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Autore: Bloomsbury    21/04/2014    12 recensioni
[Storia in revisione] Capitoli revisionati: 14/35.
Jay era un ragazzo come tanti, con qualcosa in più o in meno degli altri, un ragazzo normale, un ragazzo omosessuale: particolare insignificante per ogni persona di buon senso.
Si vergognava di tante cose, tranne che di questo.
Jay bramava la luce, la libertà.
Fece la scelta sbagliata nel contesto meno appropriato e quel particolare insignificante diventò la spada che lo uccise, la macchia scura che lo inghiottì.
«Mio figlio è morto il giorno stesso in cui ha tradito la natura che gli ho donato con orgoglio.»
«La natura che mi hai donato è quella che ti ho confessato…»
«È una natura che mi fa ribrezzo!»
Così comincia la storia di Jay Hahn, fatta di dolori, di abbandoni, di amore, di amicizia, di segreti, di bugie, di tempesta.
E le tempeste intrappolano nel proprio occhio ogni cosa, risputandoti fuori lacerato, diverso, un mostro.
Jay uscirà ed entrerà da quelle raffiche di vento, diventerà lui stesso la tempesta e annienterà ogni cosa al suo passaggio.
Compreso se stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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  quindicesimo capitolo
"Whenever I'm alone with you
You make me feel like I am home again
Whenever I'm alone with you
You make me feel like I am whole again
Whenever I'm alone with you
You make me feel like I am young again
Whenever I'm alone with you
You make me feel like I am fun again

However far away
I will always love you
However long I stay
I will always love you."

