camminando minaccioso; Nyven si sentì davvero in trappola. Gli altri compari ridevano.

Indietreggiò. La neve calpestata gli scricchiolò sotto i piedi. Ebbe allora un’idea, si piegò velocemente e prese una manciata di neve in mano. Non la lanciò contro il suo carceriere, non gli avrebbe fatto nulla, ma contro uno dei tre uomini che lo avevano accerchiato. Nyven sperò che così facendo, l’uomo avrebbe impiegato un attimo per togliersi la neve dagli occhi e quello avrebbe costituito l’unico varco da cui Nyven poteva scappare.

E lui possedeva solo le sue gambe: doveva correre via. Fu rapido, prese la neve e la lanciò contro l’uomo alla sua destra: lo centrò in pieno viso. Lui, stupito, non si riparò e Nyven vide in quell’incertezza l’unica via di fuga.

Corse via. Gli uomini urlarono, sentì una mano sfiorargli la manica della maglia che indossava, ma evidentemente non riuscì ad afferrarlo, perché Nyven scappò via.

“Maledetto schiavo” gli gridò l’uomo che comunque non demorse.

Il cuore di Nyven batteva velocissimo, non sentiva stanchezza, non sentiva dolore. Se si fosse fermato sarebbe morto. Si guardò a destra e poi a sinistra: la strada che stava percorrendo lo portava dritto in un bosco. Il giardino, la casetta e il centro di Adiisia erano ormai alle sue spalle. Si pentì di non aver bussato alla porta di quella casa che, forse, si sarebbe aperta per lui, ma ora non poteva tornare indietro.

Riuscì ad entrare nel bosco, sperò che almeno lì potesse nascondersi. Ma si sbagliò di nuovo: non era un bosco quello in cui era entrato. Il terreno sotto di lui sembrò scomparire, Nyven si accorse di aver perso l’equilibrio e di cadere in un dirupo. Si aggrappò alla prima cosa che si trovò fra le mani e sbatté con tutto il corpo contro la parete. Aveva le gambe a penzoloni nel vuoto e il suo braccio iniziò a sanguinare, ma il dolore tardò ad arrivare: la paura era troppo intensa per provare qualcosa. Appoggiò i piedi su una roccia e, appena riacquistato l’equilibrio, si ritrovò addosso uno dei suoi inseguitori che come lui non s’era accorto del dirupo. Era caduto e ora si aggrappava a lui tentando di risalire.

“Lasciami andare”

Ma l’altro non rispose, l’unico appiglio fra lui e il vuoto era Nyven: ci si aggrappò con quanta più forza aveva.

Nyven cercò di strattonarlo via, staccandogli una mano, ma rischiò a sua volta di perdere l’equilibrio.

“Lasciami!” gli disse inutilmente.

“Ragazzetto fastidioso…” Nel cercare di risalire, però, Nyven avvertì l’uomo staccarsi momentaneamente da lui, e lo strattonò via. Lontano.

E l’uomo si staccò, perse la presa e, inevitabilmente, cadde nello strapiombo. Nyven riuscì a guardarlo un attimo negli occhi. Vi trovò sorpresa e incredulità, non ci fu tempo perché vi potesse vedere paura. Gli occhi di quell’uomo che aveva perso la presa gli parvero enormi e secchi, come se fosse già morto.

Guardò in basso, vide il corpo dell’altro colpire la roccia e poi scomparire oltre la foschia che c’era a valle. L’uomo gridò, ma lui non sentì niente.

Quegli occhi gli diedero una sensazione di estrema potenza. Non sentì il vento scorrergli addosso, non ebbe più paura del dirupo ai suoi piedi; le sue mani lo tenevano saldo alla roccia e, con una lieve mossa, riuscì ad arrampicarsi e a tornare in cima alla scarpata.

La paura e lo sgomento di quegli occhi gli fecero ricordare qualcosa di dimenticato e sopito: gli fecero ricordare che lui non era mai stato preda, ma solo predatore.

I suoi capelli cremisi, la sua pelle scura e le sue mani emanavano così tanto calore che, nuovamente, la neve lì vicino, si sciolse immediatamente ed evaporò velocemente, quasi a scappare anche lei da quella persona che calpestava il suolo. I tre compari dell’uomo appena caduto impietrirono di fronte a quella creatura che non era più lo stesso ragazzo che avevano inseguito. I loro volti cerei guardarono verso il viso di Nyven che però, semplicemente, sorrise, pervaso dalla sua forza ritrovata.

Senza aspettare oltre afferrò uno dei tre e lo scaraventò giù dal dirupo. Lui che aveva osato intralciargli il cammino, che lo aveva deriso, che lo aveva chiamato ragazzino! Lui ormai era solo un ricordo.

“Chi sei in realtà?” gli chiese il suo carceriere con una voce tremante “Chi sei?”

Ma non ottenne risposta. Fu lui questa volta ad indietreggiare.