Lovesong- The Cure



15. Lovesong


Lo zaino, ad ogni passo, intonava un tintinnio così impercettibile da riuscire ad essere ipnotico. In quella sacca c’erano le cose di Jay ma la cosa più cara era fuori, e camminava davanti a lui.
Dopo aver visto andare via Chaz, una sensazione di freddo lo aveva intorpidito tanto da lasciarlo intontito al centro della strada, con gli occhi assenti e vuoti.
La stanchezza stava portandosi via ogni piccolo pezzo fino al momento in cui Izaya, risvegliandolo dal torpore con un semplice cenno della mano davanti ai suoi occhi, riuscì a ristabilire il contatto tra Jay e la realtà che pareva così difficile da accettare da fargli desiderare, per un attimo, di scappare ancora.
Non appena quella mano interruppe i suoi pensieri, come un’ombra vaga ma prepotente, il presente non sembrò più così difficile da vivere e accettare perché la figura che lo rappresentava era proprio lì, accanto a lui.
Izaya era il suo presente e il suo futuro.
«Andiamo al bar?» aveva chiesto con tono leggero e delicato, come se stesse rivolgendosi ad un bambino «Lizzie ti sta aspettando. Era preoccupata per te.»
Il ragazzo lo fissò in silenzio ed ebbe la sensazione distinta di vederlo per le prima volta, come se prima di allora il pensiero di Chaz non gli avesse permesso di percepire consciamente i tratti decisi che componevano i lineamenti dell’uomo che amava. Come se lo avesse sempre visto attraverso un vetro appannato.
Izaya attendeva pazientemente che Jay si risvegliasse da quello stato comatoso senza sapere che, in realtà, il risveglio era già avvenuto perché dopo tanto tempo, finalmente, stava riuscendo a ricollegare i pezzi della sua vita appena vissuta.
L’esistenza di Jay, quella vera, era iniziata poco tempo fa e l’abbandono di Chaz era diventato l’evento traumatico più chiarificatore mai vissuto.
Chaz era stato un amico, un compagno, ma anche l’unico capace di tenerlo in connessione con la sua vecchia vita, ostacolandogli la possibilità di ricominciare da zero, di ricominciare da Izaya. Così lo fissò in silenzio studiando ogni suo particolare, come fosse stata la prima volta.
Gli occhi del suo uomo erano la cosa più bella e rasserenante mai vista e solo in quell’istante se ne rese davvero conto. Spostò lo sguardo sullo zaino e capì ciò che era accaduto: l'uomo che amava lo aveva portato via da quella casa, dalla sua famiglia, definitivamente. Non gli importava di accertarsi delle dinamiche, ormai era tutto chiaro ed istintivamente afferrò il giubbotto del ragazzo davanti a sé che lo guardava con cautela, sperando di aver fatto la cosa giusta.
Rimase fermo, aggrappato al suo giaccone con la testa bassa, senza fiatare; stringeva quel lembo di stoffa con forza come se stesse cercando in ogni modo di appigliarsi a lui, senza lasciarselo scappare.
Chaz se n’era andato, Izaya era lì e aspettava.
Jay aveva dei dubbi, galleggiavano nelle sue iridi trasparenti come detriti di un naufragio, e prima di poter concedersi la possibilità di esultare ed essere felice, senza guardarlo, cercò di chiarire ciò che più di tutto lo frenava dall’abbracciarlo con tutte le sue forze. «Lo fai perché mi ami o perché vuoi salvarmi?»
«Faccio, cosa?»
«Voglio capire se ti ha mosso la coscienza o l’amore. Cioè, tu vuoi davvero vivere con me perché mi ami o tra qualche tempo ti renderai conto di aver fatto il passo più lungo della gamba e mi dirai di tornarmene da dove sono venuto? Perché se è così, io torno a casa adesso».
Izaya cominciò a camminare in direzione della metro costringendolo a mollare la presa. Camminava lentamente davanti a lui, a Jay non rimaneva che seguirlo in silenzio.
«Io non sono così contorto
» rispose, finalmente, il più grande. «E ancora meno capisco la gente contorta. Io sono come mi vedi e sono ciò che faccio, non ciò che dico. Se vuoi avere spiegazioni, le avrai, ma mi piacerebbe che tu capissi che i fatti, non le parole, dimostrano chi sono e cosa sento.» Senza voltarsi, Izaya aveva cercato a suo modo di rispondere alle domande di Jay che, a poco a poco, divennero inutili e superflue. «Se avessi voluto salvarti l’avrei fatto tempo fa» continuò. «Ci sono stati momenti in cui avrei voluto fare ciò che ho fatto oggi, ma mi sono fermato perché mi rendevo conto che l’amore, più di ogni altra cosa, ti avrebbe fatto bene e non semplicemente l’atto pratico di portarti via di lì. Io provo per te qualcosa di così enorme da non potertelo neanche spiegare, dire che ti amo mi sembra addirittura riduttivo, per questo preferisco spiegarti che tutto questo non è un istinto scatenato dalla compassione, non sono un buon samaritano, ma è voglia di averti tutto per me, per come sei e non per come ti riducono gli altri. Anzi, prendilo come un gesto egoistico: voglio conoscere il Jay che fino ad oggi non ho mai conosciuto. Voglio vivere il mio Jay nella nostra casa.»
«Ma non ti puoi fermare? Davvero vuoi dirmi queste cose senza guardarmi in faccia?» chiese con il cuore in gola e la felicità nelle mani che tremavano dalla voglia di afferrarlo e stringerlo.
Dopo aver dato vita ad un sospiro afflitto, Izaya prese a borbottare parole incomprensibili che si fermarono non appena si voltò: «Sei contorto, ragazzino. Prima ti lamenti perché non ti spiego le cose, poi ti lamenti perché non ti guardo in faccia, tra poco ti lamenterai perché c’è il sole e avrei dovuto farti questa meravigliosa ed encomiabile dichiarazione d’amore sotto la pioggia scrosciante. Jay, sii più leggero. Non essere così cervellotico. Io sono qui, le tue cose anche, stiamo andando da Lizzie e stasera andremo a casa nostra. Dai! Uno sputo e una stretta di mano. Fidati!».
Risparmiandosi lo sputo tese la mano per afferrare quella di Jay e con il sorriso negli occhi attendeva che quest’ultimo si convincesse delle sue parole.
Comprese la sua diffidenza, d’altronde chi diceva di amarlo lo aveva deliberatamente tradito, perché avrebbe dovuto fidarsi di lui? L’insicurezza dei sentimenti altrui l'avevano reso sospettoso e Izaya scelse di prendersi la responsabilità di aiutarlo ad avere ancora fiducia nella vita, come qualsiasi altro ragazzo di diciotto anni.
Jay non attese altre parole né strinse la sua mano, ma gli si lanciò contro stringendolo a sé così prepotentemente da sentire la stanchezza scaricarsi nel suolo e la forza scorrergli nelle vene, come durante un risveglio dopo mille anni di sonno.
«Fanculo a mia madre, a mio padre; fanculo a Chaz e fanculo al mondo. Io ti amo e mi fido di te. Lo giuro, mi fido!» urlò con gli occhi stretti in un momento di sfogo e liberazione, abbracciato al suo uomo.
Izaya sorrise, alzando gli occhi al cielo con ironia. «Era ora!»
Sollevando il viso di Jay lo squadrò per qualche istante e non appena riuscì a scorgere un bagliore di speranza e felicità capì che quella maledetta malinconia che aveva odiato, finalmente, aveva abbandonato i suoi occhi, restituendogli l’agognata pace che da sempre aveva sperato per lui.

***

Lizzie, stupendoli, non si comportò come avevano immaginato perché, anziché prenderlo a schiaffi per lo spavento, lo aveva tenuto stretto a sé come se davvero avesse temuto per la sua vita. «Ero convinta ti fossi suicidato!»
Izaya e Jay, seduti difronte a lei, ridevano a crepapelle a causa del racconto tragico dei retroscena vissuti privatamente dalla sventurata Lizzie che, irragionevolmente, aveva lasciato che la sua lugubre fantasia ricostruisse una storia drammatica degna di Shakespeare.
«Ma sei seria? Non mi sarei mai suicidato.»
«Per quanto mi riguarda sei capace di tutto, Hahn! Non fare la faccia d’angelo, ti ho conosciuto depresso, ti ho frequentato depresso e avresti potuto fare una fine tragica. Sarebbe stata verosimile come cosa» rispose piccata, infastidita dalle risate che avevano guarnito la sua puntuale, e personale, esposizione dei fatti.
«Ordinare i tuoi caffè è certamente un tentato suicidio, quindi sì: è verosimile come racconto. Jay tendenzialmente ama farsi del male» rispose Izaya dopo aver sorseggiato la bevanda scura che sapeva di acqua calda sporca dal vago aroma di caffè.
«Fai meno il cretino, tu!» lo rimproverò Lizzie, frustandolo lievemente con il canovaccio che portava sempre con sé come un inseparabile amico. «Però, devo ammettere che ti sei comportato egregiamente. Finalmente hai detto ad Emma ciò che meritava.»
«Non mi è sembrato si sia lasciata colpire più di tanto. La sua unica preoccupazione era che un finocchio si fosse introdotto dentro il tempio immacolato di casa sua».
Jay ascoltava i discorsi di Izaya e Lizzie come se non stessero parlando di sua madre, ma di una donna qualsiasi della quale non conosceva nulla.
Si accorse di essersi liberato di un peso solo nel momento in cui sentì quei racconti così lontani da lui da non potergli più appartenere.
Se era questa la leggerezza raccontata sempre da Izaya, allora, ci era arrivato anche lui; la leggerezza di vivere onestamente senza curarsi del giudizio degli altri, di esprimersi senza aspirare all’accettazione altrui.
Se le persone che dicevano di amarlo avevano preteso da lui il silenzio, e quindi il conseguente rinnegamento di se stesso, allora potevano sparire dalla sua vita; Jay non avrebbe avuto alcun rimpianto nei loro confronti.
«Ma che se ne andasse a farsi fottere. Quando tornerò a prendere le mie cose gliene dirò quattro anche io, se mi metterà nella condizione di farlo» disse con stizza.
Più sentiva di riuscire a parlarne con distacco, meno percepiva il peso delle sue scelte. Parlare della sua famiglia, di Chaz e di ciò che era successo in quei termini lo faceva sentire così distante da spingerlo ad apprezzare la propria solitudine nel mondo; non in senso negativo, ma nel modo più bello.
Lui era padrone della sua vita, era un individuo distaccato dagli altri.
Viveva e si muoveva nel mondo come un essere vivente unico e solo, gli altri rappresentavano altri individui soli come lui che, accostandosi all’altro, plasmavano rapporti in grado di arricchire o meno l’esistenza di ognuno.
Da essere unico era libero, ormai, di decidere chi sarebbe stato degno del suo affetto. La cernita era appena iniziata e Izaya e Lizzie sembravano gli unici due esseri capaci di abbellire e rendere preziosa la sua vita: adesso sapeva a chi donare la sua unicità senza sentirsi costretto a diventare uno dei tanti, uguale a tanti altri.
«Izaya ha già preso le tue cose, no? Perché ci devi tornare?»
Una risata scrosciante di Jay riempì la sala e i cuori dei due presenti che lo fissavano increduli. Vederlo ridere in modo così spontaneo era una piacevole novità ed Izaya, capendo il motivo della sua risata, abbassò la testa nascondendo il viso con il menù plastificato.
«Vedi, Lizzie? È riuscito a prendere le uniche cose inutili presenti nella mia stanza.»
«Ho preso le prime cose che mi sono trovato davanti. Ero talmente incazzato che ho evitato di fare una scelta accurata. Lo zaino è simbolico» rispose certo delle sue ragioni, fissando gli occhi di Jay che apparivano finalmente sereni, senza alcuna ombra di affanno.
Jay era libero ed Izaya riusciva a sentire gli effetti di questa meravigliosa novità sulla propria pelle; qualcosa era davvero cambiata. Non era stato solo il fatto di averlo estirpato con la forza dalla sua famiglia, non era perché sarebbero tornati a breve in quella che sarebbe stata la loro casa, era la consapevolezza di essere, la coscienza di se stesso a rendere Jay diverso, appagato, soddisfatto, senza rimpianti.
Izaya percepì la nuova coscienza di Jay così prepotentemente da vederlo, addirittura, in un modo diverso. Non c’era più un ragazzo indifeso da proteggere, ma solo un uomo da amare e sebbene gli anni fossero troppo pochi, il suo animo conteneva l’esperienza pienamente vissuta di una persona capace di afferrare la propria vita e condurla in piena consapevolezza e saggezza.
Era arrivato il momento in cui Izaya e Jay avrebbero potuto viversi senza ripensamenti e ostacoli.
«Credo sia arrivato il momento di portare lo zaino a casa nostra» azzardò Izaya, cogliendolo di sorpresa. Sebbene sapesse di non dover più ritornare a casa sua, ancora non aveva realizzato il fatto di avere un luogo al quale avrebbe potuto fare ritorno in compagnia dell’uomo che sentiva di amare.
Donò la sua vita a quell’uomo con fiducia, come non aveva mai fatto prima, e sorridendo a Lizzie, che nel frattempo li fissava emozionata come la più svenevole delle romantiche, si alzò afferrando le fasce del “simbolo della sua nuova indipendenza”, posando gli occhi su Izaya con prepotenza, come se volesse farlo suo con un solo sguardo. «Allora, torniamo a casa. A casa nostra».
Izaya sorrise e lanciandogli le chiavi di casa si alzò, per poi avvicinarsi a lui e cingergli le spalle. Lo condusse verso la porta del locale, salutando Lizzie, iniziando un rito che sarebbe diventato presto un’abitudine.
Jay stringeva nelle mani le chiavi che avrebbero spalancato le porte della loro nuova vita insieme e godendo della presa prepotente dell’uomo che amava già pregustava gli attimi di estrema bellezza che avrebbero vissuto insieme tra le mura che, presto, sarebbero diventate di entrambi.