Alzò le mani, come per placarlo: “Non avvicinarti… Ora me ne vado…” gli tremò la voce “Ora me ne vado e ti lasciamo in pace” si girò verso il compagno: “Fa’ qualcosa!” ma il compagno aveva già iniziato a correre.

“Sta’ calmo” la sua voce aveva una nota isterica. Poi si voltò ed iniziò a scappare a sua volta.

Nyven li guardò allontanarsi, inoltrandosi nel bosco che s’allungava intorno al dirupo, verso nord. Aveva una strana consapevolezza di dove si trovasse e di tutto quello che gli stava intorno. Sorrise, con un ghigno che gli scoprì i denti: nessuno di quei due sarebbe tornato a casa, quella sera.

Corse anche lui.

Era molto più veloce, molto più forte e molto più consapevole di ciò che lo circondava. Gli alberi, l’erba e i respiri dei due uomini sembravano parlargli all’orecchio e sussurrargli che quelle due prede, sarebbero state sue.

Afferrò la prima che gridò di dolore, gli affondò le dita nella spalla con una semplicità tale che ci provò gusto.

“Lasciamo…” guaì, ma Nyven non lo lasciò “Abbi pietà”

Perché mi chiedi pietà, quando non me l’hai concessa tu per primo?” la voce di Nyven risuonò così melodiosa che l’uomo sanguinante ebbe, per un istante, la speranza che la persona di fronte a lui non volesse la sua vita. Ma non capì una parola di quel che Nyven gli aveva detto, perciò non rispose.

Dimmi, perché mi inseguivi

Di nuovo silenzio.

“Io…Io…non ti capisco”

Nyven strinse la presa: le sue mani erano nervose e forti come non lo erano mai state prima. L’uomo su ustionò e gridò dal dolore.

Perdo tempo

L’uomo prese fuoco, di colpo s’incendiò quasi fosse un arbusto secco.

E Nyven riprese la sua caccia.

L’omone che l’aveva portato fino ad Adiisia aveva il respiro pesante, si sarebbe potuto udire ovunque.

Nyven lo trovò subito.

Il suo carceriere tremò: “Che cosa vuoi da me?”

Perché mi hai portato qui?”

L’uomo non capì, come unica risposta, tremò.

Nyven sorrise, intuendo il vero motivo per cui tutti parevano non capirlo.

“Perché mi hai portato qui?” ripeté con un accento che non gli era consueto.

“Ho eseguito degli ordini”

“Per cui sei stato lautamente pagato…”

L’omone indietreggiò, ma non osò ricominciare a correre. Il suo viso, ricoperto di peluria, era madido di sudore e i peli della barba tremavano lievemente, quasi anche loro fossero impauriti.

“Dovevo semplicemente portarti lontano.  Nei Territori, oppure dal Re, non era importante”

“E’ stata una sciocca…”

“Chiunque tu sia” disse l’uomo puntando il dito verso Nyven “Chiunque tu sia non la passerai liscia!”
Il ragazzo aggrottò la fronte: “E’ una minaccia?”

“E’ la Sacerdotessa del Vespro che m’ha dato gli ordini”

Nyven rise, i suoi denti, troppo aguzzi per un uomo, brillarono al sole.

“Quella vecchia non può niente, ormai è troppo stanca anche solo per le sue gambe”

“Lasciami andare” fece un ultimo tentativo l’uomo, ma Nyven rispose semplicemente “No”

Gli aprì la gola con le mani. Il suo carceriere non riuscì neanche ad emettere un gemito, tanta fu la violenza di Nyven. E prese fuoco, anche lui come il suo compagno iniziò ad ardere con lingue di fuoco alte ed intense.

Le mani di Nyven erano intrise del sangue della sua vittima.

Ebbe la consapevolezza, lì più che mai, di essere nato predatore.

 

Il bosco ritornò silenzioso, nessun animale si mosse, né fece rumore. Quello che era appena accaduto aveva portato via la voce agli alberi.

Nyven sentì un grande sonno, un senso di profonda instabilità e di vertigine.

Si sentì cadere a terra. Fece per rialzarsi, arrancando sulle gambe, ma di nuovo cadde.

Pensò alla donna che l’aveva voluto lì, alla responsabile del suo rapimento e seppe, in quel momento, che si sarebbe vendicato. Di lei, così come di un’altra persona presente nel suo passato.

Non c’era più neve per terra, era completamente evaporata. Nyven non riuscendo più a reggersi in piedi, si accucciò ai piedi di un albero. Solo un po’ di riposo, poi avrebbe di nuovo cercato un rifugio. I suoi pensieri erano foschi, il dolore alle braccia che ancora sanguinavano iniziò a farsi sentire.

Ma perché le sue braccia sanguinavano?
Prima di addormentarsi gli venne in mente il mago. Si chiese se, davvero, stava venendo fino ad Adiisia per lui. Sorrise a quel pensiero, perché sapeva che la risposta era sì: Irìyas veniva a prenderlo.

Si sentì felice a quel pensiero, felice al ricordo del suo viso e di quegli occhi quasi innaturali tanto erano verdi.

Avrebbe davvero voluto rivederlo, sentirlo parlare e trascorrere del tempo con lui.

Gli avrebbe chiesto di sollevargli dall’anima quel peso enorme che lì sotto un albero di Adiisia sentiva: chi era?

Irìyas forse lo sapeva, o forse no.

Ma Nyven era certo che solo Irìyas avrebbe potuto accettarlo in ogni sua sfaccettatura.

S’addormentò definitivamente, dimentico che la notte di Adiisia non è clemente con nessuno.

 

 

Irìyas e Sideas arrivarono col sole basso all’orizzonte. I suoi raggi parevano argentei, tanto l’aria si stava facendo fredda. Non c’era traccia di quel sole caldo che colorava d’arancione i laghi vicino la casa del mago. Il sole, là a nord, pareva azzurro e freddo.

C’erano poche persone nelle strade del centro, qualche Koob trasportava, affannato, il proprio carretto pieno di legna appena tagliata. Una campana suonò due volte e il suo rumore, pesante ed intenso, coprì qualunque suono: annunciava il coprifuoco.

Il sole sarebbe calato di lì a due ore.

Irìyas guardò in direzione della campana che però non poté vedere perché la vista gli era ostruita da un palazzo. Al di là di questo, sulla cime dei colli di Adiisia, a dominio della città, si ergeva il Tempio d’Avorio, dimora terrena della Dea del Nord. L’avrebbe visitato un’altra volta, ora doveva concentrarsi sulla presenza di Nyven.

Più si era avvicinato alla città, più l’aveva percepita. Fino ad un certo punto, quando era scomparsa. Lì ad Adiisia, in quel momento, non c’era alcuna traccia di Nyven.

 

***

 

Persefone Fuxia: Nyven è molto vitale ultimamente XD Fosse per lui, mi sa, brucerebbe tutto... Nuovi personaggi, nuovi intrecci. In effetti, la faccenda è complicata XD ma farò un po' di chiarezza nel prossimo capitolo. Un bacione

kymyt: che bello risentirti! Felice che i capitoli ti stiano piacendo, spero che riuscirai a metterti in pari presto così mi farai sapere che ne pensi ^^

silencio: spero di ottenere le birre, con questo capitolo. Ti è piaciuto? Nyven non è sveglissimo XD Diciamo che prende coscienza di sè a spizzichi e bocconi, anche se in questo capitolo fa passi da gigante XD Per quanto riguarda le descrizioni, a volte ne faccio di lunghissime, a volte mi limito all'essenziale. Lascio che sia, perciò dipende da ciò su cui voglio mettere l'accento. Bacione

Yukochan: Ciao! Ecco, in questo capitolo un po' di casino è successo, non trovi? Ci voleva un po' d'azione, altrimenti rischiavo di arenarmi in troppe elucubrazioni mentali. Il dialetto di Lè è difficile da trascrivere, ma mi diverte molto. Le lingue, per la caratterizzazione dei popoli, sono molto importanti. Mi piace dare ad ognuno la propria ^_^  E poi, Lè mi fa ridere solo per come parla. E' un personaggio molto concreto, ma il suo dialetto lo rende ironico pur non volendo. Baci Baci p.s. *me apre una bottiglia di rhum e inizia a preparare il chupito!

Manny_chan: ciao! il ragazzo dai capelli blu ovviamente torna. Io che ho una certa fissa peri capelli (nel caso non si fosse capito XD) non potrei lasciare passare in sordina uno con fluenti capelli blu, no? XD

Aphrodite: ciao onee-chan! Quanti capitolo? Ehm...non lo so. Nel senso che ho ben in testa la storia, cosa succede e quando succede. Quanto spazio questo impiegherà, lo so molto meno. Non riesco proprio a fare previsioni. Il rapimento di Adiisia, per esempio, ha impiegato qualche capitolo in più del previsto...Baci baci

EmoAlex: Il ragazzo dai capelli blu... beh, in un racconto dominato dal rosso, un pochino di blu ci voleva (sono fissata coi colori). Nyven però, ora, è più cremisi che mai XD Un beso

BloodyTwinlight: ciao e benvenuta ^_^/ *me offre birra gelata*. Felicissima che Cremisi ti piaccia e che sia riuscita ad amalgamare bene yaoi con fantasy. Del resto, ci sono poche storie che uniscono i due generi (a meno di non fare una storia romantica a sfondo fantasy, ma è un altro discorso). Devo dire, però, che la mia vena shounen ai, a volte, è un po' sofferente perchè vorrebbe sfogarsi meglio (ma le darò spazio XD). Per quanto riguarda Favola Metropolitana, sì, è mia. Felice che ti piaccia anche quella. Avendo come protagonista un prete, non sono sicura sia ben accetta su EFP, perciò non l'ho ancora pubblicata :/ Baci

BiGi: La descrizione dei Fiumi Spenti m'è venuta in mente un giorno quando stavo andando verso la Valtellina, il paesaggio è esattamente come l'ho visto là ^_^ Byes

 

 

  
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