Angolo autrice.
Ciao! Come al solito aggiorno tardissimo ma, finalmente, ce l'ho fatta!
Mi scuso per eventuali errori ma questo capitolo è stato un parto plurigemellare, non perché parlare di Izaya e Jay sia difficile, ma perché non essendo bravissima a scrivere capitoli romantici, ho avuto difficoltà a riuscire ad esprimere al meglio i sentimenti e le emozioni di entrambi. Spero di essere stata brava, nonostante la mia inettitudine.
Jay e Izaya iniziano la loro storia e da qui si apre una nuova "epoca" della storia di Jay.
Voglio ringraziare le magnifiche sei tanto tanto, Bijouttina la combattiva che non saprà più con chi prendersela e babbo Aven.
Voglio ringraziare le nuove zie che si stanno mettendo in pari e tutte le persone che hanno inserito la storia di Jay tra le preferite/seguite/ricordate. Grazie di tutto.
Voglio dedicare questo capitolo a Ladywolf, Elsker, Aven e Bijouttina.
Siete i miei amori, spero di non deludervi davvero.
Grazie a Class of 13che ha letto i primi capitoli tutti d'un fiato e ringrazio, anche, chi non recensisce.
Già solo il fatto che seguite e amate la storia mi basta!
Poi, voglio ringraziare enormemente Ghost che mi ha inviato un bellissimo messaggio privato scrivendomi quanto sia affezionata a Jay.
Grazie mia cara, il tuo messaggio mi ha riempita di gioia!
Vi adoro tutti e sono terribilmente sensibile ultimamente, quindi, mi commuovo facilmente T_T
Che altro dire? Solo grazie e grazie ancora.
Un abbraccio enorme..

Ecco qui il Book Trailer della storia ^_^ Jay Hahn- La storia Book trailer
Grazie a Nahash e SNeppy. Bacini a voi.
Bloomsbury

   
 
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